Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 27 marzo 2014, n. 7273

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per legge, dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo, dall’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Trieste in data 11 febbraio 2013 e la sentenza del Tribunale di Udine n. 1188 del 6 settembre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 marzo 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
sentito l’Avv. (OMISSIS), par delega dall’Avv. (OMISSIS).
RITENUTO IN FATTO
1. – Il Tribunale di Udine, con sentenza n. 1188 del 6 settembre 2012, ha rigettato l’opposizione proposta dall’AGEA – Agenzia per le erogazioni in agricoltura avverso il decreto con il quale era stato ad essa ingiunto il pagamento, in favore dell’ (OMISSIS), della somma di euro 91.230,05 per contributi comunitari PAC in relazione alle stagioni sino al 2008. Il rigetto e’ stato motivato con l’esclusione della possibilita’ per l’Agenzia di opporre in compensazione il credito dedotto nei confronti dell’Azienda agricola a titolo di prelievo supplementare per la quantita’ di latte prodotta in eccesso rispetto alla quota posseduta.2. – L’appello dall’AGEA, proposto con atto notificato il 28 settembre 2012, e’ stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Trieste con ordinanza ex articolo 348 ter c.p.c., in data 11 febbraio 2013 per mancanza di una ragionevole possibilita’ di essere accolto.
Ha osservato la Corte territoriale che “l’atto di appello non ha assolto all’onere posto a carico dall’appellante dal novellato articolo 342 c.p.c.pagamenti indebiti ma di pagamenti regolari e sul mancato assolvimento dell’onere probatorio di essere titolare di un credito ormai accertato definitivamente ai sensi della Legge n. 231 del 2005, articolo 5 ter” (recte: del Decreto Legge 9 settembre 2005, n. 182, articolo 3, recante “Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonche’ per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere alimentari”, convertito, con modificazioni, nella Legge 11 novembre 2005, n. 231).
3. – Per la cassazione di questa ordinanza, non comunicata ne’ notificata, l’AGEA ha proposto ricorso, con atto notificato il 13 giugno 2013, sulla base di sette motivi, impugnando, contestualmente, anche la sentenza di primo grado. I primi tre motivi di ricorso riguardano l’ordinanza della Corte d’appello; le altre censure si riferiscono alla sentenza del Tribunale.
L’Azienda Agricola ha resistito con controricorso.
4. – Il consigliere designato ha depositato, in data 10 gennaio 2014, la relazione ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., proponendo l’accoglimento del ricorso.
Osserva la relazione:
“Il primo motivo – con cui si denuncia nullita’ della pronuncia e del procedimento di appello, per violazione degli articoli 101, 132, 342, 348 bis e 348 ter c.p.c., nonche’ dell’articolo 24 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e all’articolo 111 Cost. – appare fondato.
L’ordinanza ex articolo 348 ter c.p.c., e’ stata infatti pronunciata al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge.
Come dimostra la clausola di salvezza contenuta nell’incipit dell’articolo 348 bis c.p.c., (Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilita’ o l’improcedibilita’ dell’appello), l’ordinanza di filtro puo’ essere emessa, non gia’ per sanzionare difetti formali dell’atto di impugnazione ovvero l’inesistenza (originaria o sopravvenuta) del diritto di impugnare, ma nei casi in cui il gravame non ha una ragionevole probabilita’ di essere accolto, il che implica una valutazione della probabile infondatezza dell’appello e, quindi, un giudizio di merito. Nel caso di specie, la Corte di Trieste, con l’ordinanza ex articolo 348-ter cod. proc. civ., ha dichiarato l’inammissibilita’ dell’appello dell’Amministrazione per non essere stati formulati motivi specifici di impugnazione, ossia per una questione pregiudiziale di rito, di carattere impediente, attinente alla forma dell’atto di appello, la quale avrebbe dovuto condurre a pronunciare sentenza all’esito di un procedimento di impugnazione non contratto, ma svolto nel pieno rispetto dei principi del contraddittorio e della difesa delle parti. Essendo stata l’ordinanza pronunciata al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge, non opera la disposizione – l’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, – che ricollega alla pronuncia di filtro, con l’esclusione del consueto effetto sostitutivo della pronuncia d’appello, la previsione che vuole direttamente ricorribile per cassazione la sentenza di primo grado”.
