Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 6 novembre 2017, n. 26300. Non è compromettibile in arbitri, la controversia avente come oggetto l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di una società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione

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3.1. Infondato deve giudicarsi anche il secondo motivo di gravame. Lamentano i ricorrenti che il Tribunale, spogliandosi della competenza in favore degli arbitri avrebbe violato il limite della indisponibilita’ dei diritti ordinariamente indicato quale presupposto per la devoluzione in arbitrato delle controversie societarie, giacche’ nella specie talune contestazioni mosse all’operato degli organi sociali chiamati in giudizio riguarda la violazione delle norme in materia di bilancio, che non sono devolubili alla cognizione arbitrale in quanto poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci e dei terzi.
3.2. Non ignora per vero il collegio che anche recentemente questa Corte ha manifestato l’avviso che “non e’ compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di societa’ per difetto dei requisiti di verita’, chiarezza e precisione. Invero, nonostante la previsione di termini di decadenza dall’impugnazione, con la conseguente sanatoria della nullita’, le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma, essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la societa’ entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente, trascendono l’interesse del singolo ed attengono, pertanto, a diritti indisponibili” (Cass., Sez. 1, 13/10/2016, n. 20674).
3.3. Tuttavia, la rappresentazione offerta in parte qua dei ricorrenti e’ viziata – come ben si e’ rilevato in dottrina a commento del precedente invocato da essi (“oggetto del controllo di disponibilita’ dell’azione di revoca per giusta causa non puo’ che essere il diritto di ottenere la rimozione dell’amministratore dal suo ufficio, a prescindere dal tipo di comportamento che da’ luogo alla revoca”) – da un evidente errore di impostazione, giacche’ viene ad essere operato uno scambio tra le ragioni della domanda ed i motivi che vi danno fonte, elevando questi ultimi a causa petendi dell’azione esercitata dai ricorrenti. Costoro infatti allegano la violazione delle norme in materia di bilancio a pretesto non gia’ dell’invalidita’ di esso, ma quale indice della violazione da parte degli intimati degli obblighi loro imposti dalla legge e dall’atto costitutivo, di modo che la domanda non e’ percio’ intesa a far dichiarare l’invalidita’ del bilancio, ma semmai la responsabilita’ dei predetti per essere venuti meno, anche tramite la violazione delle regole del bilancio, all’osservanza dei doveri sottesi al proprio ufficio.
3.4. In questa cornice il motivo si svuota ovviamente di ogni consistenza, dacche’ non e’ minimamente dubitabile – come questa Corte ha gia’ altrove riconosciuto osservando incidentalmente che “d’azione di responsabilita’ nei confronti degli amministratori, pur se posta a tutela di un interesse “collettivo”, concerne diritti patrimoniali disponibili all’interno di un rapporto di natura contrattuale; ed e’ attribuita alla societa’ a tutela di interessi che non superano i limiti della stessa compagine sociale e che, quindi, non investono interessi di terzi estranei, se non in modo eventuale ed indiretto” (Cass., Sez. 1, 19/0272014, n. 3887) – che l’azione di responsabilita’, come si evince dall’esserne espressamente ammessa la rinunciabilita’ e la transigibilita’ (articolo 2476 c.c., comma 5 e articolo 2393 c.c., comma 6), nei confronti dei componenti degli organi sociali investa diritti patrimoniali disponibili e, che dunque, nulla osta alla sua arbitrabilita’, neppure laddovc, essa ai sensi dell’articolo 2476 c.c., comma 3, sia promossa dal socio, agendo esso in tale occasione, come si e’ gia’ affermato (Cass., Sez. 1, 26/05/2016, n. 10936), utendo iuribus societatis.
4. Il ricorso va dunque respinto dovendo percio’ confermarsi nella specie la competenza arbitrale.
5. La soccombenza regola le spese e l’obbligo per la parte che vi soggiace al versamento previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e dichiara nella specie la competenza degli arbitri. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di ciascuna delle parti intimate costituitesi in Euro 2600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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