Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 16 settembre 2015, n. 18194

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25665-2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositato il 31/07/2014, nel procedimento R.G. V.G. n. 270/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2015 dal Consigliere Dott. BERNABAI RENATO.

 

RITENUTO IN FATTO

 

– Che e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione dell’articolo 380 bis c.p.c.:

“Con decreto pronunciato il 6 marzo 2014 su ricorso di (OMISSIS) ex articolo 317 bis c.c., il Tribunale di Busto Arsizio disponeva l’affidamento condiviso delle due figlie minori, nate da una convivenza more uxorio con (OMISSIS), disciplinando la regolamentazione delle loro frequentazioni con i genitori, l’assegnazione della casa familiare ad entrambi gli ex conviventi, sulla base delle divisioni strutturali gia’ apportate, ed attribuiva un assegno di euro 600,00 mensili per il mantenimento delle minori. Contro tale pronuncia la (OMISSIS) proponeva reclamo ex articolo 739 c.p.c., innanzi alla Corte di Appello di Milano, chiedendo la riforma del decreto con l’assegnazione a se’ della casa familiare, quale collocataria delle minori, esponendo che la soluzione in corso avrebbe dato modo alle figlie di percepire i cattivi rapporti intercorrenti con il padre, e con l’aumento dell’assegno di mantenimento delle minori a euro 2.000,00. Con provvedimento 31 luglio 2014 la Corte di Appello di Milano, accogliendo il ricorso, disponeva per l’assegnazione dell’intera casa alla (OMISSIS), con ripristino dell’originale struttura, e confermava il resto.

Avverso la decisione il (OMISSIS) proponeva ricorso in Cassazione, articolato in tre motivi. Resisteva la (OMISSIS) con controricorso.

Cosi’ riassunti i fatti di causa, il ricorso sembra, prima facie, inammissibile.

Natura pregiudiziale assume l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso straordinario ex articolo 111 Cost., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c..

L’eccezione e’ infondata.

In particolare, secondo la recente giurisprudenza di questa Corte, i decreti di reclamo emessi dalla Corte di Appello, avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 317 bis c.c., relativi all’affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio ed alle conseguenti statuizioni economiche, tra le quali rientra anche l’assegnazione della casa familiare, sono impugnabili con ricorso straordinario per Cassazione, ai sensi dell’articolo 111 Cost.. Questo in quanto la Legge n. 54 del 2006, che ha equiparato la posizione dei figli nati da genitori coniugati a quella dei figli nati more uxorio, mediante l’estensione della disciplina in materia di separazione e divorzio anche ai procedimenti ex articolo 317 bis c.c., ha conferito a quest’ultimi definitiva autonomia procedimentale rispetto a quelli di cui agli articoli 330, 333 e 336 c.c., senza che abbia alcun rilievo il rito camerale (Cass. sez. 1 , sentenza n. 23032 del 30 ottobre 2009; Cass. sez. 1 , sentenza n. 15341 del 13 settembre 2012).

A questo e’ da aggiungere che il ricorso straordinario per Cassazione, in forza del richiamo operato dell’articolo 360 c.p.c., u.c., al primo ed al terzo comma (nel testo novellato dal Decreto Legislativo n. 40 del 2 febbraio 2006) e’ ora equiparato sostanzialmente al ricorso ordinario, ed e’ quindi impugnabile ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In considerazione di questo, non assume quindi alcuna rilevanza il nomen juris (di ricorso ordinario o straordinario), ferma restando, pero’, l’inammissibilita’ del secondo motivo di ricorso in cui si chiede alla Corte di censurare la motivazione per mera illogicita’ ed insufficienza visto che, in forza del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, tale doglianza e’ stata sostituita dall’omesso esame di un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.

Cio’ premesso in sede preliminare, il ricorso e’ tuttavia inammissibile per genericita’ delle censure, risolventesi in una sollecitazione al riesame nel merito precluso, invece, a questa Corte.

Tale, in particolare, il primo motivo, relativo all’assegnazione della casa familiare sotto il profilo della negata richiesta di CTU psicologica sulle minori e della strutturazione attuale dell’alloggio stesso, attinente ad un accertamento di fatti.

Anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso si pongono in termini non dissimili, prospettando una diversa valutazione degli elementi di fatto emersi dall’istruttoria con riguardo all’affidamento delle minori, e dell’entita’ del contributo di mantenimento. Oltre al fatto che la censura in punto di motivazione non individua alcun omesso esame (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).”

– che la relazione e’ stata notificata ai difensori delle parti, che non hanno depositato memorie.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

– che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano;

– che il ricorso dev’essere dunque dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessita’ delle questioni svolte.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 1.200,00, di cui euro 1.100,00 per compenso, oltre le spese forfettarie e gli accessori di legge.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *