Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 18 agosto 2016, n. 34988

Con riferimento al reato associativo, la figura dell’organizzatore rappresenta un minus rispetto a quella di capo, giacché mentre quest’ultimo dispone di autonomia e discrezionalità decisionale, il primo si identifica con colui che svolge attività essenziali per assicurare la vita e l’efficienza dell’associazione, in relazione alle finalità che quest’ultima persegue e alla struttura che ha assunto in concreto. In questo ambito assume decisiva rilevanza la qualità dell’attività che, purché non occasionale, non deve necessariamente essere costituita dall’organizzazione del lavoro di altri, propria del dirigente, ben potendo consistere finanche in un’attività svolta in solitudine, i cui risultati sono poi messi a disposizione del sodalizio. In altri termini, la qualifica di organizzatore dell’associazione spetta a colui che, in autonomia, ma pur sempre nel quadro delle direttive del capo, cura il coordinamento e l’impiego delle strutture e delle risorse associative, nonché reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un’attività che assuma i caratteri dell’essenzialità e dell’infungibilità, non essendo invece necessario che lo stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell’attività di altri soggetti.

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 18 agosto 2016, n. 34988

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUMO Maurizio – Presidente
Dott. BRUNO Paolo A. – Consigliere
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 15466/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 15/05/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e l’inammissibilita’ dei restanti ricorsi;
uditi i difensori avv. (OMISSIS) per il (OMISSIS) e il (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per il (OMISSIS), il (OMISSIS) e (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi;
udito l’avv. Lorenzo Coluri, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per le parti civili FAI e (OMISSIS), che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 15/05/2014 la Corte d’appello di Napoli, per quanto ancora rileva, ha confermato l’affermazione di responsabilita’ degli imputati indicati nel punto seguente, per i reati che verranno dettagliatamente esaminati nell’esposizione dei singoli motivi.
In linea generale, vengono in rilievo o la partecipazione all’associazione di tipo mafioso capeggiata da (OMISSIS) o la realizzazione di specifici reati in vario modo correlati all’attivita’ del clan.
2. Nell’interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione.
3. Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ affidato ai seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riguardo all’affermazione di responsabilita’ per il reato associativo.
In particolare, si osserva: a) che il coinvolgimento nei reati-fine, oltre ad essere censurabile, per quanto si dira’ infra, comunque non confermerebbe la partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso, giacche’ nessuna delle persone offese ha dichiarato che le richieste asseritamente provenienti dal (OMISSIS) o da suoi conoscenti era riferibile ad alcuna associazione e alle sue necessita’; b) che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sul punto erano caratterizzate da discrasie e non assistite da una valutazione di attendibilita’ o dalla individuazione di elementi idonei ad escludere ragioni di astio o finalita’ opportunistiche; c) che l’amicizia – mai negata – con il (OMISSIS) non era idonea a dimostrare la responsabilita’ del ricorrente per il reato associativo; d) che il versamento periodico di una somma di denaro da parte dei vertici del sodalizio, oltre ad essere indizio equivoco della partecipazione a quest’ultimo, non era sorretto dalla conversazione intercettata tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), nella quale, al contrario, emergeva che, in assenza di un contributo del (OMISSIS), non poteva essergli data la “mesata”.
3.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione ai reati di cui all’articolo 629 c.p..
In particolare, quanto al delitto di cui al capo N, ossia la tentata estorsione in danno del titolare della (OMISSIS), non avevano trovato confutazione le obiezioni difensive concernenti: a) l’attendibilita’ del riconoscimento del (OMISSIS), operato solo in un secondo momento dalla persona offesa, quando la Polizia Giudiziaria, gli aveva mostrato una foto del ricorrente con un casco e degli occhiali; b) la detenzione del ricorrente al momento della prima richiesta estorsiva.
Quanto al delitto di cui al capo VV, ossia l’estorsione in danno di (OMISSIS), la Corte territoriale non si era confrontata con la questione della mera connivenza del (OMISSIS) con lo zio arrestato in flagranza.
Per quanto concerne il delitto di cui al capo AAA, ossia la tentata estorsione in danno di (OMISSIS), si prospetta una qualificazione dei fatti come mera minaccia, in ragione della natura occasionale della condotta attribuita al (OMISSIS) e alla sua inidoneita’ a creare un particolare stato di intimidazione della vittima, che aveva provveduto ad operare una ricostruzione lucida e dettagliata della vicenda.
3.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione ai reati di cui ai capi UUU e ZZZ.
Con riferimento al primo, ossia al furto di un’autovettura Smart, il ricorrente osserva che la conversazione n. 1257 del giorno 11.11.2008, nella quale si legge che ” (OMISSIS) se la e’ presa da mano”, rivelava l’insussistenza della circostanza aggravante di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7.
Con riferimento al secondo, ossia al reato di lesioni provocate in danno di (OMISSIS), vittima di un pestaggio, si rileva l’inconsistenza degli elementi valorizzati dalla Corte territoriale; ossia, il torto subito dallo zio del ricorrente ad opera del (OMISSIS) e la conversazione tra il (OMISSIS) e lo zio, come pure l’avere il primo fatto intendere che il secondo sarebbe stato vendicato.
3.4. Con il quarto motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, sottolineando che il riferimento alla allarmante pericolosita’ dell’imputato rappresenta una formula di mero stile.
4. Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) dall’avv. (OMISSIS) si affida ai seguenti motivi, che nella sostanza, sia pure con diversa articolazione numerica, si rinvengono anche nel ricorso presentato, nell’interesse del medesimo imputato, dall’avv. (OMISSIS).