5. – La relazione ex articolo 380 bis c.p.c., e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Nessuna delle parti ha depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Preliminarmente, deve essere dichiarata l’inammissibilita’ del controricorso, per difetto di procura speciale, non essendo idonea la procura rilasciata al difensore della parte intimata a margine del ricorso per decreto ingiuntivo. Difatti, nel giudizio di cassazione, la procura speciale non puo’ essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, atteso il tassativo disposto dell’articolo 83 c.p.c., comma 3, che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilita’ di atti diversi da quelli suindicati: pertanto, se la procura non e’ rilasciata contestualmente a tali atti, e’ necessario il suo conferimento nella forma prevista dall’articolo 83, comma 2, cioe’ con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e del ricorso al quale si intende resistere; in difetto dell’osservanza di una di tali necessarie forme, il controricorso e’, pertanto, inammissibile (Sez. 3, 18 aprile 2013, n. 9462).
2. – Passando allo scrutinio del ricorso, il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex articolo 380 bis c.p.c., sulla base delle argomentazioni e con le precisazioni che seguono.
2.1. – Ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c. (Inammissibilita’ dell’appello), introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012, n. 134, l’ordinanza di inammissibilita’ – la quale vuole rappresentare, nelle intenzioni del legislatore, uno strumento di semplificazione e di accelerazione, al fine di ridurre i tempi necessari per la definizione delle cause civili – puo’ essere pronunciata (nella fase iniziale del processo, “all’udienza di cui all’articolo 350…, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti”: articolo 348 ter, comma 1), nel concorso di due presupposti: 1) l’uno, negativo, “fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilita’ o l’improcedibilita’ dell’appello”; 2) l’altro, positivo, quando l’impugnazione “non ha una ragionevole probabilita’ di essere accolta”.
Che si tratti di presupposti entrambi rivolti a tracciare (insieme all’articolo 348 bis, comma 2, il quale esclude il filtro per le cause in cui e’ obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, a norma dell’articolo 70 c.p.c., comma 1, e per quelle che in primo grado si sono svolte secondo il rito sommario di cognizione) l’ambito applicativo dell’ordinanza in questione, risulta confermato dall’articolo 348 ter, comma 2, il quale prevede che, in presenza di un appello principale e di un appello incidentale, l’ordinanza di inammissibilita’ e’ pronunciata a condizione che per tutte e due le impugnazioni ricorrano, appunto, “i presupposti di cui all’articolo 348 bis, comma 1”: in mancanza, il giudice e’ tenuto a procedere “alla trattazione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza”.
Il tenore letterale dell’articolo 348 bis c.p.c., evidenzia che il campo di applicazione dell’ordinanza di inammissibilita’ e’ quello dell’impugnazione manifestamente infondata nel merito. In questo senso sono anche le prime e convergenti letture delle corti d’appello. L’appello privo di probabilita’ di accoglimento “non e’ quello che tale appare al giudice secondo la sua soggettiva percezione, a seguito di una lettura sbrigativa degli atti, ma e’ quello oggettivamen-te tale, perche’ palesemente infondato” (App. Roma 23 gennaio 2013, Cavaliere e. Restani); la mancanza di una ragionevole probabilita’ di accoglimento del gravame “si risolve nella manifesta infondatezza dell’impugnazione e il nucleo centrale della decisione non si discosta da quello che sostiene una sentenza di rigetto” (App. Roma 30 gennaio 2013, Soc. Comauto c. Comp. assicurazioni Unipol); l’ordinanza di inammissibilita’ puo’ essere pronunciata “nelle ipotesi in cui appaia evidente gia’ prima facie che l’impugnazione non presenta neppure una possibilita’ di accoglimento” (App. Milano 14 febbraio 2013, Soc. B.M. c. Fondiaria-SAI assicurazioni).
