Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 31 maggio 2017, n. 13744

L’errore per la revocazione deve essere lampante, non comportare valutazioni ma soprattutto deve incidere sull’esito della lite per avere rilevanza

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 31 maggio 2017, n. 13744

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14545/2014 proposto da:

(OMISSIS) SA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) con procura notarile del Not. Dr. (OMISSIS) in (OMISSIS) rep. n. (OMISSIS) del 21/05/2014;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 9295/2013 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 17/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/05/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto.

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

§ 1. (OMISSIS) s.a. e (OMISSIS) spa propongono ricorso per revocazione – ex articolo 391 bis c.p.c. e articolo 395 c.p.c., n. 4) – della sentenza n. 9295 del 17 aprile 2013 con la quale questa corte di cassazione ha rigettato il ricorso dalla Banca proposto avverso la sentenza n. 130/06 del 23 novembre 2006 della commissione e tributaria regionale di Trieste; dichiarativa dell’inammissibilita’, per difetto di specificita’ dei motivi, dell’appello da essa Banca proposto contro la sentenza della commissione tributaria provinciale di Gorizia n. 93/1/02 del 19 settembre 2002. Sentenza, quest’ultima, che aveva accolto soltanto in parte il ricorso della Banca contro il diniego di rimborso del maggior imposta di registro liquidata su decreto ingiuntivo emesso nei confronti di una societa’ correntista e relativi fideiussori.

Per quanto concerne la fase rescindente del giudizio di revocazione, la Banca deduce che:

a. il ricorso per cassazione definito con la suddetta sentenza di legittimita’ n. 9295/13 constava di tre motivi, rispettivamente concernenti: 1. l’erronea e contraddittoria affermazione della commissione tributaria regionale circa il fatto che la banca si sarebbe limitata a ribadire in giudizio “le ragioni gia’ poste a base dell’accertamento”, la’ dove giammai la Banca avrebbe potuto richiamare a propria difesa tali ragioni, tanto piu’ considerato che, nella specie, nemmeno di accertamento si trattava, ma di silenzio-rifiuto su istanza di rimborso; 2. la violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 1 e articolo 342 c.p.c.; per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che l’atto di appello presentato dalla banca fosse privo di specifici motivi di impugnazione; 3. la violazione delle norme sulla fideiussione nonche’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1936, articoli 6, 22, 43 e articolo 6 Tariffa allegata; per avere la commissione tributaria regionale, sebbene ad abundantiam, erroneamente affermato l’imponibilita’ proporzionale delle fideiussioni enunciate nell’ingiunzione (suscettibili di registrazione solo in caso d’uso, perche’ formatesi mediante scambio di corrispondenza) sulla base del loro massimale, e non dei solo,importo ingiunto.

b. dopo aver respinto il primo motivo del ricorso per cassazione, ritenendolo ininfluente rispetto alla decisione (in quanto mero “lapsus calami” del giudice regionale), la sentenza n. 9295/13 aveva poi ritenuto inammissibile il secondo motivo di ricorso (dichiarando assorbito il terzo) per difetto di autosufficienza: “non essendo stata allegata ne’ riprodotta la motivazione della sentenza della commissione tributaria provinciale al fine di poter verificare l’assunto della banca con riferimento alla specificita’ dei motivi di appello, non essendo sufficiente la trascrizione di alcuni stralci della sentenza, riportati nella parte introduttiva del ricorso, a consentire a questa corte la valutazione delle censure enunciate” (sent., pag. 2);

c. contrariamente a tale affermazione, la banca aveva testualmente riportato, proprio nella illustrazione del secondo motivo di ricorso, tanto la motivazione della sentenza di primo grado, quanto i motivi di appello contro di essa formulati; a riprova della erroneita’ della decisione di inammissibilita’ presa, sul punto, dalla commissione tributaria regionale;

d. quello nel quale era cosi’ incorsa la S.C. rivestiva natura di errore revocatorio sul fatto processuale, in quanto: – determinato da una svista percettivo-sensoriale nella lettura dell’atto; – incidente su un punto non controverso di causa (non avendo l’agenzia delle entrate eccepito il difetto di autosufficienza del ricorso per cassazione); decisivo sull’esito del ricorso; – concernente un elemento interno al giudizio di legittimita’ (il contenuto dello stesso ricorso per cassazione).