In particolare i primi due motivi del ricorso dell’avv. (OMISSIS) sono fusi nell’unico primo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS).
Nel prosieguo, per economia espositiva, si seguira’ l’ordine del ricorso dell’avv. (OMISSIS), sia in vista dell’indicazione delle doglianze, sia infra in sede di esame delle stesse, fermo restando che le considerazioni svolte si riferiscono ad entrambi gli atti di impugnazione.
4.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riferimento alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’articolo 379 c.p., aggravato ai sensi del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 conv. con L. n. 203 del 1991, per avere aiutato il (OMISSIS) ad assicurarsi il profitto di usura ovvero a recuperare l’importo di un prestito usurario concesso a tale (OMISSIS).
In particolare, si osserva: a) che dagli atti processuali non emergeva alcuna prova dell’attivita’ agevolatrice del (OMISSIS), il quale, anzi, aveva posto in essere condotte dilatorie per evitare che il (OMISSIS) conseguisse un ingiusto profitto, come, del resto, era stato riconosciuto anche dai giudici di merito, i quali, tuttavia, erroneamente avevano ritenuto la circostanza irrilevante; b) che le conversazioni captate, pur rivelando quanto il (OMISSIS) riferiva al (OMISSIS), non avevano registrato alcun intervento del primo, anch’egli intercettato, presso il debitore; c) che, in definitiva, l’imputato, interessato al conseguimento di un vantaggio personale, ossia all’acquisizione di un bene di proprieta’ del debitore, aveva agito per evitare che quest’ultimo onorasse il debito – la cui natura usuraria era peraltro rimasta indimostrata – nei confronti del (OMISSIS).
4.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione istruttoria, con la quale si era reiterata la richiesta di escussione dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), finalizzata a dimostrare le finalita’ e le caratteristiche dell’intervento svolto dal ricorrente.
4.3. Con il terzo motivo (recante, per mero errore materiale, il numero 4), il ricorrente lamenta vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 rilevando che il (OMISSIS) aveva interagito con il (OMISSIS), in ragione del loro rapporto di parentela e a titolo personale, come dimostrato dal fatto che era stata esclusa la sua partecipazione al clan camorristico.
4.4. Con il quarto motivo (recante, per mero errore materiale, il numero 7), si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al richiesto riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all’invocata riduzione della pena inflitta.
Il ricorrente critica il riferimento della sentenza impugnata ai remoti precedenti penali e l’omessa considerazione della reale entita’ del fatto come pure del concreto apporto chiarificatore fornito.
5. Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ affidato ai seguenti motivi.
5.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riferimento alla ritenuta partecipazione all’associazione camorristica, con il ruolo direttivo a lui attribuito.
Si sottolinea che la sentenza avrebbe dovuto considerare non il dato quantitativo delle conversazioni ambientali intervenute con il (OMISSIS), ma il significato delle stesse e la loro idoneita’ a rivelare il ruolo subalterno del ricorrente, privo di poteri decisionali e di liberta’ nel coordinamento dell’altrui attivita’, nonche’ destinatario di ordini puntuali da parte del capo clan.
5.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al reato di estorsione di cui al capo SS, rilevando: a) che egli si era interessato di rintracciare l’autovettura rubata su incarico del (OMISSIS) e che non aveva tratto, nonostante l’immotivato convincimento della sentenza impugnata, alcun vantaggio dalla sua attivita’; b) che, in ogni caso, egli aveva agito per favorire un terzo estraneo e non il sodalizio, talche’ insussistente era anche la circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 conv. con L. n. 203 del 1991.
5.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all’affermazione di responsabilita’ per il reato di tentata estorsione di cui al capo UU, sottolineando la genericita’ del contenuto della conversazione ambientale valorizzata dai giudici di merito e l’assenza di riscontri idonei ad attribuire i fatti al ricorrente.
5.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al diniego delle richieste circostanze attenuanti generiche e dell’invocato contenimento della pena.
6. Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ affidato ai seguenti motivi.
6.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando: a) che, in assenza del coinvolgimento del ricorrente nella commissione di reati – fine, di pregiudizi penali e giudiziari e di frequentazioni con gli affiliati, la partecipazione all’associazione poteva essere fondata solo all’esito di una rigorosa valutazione del materiale probatorio, laddove, al contrario, le conversazioni ambientali intercettate, a parte la n. 804 del 05/12/2008 (di non agevole lettura e comunque non univoche, anche perche’ rivelatrici di difficolta’ economiche del (OMISSIS), incompatibili con il ritenuto coinvolgimento nella vita associativa), non consentivano neppure di individuare nell’imputato l’interlocutore che discorre con il capo clan; b) che, peraltro, altro soggetto con lo stesso nome di battesimo ( (OMISSIS)) era stato coinvolto nella medesima vicenda processuale; c) che nessuno dei collaboratori di giustizia aveva riferito della partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio, ad eccezione del (OMISSIS), il quale non lo aveva riconosciuto in foto e non era stato in grado di attribuirgli alcun ruolo specifico.
6.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione alla richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di riduzione della pena.
7. Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) si affida ai seguenti motivi.
7.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, sottolineando che la responsabilita’ dell’imputato per il reato di favoreggiamento reale, aggravato ai sensi del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 del conv. con L. n. 203 del 1991, era fondata sull’attribuzione allo stesso anche delle conversazioni successive a quella (n. 1299 del 26/12/2008), nella quale egli si era allontanato dallo “studio” del (OMISSIS) per non farvi piu’ ritorno e comunque su una identificazione basata sulle mere opinioni degli agenti di Polizia Giudiziaria o sull’uso del diminutivo ” (OMISSIS)”, comune nel contesto partenopeo.
