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Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 17 marzo 2014, n. 12489

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARASCA Gennaro – Presidente
Dott. DUBOLINO Pietro – Consigliere
Dott. FUMO Maurizi – Consigliere
Dott. PEZZULLO Ro – rel. Consigliere
Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 1015/2012 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA, del 07/05/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Izzo Gioacchino, che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 8 maggio 2013 il Tribunale di Reggio Calabria – a seguito dell’annullamento con rinvio per nuovo esame dell’ordinanza applicativa nei confronti di (OMISSIS) della misura della custodia cautelare in carcere, in accoglimento dell’impugnazione del P.M.- applicava al medesimo (OMISSIS) la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al delitto di cui all’articolo 416 bis c.p..
2. Il Tribunale in particolare – dopo aver dato atto che il (OMISSIS), nelle more della celebrazione del giudizio cautelare di rinvio, con sentenza del G.u.p. di Reggio Calabria era stato riconosciuto colpevole e condannato alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p. a lui ascritto e che, pertanto, non era piu’ consentito rivisitare il quadro indiziario alla stregua dei principi enunciati nella decisione di annullamento, non potendo porsi la decisione cautelare in contrasto con il contenuto della sentenza, anche non irrevocabile – valutava specificamente il profilo delle esigenze cautelari. All’uopo evidenziava che il (OMISSIS) era divenuto ultrasettantenne, sicche’ era da considerarsi prevalente la disposizione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 4, che esclude l’applicabilita’ della custodia in carcere nei confronti di determinate persone che versino in particolari condizioni, in assenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, rispetto alla presunzione di adeguatezza della misura della custodia in carcere per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p., contemplata dal comma 3 del medesimo articolo; tuttavia, riteneva ancora il Tribunale, nonostante le indagini svolte dalla difesa, non poteva ritenersi vinta la presunzione di pericolosita’ di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, ancora operativa, presunzione questa adeguatamente fronteggiabile, in dipendenza della condizione di ultrasettantenne dell’imputato, con la misura degli arresti domiciliari.
3. Avverso la suddetta ordinanza il (OMISSIS), tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), in relazione all’articolo 275 c.p.p., commi 3 e 4, essendo state le presunzioni previste in tali commi applicate erroneamente e con motivazione non esaustiva dal Tribunale di Reggio Calabria. In particolare, ha evidenziato il ricorrente che il Tribunale, pur ritenendo correttamente prevalente la presunzione dell’articolo 275 c.p.p., comma 4, essendo l’imputato ultrasettantenne, ha, poi, ritenuto contraddittoriamente operativa anche la presunzione del comma 3, con automatica ricorrenza delle esigenze cautelari, non superate dalle indagini difensive, stante la partecipazione del (OMISSIS) all’associazione di cui all’articolo 416 bis c.p.; la presunzione di pericolosita’, invece, non poteva ritenersi operante, per cui andava verificata l’attuale sussistenza di concrete e specifiche esigenze riferibili al ricorrente.
Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 292 c.p.p., comma 2 e articolo 274 c.p.p., essendo l’ordinanza impugnata totalmente carente di riferimento alle esigenze cautelari a carico del (OMISSIS). In particolare, pur volendo ritenere operativa la presunzione di pericolosita’, comunque sussisterebbe, nel caso in esame, il vizio di nullita’ ex articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera c) e c) bis, in considerazione del fatto che sono state svolte indagini difensive e documentali, al fine di escludere completamente le esigenze cautelari (cfr. ad es. attivita’ lavorativa svolta dal (OMISSIS) presso le Ferrovie dello Stato, pensionato dal 1990) e l’ordinanza non indica, o espone specifiche esigenze che giustificherebbero la misura domiciliare disposta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1. La valutazione del primo motivo di ricorso implica l’analisi del rapporto intercorrente tra la presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3 – che impone l’applicazione della custodia in carcere quando sussistano gravi indizi in ordine al delitto di cui all’articolo 416 bis c.p. e non risultano acquisiti elementi di esclusione delle esigenze cautelari – e quella di cui al cit. articolo, comma 4 – che esclude, invece, l’applicabilita’ della custodia in carcere nei confronti di chi ha superato l’eta’ di settanta anni, a prescindere dalle condizioni di salute in cui versa, salvo la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
1.1. Giova premettere che, alla stregua degli arresti di questa Corte (Sez. 1, n. 5840 del 16.01.2008), il secondo inciso dell’articolo 275 c.p.p., comma 3, con previsione derogatrice dei principi e criteri generali che disciplinano la materia cautelare, introduce, neh’ ipotesi (del concorso di gravi indizi di colpevolezza) di alcuni reati tassativamente indicati, due presunzioni: la prima (relativa) juris tantum della sussistenza del periculum libertatis, la seconda (assoluta) juris et de jure di adeguatezza e di proporzionalita’ della custodia intramuraria. I successivi commi 4 e 4 bis, del predetto articolo 275 contengono poi, la previsione dei casi di divieto della custodia intramuraria sul presupposto di contrarie presunzioni qualificate “in bonam partem” ed, in particolare, il divieto del comma 4, fondato sulla considerazione di particolari e tassative situazioni soggettive (eta’, stato di gravidanza, esigenze di assistenza della prole di eta’ inferiore ai tre anni, padre), ha carattere relativo: non opera, infatti, quando sussistono “esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”, laddove il divieto della custodia intramuraria, stabilito nell’articolo 275 c.p.p., comma 4 bis, nel caso di malattie particolarmente gravi, e’ assoluto e, malgrado ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, e’ prescritta (in sostituzione della custodia cautelare in carcere) la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura di assistenza o di accoglienza. I divieti, di cui all’articolo 275 c.p.p., commi 4 e 4 bis, prevalgono sulle presunzioni dell’articolo 275 c.p.p., comma 3, in virtu’ del criterio della “maggiore specificita’” delle relative previsioni normative (Sez. 1, n. 5840 del 16.01.2008).