Per quanto concerne la fase rescissoria del giudizio di revocazione, la banca rimarca la specificita’ dei propri motivi di appello, di cui chiede l’accoglimento. Cio’ anche per quanto concerne la questione di merito (ritenuta assorbita dalla S.C.) del regime di imposizione proporzionale di registro applicabile agli atti di fideiussione enunciati nell’ingiunzione (se sul massimale ovvero, come da essa sostenuto, nei limiti dell’importo ingiunto); sempreche’ su tale questione si individuasse, nella sentenza di appello, un’autonoma e sufficiente ratio decidendi.

L’agenzia delle entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza di discussione; (OMISSIS) hanno depositato memorie.

§ 2. Il ricorso per revocazione non puo’ trovare accoglimento.

Venendo qui dedotta l’ipotesi di errore di fatto revocatorio, occorre partire dal dato normativo ex articolo 395 c.p.c., n. 4), secondo cui “vi e’ questo errore quando la decisione e’ fondata sulla’ supposizione di un fatto la cui verita’ e’ incontrastabilmente esclusa, oppure quando e’ supposta l’inesistenza di un fatto la cui verita’ e’ positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costitui’ un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.

L’errore revocatorio deve dunque cadere – per regola generale, valevole anche nel caso di revocazione di sentenze di legittimita’ ex articoli 391 bis e ter c.p.c., recettivi di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con le sentenze nn. 17/1986 e 36/1991 – su un “fatto”; ed esso si concreta in una falsa percezione della realta’, a sua volta indotta da una “svista” di natura percettiva e sensoriale.

Proprio per tale sua natura, questa falsa percezione della realta’ – che nel procedimento di cassazione concerne necessariamente i soli atti interni al giudizio di legittimita’, ossia quelli che la corte esamina direttamente nell’ambito del motivo di ricorso o delle questioni rilevabili d’ufficio: Cass. 4456/15″ ord. – deve emergere in maniera oggettiva ed immediata dal solo raffronto tra la realta’ fattuale e la realta’ rappresentata in sentenza. Con la conseguenza che non puo’ dirsi revocatorio quell’errore la cui verificazione richieda indagini, procedimenti ermeneutici, svolgimento di argomentazioni giuridico-induttive (tra le molte: Cass. nn. 3317/98; 14841/01; 2713/07; 10637/07; 23856/08; 8472/16, ord.).

E’ vero che l’errore revocatorio non riguarda soltanto i fatti materiali (o storici, o empirici) di natura sostanziale, ma anche ali eventi del processo. Questa affermazione ha trovato varie applicazioni giurisprudenziali quanto ad errore costituito, ad esempio, dall’omesso esame di uno scritte difensivo (ma solo nell’ipotesi in cui l’omissione sia tale da comportare una svista percettiva del giudice in ordine all’esistenza o inesistenza di una circostanza fattuale di natura decisiva, non gia’ una diversa valutazione in diritto della fattispecie sostanziale o processuale: Cass. 3137/94); ovvero dall’omessa pronuncia su una domanda che si assuma essere stata ritualmente proposta, ma che il giudice abbia ritenuto non essere mai stata formulata in giudizio (Cass. 12958/11); ovvero, ancora, nell’omesso esame di un motivo di impugnazione non percepito; Cass. 362/10; 17163/15).

E tuttavia, anche questa tipologia di errore, concernente le intrinseche modalita’ di svolgimento dei giudizio, deve incidere su un “fatto”, ancorche’ di natura processuale; con esclusione anche in tal caso, pertanto, di qualsivoglia rilevanza dell’errore di “valutazione” nel quale sia in ipotesi incorso il giudice nella ricostruzione fattuale della vicenda, ovvero nell’applicazione della legge e nella sussunzione della fattispecie.

In nessun caso, pertanto, l’errore revocatorio si discosta dalla regola generale, per cui esso rileva soltanto se caratterizzato da incidenza sull’esito della lite: – decisiva, perche’ posto, all’esito di vaglio controfattuale, in rapporto di determinazione causale con la statuizione assunta; – evidenziabile in maniera lampante, e non all’esito di valutazioni di tipo giuridico ed ermeneutico.

§ 3. Cio’ posto, si conviene con la banca circa l’effettiva erroneita’, in fatto, dell’affermazione, su riportata, con la quale la sentenza n. 9295/13 assume che: – la banca non aveva ne’ allegato ne’ iprodotto la motivazione della sentenza di primo grado, al fine di poter verificare il livello di specificita’ dei motivi di appello contro la stessa rivolti; – non poteva a tal fine ritenersi sufficiente la trascrizione di alcuni stralci della sentenza, come riportati nella parte introduttiva del ricorso. L’erroneita’ di tali affermazioni si desume dal riscontro obiettivo del ricorso per cassazione (riportato nel ricorso per revocazione), nel quale risultavano in effetti testualmente riportati tanto i passaggi motivazionali della sentenza di primo grado (ric. pagg. 15-16); quanto l’atto di appello con i relativi motivi (pag. 16-20). E cio’ veniva dalla banca svolto non nella parte narrativa del fatto e del giudizio di merito, bensi’ nella esplicitazione del secondo motivo di ricorso per cassazione (ric. § 2); appunto dedicato alla violazione da parte della CTR del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53 e articolo 342 c.p.c., in punto erronea valutazione di aspecificita’ dei motivi di appello.