2.2. – Quando l’ordinanza di inammissibilita’ ex articolo 348 ter c.p.c., venga emanata entro il suo ambito applicativo proprio, non vi e’ spazio per un’autonoma ricorribilita’ per cassazione della stessa, neppure con il ricorso straordinario ai sensi dell’articolo 111 Cost..
Infatti, l’ordinanza – filtro – se ha evidentemente carattere decisorio e, dunque, uno dei requisiti di accesso al ricorso straordinario (non perche’ incide sul diritto processuale all’impugnazione, ma perche’ e’ emessa in un giudizio, quello di appello, che verte, al pari di quello di primo grado, su situazioni di diritto soggettivo o delle quali e’ comunque prevista la piena giustiziabilita’: cfr. Sez. Un., 3 marzo 2003, n. 3073; Sez. Un., 15 luglio 2003, n. 11026) – difetta, tuttavia, del carattere della definitivita’, ossia della idoneita’ a determinare la formazione del giudicato sul diritto controverso. Infatti, una volta emessa l’ordinanza di inammissibilita’, il ricorso per cassazione puo’ essere rivolto avverso il provvedimento di primo grado, secondo quanto dispone l’articolo 348 ter, comma 3. La tutela che compete alla situazione giuridica dedotta nel processo e’, quindi, comunque assicurata dall’ordinamento processuale dandosi alla parte la possibilita’ di tornare a impugnare la pronuncia di primo grado mediante l’ordinario ricorso per cassazione: con la precisazione che, ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 4, quando la prognosi di non ragionevole fondatezza del gravame, formulata dal giudice d’appello in via preliminare alla trattazione dello stesso, “e’ fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione… puo’ essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’articolo 360, comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4)”.
2.3. – Diverso e’ il caso in cui, come in quello di specie, l’ordinanza-filtro sia stata pronunciata – non per confermare una sentenza “giusta” per essere l’appello prima facie destituito di fondamento, ma – al fine di decidere una questione, attinente propriamente al mezzo d’impugnazione, che si pone a monte del merito dell’appello, ossia per dichiarare una inammissibilita’ per ragioni processuali, derivante dalla mancanza di specificita’ dell’atto di appello, ai sensi del novellato articolo 342 c.p.c..
2.4. – Ad avviso del Collegio, l’ordinanza di inammissibilita’ dell’appello pronunciata, al di fuori dei casi previsti dalla legge processuale, per sanzionare l’aspecificita’ dell’impugnazione, e quindi per il riscontro di una questione pregiudiziale di rito di carattere impediente attinente alla forma dell’atto di appello, e’ impugnabile con il ricorso per cassazione.
E cio’ per una duplicita’ di concorrenti ragioni.
2.4.1. – La prima e’ che, in tal caso, sussiste anche il carattere della definitivita’ dell’ordinanza, perche’, non essendo l’eventuale errore compiuto dalla stessa nel riscontrare la sussistenza della ragione pregiudiziale di inammissibilita’ in rito deducibile come motivo di impugnazione del provvedimento di primo grado, manca la possibilita’ di rimettere in discussione la tutela che compete alla situazione giuridica dedotta nel processo impugnando in cassazione la pronuncia di primo grado. Infatti, il soccombente che si e’ visto dichiarare inammissibile l’appello con l’ordinanza ex articolo 348 ter c.p.c., proponendo ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado come prevede l’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, non puo’ che dedurre motivi attinenti alla decisione di primo grado, mentre non puo’ far valere censure attinenti all’error in procedendo commesso dal giudice d’appello nel non dare ingresso all’impugnazione per una questione pregiudiziale attinente al processo. Per poter conseguire una pronuncia su tale error in procedendo l’unica possibilita’ – come e’ stato osservato in dottrina – e’ quella di impugnare il provvedimento che pone termine al procedimento di appello, ossia l’ordinanza di inammissibilita’ ex articolo 348 ter c.p.c.