7.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 conv. con L. n. 203 del 1991, rilevando: a) che dagli atti non emergeva alcuna condotta agevolatrice di un clan, la cui esistenza non e’ ancora stata accertata con sentenza passata in giudicato; b) che, in ogni caso, il legame parentale con il (OMISSIS) rivelava il carattere meramente personale del rapporto intrattenuto con il capo clan.
7.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e della invocata riduzione della pena, la cui determinazione, sensibilmente distante dal minimo edittale, non era sorretta da adeguato apparato giustificativo, in relazione ai criteri dettati dagli articoli 132 e 133 c.p..
8. Il ricorso proposto nell’interesse dell’ (OMISSIS) si affida ad un unico motivo, con il quale si lamentano vizi motivazionali, in relazione alla ritenuta partecipazione, con ruolo direttivo, nel sodalizio camorristico.
Si osserva: a) che l’attivita’ commerciale dell’imputato era piuttosto il bersaglio del clan; b) che comunque era incerta l’identificazione nel ricorrente del (OMISSIS) o nel don (OMISSIS) – ammesso che questi ultimi fossero la medesima persona che emerge nelle conversazioni intercettate e che, peraltro, non gode di stima da parte del (OMISSIS) e non e’ coinvolto in alcun reato – fine; c) che era comunque inverosimile ed incompatibile con il ruolo di organizzatore l’affermata contemporanea appartenenza del ricorrente al clan (OMISSIS) e a quello dei casalesi.
9. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS) si affida ai seguenti motivi.
9.1. Con il primo motivo, concernente la posizione di (OMISSIS), si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale, in contrasto con l’articolo 649 c.p.p., ritenuto sussistente il concorso esterno dell’imputato nel reato di cui all’articolo 416 bis c.p., valorizzando la detenzione di armi per conto del clan (OMISSIS) che aveva condotto alla condanna del (OMISSIS) con sentenza passata in giudicato.
9.2. Con il secondo motivo, anch’esso concernente la posizione di (OMISSIS), si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza del concorso esterno, rilevando che, a tal fine, non e’ sufficiente una generica prestazione in favore di un clan, quand’anche essa si traduca nella presa in consegna di un’arma.
9.3. Con il terzo motivo, concernente la posizione di (OMISSIS), si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta partecipazione al sodalizio criminale, sottolineando che anche i collaboratori di giustizia ne avevano delineato la figura di uomo di fiducia del (OMISSIS) e non di associato, con la conseguenza che il temporaneo affidamento delle armi non rispondeva ad una logica di adesione all’associazione.
Del resto, il fatto che il ricorrente, dopo il suo arresto, avesse coinvolto il figlio (OMISSIS), per recuperare le armi, dimostrava la prospettiva familiare e non associativa in cui si muoveva.
9.4. Con il quarto motivo, comune ai due imputati, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riferimento alla determinazione della pena.
10. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) si affida ai seguenti motivi.
10.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riferimento alla ritenuta partecipazione dell’imputata al sodalizio, rilevando: a) che la contraria valutazione espressa dai giudici del procedimento cautelare era stata superata dalla sentenza impugnata, senza delineare il concreto contributo fornito dalla donna all’associazione e senza indicare i necessari elementi di riscontro individualizzante alle generiche dichiarazioni dei collaboratori di giustizia; b) che neppure era stata valutata l’attendibilita’ soggettiva di questi ultimi; c) che, infine, l’attivita’ della (OMISSIS) si era sviluppata in un arco di tempo limitato.
10.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al mancato esame della richiesta difensiva finalizzata alla qualificazione della condotta della ricorrente nei termini di mero concorso esterno nel reato associativo.
10.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al diniego delle richieste concernenti il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la riduzione della pena inflitta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ inammissibile, per la genericita’ delle doglianze rispetto all’apparato argomentativo della sentenza impugnata.
Nel rinviare alle considerazioni svolte nei numeri 2 e 3 che seguono e che dimostrano l’assoluta assenza di specificita’ delle censure rivolte contro l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) in relazione ad una pluralita’ di delitti evidente espressione del disegno delinquenziale del clan (OMISSIS), va, innanzi tutto, osservato che, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, la partecipazione non estemporanea dell’imputato ai reati – fine che connotano il programma criminoso dell’associazione costituisce indice sintomatico dell’intraneita’ dell’agente al sodalizio criminoso (Sez. 1, n. 29959 del 05/06/2013 – dep. 12/07/2013, Amaradio e altri, Rv. 256200).
In termini meramente assertivi, alla luce di quanto si dira’ infra, il ricorrente osserva che nessuna delle persone offese avrebbe riferito che le richieste estorsive del (OMISSIS) erano formulate per conto dell’associazione; ma soprattutto non considera, al di la’ del chiaro riferimento ad una retrostante realta’ organizzativa diretto ad intimidire le vittime, che, oltre al (OMISSIS), erano coinvolti altri soggetti, come lo zio (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), anch’essi associati, secondo l’incontestata ricostruzione della sentenza impugnata.
