Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 15 dicembre 2014, n. 52077

 

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRUA Giuliana – Presidente
Dott. OLDI Paolo – Consigliere
Dott. LAPALORCIA Grazia – rel. Consigliere
Dott. FUMO Maurizio – Consigliere
Dott. ZAZA Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2290/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 29/01/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/11/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SALZANO Francesco che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) e’ stato ritenuto responsabile, con sentenza della Corte di Appello di Bologna del 29-1-2013, in riforma -su appello del PM- di quella del Gip Tribunale di Ravenna in data 10-2-2010 (di assoluzione perche’ il fatto non costituisce reato), del reato di cui all’articolo 216, comma 1, n. 1 L.F. per aver concorso con altri, e in particolare con (OMISSIS) e (OMISSIS), amministratori della (OMISSIS) snc, dichiarata fallita il (OMISSIS), nella distrazione della somma di 500 milioni di lire, costituente la caparra confirmatoria prevista nel preliminare di vendita di un immobile dei coniugi (OMISSIS) alla (OMISSIS) srl della quale (OMISSIS) e’ socio e amministratore, o, in alternativa, per aver distratto il suddetto immobile promettendone la vendita con simulazione del pagamento della caparra.
2. In sostanza, premessa la finalita’ dei coniugi (OMISSIS) di mettere l’immobile al riparo dalle esecuzioni tramite la stipula del preliminare – operazione ideata dal (OMISSIS), legale dei coniugi stessi, la (OMISSIS), promissario acquirente per se’ o per persona da nominare, aveva simulato – com’e’ pacifico – il versamento della caparra in forma di assegni circolari, che erano stati estinti dai beneficiari (OMISSIS) e (OMISSIS) e versati su un libretto di risparmio a nome dei soci ed amministratori della (OMISSIS), con un passaggio dunque solo fittizio della caparra stessa dal compratore ai venditori.
3. Con la conseguenza non solo della distrazione delle relativa somma, ma della distrazione in senso giuridico, come contestato dal PM all’udienza del 5-10-2009, dell’immobile, nel senso che questo era stato almeno in parte, nella misura della caparra solo apparentemente corrisposta, distolto dalla garanzia patrimoniale dei creditori, in quanto il curatore, se non avesse scelto di dar corso alla vendita, avrebbe dovuto restituire alla (OMISSIS) la caparra di lire 500 milioni.
4. La corte territoriale, dopo aver ricordato che il primo giudice aveva affermato, da un lato, che l’immobile non era stato distratto dall’attivo fallimentare, dall’altro che l’operazione era stata valutata come vantaggiosa dalla curatela che aveva deciso di dar corso alla vendita, osservava che il Gup non aveva pero’ tenuto conto che, in esito agli accertamenti investigativi, la somma di 500 milioni era risultata versata al fallimento dalla (OMISSIS), il resto del prezzo dagli acquirenti nominati. Concludeva quindi che, solo grazie al duplice versamento, l’operazione era risultata positiva e piu’ vantaggiosa della vendita dell’immobile all’asta, mentre, se l’operazione non fosse stata scoperta, la somma di 500 milioni, solo apparentemente versata, sarebbe rimasta nelle casse della (OMISSIS) con danno dei creditori della (OMISSIS) snc, in quanto il fallimento di quest’ultima societa’ avrebbe conseguito soltanto il prezzo residuo.
5. In ordine alle finalita’ dell’operazione, la corte bolognese osservava che esse erano, come prospettato dal PM appellante, di anticipare e depotenziare i creditori non essendovi prova di quella di impedire iscrizioni di ulteriori ipoteche, di fatto comunque accese, ne’ di quella di procurarsi liquidita’ per salvare l’azienda, mentre il fine di tutelare i potenziali acquirenti da possibili revocatorie fallimentari mascherava comunque la volonta’ di indebolire la posizione dei creditori pregressi rispetto ai promissari acquirenti. Sul dolo era pure richiamato per relationem l’appello del PM (pagg. da 3 a 7).