L’errore cosi’ riscontrabile nella sentenza n. 9295/13 non e’ pero’ tale da determinarne, sulla base dei principi generali su esposti, la revocazione.

Va infatti considerato che la sentenza in oggetto, pur dopo aver affermato che il secondo motivo di ricorso faceva difetto di autosufficienza per le (erroneamente) indicate ragioni, non si e’ limitata a rigettare senz’altro – e per tale dirimente ragione – il ricorso.

Essa ha infatti sviluppato il proprio convincimento di inaccoglibilita’ del secondo motivo di ricorso, riferendo al caso di specie tutta una serie di principi generali – di consolidata formazione giurisprudenziale idonei a sorreggere la stessa conclusione di rigetto, del tutto indipendentemente dalla suddetta valutazione di inammissibilita’ per carenza di autosufficienza ex articolo 366 c.p.c., n. 6).

In altri termini, la sentenza in esame andrebbe senz’altro – evocata qualora essa si fosse arrestata al difetto di autosufficienza; ma siccome a quest’ultima motivazione (inficiata dall’errore) se ne e’ aggiunta un’altra – da quella del tutto svincolata, e parimenti idonea a costituire autonoma e sufficiente ratio decisoria di rigetto del ricorso – la revocazione non puo’ avere ingresso.

D’altra parte, qualora la sentenza n. 9295/13 avesse inteso concentrare ed esaurire la propria portata decisoria nel giudizio di non-autosufficienza del motivo di cassazione, non vi sarebbe stata alcuna ragione logico-giuridica per ulteriormente sviluppare, su un piano completamente diverso, il discorso; cosi’ da sostenere l’inaccoglibilita’ di tale motivo in forza altresi’ di argomenti invece inequivocabilmente riferibili alla valutazione di effettiva non-specificita’ dei motivi di appello.

Che, dunque, la sentenza mostra di aver preso in esame.

Osserva la sentenza in oggetto (ultimo cpv., pag. 2) che il ricorso in appello doveva ritenersi inammissibile se limitato – “come nel caso di specie” – a riproporre le medesime doglianze articolate nel ricorso di primo grado, senza alcuna censura alla sentenza impugnata, e limitando le censure al comportamento dell’ufficio, anziche’ alla motivazione della pronuncia della CTR.

E’ vero che nello stesso argomentare viene incidentalmente affermato che la sentenza impugnata non era qui stata “neanche allegata o riprodotta”; e tuttavia si tratta, appunto, di una affermazione meramente incidentale e sovrabbondante (non a caso, preceduta da “peraltro”) che nulla toglie al ragionamento di fondo, secondo cui – “nel caso di specie” – il ricorso in appello doveva ritenersi inammissibile per l’effettiva genericita’ dei motivi; sicche’ il ricorso per cassazione non poteva trovare accoglimento, anche indipendentemente dalla pregressa valutazione di non-autosufficienza del motivo di cassazione.

Sulla base di questa ricostruzione che denota essa stessa la necessita’ di una delicata attivita’ interpretativa del decisum (di per se’ incompatibile con l’immediata evidenziabilita’ dell’errore revocatorio causalmente rilevante) sul discrimine tra giudizio di autosufficienza (del ricorso per cassazione) e giudizio di specificita’ (dell’appello) – deve dunque convenirsi che l’errore di percezione sul contenuto del ricorso per cassazione non ha espletato efficacia decisiva; sussistendo elementi per affermare che la decisione di rigetto del ricorso della banca sia stata, dalla sentenza in esame, basata (anche) su un ragionamento di natura valutativa dei motivi di appello – costituente vera a propria ratio decisoria a se’ stante – la cui eventuale erroneita’ sarebbe comunque irrilevante ai fini della revocazione.

Ne segue la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso per revocazione.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccornbenza.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso per revocazione;

– pone a carico della Banca le spese del giudizio, che liquida in Euro 1.700,00 oltre spese prenotate a debito;

– v.to il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *