Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 21 febbraio 2018, n. 8404. Ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche

Ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice puo’ limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche’ anche un solo elemento attinente alla personalita’ del colpevole o all’entita’ del reato ed alle modalita’ di esecuzione di esso puo’ essere sufficiente in tal senso.

Sentenza 21 febbraio 2018, n. 8404
Data udienza 31 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone – Presidente

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – rel. Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 28/11/2016 del TRIBUNALE di UDINE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LUCA SEMERARO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Perelli Simone, che ha concluso per l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Udine del 28 novembre 2016 con la quale l’imputato e’ stato condannato alla pena di Euro 2.000 di ammenda, come risulta dal dispositivo depositato all’esito dell’udienza, per la contravvenzione prevista dall’articolo 18, comma 1 lettera d), punita dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 55.

(OMISSIS) e’ stato condannato quale amministratore unico della Cooperativa (OMISSIS), datore di lavoro di (OMISSIS), per non aver fornito le scarpe antinfortunistiche al predetto lavoratore.

2. Con il primo motivo di ricorso, la difesa ha dedotto il vizio di contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione in ordine alla posizione di garanzia dell’imputato.

Secondo la difesa, la sentenza di condanna, fondata solo sulla posizione formale dell’imputato, non ha tenuto conto della struttura complessa della cooperativa, costituita da diverse filiali poste in piu’ citta’ italiane, ciascuna gestite dal direttore di filiale, che assumeva su di se’ ogni onere del datore di lavoro, compresi quelli derivanti dalla normativa antinfortunistica.

La difesa ha richiamato la sentenza della Cass. sez. 4 n. 37738 del 13 settembre 2013.

Secondo la difesa, il giudice non ha tenuto conto altresi’ di quanto emerso in dibattimento circa i compiti di datore di lavoro svolti dal direttore di filiale (OMISSIS); sul punto la difesa ha richiamato la deposizione del teste (OMISSIS), e del teste Mar. (OMISSIS) nonche’ la sentenza della Corte di Cassazione, sez. 4, n.42136 del 2008.

3. Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto il vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 133 e 62 bis c.p., per la mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

In via subordinata, la difesa ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena, per la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Secondo la difesa, la motivazione relativa al rigetto delle circostanze attenuanti generiche, ancorata alla redazione del verbale falso, e’ illogica in quanto non tiene conto della complessa articolazione della cooperativa, che l’imputato non conosceva le prassi adottate dalla filiale di Udine e che non risulta provato che si (sia adoperato per sviare l’accertamento mediante un falso.

Dopo aver richiamato la giurisprudenza sull’obbligo di motivazione, la difesa ha rilevato che gia’ l’incensuratezza dell’imputato e la lieve offesa arrecata giustificherebbero la concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Rileva la difesa che se da un lato e’ emerso che (OMISSIS) ha consegnato, su richiesta dell’ufficiale di p.g., un documento sottoscritto dal (OMISSIS), attestante la consegna dei dispositivi di sicurezza, poi disconosciuto dallo stesso (OMISSIS), dall’altro non puo’ dirsi provato, oltre ogni ragionevole dubbio, che l’odierno imputato sapesse o potesse avere dei dubbi sulla bonta’ del documento, posto che la filiale era gestita dal (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente rilevato che nel dispositivo della sentenza risulta che il ricorrente e’ stato condannato alla pena della multa. Dall’analisi del dispositivo emesso all’esito della camera di consiglio risulta pero’ che il ricorrente e’ stato correttamente condannato alla pena dell’ammenda.

2. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile per le seguenti ragioni.

2.1. Secondo la difesa, il giudice sarebbe incorso nel c.d. “travisamento della prova”, perche’ avrebbe omesso la valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione: non avrebbe tenuto conto di quanto emerso in dibattimento in relazione alla struttura della cooperativa ed al ruolo svolto dal direttore di filiale (OMISSIS). La contraddittorieta’ della motivazione non sarebbe interna, ma esterna, riferita cioe’ ad altri atti del processo.