1.2. In alcune pronunce di questa Corte, invero piu’ datate, si afferma, in particolare, che il rapporto tra la presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3 – che impone per alcuni reati l’applicazione della custodia in carcere, in assenza di elementi che escludano le esigenze cautelari- e la presunzione del comma 4 dell’articolo citato – che vieta l’applicazione della custodia in carcere nei confronti di chi versi in determinate situazioni soggettive, salva la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza – opera in termini di “opposizione”, sicche’ la seconda presunzione, “in bonam partem”, prevale sulla prima “in malam partem”. Da cio’ deriva che per mantenere lo stato di custodia carceraria dell’ultrasettantenne, ad esempio, il giudice deve valutare come eccezionali le esigenze cautelari, anche quando sussistano gravi indizi in ordine ai reati di cui al comma 3 dell’articolo citato, dando specifica e adeguata motivazione, e che, nell’assenza di siffatte eccezionali esigenze, ossia in presenza di esigenze cautelari tipiche o normali, e’ potere dovere del giudice disporre misure coercitive meno afflittive della custodia in carcere (Sez. 6, n. 3506 del 3.11.1999).
1.3. Piu’ recentemente e’ stato condivisibilmente evidenziato da questa Corte (Sez. 1, n. 5840 del 16.1.2008) che la ratio dei divieti di custodia inframuraria non risiede nella considerazione di circostanze e di profili “antagonisti” o, comunque, di contrasto sul piano fattuale delle presunzioni de quibus, per nulla scalfite dalla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’articolo 275 c.p.p., commi 4 e 4 bis: la persona ultrasettantenne o gravemente inferma o in stato di gravidanza o impegnata nella assistenza alla prole ben puo’ essere – ovvero presumersi – pericolosa dal punto di vista criminologico. Invece, esclusa qualsiasi antinomia tra concorrenti presunzioni, e’ su un piano affatto diverso che la ratio in questione si colloca, trovando fondamento nel giudizio di valore del legislatore in punto di prevalenza, sulla esigenza processuale e sociale della coercizione intramuraria, della tutela dei particolari interessi contemplati dall’articolo 275 c.p.p., commi 4 e 4 bis e considerati poziori, in quanto correlati ai fondamentali diritti della persona sanciti dall’articolo 2 Cost. (dei quali il diritto alla salute, affermato dall’articolo 32 Cost., costituisce speciale esplicazione).
1.4. Nel contesto appena delineato occorre, dunque, collocare la fattispecie in esame che implica la risoluzione della questione in virtu’ della quale, una volta esclusa la ricorrenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, idonea a vincere il divieto sancito dall’articolo 275 c.p.p. comma 4, per l’ultrasettantenne, imputato (o gravemente indiziato) del delitto di cui all’articolo 416 bis c.p. ed una volta ritenuto che non siano stati acquisiti elementi dai quali risulti l’insussistenza delle esigenze cautelari, idonei a vincere la presunzione di pericolosita’ di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, il giudice debba, quindi, procedere a valutare specificamente la ricorrenza delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274 c.p.p. e considerare il periculum libertatis, l’adeguatezza e la proporzionalita’ della misura meno afflittiva degli arresti domiciliari (ovvero di altra misura), stante la condizione di ultrasettantenne dell’imputato (e’ questa l’interpretazione del ricorrente), ovvero debba direttamente disporre la misura meno afflittiva di quella carceraria, non risultando, comunque, superata la presunzione di pericolosita’ (e’ questa l’interpretazione del Tribunale nell’ordinanza impugnata).
Tale ultima interpretazione deve ritenersi quella corretta. Ed invero, la lettura effettuata dal ricorrente del rapporto intercorrente tra le disposizioni di cui all’articolo 275 c.p.p., commi 3 e 4, evidentemente poggia sull’errato sillogismo logico, secondo cui, essendo la custodia cautelare in carcere l’unica misura adeguata a fronteggiare la presunzione di pericolosita’ per il delitto di associazione di tipo mafioso, in relazione alla quale non e’ consentita neppure la prospettazione di un “affievolimento” delle esigenze cautelari ed e’ preclusa l’adozione nei confronti dell’indiziato di una misura meno grave di quella della custodia in carcere (Sez. 6, n. 9249 del 26/01/2005), la “prevalenza” del divieto di custodia inframuraria per l’ultrasettantenne, determina anche il superamento della presunzione di pericolosita’ dell’imputato, imponendo al giudice di dare precisa motivazione della permanenza delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza delle misure, diverse dalla carcerazione, necessarie a contenerle.
