Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 18 ottobre 2017, n. 24537.  L’obbligo di porre il contribuente in condizione di conoscere le ragioni dalle quali deriva la pretesa fiscale

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In via gradata, la parte rileva che la decisione impugnata si basa su motivazione apparente, o insufficiente, posto che la CTR si e’ limitata ad affermare l’esistenza del vizio di motivazione dell’atto impositivo. Osserva che, nel caso, erano state evidenziate circostanze che contrastano con l’affermata mancata conoscenza da parte della socia dell’atto propedeutico all’atto impositivo impugnato, anche in considerazione del contenuto delle difese svolte in giudizio dalla contribuente, indicative della conoscenza effettiva dell’oggetto dell’accertamento societario.

Sulla scorta di tali rilievi, parte ricorrente chiede che la sentenza impugnata venga cassata.

2. Nel controricorso (OMISSIS), dopo aver ripercorso i termini dell’intera vicenda processuale, evidenzia l’inammissibilita’ del primo motivo di ricorso. Al riguardo, osserva che il motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ denunciabile per cassazione quando, in relazione al fatto accertato, la doglianza riguardi l’erronea interpretazione della norma e non, come nel caso, la valutazione effettuata dal giudice di merito sui fatti rilevanti ai fini della decisione. Rileva che l’Agenzia delle Entrate, pur formalmente lamentando l’errata applicazione della L. n. 212 del 2000, articolo 7, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 42, chiede una nuova valutazione delle ragioni di fatto in base alla quali la CTR ha riconosciuto il vizio di motivazione dell’atto impugnato; ed osserva che l’Agenzia delle Entrate insiste nel rilevare che il PVC era conosciuto o conoscibile da parte della contribuente. In via subordinata, nel controricorso si sottolinea l’infondatezza del primo motivo di ricorso. L’esponente si sofferma sul disposto della L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 7, (Statuto dei diritti del contribuente) ove e’ previsto che gli atti dell’amministrazione finanziaria siano motivati secondo quanto prescritto della L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3; con la precisazione che, se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. Considera che, nel caso in questione, l’avviso di accertamento della contribuente rinviava all’avviso di accertamento emesso nei confronti della societa’, che a sua volta rinviava al processo verbale di constatazione mai notificato alla contribuente, socia accomandante che aveva dismesso la propria partecipazione sin dal 2 agosto 2007. E rileva che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, l’avviso di accertamento notificato alla contribuente era effettivamente carente sotto il profilo motivazionale, in quanto rinviava alle risultanze di indagini svolte nei confronti della societa’, di cui la contribuente non aveva avuto nessuna conoscenza, sin dalla data di inizio della verifica fiscale. Nel controricorso si osserva che priva di fondamento e’ anche l’affermazione formulata dalla Agenzia delle Entrate, basata sulla definitivita’ dell’accertamento in capo alla societa’; cio’ in quanto la giurisprudenza ha chiarito che il socio di societa’ di persone e’ legittimato a ricorrere avverso la pretesa fiscale notificatagli in relazione al reddito di partecipazione, nonostante l’intervenuta definitivita’ dell’accertamento del reddito societario. La parte rileva che correttamente la CTR ha considerato che neppure il giudice aveva avuto la possibilita’ di risalire ai motivi concreti posti alla base dell’avviso impugnato; e considera del tutto inconferente l’arresto giurisprudenziale richiamato dalla Agenzia delle Entrate. Ribadisce che, nel caso, non puo’ trovare applicazione la disciplina di cui all’articolo 2261 c.c., posto che (OMISSIS) al momento della notifica dell’avviso di accertamento non era piu’ socia della (OMISSIS) sas.

2.1 La parte contribuente evidenzia l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso. Al riguardo, l’esponente rileva che il vizio motivazionale di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura – esclusivamente – quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontabile una obiettiva lacuna, o la deficienza nell’iter logico ovvero l’assoluta incompatibilita’ razionale degli argomenti; e non quando vi sia difformita’ rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte sul valore e sul significato attribuiti dal giudice agli elementi delibati. Rileva che correttamente la CTR ha rilevato che l’avviso di accertamento notificato alla contribuente era affetto da vizio di motivazione, posto che il processo verbale di constatazione redatto nei confronti della societa’ non era mai stato notificato alla parte, ne’ allegato agli avvisi a lei notificati, ovvero riprodotto nel suo contenuto essenziale, ne’ depositato in giudizio. Considera infine irrilevante il rapporto di parentela che lega la parte al rappresentate legale della societa’ e socio accomandatario all’epoca della verifica.

(OMISSIS) chiede la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso e, in subordine, il rigetto, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

3. Procedendo all’esame congiunto dei motivi di ricorso, se ne rileva la fondatezza.

La CTR, nella sentenza impugnata, evidenzia che l’accertamento nei confronti di (OMISSIS), socia al 10% della Societa’ (OMISSIS) sas di (OMISSIS), scaturisce dall’accertamento emesso nei confronti della predetta societa’ (e notificato nel marzo del 2008 alla socia stessa), sulla base di PVC di cui la parte trovava copia.

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