Ma soprattutto il ricorso cerca di sminuire la portata delle conversazioni dalle quali emerge il versamento, in favore del (OMISSIS), di una retribuzione erogatagli da (OMISSIS), su disposizione del capo clan, (OMISSIS). E, tuttavia, al riguardo, va, in primo luogo, ribadito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita’ (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
In secondo luogo, deve rilevarsi che le censure del ricorrente muovono da una rappresentazione parziale del portato delle intercettazioni, dal momento che la frase, riferita dal (OMISSIS) al (OMISSIS), “ma se lui non partecipa, non gli possiamo dare la mesata” non si arresta in quel punto, ma prosegue con un “gli possiamo dare una cinquecento Euro”, rivelando, come peraltro reso palese dal contesto della conversazione, che il capo clan intendeva solo sollecitare, in quel momento, un maggiore impegno dell’imputato.
Cosi’ come vengono trascurate le altre conversazioni, dalle quali emergono le richieste del (OMISSIS) di un anticipo sulla somma mensilmente corrispostagli e quelle dalle quali risulta la disponibilita’ di armi.
In tale contesto si collocano le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, il cui apporto e’ meramente confermativo di siffatte risultanze e la cui attendibilita’ e’ criticata in termini generici dal ricorrente.
2. Il secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ inammissibile, per l’assertivita’ e difetto di specificita’ delle critiche.
Con riguardo alla tentata estorsione in danno del titolare di ” (OMISSIS)” (capo N), le considerazioni del ricorrente si concentrano sul mancato, iniziale riconoscimento dell’imputato, da parte della vittima, e sul fatto che il (OMISSIS) fosse detenuto all’epoca della prima richiesta estorsiva, ma, in tal modo, eludono il complesso degli elementi valutati dalla sentenza impugnata, ossia: a) che il primo riconoscimento era avvenuto con un buon margine di sicurezza ed era stato seguito da un’individuazione sicura, quando il (OMISSIS) era stato mostrato alla persona offesa con il casco e gli occhiali fascianti che indossava quando aveva interloquito con la vittima e la cui disponibilita’ era stata accertata dagli operanti; b) che la persona offesa aveva riconosciuto il (OMISSIS) come colui che il (OMISSIS), ossia in epoca lontana dalla ricordata sofferta detenzione, si era presentato presso il suo cantiere, imponendo la sospensione dei lavori e insistendo perche’ il “masto” si presentasse ai “compagni di (OMISSIS)”; c) che il giorno successivo a tale richiesta, la polizia giudiziaria aveva visto transitare dinanzi al cantiere e guardare all’interno dello stesso quattro giovani, tra i quali erano stati riconosciuti il (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Con riferimento all’estorsione in danno di (OMISSIS) (capo VV), il ricorrente neppure si confronta con il tenore delle dichiarazioni della persona offesa, che attribuisce proprio al (OMISSIS) – e non solo allo zio di quest’ultimo, (OMISSIS), poi arrestato in flagranza – la formulazione della richiesta estorsiva e la riconducibilita’ della stessa, secondo le parole dell’imputato, “agli altri piu’ grandi di me”.
Con riguardo alla tentata estorsione in danno di (OMISSIS) (capo AAA), la riqualificazione del reato in termini di minaccia e’ fondata, nella prospettazione del ricorrente, su proposizioni meramente assertive, anche con riferimento all’assenza di efficacia intimidatoria della richiesta, che certo non puo’ desumersi dalla esistenza della denuncia e dal contenuto specifico delle dichiarazioni rese dalla persona offesa.
Anche in questo caso, peraltro, il ricorso non si sofferma sul fatto che quest’ultima aveva indicato sia i sodali del (OMISSIS), ossia il citato (OMISSIS) e (OMISSIS), sia la correlazione della richiesta con il controllo dell’organizzazione mafiosa sull’inizio delle attivita’ commerciali nel territorio.
3. Il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ inammissibile.
La prima articolazione della censura, che concerne l’affermazione di responsabilita’ per il furto di un’autovettura (capo UUU) e aspira all’esclusione della circostanza aggravante di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7, riposa, infatti, su una alternativa lettura di una conversazione telefonica, che oltre ad essere inammissibile per le ragioni indicate supra sub 1, trascura completamente di considerare altra conversazione, pure esaminata dalla sentenza impugnata, che illumina il significato di quella valorizzata dal ricorrente, in quanto rende palese che la sottrazione del veicolo era avvenuta senza che il (OMISSIS) incontrasse il titolare dello stesso.
La seconda articolazione del motivo, che riguarda le lesioni provocate ad (OMISSIS) (capo ZZZ), e’, del pari, inammissibile per l’assenza di specificita’ dei rilievi critici, che operano una lettura atomistica e parziale dei dati probatori indicati dalla Corte territoriale, trascurando sia l’accertata esistenza di contrasti tra la vittima e lo zio del (OMISSIS), ossia il sopra menzionato (OMISSIS), sia le conversazioni tra questi ultimi e poi quelle tra altri affiliati, che, secondo il razionale apprezzamento della sentenza impugnata, riguardano l’organizzazione della spedizione, il cui esito viene, infine, indicato in altra conversazione (“aveva detto quello che avevano fatto bene a picchiarlo”).
4. Il quarto motivo del ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ inammissibile, per l’assoluta genericita’ della doglianza, che neppur deduce elementi positivamente valutabili e idonei ad incrinare il fondamento logico della decisione impugnata, che ha valorizzato la partecipazione dell’imputato a numerosi reati – fine, i precedenti penali, l’indole violenta e spavalda.
5. Ricordato quanto detto supra sub 4 del Ritenuto in fatto, a proposito della trattazione dei due ricorsi proposti nell’interesse del (OMISSIS), si osserva che il primo motivo e’ inammissibile.
