Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 5 febbraio 2015, n. 5620

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del Tribunale di Velletri del 2 aprile 2010, R.E. era condannata alla pena di euro 300,00, oltre al risarcimento dei danni cagionati alle pari civili, per i delitti di ingiuria e minaccia contestati al capo B) della rubrica; la Corte d’appello di Roma dichiarava inammissibile l’appello, perché proposto da difensore non legittimato, per difetto di nomina.
2. Propone ricorso per cassazione nell’interesse dell’imputata l’avv. M.F., deducendo inosservanza o erronea applicazione di legge, in relazione all’art. 102 cod. proc. pen.; si richiama una decisione di questa Corte (Sez. 1, n. 3296 del 20/09/1991, Guglielmi, Rv. 188425), secondo la quale al difensore designato d’ufficio per assenza di quello di fiducia o di quello nominato d’ufficio – a norma dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen., – va riconosciuta la qualifica di “sostituto”, al quale si applicano le disposizioni dell’art. 102, per cui lo stesso eserciterà i diritti e assumerà i doveri dei difensore di fiducia o di quello d’ufficio precedentemente designato, fino al momento in cui questo, che pure conserva la sua qualifica, non vi provveda personalmente.
2.1 Si deduce altresì che anche la notificazione dell’avviso di deposito della sentenza, depositata oltre il termine assegnato dal giudice, andava eseguita a vantaggio del difensore presente in udienza.
2.2 Infine si deduce l’omessa citazione dell’imputato per il giudizio di appello, del quale è erroneamente riportato il domicilio.

Considerato in diritto

1. II ricorso è fondato.
1.1 La decisione impugnata, in maniera decisamente sintetica, si limita a dichiarare inammissibile l’appello di R.E. “perché proposto da difensore non legittimato per difetto di nomina”.
Nella sentenza di primo grado l’avv. M.F. risulta difensore di fiducia dell’imputata, ma dal verbale di udienza del 2 aprile 2010 (direttamente consultato dal Collegio, per verificare l’integrazione della violazione denunziata, quale giudice dei fatto processuale) emerge che in realtà egli era stato designato, ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen., in sostituzione dell’avv. Gabriele Maggi, difensore d’ufficio della Reali.
11/11/1994, Nicolatti, Rv. 199399), mai avversata da pronunce di segno contrario, si è affermato che «poiché il nuovo codice di procedura penale ha
realizzato, in attuazione della direttiva n. 105 della legge-delega, la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch’essa si caratterizza per l’immutabilità del difensore fino all’eventuale dispensa dall’incarico o all’avvenuta nomina fiduciaria, il diritto di impugnazione riservato in via autonoma al difensore, ai sensi dell’art. 571, comma terzo, cod. proc. pen., compete al difensore di ufficio a suo tempo designato dal giudice o dal pubblico ministero, che va considerato titolare dell’ufficio di difesa anche al momento del deposito dei provvedimento impugnabile, pur se, in costanza di una delle situazioni previste dal quarto comma dell’art. 97 cod. proc. pen., egli sia stato momentaneamente sostituito. Tuttavia, per l’esigenza di non costringere la sostituzione del difensore di ufficio in limiti temporali aprioristicamente determinati o di correlarla a cadenze o a momenti processuali prestabiliti e per l’impossibilità di pretendere dal difensore “sostituito” comunicazioni circa le cause ed i tempi di durata dell’impedimento, può ritenersi utilmente proposta l’impugnazione da parte del difensore “sostituto” che, nei tempi e con le forme prescritte dalla legge, abbia preso l’iniziativa di presentare gravame a fronte del silenzio del difensore “sostituito”; tale intervento, che di per sè costituisce un’innegabile forma di garanzia per l’imputato e di salvaguardia dei suoi interessi, non produce tuttavia effetti vincolanti per il difensore titolare dell’ufficio, al quale va coerentemente riconosciuto il diritto, se ancora nei termini, di proporre l’impugnazione, così superando quanto fatto in sua vece».
In altri termini spetta al difensore designato dal giudice, ai sensi dell’art. 97, comma 4, una legittimazione a proporre impugnazione in sostituzione di quello non comparso, di carattere aggiuntivo e non sostitutivo, poiché egli esercita i diritti e assume i doveri del difensore di fiducia o di quello d’ufficio precedentemente designato, secondo quanto previsto in via generale dall’art. 102 cod. proc. pen., fino al momento in cui questo, che pure conserva la sua qualifica, non vi provveda personalmente (Sez. 5, n. 28530 del 18/06/2010, Russolillo, Rv. 247907).
1.3 Laddove però sia necessario procedere ad una notifica di avviso (per un differimento di udienza, oppure in caso di mancato rispetto dei termine di deposito della sentenza, ai sensi dell’art. 548, comma 2, cod. proc. pen.) questa va fatta in favore del titolare dell’ufficio di difesa, che resta sempre l’originario professionista designato, come anche quando si proceda alle notificazioni che, seppur relative all’indagato o all’imputato, vanno eseguite, a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., mediante consegna al difensore (Sez. 1, n. 3296 del 20/09/1991, Guglielmi, Rv. 188425), a meno che non si versi nell’ipotesi di abbandono di difesa (Sez. 1, n. 48161 del 26/11/2008, Maglione, Rv. 242436; Sez. 1, n. 4928 del 19/12/2012 – dep. 31/01/2013, Falanga, Rv. 254606).
1.4 La doglianza riguardante l’omessa citazione dell’imputato per il giudizio di appello è inammissibile per genericità, poiché il ricorrente si limita a contestare in maniera puramente assertiva la residenza della stessa in Velletri, via Arcioni n. 9, indirizzo riportato in sentenza.
2. In conclusione la sentenza va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma; pur essendo i reati contestati già prescritti (e dichiarati estinti in riferimento ai coimputati), la Corte d’appello dovrà procedere al giudizio agli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, secondo quanto previsto dall’art. 578 cod. proc. pen..

 

P.Q.M.

 
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, altra sezione, per il giudizio

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