Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 28 febbraio 2018, n. 4685. Nel giudizio promosso per conseguire la rimozione di una costruzione, illegittimamente realizzata in un’unita’ immobiliare in danno delle parti comuni di un edificio condominiale, sono litisconsorti necessari tutti i comproprietari dell’immobile in cui l’opera medesima si trova

Nel giudizio promosso per conseguire la rimozione di una costruzione, illegittimamente realizzata in un’unita’ immobiliare in danno delle parti comuni di un edificio condominiale, sono litisconsorti necessari tutti i comproprietari dell’immobile in cui l’opera medesima si trova, indipendentemente dal fatto che solo uno o alcuni di essi siano stati gli autori materiali della costruzione, in quanto la sentenza resa nei confronti di alcuni soltanto dei contitolari resterebbe inutiliter data, perche’ non eseguibile nei confronti degli altri. Peraltro, la necessita’ di integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi deve essere valutata non “secundum eventum litis” (ovvero, come assume la sentenza impugnata, sulla base delle concrete modalita’ attuative dell’intervento tecnico di ripristino), ma al momento in cui l’azione sia proposta, valutando se la stessa, sulla base del “petitum” (e, cioe’, del risultato perseguito in giudizio dall’attore con la sua domanda), sia potenzialmente diretta anche ad una modificazione della cosa comune

Ordinanza 28 febbraio 2018, n. 4685
Data udienza 19 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23613/2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 224/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 25/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/01/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in due motivi per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bari n. 224/2014, pubblicata il 25 febbraio 2014.

Rimangono intimati, senza svolgere attivita’ difensive, il Condominio (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Il giudizio ebbe inizio con atto di citazione del 25 settembre 1997, con cui il Condominio (OMISSIS), convenne innanzi al Tribunale di Bari la signora (OMISSIS), proprietaria dei locali siti al piano terra dell’edificio. Il Condominio attore lamento’ che la convenuta (OMISSIS), nei predetti locali adibiti ad attivita’ commerciale, avesse realizzato una vetrina tale da ingabbiare parte della facciata condominiale, di fatto arretrando il portone, in modo da consentire l’accesso diretto alla strada dalla propria unita’ immobiliare. Il Condominio denuncio’ la lesione del decoro architettonico e chiese la rimozione del manufatto, unitamente al risarcimento dei danni. La convenuta (OMISSIS) eccepi’, tra l’altro, l’intervenuta usucapione relativamente alla porzione immobiliare in oggetto, poiche’ lo stato dei luoghi risultava immutato da oltre trent’anni; evidenzio’, inoltre, che il vano oggetto di lite fosse di sua proprieta’, avendolo acquistato come da titolo contrattuale allegato. Il Tribunale di Bari, con sentenza del 22 novembre 2006, ravvisata la violazione dell’articolo 1120 c.c., comma 2, accolse la domanda e condanno’ la convenuta alla rimessione in pristino. (OMISSIS) propose appello, deducendo in via pregiudiziale la nullita’ del procedimento e della sentenza di primo grado per violazione dell’articolo 102 c.p.c., non essendosi provveduto ad integrare il contraddittorio nei confronti degli eredi di (OMISSIS), comproprietari pro indiviso con la stessa (OMISSIS) del bene immobile ubicato in (OMISSIS). Il giudizio di gravame venne interrotto per la morte di (OMISSIS) e poi proseguito da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita’ di eredi testamentari sia di (OMISSIS), che di (OMISSIS). La Corte di Bari rigetto’ l’appello, ritenendo che la situazione di comproprieta’ indivisa degli eredi di (OMISSIS), gia’ al momento della instaurazione del giudizio di primo grado, non comportasse “che la vocatio in ius avrebbe dovuto essere effettuata nei confronti di tutti gli eredi, tenuto conto, per un verso, che le innovazioni sono state pacificamente realizzate solo dalla de cuius (OMISSIS) e, per altro verso, che le opere eseguite (vetrine, saracinesche ed elementi portanti) possono essere agevolmente rimosse senza incidere strutturalmente sulla proprieta’ originaria degli eredi (OMISSIS) – (OMISSIS)”. Per quanto qui ancora rilevi, la Corte d’Appello accerto’ altresi’, alla stregua dell’espletata CTU, dei documenti prodotti e dei testi assunti, che la struttura denunciata in lite fosse stata realizzata negli anni ottanta, con conseguente infondatezza della pretesa usucapione.

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