La natura usuraria del debito contratto da (OMISSIS), detto (OMISSIS), e’ stata ammessa, in sede di interrogatorio, dallo stesso (OMISSIS), il quale ha riferito che il (OMISSIS) gli aveva parlato di un debito di 230 mila euro contratto con il (OMISSIS) e scaturente da un prestito di appena 100 milioni di lire.
Cio’ posto, la natura dell’intervento dispiegato emerge, secondo il razionale apprezzamento dei giudici di merito, dalle conversazioni tra il (OMISSIS) e il ricorrente, nipote del primo e ben al corrente della caratura criminale del primo. Ribadito che l’interpretazione del significato delle comunicazioni intercettate rientra, secondo quanto osservato supra sub 1, nella sfera valutativa discrezionale riservata al giudice di merito, si osserva che l’esistenza di un concorrente interesse personale del (OMISSIS) nella vicenda – interesse speculativo, peraltro, del quale il (OMISSIS) e’ ben consapevole: conv. n. 1192 del 22/12/2008 – non e’ incompatibile con il suo ruolo di favoreggiatore dello zio. D’altra parte, che non si rinvengano intercettazioni di rapporti tra il (OMISSIS) e il debitore e’, del pari, irrilevante al fine di dimostrare una frattura nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, tenuto conto degli energici richiami alla prudenza comunicativa rivolti al primo dal (OMISSIS), ad es., con riferimento ai rapporti con l’ (OMISSIS).
Ne’ puo’ ragionevolmente supporsi, di fronte all’energia intimidatoria dispiegata dal (OMISSIS), anche attraverso la prospettiva di uccidere il debitore, che il (OMISSIS), si ripete, ben consapevole della caratura criminale dello zio (secondo quanto emerge dalla puntuale disamina delle conversazioni operata dal giudice di primo grado), potesse anche semplicemente aspirare a svolgere un ruolo in proprio, incompatibile con gli interessi del potente congiunto.
Peraltro, perche’ sia configurabile il reato di favoreggiamento reale, previsto dall’articolo 379 c.p., e’ sufficiente che la condotta posta in essere sia idonea a conseguire lo scopo di aiutare il colpevole ad assicurarsi il profitto del reato, a prescindere dall’esito di essa, ossia dall’effettivo conseguimento di tale finalita’ (Sez. 1, n. 40280 del 21/05/2013, Agostino, Rv. 257327).
6. Anche il secondo motivo del ricorso in esame e’ inammissibile, in quanto la sentenza impugnata ha fornito adeguata motivazione sulla superfluita’ dell’audizione dei due (OMISSIS).
Invero, la natura del rapporto debitorio del (OMISSIS) e’ emersa in termini assolutamente lineari dalle dichiarazioni rese dall’imputato in sede di interrogatorio, secondo quanto ricordato supra sub 5, mentre la portata dell’intervento del (OMISSIS) e’ stata descritta, con adeguata e maggiore efficacia rappresentativa, proprio dalle conversazioni che, dall’interno, hanno dato conto della dinamica che ha sorretto l’azione del ricorrente.
7. Il terzo motivo del ricorso e’ infondato, in quanto, secondo i puntuali rilievi svolti nella sentenza di primo grado, il denaro che il (OMISSIS) intendeva recuperare serviva, per ammissione dello stesso capo clan, ad onorare gli impegni che egli stesso, a sua volta, aveva e che erano evidentemente legati al sodalizio da lui diretto.
8. Il quarto motivo e’ inammissibile per genericita’, in quanto la Corte territoriale, lungi dal ricorrere a mere formule di stile, ha valorizzato, al fine di giustificare la dosimetria della pena e il diniego delle circostanze attenuanti di cui all’articolo 62 bis c.p., la gravita’ dei fatti e la personalita’ del (OMISSIS), che ha riportato condanne definitive per sequestro di persona e ricettazione.
9. Il primo motivo del ricorso e’ infondato.
Al riguardo, va premesso che, con riferimento al reato associativo, la figura dell’organizzatore, infatti, rappresenta un minus rispetto a quella di capo, giacche’ mentre il primo dispone di autonomia e discrezionalita’ decisionale, il secondo si identifica con colui che svolge attivita’ essenziali per assicurare la vita e l’efficienza dell’associazione, in relazione alle finalita’ che quest’ultima persegue e alla struttura che ha assunto in concreto. In questo ambito assume decisiva rilevanza la qualita’ dell’attivita’ che, purche’ non occasionale, non deve necessariamente essere costituita dall’organizzazione del lavoro di altri, propria del dirigente, ben potendo consistere finanche in un’attivita’ svolta in solitudine, i cui risultati sono poi messi a disposizione del sodalizio (si vedano i principi affermati da Sez. 1, n. 3160 del 04/10/1988 – dep. 25/02/1989, Barozzi, Rv. 181231).
Piu’ di recente si e’ condivisibilmente affermato che, in tema di associazione a delinquere, la qualifica di organizzatore spetta a colui che, in autonomia (ma nel quadro delle direttive del capo: v., ad es., Sez. 5, n. 37370 del 07/06/2011, Bianchi, Rv. 250491), cura il coordinamento e l’impiego delle strutture e delle risorse associative, nonche’ reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un’attivita’ che assuma i caratteri dell’essenzialita’ e dell’infungibilita’, non essendo invece necessario che lo stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell’attivita’ di altri soggetti (Sez. 5, n. 39378 del 22/06/2012, Marini, Rv. 254317).
