Cassazione 4

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

ORDINANZA 2 ottobre 2014, n. 20857

Svolgimento del processo e motivi della decisione

  1. – Il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione in base agli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:

‘1. – N.R. agiva innanzi al Tribunale di Roma affinché fosse accertata l’interposizione soggettiva fittizia della nipote, C.S. , nell’intestazione di un immobile sito in Roma, via della stazione Vaticana, acquistato con atto pubblico di vendita dell’8.5.1997 e di cui ella assumeva di essere l’effettiva proprietaria.

Resistendo la convenuta, il Tribunale rigettava la domanda.

1.1. – Con sentenza n. 285/12 la Corte d’appello di Roma rigettava l’impugnazione proposta dalla N. , in quanto la prova della simulazione soggettiva poteva essere fornita solo mediante apposita controdichiarazione scritta, nella specie inesistente. Rilevava, quindi, che ai sensi dell’art. 2725 c.c. la prova per testi di un contratto per il quale sia prevista la forma scritta è ammissibile solo nelle tre ipotesi previste dall’art. 2724 c.c., ossia principio di prova scritta, impossibilità morale di procurarsela e perdita incolpevole del documento, nessuna delle tre sussistenti nel caso in esame. Aggiungeva, infine, che detta prova non poteva essere fornita neppure mediante presunzioni.

  1. – Per la cassazione di tale sentenza N.R. propone ricorso, affidato ad un unico motivo.

2.1.- Resiste con controricorso C.S. .

  1. – L’unico mezzo d’annullamento proposto denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2727, nn. 1 e 2 c.c., per non aver la Corte territoriale considerato che ai sensi dell’art. 2724, n. 1 c.c., in presenza di un principio di prova scritta è ammissibile la prova testimoniale, e con essa quella per presunzioni, di un contratto che richiederebbe la prova scritta ad substantiam. Principio di prova scritta che, nella specie, si desumerebbe da quanto la C. ha dichiarato in sede d’interrogatorio formale, allorché ella ha ammesso a) che tutti gli assegni impiegati per il pagamento del prezzo le erano stati consegnati dalla N. ; b) di non aver mai abitato nell’immobile acquistato, che sin dall’inizio la N. aveva utilizzato per svolgervi la propria attività lavorativa; c) di non aver mai abitato a XXXX; d) che la N. aveva sempre pagato le imposte relative alla proprietà dell’immobile; e) di non aver mai ricevuto dalla stessa N. alcun corrispettivo per il godimento del bene.

La ricorrente deduce, inoltre, di essere stata nell’impossibilità morale di procurarsi una prova scritta, essendo la C. sua nipote ex sorore.

  1. – Il motivo è infondato, seppure per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione della sentenza impugnata, di cui s’impone, pertanto, la correzione ai sensi dell’art. 384, ultimo comma c.c..

Infatti, contrariamente a quanto affermato dalla Corte capitolina, l’art. 2725 c.c. stabilisce che quando, secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3 dell’articolo precedente, e che la stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità. Resta esclusa, pertanto, sia l’ipotesi di principio di prova scritta (n. 1 dell’art. 2724 c.c.), sia quella in cui il contraente sia stato nell’impossibilità morale o materiale di procurarsela (n. 2 dell’articolo appena citato).

Ed infatti, a) in caso di simulazione relativa riguardante un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam, la prova dell’accordo simulatorio, traducendosi nella dimostrazione del negozio dissimulato, deve essere data, ai sensi dell’art. 2725 c.c., mediante atto scritto, cioè con un documento contenente la controdichiarazione sottoscritta dalle parti, e comunque dalla parte contro la quale esso sia fatto valere in giudizio, con salvezza della prova testimoniale nella sola ipotesi, prevista dall’art. 2724 n. 3 c.c., di perdita incolpevole del documento (Cass. nn. 13459/06, 7021/94 e 1690/91); b) nell’ipotesi di compravendita immobiliare simulata per interposizione fittizia dell’acquirente, il compratore effettivo, quale parte dell’accordo simulatorio e del contratto dissimulato, ove intenda avvalersi di quest’ultimo, deve soggiacere al regime probatorio previsto dall’art. 1417 c.c. e, quindi, provare per iscritto l’accordo simulatorio, senza potersi giovare di una prova orale, in forza della deroga ex art. 2724 n. 2 c.c. (impossibilita morale o materiale per il contraente di procurarsi una prova scritta), in quanto tale deroga è inapplicabile a termini dell’art. 2725 c.c. nei casi come la compravendita immobiliare, nei quali sia richiesta la forma scritta non solo a pena di nullità, ma anche ai fini probatori (Cass. nn. 4189/79 e 196/74).

Va da sé che, inammissibile la prova per testi, è inammissibile anche quella per presunzioni diretta a provare l’esistenza di una controdichiarazione.

Infatti, nel caso di allegazione della simulazione relativa per interposizione fittizia di persona di un contratto necessitante la forma scritta ad substantiam, la dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all’ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa, derivante dal disposto degli articoli 1414, secondo comma, e 2725 c.c, di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l’esistenza, quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l’intento comune dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente. Di conseguenza, e con riferimento alla compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente effettivo e l’apparente compratore non può essere risolta, fatta salva l’ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento (articolo 2724, n. 3, c.c.), con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore, e neppure, in assenza della controdichiarazione, tale prova può essere data con il deferimento o il riferimento del giuramento (art. 2739, comma primo, c.c.), né tanto meno mediante l’interrogatorio formale, non potendo supplire la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, alla mancanza dell’atto scritto (Cass. nn. 21822/10 e 4071/08).

  1. – Per le considerazioni svolte, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, nei sensi di cui sopra, in base al n. 5 dell’art. 375 c.p.c.’.

II – La Corte condivide la relazione, in ordine alla quale nessuna delle parti ha depositato memoria.

III. – Il ricorso va, pertanto, respinto.

  1. – Seguono le spese, liquidate come in dispositivo, a carico della parte ricorrente.
  2. – Ricorrono, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 4.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

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