6. Il ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) e’ affidato ad un unico motivo articolato nelle censure di violazione di legge in relazione all’articolo 216, comma 1, n. 1, articoli 232, 72 e 108 L.F., articoli 56 e 157 c.p., e di vizio di motivazione in ordine all’elemento soggettivo.
7. Il ricorrente premette che l’intero prezzo dell’immobile era stato versato dagli acquirenti nominati e che il curatore aveva dato atto in una missiva alla (OMISSIS) che questa aveva lasciato al fallimento l’intero prezzo non essendo mai stata acquisita al patrimonio della fallita la caparra di 500 milioni di lire.
8. Cio’ posto l’impugnante rileva come la sentenza impugnata si risolva in sostanza nella trascrizione dell’appello del PM, tale da determinare vizio di motivazione e deduce violazione di legge in punto di sussistenza della distrazione che esige un pregiudizio per i creditori al momento della dichiarazione di fallimento, nella specie non ricorrente.
9. Infatti, da un lato, (OMISSIS) non si era insinuata al passivo per la restituzione della caparra per l’ipotesi dello scioglimento del contratto, dall’altro nulla aveva opposto all’acquisizione da parte del curatore dell’intero prezzo corrisposto dagli acquirenti, comportamenti concludenti che deponevano per l’irrilevanza penale delle condotte contestate in assenza di un pregiudizio concreto per la garanzia dei creditori, o quanto meno per la configurazione del tentativo, prescritto, cosi’ come prescritto sarebbe il reato di cui all’articolo 216, comma 3, L.F., (simulazione in funzione di futura prelazione), essendo da escludere l’ipotesi, costituente bancarotta, della restituzione all’attivo fallimentare del bene distratto dopo il fallimento per iniziativa del curatore.
10. Sulla sussistenza del dolo il ricorrente deduce errore di diritto in quanto la circostanza che la trascrizione del preliminare non avesse scoraggiato i creditori dall’iscrizione di ipoteche sul bene poteva non essere stata prevista al momento dell’operazione e comunque non eliminava l’effetto di salvaguardia della par condicio creditorum della trascrizione stessa. D’altro canto la volonta’ di frustrare possibili revocatorie era smentita dalla scelta del curatore di mantenere in vita il contratto.
11. La richiesta era quindi di annullamento della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita rigetto.
2. Esso, come la sentenza assolutoria di primo grado, valorizza, a ben vedere, circostanze successive al fallimento, inidonee, quindi, a dar luogo alla figura della cd. bancarotta riparata.
3. Questa, come ricordato in Cass. Sez. 5, n. 28514 del 23/4/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255576 (che richiama Sez. 5, n. 3622 del 19/12/2006, Morra’, Rv. 236051 e Sez. 5, n. 8402 del 03/02/2011, Cannavale, Rv. 249721), si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attivita’ di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, cosi’ annullando il pregiudizio per i creditori (Sez. 5, n. 39043 del 21/09/2007, Spitoni, Rv. 238212), o anche la sola potenzialita’ di un danno per le ragioni creditorie, i quali integrano l’offesa tipica della bancarotta fraudolenta patrimoniale che e’ reato di pericolo (Sez. 5, n. 12897 del 06/10/1999, Tassan Din, Rv. 214860; sez. 5, n. 11633 dell’08/02/2012, Lombardi Stronati, Rv, 252307; Sez. 5, n. 3229 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932).
4. Orbene va osservato che le circostanze dalle quali nella specie si vorrebbe far discendere la prova dell’irrilevanza penale della condotta rappresentata dalla simulazione del versamento della caparra per l’inconsistenza di un pregiudizio concreto per il patrimonio e quindi per le garanzie creditorie (cosi’ il ricorso a pag. 4), e cioe’ da un lato il fatto che il curatore avesse optato per l’esecuzione del preliminare reputando tale soluzione piu’ conveniente per il ceto creditorio, dall’altro la mancata insinuazione di (OMISSIS) al passivo per il credito nascente dall’apparente versamento della caparra (e comunque la mancata opposizione all’acquisizione al fallimento dell’intero prezzo del bene, con rinuncia a far valere l’effettivita’ del pagamento della caparra, mai avvenuto), sono tutte posteriori all’assoggettamento della (OMISSIS) snc alla procedura fallimentare.
