Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 21 settembre 2017, n. 43434. Non è configurabile il divieto di ne bis in idem nel caso di un soggetto detenuto che sia stato già sanzionato disciplinarmente

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Detta sanzione, di natura pacificamente disciplinare, e’ prevista dall’articolo 39 Ord. penit. (per la durata massima di giorni quindici), con espressa indicazione che essa puo’ essere in concreto applicata solo se il detenuto sia fisicamente e psicologicamente in grado di sopportarla: per tale ragione, il detenuto sanzionato e’ sottoposto a costante controllo sanitario, e la sanzione, ove si riveli pregiudizievole per la salute del detenuto che vi e’ sottoposto, deve cessare immediatamente, in ogni momento.
9. Mai in relazione alla fattispecie in esame la giurisprudenza di legittimita’ risulta aver ravvisato violazione del divieto di bis in idem.
9.1. Soltanto episodicamente la giurisprudenza di merito risulta aver condiviso il principio affermato dal Tribunale (cfr., ad es., Trib. Brindisi 17 ottobre 2014. G.), ovvero aver condiviso l’assunto della possibilita’ di tutelare il diritto convenzionale al ne bis in idem in via immediata, disapplicando l’articolo 649 c.p.p., senza sollecitare l’intervento della Corte costituzionale.
10. In relazione a tale profilo, la decisione impugnata risulta illegittima per due ordini di ragioni.
10.1. Si e’ gia’ osservato che il giudice nazionale e’ vincolato soltanto dagli orientamenti consolidati della Corte di Strasburgo, che tuttavia, in materia di rapporti tra separati procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni penali e disciplinari, non ha mai affermato la sussistenza del divieto di bis in idem ex articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione EDU.
10.2. Inoltre, l’espresso riferimento operato dall’articolo 649 c.p.p. – come presupposto del divieto di bis in idem nel diritto interno – all’esistenza di una sentenza o di un decreto (penale) di condanna divenuti irrevocabili (non anche di una decisione sanzionatoria irrevocabile di natura amministrativa) avrebbe comunque reso necessario – in ipotesi – sollevare questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 649 c.p.p. per contrasto con l’articolo 117 Cost., comma 1, assumendo, quale norma interposta, quella di cui all’articolo 4 del Protocollo n. 7 cit.; il giudice nazionale non e’, infatti, legittimato a disapplicare immediatamente la disposizione, poiche’ in tal modo egli spoglierebbe la Corte costituzionale delle sue esclusive prerogative quanto alla valutazione dell’eventuale conflitto tra la predetta norma convenzionale ed altre norme conferenti della nostra Costituzione ed alla valutazione sul come ed in qual misura il prodotto dell’interpretazione della Corte europea si inserisca nell’ordinamento costituzionale italiano.
Invero, le regole proprie di una procedura amministrativa sanzionatoria non possono essere equiparate a quelle che regolano la cognizione penale (peraltro assistita da principi e garanzie molto piu’ ampi), se non sacrificando il principio di “irretrattabilita’ dell’azione penale”, sancito dall’articolo 112 Cost., per privilegiare – in ipotesi – l’azione precedentemente (come nel caso di specie) avviata da un organo amministrativo, in tal modo violando, altresi’, il principio di “soggezione alla legge”, sancito dall’articolo 101 Cost., comma 2, “per l’effetto di disapplicazione di una norma penale sul cui carattere imperativo sarebbe destinato a prevalere, per la sua anteriorita’, il definitivo accertamento in altra e meno garantita sede di giudizio, di un fatto illecito ritenuto “sostanzialmente” penale”.
D’altro canto, questa Corte ha gia’ chiarito che la non procedibilita’ ex articolo 649 c.p.p. “consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere gia’ esercitato dal P.M.” (Sez. un., sentenza n. 34655 del 28/06/2005, Rv. 231800) e “si delinea all’esito di una valutazione che presuppone, e richiede, la preventiva disamina del contenuto di un provvedimento “tipico” emesso dal giudice, non certo da un’autorita’ amministrativa”.
10.3. Trattasi di ostacoli insormontabili per il giudice (di merito, come di legittimita’), che potrebbero essere superati (non in via d’interpretazione, bensi’) soltanto attraverso la proposizione di una questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 649 c.p.p. per contrasto con l’articolo 117 Cost., comma 1, assumendo quale norma interposta quella di cui all’articolo 4 del Prot. 7 alla Conv. EDU, secondo l’interpretazione consolidata che ne fornisca, in ipotesi la Corte di Strasburgo (che, peraltro, come premesso, non si e’ mai pronunciata con specifico riferimento al caso in esame).
11. La giurisprudenza di legittimita’ (a seguito della sentenza della Corte EDU, Sez. 2, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia, che aveva rilevato la violazione del divieto di bis in idem in riferimento ad un caso nel quale l’interessato, per il medesimo fatto, era stato separatamente sottoposto a procedimento penale ed amministrativo – ma non disciplinare -, e condannato ad una pena e ad una sanzione formalmente amministrativa, ma ritenuta sostanzialmente penale, per violazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 185 e 187-ter) si e’, di recente, ed in piu’ occasioni occupata dei rapporti tra procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni penali e procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni disciplinari, in relazione al divieto di bis in idem.

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