SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

Ordinanza 5 ottobre 2012, n. 17040

Fatto e diritto

Ritenuto che dinanzi al Tribunale di Napoli pende un giudizio di divisione dei beni ereditari relitti dal de cuius L.V., promosso dai coeredi L.M., Ci., L., F. e Ca. nei confronti di G.L. e degli altri coeredi, tra cui m.l., L.I. e C.B.;

che dinanzi al medesimo Tribunale è in corso anche un giudizio volto ad ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità naturale, instaurato da I.V. nei confronti di l.m., I.L. e C.B., quali eredi di l.a., a sua volta figlio ed erede del de cuius L.V.;

che il giudice della causa di divisione giudiziale, con ordinanza depositata in cancelleria il 27 ottobre 2011, ha disposto la sospensione del giudizio, ex art. 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione del procedimento per il riconoscimento del rapporto di filiazione naturale tra I.V. e a.l.;

che per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Napoli L.M. e gli altri istanti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per regolamento di competenza, con atto notificato il 12 dicembre 2011, sulla base di un unico mezzo;

che gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede;

che la causa è stata avviata alla camera di consiglio sulla base della requisitoria del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Considerato che con l’unico motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ., in relazione all’art. 715 cod. civ., nonché omessa motivazione su un punto decisivo della controversia) i ricorrenti contestano la legittimità della disposta sospensione, rilevando che il giudizio di accertamento della paternità promosso da I.V., seppur configurabile come “impedimento” ai sensi dell’art. 715 cod. civ., non costituisce il necessario antecedente logico-giuridico per la decisione della causa di scioglimento della comunione ereditaria;

che il motivo è fondato;

che l’art. 295 cod. proc. civ., nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione “dipenda” dalla definizione di altra causa, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità fra due emanande statuizioni e, quindi, coerente-mente con l’obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, si riferisce non ad una mera connessione fra diverse statuizioni, per l’esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione, bensì ad un collegamento per cui l’altro giudizio investa una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, dalla soluzione del quale dipenda in tutto o in parte l’esito della causa da sospendere (Cass., Sez. VI-1, 14 dicembre 2010, n. 25272; Cass., Sez. VI-2, 11 gennaio 2012, n. 170);

che questa lettura restrittiva dell’art. 295 cod. proc. civ., invalsa nella giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sez. un. 19 giugno 2012, n. 10027), deriva dalla consapevolezza che la sospensione del processo, pur essendo preordinata alla realizzazione dell’armonia dei giudicati, si risolve nel sacrificio di un altro valore processuale, la sollecita definizione dei giudizi, la quale è connessa al principio costituzionale del giusto processo di durata ragionevole;

che l’art. 715 cod. civ., disciplinando, sotto la rubrica “Casi d’impedimento alla divisione”, il rapporto tra contemporanea pendenza del procedimento di divisione e del giudizio sulla filiazione naturale di colui che, in caso di esito favorevole del giudizio, sarebbe chiamato a succedere, non prevede un impedimento, assoluto e inderogabile, allo svolgimento del giudizio di divisione fino al definitivo accertamento giudiziale dell’estensione della cerchia dei coeredi, ma prefigura la possibilità di privilegiare strumenti alternativi;
che, infatti, il secondo comma di tale disposizione:

– nel prevedere che “l’autorità giudiziaria può autorizzare la divisione, fissando le opportune cautele”;
– non affida il bilanciamento degli opposti interessi in gioco, sempre e comunque, alla paralisi del giudizio di divisione imposta dalla sospensione necessaria, ma consente che il tribunale possa orientarsi, sia pure con le dovute cautele, per l’autorizzazione alla divisione immediata, e ciò, evidentemente, là dove l’impossibilità, sia pure temporanea, di procedere oltre nel giudizio di divisione sia suscettibile di provocare ingiusto pregiudizio a coloro la cui qualità di eredi è attualmente certa, soprattutto nei casi in cui a causa del ritardo possa diminuire la consistenza o il valore dell’asse ereditario, ovvero quando il giudizio sulla filiazione abbia un tempo di definizione molto lungo o si presenti assai incerto nell’esito;

che nella specie questa valutazione delle caratteristiche della specifica vicenda processuale è mancata, essendosi il giudice a quo limitato a rilevare il rapporto di dipendenza tra le due cause, quella pregiudicante e quella pregiudicata, senza considerare affatto la possibilità di proseguire nel giudizio di divisione, previa adozione delle opportune cautele, individuabili in semplici cauzioni o garanzie o, ancora, in prudenziali accantonamenti, suscettibili di dar luogo ad integrazioni successive nel caso di esito negativo della domanda di accertamento della filiazione naturale;

che – come correttamente evidenziato dal pubblico ministero nelle conclusioni scritte – siffatta valutazione era tanto più necessaria nella specie, giacché, riguardando il giudizio di paternità naturale uno degli eredi del de cuius, l’incertezza è limitata ad una sola delle quote ereditarie (la quota spettante agli eredi di l.a. essendo destinata a rimanere comunque invariata, sia che spetti agli eredi certi m.l. , L.I. e C.B., sia che debba essere ripartita anche con V.I. all’esito del giudizio di accertamento di paternità da questa intentato);
che, pertanto, l’impugnata ordinanza di sospensione deve essere cassata, essendo erroneo l’automatismo dal quale ha preso le mosse il giudice a quo;

che sulle spese del presente giudizio per regolamento di competenza provvederà il giudice del merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Napoli, anche in ordine al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

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