2.2. Deve pero’ rilevarsi che (cfr. Cass. Sez. 3a, n. 43322 del 02 luglio 2014, Rv. 260994, Sisti) il ricorrente deve specificamente indicare gli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali deduce il vizio di motivazione; tale indicazione puo’ essere soddisfatta nei modi piu’ diversi (quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito), purche’ detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilita’ del ricorso, in base al combinato disposto dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), e articolo 591 c.p.p..

2.3. Orbene, tale onere di allegazione non e’ stato adempiuto, perche’ in maniera del tutto generica si afferma l’esistenza di tale struttura complessa ed il ruolo di un terzo che in realta’, per come descritto dalla stessa difesa, non risulta essere un soggetto specificamente delegato dal datore di lavoro. E difatti, il giudice ha rilevato proprio l’assenza della delega a terzi.

2.4. Per altro, le prove di cui si assume l’omessa valutazione non sarebbero neanche decisive; secondo la definizione normativa il datore di lavoro e’ “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attivita’, ha la responsabilita’ dell’organizzazione stessa o dell’unita’ produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. Tutte caratteristiche che neanche dal ricorso appaiono sussistere in capo al terzo soggetto indicato dalla difesa.

3. I due motivi di ricorso, relativi alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, sono inammissibili perche’ manifestamente infondati.

3.1. La difesa ha dedotto in primo luogo il vizio ex articolo 606 c.p.p., lettera b), ritenendo sussistente l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Va ricordato che il vizio attiene al dispositivo e non alla motivazione della sentenza impugnata, posto che l’articolo 619 c.p.p. prescrive la rettificazione degli errori di diritto che non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo.

Orbene, il giudice ha fatto corretta applicazione dell’articolo 62 bis c.p. perche’ ha ritenuto insufficiente la mera incensuratezza dell’imputato ed ha individuato un elemento negativo di valutazione idoneo al rigetto della richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche.

3.2. Quanto al vizio della motivazione, il motivo e’ manifestamente infondato. Dalla lettura del verbale di udienza e secondo quanto riportato nella sentenza, nel formulare le conclusioni la difesa chiese in subordine le circostanze attenuanti generiche. Anche a voler superare il dato formale di una richiesta formulata in maniera generica e come tale inidonea a far sorgere un obbligo di motivazione sul punto (cfr. Cass. Sez. 3, n. 35570 del 30/05/2017 Rv. 270694, Di Luca che ha affermato che nel caso di mancato riconoscimento della riduzione per le circostanze attenuanti generiche l’obbligo di motivazione non sussiste in assenza di richiesta da parte dell’interessato o nell’ipotesi di richiesta generica), la motivazione sul rigetto e’ del tutto congrua.

Secondo il costante indirizzo della Corte di Cassazione, ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice puo’ limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche’ anche un solo elemento attinente alla personalita’ del colpevole o all’entita’ del reato ed alle modalita’ di esecuzione di esso puo’ essere sufficiente in tal senso.

Ed e’ cio’ che ha fatto il giudice nel caso in esame: ha rigettato la richiesta della difesa ritenendo insufficiente ex lege l’incensuratezza dell’imputato ed ha valutato la condotta dell’imputato il quale, come si legge anche nel ricorso, ha consegnato alla p.g. un verbale di consegna delle scarpe al lavoratore il quale poi ha disconosciuto la sottoscrizione apposta in calce allo stesso verbale.

Dunque, correttamente il giudice ha ritenuto che tale condotta abbia avuto l’obiettivo di sviare gli accertamenti perche’ il verbale disconosciuto aveva ad oggetto proprio la condotta oggetto dell’imputazione. E’ questa una condotta direttamente ascrivibile all’imputato, e poco rileva la sua partecipazione diretta al falso, posto che il datore di lavoro avrebbe avuto l’obbligo di verificare il documento che andava a consegnare.

Quanto alle altre circostanze di fatto dedotte dalla difesa, si osserva che sul punto il ricorso e’ generico, in assenza di allegazioni volte a dimostrare le affermazioni riportate nel ricorso.

4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si condanna altresi’ il ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende

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