Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 5 dicembre 2014, n. 25777

 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12169-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 201/2009 della COMM.TRIB. REG, DEL LAZIO SEZ. DIST. di LATINA, depositata il 12/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sorrentino Federico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
A seguito di controllo effettuato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/72, articolo 52, per verifica re l’esistenza e l’esercizio dell’attivita’ dichiarata dalla societa’ ” (OMISSIS) S.r.l.”, con provvedimento dell’11.5.2005 l’Agenzia delle entrate di Cassino negava il rimborso dell’Iva relativa all’acquisto di un immobile effettuato in data (OMISSIS), per assenza del presupposto dello svolgimento di attivita’ d’impresa.
Il ricorso della societa’ contribuente veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Frosinone, sull’assunto che la contestazione fosse derivata da un equivoco – ossia il fatto che in data (OMISSIS) l’oggetto sociale della (OMISSIS) s.r.l. era mutato da “lavorazione delle pietre e marmo” ad “acquisto, vendita e fitto di aziende, di beni immobili, di macchinari e di autoveicoli” – e che l’assenza di beni strumentali di proprieta’ della societa’ fosse irrilevante, potendo questa disporne anche ad altro titolo (affitto, uso o comodato gratuito).
L’appello proposto dall’Agenzia delle entrate veniva respinto dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale, nell’aderire totalmente alle motivazioni del giudice di prime cure, ribadiva che l’attivita’ poteva essere esercitata anche con beni, non di proprieta’, ma concessi in godimento da terzi.
Per la cassazione della sentenza di secondo grado, depositata il 12.3.2009 e non notificata, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a tre motivi, notificato in data 20 aprile – 3 maggio 2010.
L’intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 30, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), formulando il seguente quesito di diritto: “Dica codesta Corte se – in relazione ad una domanda di rimborso IVA relativa all’acquisto di un immobile da parte di una societa’ avente come oggetto sociale lo svolgimento di “operazioni di acquisto, vendita e fitto di aziende, di beni immobili ..”, violi il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 30, comma 3, lettera c) la sentenza della CTR che riconosca il diritto al rimborso in base alla considerazione che “la mancanza di beni strumentali non preclude l’esercizio di attivita’ tenuto conto che l’attivita’ puo’ anche essere esercita usufruendo di beni in affitto e/o concessi in uso e/o in locazione”, laddove la norma suddetta (correttamente interpretata nel senso che il diritto al rimborso dell’IVA presuppone la ammortizzabilita’ – e dunque la strumentante – dei beni e che non puo’ essere riconosciuto il diritto al rimborso quando i beni immobili non rappresentano lo strumento ma costituiscono l’oggetto dell’attivita’) avrebbe dovuto indurre a negare nel caso in esame il rimborso in quanto la contribuente svolge attivita’ di locazione di immobili propri, sicche’ questi costituiscono l’oggetto e non lo strumento dell’attivita’ svolta”.
2. Con il secondo mezzo, la ricorrente deduce ulteriormente violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 72, articoli 1, 4 e 30, sempre in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), formulando il seguente quesito di diritto: “Dica codesta Corte se – in relazione ad una domanda di rimborso IVA presentata da una societa’ (esercente l’attivita’ di operazioni di acquisto, vendita e fitto di aziende, di beni immobili) in relazione all’anno 2004 in cui, da apposita verifica svolta, e’ risultato che le operazioni commerciali sono di scarso numero, occasionali e straordinarie, e che e’ insussistente qualsiasi forma organizzativa “non avendo i verbalizzanti riscontrato la presenza di personale, di beni e di risorse utilizzate dalla (OMISSIS) s.r.l. a fini produttivi essendo, come dichiarato dalla parte, gli stessi fattori impiegati esclusivamente dalla (OMISSIS)” – violi il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 1, 4 e 30 la sentenza della CTR che, richiamando per relationem la conclusione del giudice di primo grado, ritenga di riconoscere il diritto al rimborso senza verificare la sussistenza in concreto del relativo presupposto (esercizio di attivita’ di impresa), laddove invece le norme suddette (correttamente interpretate nel senso che il diritto al rimborso postula l’esercizio abituale di attivita’ di impresa) avrebbero dovuto indurre a disconoscere il diritto al rimborso non ricorrendo nel caso in esame il predetto carattere di abitualita’”.