In tale contesto, la Corte territoriale non si e’ limitata a rilevare il numero delle captazioni riguardanti il ricorrente, ma ha sottolineato che il (OMISSIS) discorreva con il (OMISSIS) di tutte le questioni nodali per la sussistenza e l’egemonia del clan sul territorio, riferiva in ordine al comportamento dei singoli associati, ai risultati delle attivita’ estorsive, agli arresti, alla situazione logistica e alle metodiche di gestione delle detenzioni, alle spese legali e alle strategie difensiva da adottare, fornendo al capo clan notizie rilevanti per l’esistenza del gruppo e aiutandolo a realizzare una gestione indiretta del sodalizio. Infine, oltre a collaborare nell’adozione delle decisioni gestionali del clan, si occupava della supervisione del settore delle estorsioni, individuando i cantieri e le aziende da taglieggiare e, dopo l’assenso del (OMISSIS), attuando, attraverso gli uomini e i mezzi del gruppo, il programma delinquenziale.
Ne discende che, del tutto infondatamente, il ricorrente, il quale non contesta tali profili fattuali, si duole delle conclusioni raggiunte dalla sentenza impugnata, sostanzialmente valorizzando la sua posizione subordinata rispetto a quella del (OMISSIS).
10. Il secondo motivo e’ fondato, giacche’, in effetti, alla stregua delle risultanze processuali indicate in sentenza, emerge che l’intervento del (OMISSIS), su incarico del (OMISSIS), nel recupero di un’autovettura rubata da terzi, non ha rappresentato un’espressione dello specifico potere associativo, ma una neutra intermediazione, realizzata nell’esclusivo interesse della vittima del reato.
Ne discende che, per effetto del conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente a tale reato, per il quale e’ stato applicato, ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 2, un aumento di un anno e sei mesi di reclusione, prima della riduzione per il rito, la pena va ridotta di un anno di reclusione e rideterminata in complessivi undici anni di reclusione.
11. Inammissibile e’ il terzo motivo, per l’assoluta genericita’ delle critiche rivolte all’apparato motivazionale della sentenza, che ha fondato l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato sulle dichiarazioni del titolare dell’impresa destinataria delle richieste estorsive e sul contenuto di conversazioni tra il ricorrente e il (OMISSIS), esplicitamente riferite all’attivita’ imprenditoriale in questione.
12. Inammissibile e’ anche il quarto motivo, giacche’ la rilevanza assegnata, nella dosimetria della pena, al ruolo direttivo del (OMISSIS) ruota attorno alle concrete modalita’ di dispiegarsi della condotta del ricorrente, mentre il riferimento al carattere armato riguarda all’evidenza, alla stregua della contestazione, uno degli indiscussi tratti dell’associazione criminale per la partecipazione alla quale e’ intervenuta la condanna (si veda, al riguardo, vista la contestazione del ricorrente, pag. 813 della sentenza di primo grado, che, sul punto, e’ stata confermata dalla sentenza impugnata).
12. Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ inammissibile poiche’, nella sostanza, attribuendo in termini generici alla sentenza impugnata vizi motivazionali, finisce per non confrontarsi specificamente sia con il significato della conversazione n. 804 del 05/12/2008, dalla quale, al contrario, emerge che il ricorrente fornisce al prudentissimo capo clan informazioni anche su persone appartenenti ad altri gruppi, sia con le ragioni che hanno condotto alla razionale identificazione nel ricorrente dell’Umberto protagonista degli incontri con il (OMISSIS), al quale riferisce degli esiti delle attivita’ estorsive.
In tale contesto, esclusa, in assenza di puntuali rilievi critici, la possibilita’ di rimettere in discussione il significato delle conversazioni, si rileva che il mancato riconoscimento del (OMISSIS) da parte del collaboratore di giustizia (OMISSIS) o la mancata indicazione di elementi di reita’ a suo carico da parte di altri collaboratori rappresenta un dato razionalmente spiegato dalla Corte territoriale, con riguardo alla struttura a compartimenti separati dell’organizzazione, voluta, per ragioni di prudenza, dal (OMISSIS).
Per pura completezza argomentativa, deve, peraltro, ribadirsi che la prova della partecipazione all’associazione, stante l’autonomia del reato associativo rispetto ai reati “fine”, puo’ essere data con mezzi e modi diversi dalla prova in ordine alla commissione dei predetti, sicche’ non rileva, a tal fine, il fatto che l’imputato di reato associativo non sia stato condannato per i reati “fine” dell’associazione (Sez. 3, n. 40749 del 05/03/2015, Sabella, Rv. 264826).
13. Il secondo motivo del medesimo ricorso e’ inammissibile, dal momento che nella sostanza l’unico profilo valorizzato, in vista di un piu’ benevolo trattamento sanzionatorio, e’ rappresentato dalla posizione marginale del ricorrente.
E, tuttavia, razionalmente, la Corte territoriale, pur avendo operato una riduzione della pena irrogata in primo grado, ha ritenuto determinante, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, la gravita’ delle condotte alle quali il ricorrente ha fornito il proprio contributo e la negativa personalita’ espressa da una precedente condanna.
14. Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ inammissibile, in quanto, nel riproporre le censure gia’ esaminate dalla Corte territoriale, finisce per aspirare ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie e, in particolare, del contenuto delle conversazioni intercettate, inammissibile in sede di legittimita’, per le ragioni indicate supra sub 1.