Non appare decisiva in senso contrario l’affermazione – contenuta nella Relazione al Decreto Legge n. 83 del 2012 – che la previsione dell’impugnabilita’ per cassazione della decisione di primo grado a seguito dell’ordinanza di filtro e’ destinata ad “assorbire ogni tutela costituzionalmente necessaria”, rimanendo “impregiudicato il potere della Suprema Corte, alla quale sia denunciata la decisione di prime cure, di rilevare, quando ritenuto inerente alle garanzie assicurate dall’articolo 111 Cost., nullita’ inerenti al procedimento di appello”. Quel rilievo, infatti, si riferisce alla diversa ipotesi in cui il giudice di secondo grado, per giungere ad una celere definizione di un appello prima facie infondato, abbia accantonato, secondo la logica della ragione piu’ liquida, le questioni della sua inammissibilita’ in rito, rientrando soltanto allora nel potere-dovere della Corte di cassazione, investita dell’impugnazione della decisione di primo grado ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, di sollevare d’ufficio, previa attivazione del contraddittorio sul punto, questioni attinenti al conseguimento della definitivita’ della pronuncia di primo grado per una causa di inammissibilita’ dell’impugnazione per ragioni processuali.
Ne’ il Collegio ritiene condivisibile la tesi, autorevolmente sostenuta, che, a fronte di un appello dichiarato inammissibile con l’ordinanza-filtro perche’ aspecifico, si possa tollerare che la “partita” si riapra comunque con il ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado. Una tale conclusione, infatti, avrebbe l’effetto di “rimettere in gioco” la parte il cui appello sia stato dichiarato inammissibile per ragioni di carattere processuale impedienti l’esame nel merito del gravame, consentendogli la possibilita’ di impugnare per cassazione una decisione, quella di primo grado, pur a fronte del consolidamento del giudicato e della preclusione di ogni ulteriore mezzo di impugnazione.
2.4.2. – La seconda, cospirante ragione che milita a favore dell’impugnabilita’ per cassazione nello specifico caso all’esame del Collegio e’ che l’ordinanza di inammissibilita’ fondata su una questione di rito – la mancanza di specificita’ del gravame ai sensi del novellato articolo 342 c.p.c.- che avrebbe richiesto, secondo l’incipit dell’articolo 348 bis c.p.c., la decisione di inammissibilita’ con sentenza, e’, in ragione del suo contenuto effettivo, una sentenza in senso sostanziale. Vale, al riguardo, il richiamo ai principi gia’ affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 2 ottobre 2012, n. 16727, con riguardo al tema della individuazione del mezzo esperibile avverso l’ordinanza del giudice istruttore che dichiara l’esecutivita’ del progetto di divisione, ex articolo 789, terzo comma, cod. proc. civ., emessa in assenza dei presupposti legittimanti, per la presenza di contestazioni dei condividenti.
3. – In accoglimento del primo motivo e del secondo motivo di ricorso, con cui pure e’ stata denunciata l’erronea adozione della procedura decisoria, l’ordinanza in questione, avente valore di sentenza, deve essere annullata, essendo stata emessa all’esito del procedimento decisorio semplificato previsto per il filtro, senza la piena e completa esplicazione del diritto di difesa e del contraddittorio – funzionali alla garanzia del giusto processo – che si sarebbe avuta ove la sentenza fosse stata emessa ai sensi dell’articolo 281 sexies c.p.c. (con la discussione orale della causa e la lettura, al termine della discussione, del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione) ovvero seguendo il procedimento ordinario ex articolo 352 c.p.c. (con lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica e con la possibilita’ per ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, di richiedere la discussione orale dinanzi al collegio) (cfr. Sez. 2, 24 marzo 2010, n. 7072; Sez. 3, 9 marzo 2011, n. 5590; Sez. 6-2, 5 aprile 2011, n. 7760).
Il che determina l’assorbimento degli altri motivi, compresi quelli, dal quarto al settimo – relativi al merito della regiudicanda ed in particolare alla dedotta legittimita’ della opposta compensazione del credito vantato dall’Amministrazione nei confronti dell’Azienda per omesso versamento del prelievo supplementare – che sono stati rivolti contro la sentenza di primo grado.
4. – Cassata l’ordinanza impugnata, la causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Trieste.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Trieste.

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