Cassazione 6

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 14 dicembre 2015, n. 25111

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2195/2014 proposto da:

(OMISSIS) nato a (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA;

– intimati –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di LA SPEZIA 233/1987, depositato il 09/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del controricorrente, che chiede il rigetto del ricorso.

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“il ricorso e’ inammissibile poiche’ proposto avverso un’ordinanza emessa a conclusione della fase svoltasi dinanzi al giudice dell’esecuzione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, introdotto da (OMISSIS) nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare pendente ai suoi danni;

con l’ordinanza impugnata il giudice dell’esecuzione ha dichiarato improcedibile il ricorso, senza concedere il termine per l’instaurazione del giudizio di merito, ed ha condannato l’opponente al pagamento delle spese del presente giudizio.

Malgrado il giudice dell’esecuzione non abbia fissato il termine per l’inizio del giudizio di merito, come disposto dall’articolo 618 c.p.c., il provvedimento impugnato non si puo’ reputare definitivo, quindi suscettibile di ricorso straordinario per Cassazione ex articolo 111 Cost..

Ed invero, non puo’ reputarsi precluso l’accesso dell’odierno ricorrente, gia’ opponente, alla tutela a cognizione piena, per le ragioni di cui appresso:

il giudizio di opposizione agli atti esecutivi e’ soggetto alla disciplina di cui agli articoli 617 e 618 c.p.c., nel testo sostituito, con decorrenza dal 1 marzo 2006, dalla Legge n. 52 del 2006; la seconda di tali norme prevede che il giudice dell’esecuzione fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis c.p.c., o altri se previsti, ridotti della meta’; la norma va letta in combinato disposto con l’articolo 617 c.p.c. e con la prima parte dello stesso articolo 618 c.p.c., che prevedono che sia il giudice dell’esecuzione a provvedere sull’istanza di sospensione del processo esecutivo ovvero di adozione di provvedimenti indilazionabili;

– il sistema di norme modificate dalla Legge n. 52 del 2006, ha innovato rispetto al regime precedente, secondo il quale era lo stesso giudice dell’esecuzione che all’udienza disponeva la prosecuzione del giudizio (relativo all’opposizione agli atti esecutivi) con le forme della cognizione ordinaria. Le nuove norme hanno escluso l’automatismo della prosecuzione con la cognizione piena; il giudice dell’esecuzione, dopo avere provveduto sull’istanza di sospensione, si limita a fissare un termine per l’introduzione della causa di merito ed e’ quindi rimesso all’iniziativa della parte interessata l’effettivo inizio di tale giudizio nel termine fissato;

il provvedimento impugnato e’ stato emesso a seguito di un procedimento conforme alle previsioni normative degli articoli 617 e 618 c.p.c., nonche’ dell’articolo 185 disp. att. c.p.c., quanto al rito seguito dinanzi al giudice dell’esecuzione ed alla sua conclusione con un provvedimento avente la forma dell’ordinanza. Tale ordinanza ha omesso di fissare il termine perentorio previsto per l’introduzione del giudizio di merito a cognizione piena;

– il provvedimento di fissazione del termine per l’inizio del giudizio di merito, concretandosi in una autorizzazione (peraltro dovuta ex lege) all’introduzione del giudizio di merito siccome ricollegato alla precedente fase sommaria e diretto anche alla discussione sugli eventuali provvedimenti sommari adottati in quella fase, si connota come provvedimento lato sensu istruttorio, cioe’ sull’ordine del procedimento (cosi’, tra le tante, Cass. ord. n. 20532/2009 e n. 15630/2010). Il vizio del provvedimento consistente nell’omessa concessione del termine in parola trova un rimedio nell’ordinamento, precisamente nell’articolo 289 c.p.c., secondo il cui comma primo i provvedimenti istruttori che non contengono la fissazione dell’udienza successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali, possono essere integrati su istanza di parte o d’ufficio, entro il termine perentorio di sei mesi dall’udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte;

– il ricorrente, dunque, avrebbe dovuto chiedere al giudice dell’esecuzione di integrare il provvedimento ai sensi dell’articolo 289 c.p.c. e non, sull’assunto della sua qualificazione come sentenza in senso sostanziale , ricorrere per cassazione;

– peraltro, in fattispecie quale quella oggetto della presente decisione, il ricorso al rimedio dell’articolo 289 c.p.c., non e’ neppure obbligato, dal momento che lo stesso ricorrente, anche a prescindere dalla formulazione di un’istanza ai sensi dell’articolo 289 c.p.c., avrebbe potuto iscrivere la causa di opposizione al ruolo contenzioso (cfr. Cass. ord. n. 20532/2009 cit.).

Quanto all’assunto del ricorrente secondo cui il provvedimento impugnato si dovrebbe ritenere sostanzialmente una sentenza, e quanto al fatto che essa contenga anche la statuizione sulle spese, non puo’ che farsi integrale rinvio alla motivazione del precedente di questa Corte n. 22033/11, che si e’ occupato funditus della questione, superando il precedente di cui a Cass. n. 22767/10, richiamato in ricorso. Appare qui sufficiente ribadire che, se e’ vero che il giudice dell’esecuzione ha definito, davanti a se’, il giudizio col provvedimento oggi impugnato, per contro, tale provvedimento, essendo stato emesso da un giudice investito di una cognizione sommaria e, pertanto, destinata a sfociare in provvedimenti ridiscutibili secondo le regole della cognizione piena e, dunque, del tutto provvisori, non puo’ acquisire una forza diversa a cagione della sua irritualita’ e, quindi, non puo’ considerarsi definitivo dell’azione, nonostante che l’irritualita’ consista proprio nella chiusura illegittima del procedimento. Questa chiusura e’ essa stessa del tutto provvisoria e non definitiva poiche’ riguarda solo la fase sulla quale il giudice doveva provvedere, in via del tutto provvisoria in vista della possibile evoluzione dell’azione con la cognizione piena; cognizione, nient’affatto preclusa al ricorrente, che si sarebbe potuto avvalere dei rimedi sopra richiamati.

Questa Corte ha avuto modo di affermare i principi di cui sopra in diverse decisioni adottate successivamente a quella di cui su menzionata avente il n. 22033/11 (tra cui cfr. Cass. n. 10862/12, ord. n. 5060/14), che qui vanno ribaditi, affermandosi nuovamente che in tema di opposizione agli atti esecutivi, nel regime dell’articolo 618 c.p.c., comma 2, l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione provvede a definire La fase sommaria, concedendo (o meno) i provvedimenti di cui al primo inciso del citato comma 2, ed omette di fissare il termine perentorio per l’iscrizione a ruolo della causa di merito, non e’ impugnabile con il ricorso straordinario previsto dall’articolo 111 Cost., comma 7, essendo priva del carattere della definitivita’, anche quando il giudice dell’esecuzione abbia provveduto sulle spese di lite”.

La relazione e’ stata notificata come per legge.

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore del resistente, nell’importo di euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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