3. Con il terzo motivo di ricorso viene dedotto il vizio di insufficiente motivazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con riguardo al seguente momento di sintesi: “in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio costituito dalla sussistenza del presupposto per il rimborso, costituito dalla configurabilita’ della attivita’ di impresa (attivita’ abituale e non occasionale), la sentenza in esame e’ motivata in modo del tutto insufficiente in quanto – a fronte di numerose circostanze di fatto rilevate dall’Ufficio in sede di verifica e riportate espressamente in sede di appello attestanti la natura del tutto occasionale della attivita’ compiuta dalla contribuente – si limiti a richiamare la decisione di primo grado, motivata solo sulla base del mutato oggetto sociale della contribuente, senza considerare che la ritenuta inesistenza di attivita’ di impresa era stata verificata dall’Ufficio proprio in riferimento al nuovo oggetto sociale”.
4. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
4.1. La disposizione normativa che si assume violata – il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 30, lettera c), – prevede che “Il contribuente puo’ chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all’atto della presentazione della dichiarazione” (tra l’altro) “limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, nonche’ di beni e servizi per studi e ricerche”.
4.2. Ad avviso del ricorrente, il giudice d’appello avrebbe erroneamente riconosciuto il diritto al rimborso dell’Iva assolta sull’immobile acquistato dalla societa’ in data 2 febbraio 2004, poiche’ di esso non poteva predicarsi ne’ la strumentalita’ ne’ – di conseguenza – l’ammortizzabilita’, trattandosi di bene costituente non gia’ lo strumento, bensi’ l’oggetto dell’attivita’ sociale (che dal (OMISSIS) era mutato da “lavorazione delle pietre e marmo” ad “acquisto, vendita e fitto di aziende, di beni immobili, di macchinar e di autoveicoli”), tanto piu’ che lo stesso immobile, destinato a sede della societa’, dall’1.1.2005 era stato concesso in affitto ad altra societa’, la (OMISSIS) s.r.l. (come da dichiarazioni del legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l. nel processo verbale del 3.5.05).
4.3. In realta’, la censura non appare aderente al testo della sentenza impugnata, il cui unico (e scarno) passaggio motivazionale – “la mancanza di beni strumentali non preclude l’esercizio di attivita’ tenuto conto che l’attivita’ puo’ anche essere esercita usufruendo di beni in affitto e/o concessi in uso e/o in locazione” – riguarda non gia’ la concreta strumentante ed ammortizzabilita’ dell’immobile in questione, bensi’ il fatto che si possa in astratto avere esercizio di attivita’ di impresa anche con beni strumentali non di proprieta’, ma concessi in uso, affitto o locazione.
