Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 21 novembre 2017, n. 27624. Illecito disciplinare per il Notaio se riceve la convenzione con la quale due coniugi dispongono dei loro beni (o di una parte di essi) in favore dei loro rispettivi figli, per il tempo in cui avranno cessato di vivere

Deve ritenersi che la convenzione con la quale due coniugi dispongono dei loro beni (o di una parte di essi) in favore dei loro rispettivi figli, per il tempo in cui avranno cessato di vivere, stabilendo che l’accordo non potra’ essere modificato senza consenso scritto manifestato da entrambi, limitando la possibilita’ per le parti di disporre dei loro beni mediante testamento, da’ luogo ad un patto successorio, come tale vietato dall’articolo 458 c.c. e, percio’, nullo; essendo per cio’ stesso esclusa la configurabilita’ di un valido contratto a favore di terzi ai sensi dell’articolo 1412 c.c..
Il divieto per il notaio di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge”, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, articolo 28, comprende senz’altro gli atti affetti da nullita’ assoluta, quali quelli che includono patti commissori, espressamente vietati dalla legge.
Essendo – nella specie – evidente ed inequivoco il contrasto dell’atto ricevuto dal notaio con l’articolo 458 c.c., esattamente la Corte territoriale ha ritenuto sussistente l’illecito disciplinare contestato.

 

Sentenza 21 novembre 2017, n. 27624
Data udienza 18 luglio 2017

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 20917-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE FIRENZE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il 24/05/2016, (RG 655/2015);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/07/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DOTT. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. – Su richiesta dell’Archivio Notarile Distrettuale di Firenze, la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Toscana avvio’ procedimento disciplinare nei confronti del notaio (OMISSIS), esercente in Firenze, e gli irrogo’ la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi sei, ritenendolo responsabile – per quanto in questa sede ancora rileva – della violazione dell’articolo 28 dell’ordinamento notarile (capo A), per avere ricevuto un atto proibito dalla legge, in quanto contrario alla norma imperativa dell’articolo 458 cod. civ. che vieta i “patti successori”, tale qualificando la convenzione stipulata in data (OMISSIS) tra i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), laddove si stabiliva che, in caso di morte pressocche’ contemporanea dei predetti, il 50% degli utili derivanti dall’attivita’ di impresa esercitata dal marito sarebbero passati ad entrambi i rispettivi figli nella egual misura del 50%, prevedendosi altresi’ che detto accordo non poteva essere modificato senza il consenso e la firma di entrambi i contraenti.
2. – Avverso la decisione della CO.RE.DI. della Toscana, l’incolpato propose reclamo alla Corte di Appello di Firenze, che, con ordinanza del 24.5.2016, lo rigetto’.
3. – Per la cassazione di tale ordinanza ricorre (OMISSIS) sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso l’Archivio Notarile Distrettuale di Firenze, che ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze e’ rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo di ricorso, si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1411, 1412 e 513 c.c., per avere la Corte di Appello escluso che l’atto di convenzione tra coniugi ricevuto dal notaio fosse, piuttosto che un patto successorio, un valido contratto in favore di terzo da eseguire dopo la morte dello stipulante, secondo quanto previsto dall’articolo 1412 c.c..
La doglianza non e’ fondata.
Com’e’ noto, l’articolo 457 c.c., nello stabilire che “l’eredita’ si devolve per legge o per testamento”, esclude che la successione possa devolversi per contratto, esclude cioe’ la regolamentazione pattizia del fenomeno successorio. In questo senso, l’articolo 457 cod. civ. va letto unitamente all’articolo 458 c.c. – che ne costituisce il corollario – e che sancisce la nullita’ dei “patti successori” (“E’ nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione”).
I patti successioni sono vietati per il votum captandae mortis che essi determinano e perche’, vincolando il de cuius, privano quest’ultimo di quella liberta’ di disporre delle proprie sostanze, per il tempo in cui avra’ cessato di vivere; liberta’ questa – manifestazione della piu’ generale liberta’ della persona – che la legge riconosce ad ogni individuo fino al momento della sua morte (“Ambulatoria est voluntas testantis usque ad vitae supremum exitum”).
E’ per questo che l’ordinamento riconosce ad ognuno la liberta’ di disporre delle proprie sostanze mediante quel negozio unilaterale, non recettizio, che e’ il “testamento” (articolo 587 c.c.); e garantisce la revocabilita’ e modificabilita’ del testamento in ogni tempo, stabilendo espressamente che “Non si puo’ in alcun modo rinunziare alla facolta’ revocare o mutare le disposizioni testamentarie”, aggiungendo che “ogni clausola o condizione contraria non ha effetto” (articolo 679 c.c.).
In questo quadro, si comprende perche’ i patti successori siano vietati dall’ordinamento, trattandosi di accordi negoziali che limitano la liberta’ del de cuius di disporre delle proprie sostanze per testamento fino all’ultimo istante della sua vita.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’e’ ragione di discostarsi, configurano un patto successorio sia le convenzioni aventi ad oggetto una vera e propria istituzione di erede rivestita della forma contrattuale, sia quelle che abbiano ad oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta, tali da far sorgere un “vinculum iuris” di cui la disposizione ereditaria rappresenti l’adempimento (ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 24450 del 19/11/2009; Sez. 2, n. 5870 del 09/05/2000; Sez. 2, n. 2623 del 27/04/1982; Sez. 2, n. 6230 del 24/11/1980).
Sussiste, pertanto, patto successorio – come tale nullo ai sensi dell’articolo 458 c.c. – allorquando, dall’accordo negoziale tra due o piu’ parti, risulti che il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte alla propria successione, accettando di sottoporsi ad un vincolo giuridico che lo ha privato dello jus poenitendi (cfr., Cass., Sez. 2, n. 2404 del 22/07/1971; Sez. 2, n. 1683 del 16/02/1995).
Nella specie, con la convenzione ricevuta dal notaio (OMISSIS), i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) hanno convenuto che “In caso di morte pressoche’ contemporanea i proventi predetti passeranno ad entrambi i rispettivi figli in egual misura del 50%”.
Si tratta di una pattuizione con la quale le parti hanno chiaramente inteso regolare le rispettive successioni, con effetti vincolati tra loro. Di cio’ si trova conferma nella clausola che stabilisce che “Il presente accordo non potra’ essere modificato in alcuna parte senza consenso e firme di entrambi”; clausola – questa – che priva le parti della loro facolta’ di disporre diversamente per testamento, sottraendo al de cuius quella liberta’ di disporre della propria eredita’ che costituisce principio inderogabile dell’ordinamento.
In sostanza, deve ritenersi che la convenzione con la quale due coniugi dispongono dei loro beni (o di una parte di essi) in favore dei loro rispettivi figli, per il tempo in cui avranno cessato di vivere, stabilendo che l’accordo non potra’ essere modificato senza consenso scritto manifestato da entrambi, limitando la possibilita’ per le parti di disporre dei loro beni mediante testamento, da’ luogo ad un patto successorio, come tale vietato dall’articolo 458 c.c. e, percio’, nullo; essendo per cio’ stesso esclusa la configurabilita’ di un valido contratto a favore di terzi ai sensi dell’articolo 1412 c.c..
Il divieto per il notaio di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge”, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, articolo 28, comprende senz’altro gli atti affetti da nullita’ assoluta, quali quelli che includono patti commissori, espressamente vietati dalla legge.
Essendo – nella specie – evidente ed inequivoco il contrasto dell’atto ricevuto dal notaio con l’articolo 458 c.c., esattamente la Corte territoriale ha ritenuto sussistente l’illecito disciplinare contestato.
2. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
3. – Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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