La presunzione di pericolosita’ contemplata dal terzo comma dell’articolo 275 c.p.p., invece, deve ritenersi piu’ correttamente, come gia’ evidenziato, per nulla scalfita dalla ricorrenza di una delle condizioni soggettive previste dal quarto comma, ben potendo una persona ultrasettantenne essere – ovvero presumersi – pericolosa dal punto di vista criminologico (Sez. 1, n. 5840 del 16/1/2008). Il divieto di custodia inframuraria per l’ultrasettantenne, invero, si fonda esclusivamente su una valutazione di inadeguatezza, effettuata presuntivamente dal legislatore, che ha ritenuto di dover privilegiare la condizione soggettiva derivante dall'”eta’”, rispetto all’esigenza di prevedere la misura piu’ grave della custodia in carcere, fatte salve le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
Il binomio inscindibile tra pericolosita’ presunta per il delitto di cui all’articolo 416 bis c.p. e custodia in carcere, quale unica misura adeguata a fronteggiarla, per una precisa scelta valoriale del legislatore, nel caso dell’ultrasettantenne (come nelle altre ipotesi del comma 4) trova deroga in favore di misura meno afflittiva di quella carceraria, operando la prevalenza del 4 comma esclusivamente sul versante dell’adeguatezza della misura, non certo sulla pericolosita’. E’ stato evidenziato, in particolare, come l’articolo 275 c.p.p., comma 4 si limiti a presumere l'”affievolimento” delle esigenze cautelari in conseguenza dell’eta’ superiore ai settantanni, e tale presunzione comporta solo l’onere di una puntuale verifica della sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, che ove riscontrate consentirebbero comunque l’adozione della detenzione carceraria (Sez. 5, n. 43043 del 16/09/2009).
Tuttavia, si ritiene che, piuttosto che sul piano dell’attenuazione delle esigenze, l’articolo 275 c.p.p., comma 4 operi in relazione alla precisa scelta normativa di privilegiare particolari condizioni soggettive dell’imputato, ritenute maggiormente meritevoli di tutela.
Alla stregua di quanto evidenziato, pertanto, in linea con le valutazioni in sostanza compiute nel provvedimento impugnato, deve concludersi che, ove non risultino acquisiti per l’imputato (o gravemente indiziato) del delitto di cui all’articolo 416 bis c.p., ultrasettantenne, elementi idonei a vincere la presunzione di pericolosita’ cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, e nel contempo non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, il giudice applica direttamente la misura meno afflittiva di quella carceraria, senza necessita’, in virtu’ della permanenza della presunzione di pericolosita’, non vinta, di considerare e specificamente argomentare in merito alla ricorrenza del periculum libertatis, dell’adeguatezza e della proporzionalita’ della misura meno afflittiva.
2. Il secondo motivo di ricorso del pari e’ infondato, avendo il Tribunale, senza incorrere in vizi, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, illustrato compiutamente le ragioni per le quali ha ritenuto che le indagini difensive ed i documenti prodotti dall’imputato non fossero idonei a far ritenere insussistenti le esigenze cautelari nei confronti dell’imputato. Il Tribunale ha innanzitutto dato atto dei principi piu’ volte affermati da questa Corte, secondo cui, in tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti dell’indagato del delitto d’associazione di tipo mafioso, l’articolo 275 c.p.p., comma 3, pone una presunzione di pericolosita’ sociale che puo’ essere superata solo quando sia dimostrato che l’associato ha stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa, con la conseguenza che al giudice di merito incombe l’esclusivo onere di dare atto dell’inesistenza di elementi idonei a vincere tale presunzione; la prova contraria, costituita dall’acquisizione di elementi dai quali risulti l’insussistenza delle esigenze cautelari, si risolve nella ricerca di quei fatti che rendono impossibile (e percio’ stesso in assoluto e in astratto oggettivamente dimostrabile) che il soggetto possa continuare a fornire il suo contributo all’organizzazione per conto della quale ha operato, con la conseguenza che, ove non sia dimostrato che detti eventi risolutivi si sino verificati, persiste la presunzione di pericolosita’ (Sez. 6, n. 46060 del 14/11/2008).
Sulla base di tali principi, dunque, con ragionamento logico corretto, il Tribunale ha evidenziato come gli elementi addotti dal ricorrente e segnatamente le dichiarazioni dei vicini di casa e la documentazione prodotta, tendenti a dimostrare la tipologia di vita dell’imputato, pensionato delle Ferrovie, non fossero idonei al superamento della presunzione e, quindi, in sostanza a rendere impossibile che il soggetto possa continuare a fornire il suo contributo all’organizzazione per conto della quale ha operato.
Il ricorso proposto da (OMISSIS) va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti ex articolo 28 reg. esec. c.p.p..

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