5. Per contro, al momento della pronuncia del fallimento della societa’ e dei soci, la stipulazione del preliminare, costitutivo di un vincolo per il patrimonio della fallita fonte di obbligazioni inerenti alla destinazione del bene (con specifico riferimento alla distrazione realizzata mediante un contratto preliminare di vendita immobiliare si vedano: Cass. Sez. 5, Sez. 5, n. 37565 del 04/04/2003, Maggenti, Rv. 228296 e Sez. 5, n. 2057 del 15/12/1993, Lantieri, Rv. 197270), risultava apparentemente accompagnata dal versamento della caparra, con la conseguenza che, alla stregua di tale situazione, ove il curatore avesse scelto lo scioglimento del contratto, (OMISSIS) avrebbe avuto il diritto di far valere nel passivo il proprio, peraltro inesistente, credito, assistito dal privilegio speciale sul bene immobile, che riguarda (ai sensi dell’articolo 2775 bis cod. civ.) i crediti del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare, mentre, nel caso in cui il curatore avesse optato per l’esecuzione del contratto, il fallimento avrebbe conseguito soltanto la differenza tra il prezzo totale e l’importo della caparra simulatamente corrisposta.
6. La circostanza che tali effetti negativi per la massa dei creditori non si siano concretamente verificati avendo la procedura di fatto conseguito l’intero prezzo dell’immobile, e’ frutto, come risulta dalla sentenza impugnata – che ha quindi correttamente escluso la bancarotta riparata – non gia’ di un’attivita’ riparatoria anteriore al fallimento, bensi’ del disvelamento dell’operazione da parte delle indagini in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento, quando, dunque, la distrazione della caparra, solo fittiziamente uscita dalle casse di (OMISSIS) e mai entrata in quelle di (OMISSIS) snc, si era gia’ realizzata con conseguente assoggettamento dell’immobile, cosi’ in parte distolto dalla garanzia dei creditori, alle opzioni di cui all’articolo 72 L.F., essendo quindi riparata, mediante il comportamento remissivo di (OMISSIS), soltanto dopo la – e non prima della – sottoposizione della societa’ alla procedura concorsuale, a differenza da quanto preteso dal ricorrente.
7. D’altro canto l’operazione, abilmente ideata ed ispirata dal prevenuto, legale di fiducia dei coniugi (OMISSIS) e nel contempo socio ed amministratore di (OMISSIS), appare caratterizzata dal dolo generico tipico del reato, per la cui sussistenza non necessitano ne’ la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, ne’ lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volonta’ di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Cass. 3229/2012, 11899/2010), nella specie dimostrata dall’imposizione del vincolo obbligatorio sull’immobile priva di corrispettivo in quanto la caparra non entrava nelle casse sociali della venditrice.
8. Invano, quindi, il ricorrente si e’ sforzato di escludere tale consapevole volonta’ valorizzando i motivi e le finalita’ della condotta che non influiscono sull’elemento psicologico del reato.
9. Comunque la finalita’ di procurarsi liquidita’ per salvare l’azienda e’ smentita dal fatto che l’operazione non aveva comportato alcun ritorno economico per la (OMISSIS), mentre quella di salvaguardare il bene dall’iscrizione di ulteriori ipoteche e i potenziali acquirenti di esso da possibili azioni revocatorie fallimentari, essendo perseguibile mediante la stipulazione del preliminare di vendita e la trascrizione di esso, non richiedeva la simulazione del versamento della caparra.
10. Al rigetto del ricorso segue il carico delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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