D’altra parte, sono destituite di ogni specificita’ le doglianze che investono l’identificazione nell’imputato del (OMISSIS) che partecipa alle conversazioni con il capo clan e che non considerano, se non in termini atomistici, i dati probatori valorizzati dalla sentenza impugnata, ossia: a) il riconoscimento fonico proveniente dagli operanti e agevolato dal ristretto numero di persone ammesso a parlare con il (OMISSIS); b) l’attribuzione al solo (OMISSIS) del diminutivo ” (OMISSIS)”, presente, in corrispondenza della sua utenza cellulare, sulla agendina sequestrata al coimputato (OMISSIS) e l’uso di diverso diminutivo (” (OMISSIS)”) per altro soggetto al quale gli interlocutori si riferiscono; c) la continuita’ di argomento tra le conversazioni valorizzate, che priva di fondamento la tesi, reiterata assertivamente dalla difesa, secondo cui, ad un certo punto, il (OMISSIS) si sarebbe allontanato dallo “studio” del (OMISSIS) per non farvi piu’ ritorno.
15. Inammissibile e’ anche il secondo motivo, dal momento che la critica fondata sull’assenza di una sentenza passata in giudicato che abbia accertato l’esistenza del clan (OMISSIS) si basa su un dato formale, in se’, assolutamente irrilevante.
In realta’, la doglianza, per come formulata, elude del tutto il confronto con le risultanze processuali sia di carattere generale, sia di carattere specifico, con riguardo alle intercettazioni che razionalmente la Corte territoriale ha posto a fondamento della ritenuta consapevolezza, da parte del (OMISSIS), delle ingenti risorse derivanti – in assenza di lecite fonti di reddito – dalle attivita’ del delittuose del (OMISSIS) e dell’esigenza di quest’ultimo di servirsi di prestanome per evitare iniziative di prevenzione in suo danno.
In questa prospettiva, il legame parentale tra il ricorrente e il (OMISSIS) non rappresenta alcun ostacolo a cogliere nell’attivita’ del primo un decisivo contributo nell’attivita’ di custodia e occultamento dei proventi di reato, della quale ha beneficiato l’intera struttura camorristica.
16. Il terzo motivo, che investe la dosimetria della pena, e’ inammissibile per genericita’, in quanto il riferimento della Corte d’appello alla gravita’ della condotta e all’assenza di elementi positivi di giudizio rappresenta una adeguata giustificazione della sanzione in concreto irrogata, alla quale il ricorrente contrappone rilievi privi di ogni specificita’.
17. L’unico motivo nel quale si articola il ricorso proposto nell’interesse dell’ (OMISSIS) e’ inammissibile, giacche’, in termini privi di specificita’ e di organicita’, ripropone questioni argomentatamente analizzate dalla sentenza impugnata.
In particolare, si osserva: a) che l’identificazione del ricorrente nel (OMISSIS) o don (OMISSIS) di cui alla conversazioni intercettate riposa razionalmente sul fatto che l’unico (OMISSIS) ammesso a parlare con il (OMISSIS) (il quale detta evidenti direttive camorristiche) e’ soggetto che, come l’ (OMISSIS), si occupa del commercio di mobili; b) l’aggressivita’ con la quale il (OMISSIS) tratta le questioni associative e’ null’altro che espressione del suo ruolo apicale e della particolare prudenza con la quale intendeva circondare l’attivita’ del gruppo e le relazioni tra i suoi componenti; c) che il ruolo dell’ (OMISSIS) e’ confermato anche dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), sui quali il ricorso non si sofferma in termini specifici; d) che la sentenza impugnata non afferma affatto la contemporanea appartenenza dell’ (OMISSIS) a distinte organizzazioni criminali, ma affronta il tema della successiva sua partecipazione al gruppo casalese, capeggiato da (OMISSIS).
Per pura completezza, va aggiunto, nel caso dell’ (OMISSIS), come per altre posizioni processuali, che non assumono alcun rilievo le mere conclusioni raggiunte dai giudici della cautela.
Quanto alla mancata condanna del ricorrente per reati – fine, si rinvia, infine, ai rilievi svolti supra sub 12, a proposito della posizione del (OMISSIS).
18. Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse del solo (OMISSIS) e’ infondato, in quanto la condotta di concorso esterno nell’associazione camorristica e’ stata attribuita al ricorrente non semplicemente in relazione alla detenzione delle armi alle quali si riferisce la condanna passata in giudicato, ma con riguardo al piu’ ampio contributo, sviluppatosi tra il 17/10/2008 e il 04/02/2009, di custodia delle armi del gruppo e di spostamento delle stesse, in relazione alle richieste che pervenivano all’imputato.
19. Del pari infondato e’ il secondo motivo del medesimo ricorso, in quanto, alla stregua della ricostruzione fattuale appena ricordata, l’imputato non e’ stato chiamato a rispondere della custodia di un’arma, ma delle armi del gruppo, per un arco temporale di rilievo e percependo una retribuzione mensile di mille Euro.
Ne discende che e’ del tutto inconferente il precedente invocato dal ricorrente (Sez. 6, n. 31345 del 20/04/2011, Fiorillo, Rv. 250538), secondo cui, ai fini della configurabilita’ del concorso “esterno” nel reato non e’ sufficiente il fatto che l’imputato abbia preso in consegna e custodito un’arma di pertinenza dell’organizzazione e destinata all’esecuzione di un agguato gia’ programmato, in assenza della dimostrazione – qui invece razionalmente colta dalla sentenza impugnata – della effettiva e significativa incidenza della circostanza sull’attivita’ del sodalizio.
