cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 20 ottobre 2015, n. 21212

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22341-2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati presso la CORTE DI CASSAZIONE, ROMA, rappresentati e difesi dall’Avv.to (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS, in persona del suo legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

e contro

PROVINCIA DI SAVONA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 153/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del 22/01/2014, depositata il 04/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E RAGIONI DELLA DECISIONE

 

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

” (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente proprietario e conducente di un motociclo, convenivano in giudizio la Provincia di Savona chiedendone la condanna al risarcimento dei danni alla persona e al mezzo riportati a seguito della caduta del motociclo all’interno di una galleria stradale denominata “(OMISSIS)” in conseguenza della improvvisa mancanza di illuminazione nel secondo tratto della galleria. Nel giudizio si costituiva anche l’Inps con atto di intervento volontario, chiedendo che, nel caso in cui fosse stata accertata la responsabilita’ della convenuta, la stessa fosse condannata a versarle quanto corrisposto al (OMISSIS) a titolo di indennita’ di malattia.

La domanda dei ricorrenti veniva rigettata dal Tribunale di Savona, la cui decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello di Genova con la sentenza n. 153/2014 del 4.2.2014, qui impugnata.

(OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione articolato in due motivi, con il primo dei quali deducono la violazione dell’articolo 2051 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 e con il secondo la violazione dell’articolo 2043 c.c. e la falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.

La Provincia di Savona, regolarmente intimata, non ha svolto attivita’ difensiva.

L’Inps si e’ limitata a depositare la procura.

Il ricorso puo’ essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

Entrambi i motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto i ricorrenti contestano che la corte non abbia ritenuto sussistente ne’ riconducendola all’ipotesi dell’articolo 2051, ne’ riconducendola alla norma generale sulla responsabilita’ civile contenuta nell’articolo 2043 c.c., la responsabilita’ della Provincia. Nel caso di specie, la corte d’appello, recependo le valutazioni del giudice di primo grado, ha ritenuto che la (OMISSIS) non avesse provato che la causa della caduta del motociclo, a seguito della quale entrambi gli appellanti riportavano danni alla persona ed il (OMISSIS) anche al mezzo, si dovesse porre in rapporto di causalita’ con la assenza di illuminazione del secondo tratto della galleria, mancante per una temporanea avaria, e quindi aveva rigettato la domanda risarcitoria per mancanza della prova del nesso causale tra la cosa in custodia (la galleria stradale) e il danno. Aveva cioe’ correttamente richiamato la norma applicabile al caso di specie (articolo 2051 c.c.) e correttamente indicato la ripartizione degli oneri probatori (“E’ necessario che il danneggiato provi che il danno e’ stato causato dal bene soggetto alla custodia. Nella specie, la (OMISSIS) era tenuta a provare che la causa dell’incidente era consistita nell’assenza di illuminazione della strada”) per poi escludere, con accertamento di fatto non ulteriormente sindacabile in questa sede, che tale prova fosse stata fornita, atteso che tra l’altro la possibilita’ della mancanza di luce in galleria era stata segnalata con apposito cartello collocato prima dell’ingresso in galleria, e che la conducente, pur in presenza di una situazione di potenziale pericolo segnalata, non aveva moderato la velocita’ avendo lei stessa dichiarato di non aver superato il limite di velocita’ vigente in quel tratto.

Deve ritenersi che la corte territoriale abbia correttamente applicato i principi di diritto formulati da questa Corte di legittimita’ in materia di danni derivanti da omessa custodia, tra i quali puo’ richiamarsi Cass. n. 2660 del 2013: La responsabilita’ per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall’articolo 2051 cod. civ., ha carattere aggettivo, essendo sufficiente, per la sua configuratone, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalita’ con il bene in custodia: una volta provate queste circostante, il custode, per escludere la sua responsabilita’, ha l’onere di provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilita’ e di eccezionalita’, sia idoneo ad interrompere il nesso causale. Tuttavia, nei casi in cui il danno non sia l’effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento (scoppio della caldaia, scarica elettrica, frana della strada o simili), ma richieda che l’agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, essendo essa di per se’ statica e inerte, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosita’, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno. (Nel caso di specie, il danneggiato aveva inciampato in un cordolo, lasciato dagli operai che stavano eseguendo lavori stradali, andando a sbattere contro un mucchio di pietre).

La corte d’appello, alla quale la domanda era stata prospettata anche sotto il profilo della violazione del principio del neminem laedere ha esaminato e rigettato la domanda in relazione all’articolo 2043 c.c., anche in questo caso senza violazione della ripartizione degli oneri probatori, ritenendo la situazione di pericolo nella quale si ritrovo’ la ricorrente fosse prevedibile in quanto preannunciata dallo stesso ente gestore della strada e della galleria, e che a fronte dell’indicato pericolo la conducente non tenne il comportamento prudente richiesto dalla concreta situazione dei luoghi e che probabilmente ella cadde, dopo aver sbandato, perche’ sorpresa dalla improvvisa mancanza di illuminazione, senza che alcuna colpa potesse essere ascritta alla Provincia.

Si ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato”.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, preso atto che non sono state depositate memorie, ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto attivita’ difensiva.

Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 18; deve darsi atto pertanto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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