Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 4 dicembre 2015, n. 24784

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20062/2010 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 15/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/11/2015 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

A seguito d’indagini di polizia tributaria il fisco appurava che (OMISSIS), aveva svolto da 1989 al 1994, le attivita’ fiscalmente non dichiarate di fisioterapista e mediatore immobiliare, il tutto senza istituire partita IVA e scritture obbligatorie. Pertanto, non avendo il contribuente saputo giustificare la proprie movimentazioni bancarie, erano notificati plurimi atti impositivi (IVA) impugnati con successo dall’interessato giusta decisione riformata in appello dalla C.t.r. del Lazio. Questa, con sentenza del 15 giugno 2009, osserva che la sentenza penale di proscioglimento dai reati fiscali ascritti al contribuente non possono avere “efficacia determinante e vincolante nel processo tributario, essendo l’ottica del giudice penale e del giudice tributario completamente diverse”. Aggiunge che gli atti impositivi sono ben motivati con rinvio al contenuto del processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, che redatto il 21 febbraio 1996, era stato consegnato all’interessato e da lui controfirmato per notifica. Rileva che, verificato come in effetti il contribuente non aveva mai dichiarato la sue attivita’ di fisioterapista e mediatore immobiliare, il fisco aveva “…ripreso a tassazione i versamenti non giustificati (peraltro solo questi)”. Afferma, infine, che “le cartelle esattoriali… emesse a seguito di accertamenti legittimi conservano, a loro volta, piena validita’”.

Per la cassazione di tale decisione (OMISSIS) ricorre con unico motivo denunciando vizi motivazionali “non avendo… la commissione regionale, nell’accogliere l’appello dell’ufficio, speso neppure una parola in merito alle ragioni che l’avrebbero indotta a disattendere le specifiche giustificazioni fornite dal contribuente in relazione ai singoli movimenti contestati” (momento di sintesi a pag. 12); all’uopo il contribuente richiama l’allegato n. 1 al ricorso per cassazione, i cui contenuti salienti trascrive nel ricorso stesso. Il fisco resiste con controricorso. La parte privata replica con memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato.

Ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non puo’, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perche’ questo e’ il solo contenuto assertivo della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale e’ passato dalla sua situazione d’iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto dimostrativo della dichiarazione stessa (Sez. 5, Sentenza n. 1236 del 23/01/2006, Rv. 590221). In effetti la sentenza d’appello, cosi’ come denuncia il ricorrente, appare piuttosto lacunosa perche’ si sofferma solo sulla “non rilevanza” del proscioglimento penale del contribuente mentre le difese di merito, con puntuale trascrizione nell’odierno ricorso in riferimento a documenti prodotti, mirano tra l’altro a limitare significativamente l’ammontare degli assegni rimasti privi di giustificazione. Dall’esame degli autosufficienti rilievi del ricorrente emerge che, a fronte di un imponibile di oltre 436 milioni di vecchie lire, l’importo non giustificato da (OMISSIS) sarebbe di poco piu’ di 26 milioni di vecchie lire per l’intero periodo delle annualita’ verificate. Il che pare trovare riscontro, anche se puramente indiziario (Sez. 5, Sentenza n. 5720 del 12/03/2007, Rv. 596606), nella circostanza storica che il G.i.p., nella sentenza penale di proscioglimento, afferma che il contribuente “…ha ricostruito l’origine di quasi tutti i versamenti effettuati nel corso degli anni dal 1989 in poi, fornendo anche, nei casi piu’ rilevanti, la prova documentale circa la provenienza dei versamenti in questione”.

Il giudice d’appello, una volta negato che la sentenza penale di proscioglimento non spiega automatica efficacia dinanzi al giudice tributario (conf. ult. cit.), avrebbe dovuto procedere all’analitica ricostruzione delle movimentazioni bancarie con la comparazione in dettaglio delle singole registrazioni di conto corrente contestate dal fisco e della documentazione giustificativa addotta a discarico dal contribuente (v. memorie di primo e secondo grado, all. 3-4; doc. illustrati con memoria ai Gip, all. 1; sent. Gip, all. 2) e giungere, se del caso, alla riduzione dell’imponibile evaso per la corretta contabilizzazione dell’imposizione sul valore aggiunto e degli accessori consequenziali. Tutto cio’ la C.t.r. ha omesso di fare essendosi limitata ad affermare che “l’ufficio ha ripreso a tassazione i versamenti non giustificati (peraltro solo questi)”, cosi’ eludendo la fase dimostrativa del proprio ragionamento probatorio. Pertanto la sentenza d’appello deve essere cassata con rinvio alla C.t.r. del Lazio che, in diversa composizione, procedera’ a nuovo e motivato esame e regolera’ anche le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello e rinvia, anche per le spese, alla C.t.r. del Lazio in diversa composizione.

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