4.4. Va comunque richiamato, sul punto, il consolidato orientamento di questa Corte, per cui, alla luce della sesta direttiva del Consiglio n. 77/388/CEE, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (v. sent, 13 dicembre 1989 in causa C-342/87) e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 4, comma 2, n. 2, (a norma del quale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi poste in essere dai vari tipi di societa’ ivi indicate costituiscono ad ogni effetto – per presunzione iuris et de iure e quale che sia la natura dell’attivita’ svolta – operazioni effettuate nell’esercizio di impresa, con conseguente applicazione dell’IVA sulle operazioni attive compiute), mentre le operazioni attive (come le cessioni di beni) poste in essere da una societa’ di capitali sono da considerare in ogni caso effettuate nell’esercizio di impresa, ai fini della detrazione o rimborso dell’Iva assolta sulle operazioni passive (come gli acquisti di beni) non e’ sufficiente il rivestimento formale della qualita’ di imprenditore societario, dovendosi verificare in concreto l’inerenza (cioe’ la stretta connessione con le finalita’ imprenditoriali) e la strumentante del bene acquistato rispetto alla specifica attivita’ imprenditoriale, compiuta o anche solo programmata (Cass. n. 16697 del 2013; n. 7344 del 2011; n. 1863 del 2004; n. 5599 del 2003). Al riguardo e’ stato precisato che la compatibilita’ con l’oggetto sociale costituisce mero indizio della inerenza all’effettivo esercizio dell’impresa, della cui dimostrazione e’ onerato il contribuente (Cass. n. 4157 dei 2013, in tema di spese relative alla compravendita e/o alla ristrutturazione di immobili) e che dalla relativa conformita’ puo’ prescindersi, nella misura in cui beni e servizi dell’impresa siano impiegati a fini di operazioni soggette ad imposta (Cass. n. 5753 del 2010).
4.5. Va poi considerato che la nozione dell’esercizio di impresa commerciale rilevante ai fini IVA non coincide con quella civilistica di cui agli articoli 2082 e 2195 c.c. (Cass. n. 20443 del 2011), ma va ricavata prima di tutto dalla normativa comunitaria (Cass. n. 7032 del 2014), che nella sesta direttiva si riferisce, tra l’altro, ad “operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale … per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilita’ (Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 42; cfr. articolo 3, comma 2, n. 1,). In tal senso, la circolare ministeriale n. 128/97 (diramata per rimediare alla procedura d’infrazione minacciata dalla Commissione UE) afferma che non v’e’ ragione di alterare, in un soggetto societario, la “tendenziale simmetria tra attivita’ che danno luogo ad operazioni imponibili e correlate operazioni passive che danno luogo a detrazione dell’imposta”, essendo il soggetto passivo autorizzato a livello comunitario dalla sesta direttiva (articolo 17, p. 2) a detrarre le imposte assolte sugli acquisti nella misura in cui i beni sono impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta (Cass. n. 7032 del 2014).
4.6. Cio’ premesso, nel caso di specie l’inerenza dell’acquisto dell’immobile risulta, per un verso, dalla sua destinazione a sede della societa’, per altro verso – a partire dall’anno 2005 – dal suo sfruttamento come fonte di introiti locatizi, conformemente al modificato oggetto sociale (cfr. Corte di giustizia, causa C-23/98, ove si afferma che, in linea con la sesta direttiva piu’ volte citata, “la locazione di un bene corporale costituisce sfruttamento di tale bene da qualificarsi come attivita’ economica … per ricavarne introiti aventi carattere di stabilita’”).
5. Il secondo ed il terzo motivo – che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto afferiscono ad un medesimo aspetto, osservato sotto i diversi profili dell’error in iudicando e del difetto di motivazione – sono invece fondati.
5.1. Coglie invero nel segno la critica mossa alla sentenza gravata, laddove si limita apoditticamente a motivare: “t’appellante in questa sede ripropone le stesse affermazioni gia’ disattese dai primi giudici con ampia e diffusa motivazione per cui la decisione e la motivazione di 1 grado non meritano censure e vanno confermate”, senza svolgere la verifica invocata dall’appellante circa la sussistenza, in concreto, del presupposto dell’esercizio di attivita’ di impresa, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 1 e 4, con riguardo al requisito dell’abitualita’ (stante la rilevazione di “operazioni commerciali di scarso numero, occasionali e straordinarie”), piuttosto che del profilo organizzativo (in riferimento alla rilevata assenza “di personale, di beni e di risorse utilizzate dalla (OMISSIS) s.r.l.”, per essere “tali fattori impiegati esclusivamente dalla (OMISSIS)”).
