Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 3 giugno 2014, n. 12335

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1411/2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SPA in persona dei Curatori pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il provvedimento R.G. 29/2010 del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA dell’8.11.2012, depositata il 30/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2014 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI.

FATTO E DIRITTO

La Corte,rilevato che sul ricorso n. 1411/13 proposto dalla Agenzia delle Entrate nei confronti del Fallimento (OMISSIS) spa il consigliere relatore ha depositato ai sensi dell’articolo 380 c.p.c., la relazione che segue.

“Il relatore Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati, osserva quanto segue.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi avverso il decreto del Tribunale di Roma, depositato il 30.11.12, con cui veniva rigettata l’opposizione alla stato passivo da essa Agenzia proposto avverso l’esclusione del proprio credito di euro 251.249,89 insinuato L.F., ex articolo 101, scaturenti da: a) liquidazione della dichiarazione, Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36 bis, modello 770 dei sostituti d’imposta, per l’anno 2010, presentata (la dichiarazione) dalla curatela il 19.08.2011, pari a euro 164.252,40; b) liquidazione della dichiarazione, Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ex articolo 54 bis, del modello IVA anno d’imposta 2010, presentata dalla curatela il 29.12.2011, pari a euro 86.997,49) in quanto detta insinuazione era stata tardivamente depositata il 10.4.12 oltre l’anno dal deposito dello stato passivo avvenuto il 7.12.10.

Il fallimento intimato ha resistito con controricorso.

Con il tre motivi di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta, sotto diversi profili di violazione di legge e di omesso esame su un fatto decisivo, che erroneamente il tribunale non ha ritenuto sussistere la scusabilita’ del ritardo con riferimento al credito relativo al modello IVA/2011 in quanto l’Amministrazione finanziaria era stata oggettivamente impossibilitata a rispettare il termine poiche’ la dichiarazione le era giunta gia’ dopo il decorso del termine annuale, e, cioe’, il 29.12.11, mentre, con riguardo al credito di cui alla dichiarazione modello 770/2011 del sostituto d’imposta, tale dichiarazione era stata presentata all’Ufficio solo tre mesi prima della scadenza del termine annuale per l’insinuazione tardiva sicche’ il ritardo era certamente scusabile.

I motivi, tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

Gli stessi si rivelano in parte inammissibili ed in parte infondati.

A) Per quanto riguarda la liquidazione della dichiarazione, Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ex articolo 74 bis, del modello IVA anno d’imposta 2010, l’assunto dell’Agenzia ricorrente, secondo cui la detta dichiarazione era stata presentata dalla curatela il 29.12.2011 dopo che il termine annuale ex articolo 101 era scaduto, e’ contestato dal fallimento resistente che deduce che, invece, la detta dichiarazione era stata depositata il 30.7.10,come gia’ dedotto nel giudizio di opposizione con la comparsa di risposta (di cui e’ riportato il brano) e documentato in giudizio ed a tal fine indica anche il numero del documento depositato.

A fronte di detta contestazione, avanzata fin dalla fase di merito dal fallimento, ed al fatto che la sentenza nessun accertamento ha svolto sotto tale profilo (il riferimento alla data del 29.12.11 e’ stato fatto nella premessa del decreto ove si riportava quanto contenuto nel ricorso dell’Agenzia), la ricorrente non si sarebbe dovuta limitare a dedurre che la data del 29.12.11 risultava dalla comunicazione di irregolarita’ notificata il 2.3.12 e successiva iscrizione a ruolo, ma avrebbe dovuto indicare ove tra gli atti depositati nella fase di merito erano rinvenibili i detti documenti, ammesso che gli stessi avessero capacita’ probatoria in ordine alla data di effettivo deposito della dichiarazione, desumibile invero solo da copia della dichiarazione stessa.

E’ appena il caso di ricordare che, a seguito della riforma ad opera del Decreto Legislativo n. 40 del 2006, la nuova previsione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale puntuale indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimita’, con la conseguenza che, in caso di omissione di tali adempimenti, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. (Cass. 20535/09; Cass. sez. un. 7161/10).

Nel caso di specie, la gia’ esaminata mancata indicazione di dove i documenti rilevanti ai fini del decidere la questione in esame fossero rinvenibili tra gli atti della fase di merito rende le doglianze in esame non scrutinabili in questa sede di legittimita’.

Cio’ rende assorbita ogni dedotta questione circa i principi di compatibilita’ con la normativa Europea, di cui invero nel ricorso non sono neppure indicati i profili.

B) Per quanto riguarda la liquidazione della dichiarazione, Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36 bis, modello 770 dei sostituti d’imposta, per l’anno 2010, e’ pacifico che tale dichiarazione e’ stata presentata dalla curatela il 19.08.2011.

Deduce la ricorrente che, in ragione di cio’,essa aveva solo tre mesi per procedere alla liquidazione, per cui il ritardo sarebbe comunque scusabile.

Tale doglianza appare infondata.

Invero la Corte d’appello, ha rilevato, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, che l’Amministrazione ha l’obbligo di attivarsi immediatamente per predisporre tempestivamente le domande di insinuazione e che la scusabilita’ del ritardo deve essere provata dall’Amministrazione stessa sulla quale grava il relativo onere e che questo nel caso di specie non era stato rispettato.

Tale conclusione appare corretta.

Anche con il presente ricorso infatti, l’Agenzia delle entrate si e’ limitata alla generica contestazione che il termine di tre mesi non sarebbe stato sufficiente per predisporre la domanda di insinuazione, senza neppure dedurre l’attivita’ concretamente svolta per rispettare il termine.

Aggiungasi che, come rilevato dal fallimento resistente, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis, prevede che, se vi e’ pericolo per la riscossione, l’Amministrazione puo’ provvedere anche prima della presentazione della dichiarazione annuale a controllare l’effettivo versamento delle imposte dovute anche a titolo di sostituto d’imposta e,dunque in presenza del fallimento, l’Agenzia poteva avvalersi di siffatte procedure di controllo anticipate previste dall’ordinamento.

Ove si condividano i teste’ formulati rilievi, il ricorso puo’ essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all’articolo 375 c.p.c..

P.Q.M.

Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio.
Roma 10.12.13.
Il Cons. relatore.
Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra;
che pertanto il ricorso va rigettato con della ricorrente al pagamento delle spese di giustizia liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 5000,00 oltre euro 100,00 per esborsi oltre accessori di legge.

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