20. Il terzo motivo del ricorso, concernente la specifica posizione di (OMISSIS), e’ inammissibile per genericita’ delle critiche, giacche’ il legame fiduciario con il (OMISSIS) rappresenta il presupposto del delicatissimo compito attribuito all’imputato non di occasionale e temporaneo consegnatario di armi nel personale interesse del medesimo (OMISSIS), secondo la prospettazione meramente assertiva del ricorso, ma di vero e proprio custode dell’arsenale del clan, a lui esclusivamente affidato, al punto che, dopo il suo arresto, si avverti’ l’imprescindibile esigenza di contattarlo per recuperare le altre armi non rinvenute. D’altra parte, era sempre il ricorrente ad occuparsi di recuperare le armi e consegnarle alle persone che gli venivano indicate.
Ne discende che, solo con una visione assolutamente avulsa dalla realta’ del (OMISSIS) come capo di una potente organizzazione criminale, si puo’ dedurre che tale attivita’ fosse svolta a titolo personale nei confronti di quest’ultimo.
In tale prospettiva, il coinvolgimento, dopo l’arresto, del figlio (OMISSIS) rivela solo la necessita’ di utilizzare persone fidate e certo non muta la finalita’ associativa del contributo prestato, ne’ rivela retrospettivamente la dimensione personale del rapporto con il (OMISSIS).
21. Il quarto motivo, comune ad entrambi i ricorrenti, e’ inammissibile, in quanto le doglianze sono prive di specificita’ e non si confrontano con la razionale considerazione della Corte territoriale, nell’esercizio dei poteri discrezionali riconosciuti al giudice di merito nella dosimetria della pena, di valorizzare la gravita’ della condotta posta in essere dagli imputati.
22. Il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS) e’ inammissibile, per manifesta infondatezza e genericita’, giacche’ la consapevolezza, da parte dell’imputata, del ruolo del (OMISSIS), delle dinamiche, degli assetti interni e della dotazione armata del gruppo, e’ razionalmente argomentata dalla Corte territoriale, con motivazione che non palesa alcuna manifesta illogicita’, facendo riferimento alle conversazioni con il capo clan e con (OMISSIS). D’altra parte, sempre da tali conversazioni emerge che gia’ in passato la donna era stata coinvolta nella custodia e nella consegna delle armi ai sodali incaricati del loro utilizzo. Cosi’ come la sentenza impugnata da’ conto del contributo fornito dalla donna nella consegna alla famiglia di (OMISSIS) degli emolumenti economici del clan.
In tale contesto, vanno apprezzati i contributi narrativi dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS), la cui ritenuta attendibilita’ e’ stata solo genericamente contrastata. In particolare, deve osservarsi, quanto alla ricerca dei riscontri, che in questa sede non si discute del contributo fornito dalla (OMISSIS) ai singoli episodi ai quali si riferiscono i collaboratori, ma del ruolo di custode delle armi che le attribuiscono.
23. Il secondo motivo del medesimo ricorso e’, del pari, inammissibile, giacche’, diversamente da quanto lamentato dalla ricorrente, la Corte territoriale si e’ confrontata con il tema della qualificazione della condotta attribuita alla (OMISSIS), giungendo a conclusioni esatte sul piano giuridico e razionali sul piano dell’accertamento fattuale.
In particolare, va ribadito che la fattispecie di “concorso esterno” in associazione di tipo mafioso e’ conseguenza della generale funzione incriminatrice dell’articolo 110 c.p., che trova applicazione al predetto reato associativo qualora un soggetto, pur non stabilmente inserito nella struttura organizzativa del sodalizio (ed essendo quindi privo dell’affectio societatis), fornisce alla stessa un contributo volontario, consapevole concreto e specifico che si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita’ operative dell’associazione (Sez. 5, n. 2653 del 13/10/2015 – dep. 21/01/2016, Paron, Rv. 265926).
Proprio alla stregua di tali premesse, la sentenza impugnata ha colto, attraverso l’esame delle risultanze istruttorie ricordate supra sub 22, lo stabile inserimento della donna nella struttura organizzativa del clan (OMISSIS) e non la semplice, occasionale incaricata di recuperare delle armi.
24. Inammissibile e’ anche il terzo motivo, giacche’ del tutto razionalmente la Corte d’appello ha confermato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, in mancanza di elementi positivi di valutazione (tale non essendo, per le considerazioni sopra svolte, il dedotto limitato ruolo della ricorrente) e a fronte dell’estrema gravita’ dei fatti.
25. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei confronti del (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo SS, perche’ il fatto non sussiste, con rigetto del ricorso nel resto e rideterminazione della pena in anni undici di reclusione.
I ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) vanno rigettati, con condanna di ciascuno dei due predetti imputati al pagamento delle spese processuali.
I ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) vanno dichiarati inammissibili, con condanna di ciascuno di loro al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Infine, tutti i ricorrenti, in solido tra loro, vanno condannati alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio di legittimita’ dalla parte civile FAI Antiracket Coordinamento Campania, che vengono liquidate in Euro 4.000,00, oltre accessori di legge, da corrispondere in favore del difensore, Avv. (OMISSIS), che si e’ dichiarato antistatario. Al contrario, la richiesta di rimborso formulata nell’interesse di (OMISSIS) va rigettata, in quanto quest’ultimo, non costituitosi parte civile in proprio, ha presentato tale istanza senza spendere la qualita’ di legale rappresentante di altra costituita parte civile.
P.Q.M.

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