5.2. Come e’ stato anticipato, infatti, la nozione tributaristica dell’esercizio di imprese commerciali non coincide con quella civilistica, giacche’ il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 4, in materia di IVA (cosi’ come l’articolo 55 del T.U.I.R., in materia di imposte sui redditi) intende per esso l’esercizio professionale e abituale, ancorche’ non esclusivo, delle attivita’ indicate dall’articolo 2195 c.c., nonche’ delle attivita’ indicate dall’articolo 2135 c.c. (ai fini delle imposte sui redditi solo se eccedenti i limiti stabiliti con decreto ministeriale, ex articolo 32, comma 2, T.U.I.R. del 1986), anche se le stesse non siano organizzate in forma di impresa, e dunque prescindendo dal requisito organizzativo, che al contrario rappresenta un elemento qualificante ed indispensabile per la configurazione dell’impresa commerciale agli effetti civilistici (Cass. n. 20443 del 2011; conf. Cass. n. 27211 del 2006). Spetta dunque al giudice di merito, sulla base di un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimita’, se congruamente motivato, accertare la sussistenza dei requisiti della professionalita’ ed abitualita’ nell’attivita’ svolta dal contribuente, ossi’a il carattere continuativo e stabile dell’attivita’ imprenditoriale, che difetta nel compimento di atti isolati di produzione e commercio (Cass. n. 7032 del 2014; cfr. Cass. n. n. 13999 del 2003, n. 27208 del 2006 e n. 20253 del 2008). Il carattere imprenditoriale dell’attivita’ esercitata, nei termini appena indicati, va peraltro valutato in concreto, con riferimento a modalita’ e contenuto della stessa, tenendo presente che l’onere della prova di tale carattere grava sull’ufficio finanziario, il quale puo’ assolverlo anche mediante presunzioni (cfr. Cass. n. 9206 del 2008).
5.3. Al riguardo va altresi’ rammentato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 19, comma 1, consente all’imprenditore di portare in detrazione l’imposta pagata per l’acquisto di un bene, effettuato in conformita’ ad obbiettivi presenti nell’atto costitutivo o nello statuto, anche se si tratti di un’operazione isolata, non direttamente collegata all’attivita’ dichiarata ed attualmente esercitata, a condizione che l’imprenditore fornisca la prova della inerenza di tale operazione all’esercizio dell’impresa, dimostrando la sussistenza di circostanze in base alle quali l’acquisto stesso possa essere ritenuto – con giudizio di merito insindacabile in cassazione, se correttamente motivato – prodromico all’espletamento effettivo di nuove attivita’ consentite dal patto sociale (Cass. n. 7808 del 2008; conf. Cass. n. 8583 del 2006; cfr. Cass. n. 5599 del 2003; si veda anche Cass. n. 5739 del 2005, che ha riconosciuto la detraibilita dell’Iva assolta sull’acquisto di un immobile da una societa’ di capitali, avente per oggetto attivita’ immobiliare, che solo due anni dopo aveva ottenuto licenza edilizia, anche in assenza di operazioni attive idonee a consentire la rivalsa, a fronte di una inerzia giustificata con le difficolta’ economiche affrontate dalla contribuente).
6. In conclusione, la sentenza va cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso dell’IVA assolta su operazioni passive, dovra’ accertare, sulla scorta delle prove – anche presuntive – fornite dall’amministrazione finanziaria, se ricorra effettivamente e in concreto l’esercizio di un’impresa commerciale munita dei caratteri della professionalita’ e dell’abitualita’, a prescindere dalla esclusivita’ della stessa e dal profilo imprenditoriale organizzativo, tenendo conto che, in astratto, anche un’operazione isolata puo’ rivestire tali caratteristiche, se il contribuente abbia fornito la prova della sua inerenza all’esercizio dell’impresa, ossia la sua stretta connessione con le finalita’ imprenditoriali e – nel caso specifico dell’acquisto di un bene – la sua strumentante rispetto alla concreta attivita’ imprenditoriale, effettiva o anche solo programmata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, che provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

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