Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 8 marzo 2018, n. 5613. Il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretandosi nell’accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall’inadempimento dell’obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito

Il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretandosi nell’accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall’inadempimento dell’obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta, esclusi solo i mancati guadagni meramente ipotetici perché dipendenti da condizioni incerte, sicché la sua liquidazione richiede un rigoroso giudizio di probabilità, e non di mera possibilità.

Ordinanza 8 marzo 2018, n. 5613
Data udienza 21 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3482/2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1243/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 28/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/12/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

RITENUTO IN FATTO

1 La Corte d’Appello di Genova, con sentenza 28.11.2016, ha accolto l’impugnazione proposta da (OMISSIS) srl contro la sentenza n. 1065/13 del locale Tribunale e, in riforma della stessa, ribaltando l’esito del giudizio di primo grado, ha dichiarato la risoluzione del contratto di mediazione per inadempimento del cliente ( (OMISSIS), rappresentata dal procuratore speciale (OMISSIS)) e ha condannato l’appellato (OMISSIS) (erede dei suddetti) al risarcimento, in favore della societa’, dei danni per l’inadempimento quantificandoli in Euro 135.300,00 oltre rivalutazione monetaria dalla domanda e interessi legali. Secondo la Corte d’Appello, la societa’ di mediazione aveva provato l’esistenza di un incarico di mediazione della durata di poco piu’ di undici mesi, relativo alla vendita di una serie di box in via (OMISSIS) e la revoca dell’incarico, comunicata con fax 1.3.2006 dopo soli 21 giorni, integrava un comportamento contrario a correttezza e buona fede.

La Corte d’Appello ha poi riconosciuto all’appellante societa’ il danno da lucro cessante per l’inadempimento del cliente, in misura pari all’intera provvigione (6% del corrispettivo delle vendite dei ventisei box oggetto della mediazione), quantificandolo nel suindicato importo di Euro 135.300,00.

2 La sentenza e’ stata impugnata da (OMISSIS) con ricorso per cassazione sulla base di tre motivi a cui resiste con controricorso la (OMISSIS) srl, che nell’imminenza dell’udienza, ha prodotto anche copia dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione avanzata dal soccombente ex articolo 373 c.p.c..

Il relatore ha proposto il rigetto del primo motivo di ricorso per manifesta infondatezza e l’accoglimento del secondo per manifesta fondatezza, con logico assorbimento del terzo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c.. Criticando il giudizio negativo espresso dalla Corte d’Appello sul proprio comportamento, ritenuto contrario a correttezza a buona fede, il ricorrente rimprovera ai giudici di merito di avere errato nell’interpretazione del contenuto del fax del 1.3.2006, privilegiando solo il dato testuale e omettendo di indagare l’intento del mittente desumibile dal contesto nel quale la missiva venne redatta e inviata. Ad avviso del ricorrente, detto fax non puo’ essere interpretato quale espressione di una cosciente volonta’ di revoca dall’incarico anche perche’ due mesi dopo fece seguito una diffida ad adempiere.

Il motivo, incentrato unicamente sulla violazione delle norme in tema di ermeneutica contrattuale, senza alcun riferimento al tema della risoluzione per inadempimento, e’ inammissibile.

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