Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 1 marzo 2018, n. 9349. Sussiste la circostanza aggravante dell’uso delle armi qualora la minaccia sia realizzata utilizzando un’arma giocattolo

Sussiste la circostanza aggravante dell’uso delle armi qualora la minaccia sia realizzata utilizzando un’arma giocattolo; inoltre nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuita’ e’ applicabile anche al delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalita’ del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato riportato al compimento, il danno per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima.

Sentenza 1 marzo 2018, n. 9349
Data udienza 8 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domeni – Presidente

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Pietro – Consigliere

Dott. PARDO I – rel. Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. SGADARI Giusep – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 15/11/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PRATOLA GIANLUIGI che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.1 La CORTE APPELLO di NAPOLI, con sentenza in data 15/11/2016, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di NOLA, in data 08/03/2016, nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di tentata rapina aggravata dall’uso di arma.

1.2 Proponeva ricorso per cassazione l’imputato, deducendo con unico motivo, vizio di motivazione con riferimento: alla ritenuta responsabilita’ dell’imputato, alla mancata esclusione dell’aggravante dell’arma trattandosi di semplice pistola giocattolo, alla esclusione della desistenza volontaria, alla omessa concessione della attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita’, alla omessa concessione delle attenuanti generiche.

2.1 IL motivo e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato oltre che evidentemente reiterativo di questioni gia’ adeguatamente affrontate dalla corte territoriale. Difatti quanto alla affermazione di responsabilita’ va ricordato come il vizio di travisamento della prova puo’ essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, e cioe’ di condanna in primo e secondo grado, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv 256837). Nel caso in esame non si ravvisa ne’ il presupposto della valutazione da parte del giudice di appello di un differente materiale probatorio utilizzato per rispondere alle doglianze proposte avverso la sentenza di primo grado ne’ tantomeno il dedotto macroscopico travisamento dei fatti denunciabile con il ricorso per cassazione; in particolare, il giudice di merito, ha gia’ risposto con adeguata motivazione a tutte le osservazioni della difesa dell’imputato che in sostanza ripropongono motivi di fatto osservando che il compendio probatorio a carico del ricorrente e’ costituito dalla inequivocabile valenza probatoria univoca delle dichiarazioni della persona offesa e dal contenuto del filmato che riproduce appunto la condotta dell’imputato esattamente qualificata nei termini della tentata rapina. Le conclusioni circa la responsabilita’ del ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dai giudici di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimita’ diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.

Quanto alla contestazione della attendibilita’ e credibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito appare conforme ai criteri dettati da questa Corte e secondo cui le dichiarazioni della persona offesa – cui non si applicano le regole dettate dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, – possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputato, previa verifica, piu’ penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto (Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104); e nel caso in esame davvero alcuna smentita risulta avere ricevuto il racconto del (OMISSIS).

Difatti tutte le contestazioni riprese ed esposte nel lungo atto di gravame riguardano aspetti del tutto marginali e secondari del fatto inequivocabilmente provato dal contenuto della registrazione filmata e dalle dichiarazioni della vittima che paiono del tutto conformi e concordi.

2.2 Quanto alle istanze subordinate le doglianze riproducono pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte d’appello ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera ne’ specificatamente censura. Il giudice di appello, per affermare l’infondatezza della tesi difensiva, ha infatti, con argomentazioni ineccepibili sia logicamente che giuridicamente, evidenziato che non e’ possibile configurare alcuna desistenza stante l’avvenuta interruzione della azione delittuosa a causa della reazione violenta della persona offesa che metteva in fuga l’imputato, non puo’ essere riconosciuto il danno patrimoniale di speciale tenuita’ avuto riguardo alle modalita’ di consumazione del fatto, sussiste certamente la contestata aggravante anche in presenza dell’uso di arma giocattolo, l’omessa concessione delle attenuanti generiche trova plurime giustificazioni tra cui la negativa personalita’ dell’imputato gia’ condannato per fatti analoghi.

Tale specifica e dettagliata motivazione il ricorrente non prende nemmeno in considerazione, limitandosi a ribadire la tesi gia’ esposta nei motivi di appello e confutata, con diffuse e ragionevoli argomentazioni, nella sentenza impugnata.

Al proposito di tali motivi e’ appena il caso di ricordare che secondo l’indirizzo di questa corte in tema di rapina, sussiste la circostanza aggravante dell’uso delle armi qualora la minaccia sia realizzata utilizzando un’arma giocattolo (Sez. 2, n. 18382 del 27/03/2014 Rv. 260048); inoltre nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuita’ e’ applicabile anche al delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalita’ del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato riportato al compimento, il danno per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima (Sez. 2, n. 22130 del 04/04/2014, Rv. 259980). E nel caso in esame tale valutazione non puo’ essere compiuta poiche’ la richiesta del ricorrente aveva ad oggetto il ristoro delle somme perse precedentemente al gioco e di valore non indifferente.

Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Sentenza a motivazione semplificata.

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