Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 10 maggio 2016, n. 19415

Nel caso di richiesta di consegna di soggetto minore di età in esecuzione di un mandato d’arresto europeo, ai fini della verifica, nello Stato di emissione, di una legislazione che consenta di differenziare il trattamento tra minori e maggiorenni per ragioni di recupero e di rieducazione (rilevante ai fini della legittimità della consegna ai sensi dell’art. 18, lett. i, L. n. 69 del 2005), non è necessario che siano contemplati i medesimi istituti previsti nella legislazione italiana, essendo sufficiente che siano presenti istituti finalizzati ad offrire una tutela differenziata

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 10 maggio 2016, n. 19415

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente
Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – rel. Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS), alias (OMISSIS), nato a (OMISSIS), alias (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/03/2016 della Corte di appello di Torino, sez. per i minorenni;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. PINELLI Mario, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino, sez. per i minorenni, disponeva la consegna di (OMISSIS), alias (OMISSIS), all’autorita’ giudiziaria della Repubblica francese a seguito di mandato di arresto europeo emesso nei suoi confronti per il reato di tentato omicidio commesso il (OMISSIS).
Lo (OMISSIS) era ricercato dall’autorita’ giudiziaria francese in quanto, a bordo di un’autovettura con altre persone, aveva tentato di investire un gendarme, al fine di sottrarsi ad un controllo stradale.
La Corte territoriale riteneva soddisfatto il requisito legale della gravita’ indiziaria, in quanto dagli atti emergeva la presenza dello (OMISSIS) sull’autovettura utilizzata per l’azione delittuosa, come dimostrava la rilevazione di un profilo di DNA rinvenuto su di essa (che era stata comparata con altra riferibile allo (OMISSIS), acquisita in altro procedimento penale a suo carico).
Era stata valutata altresi’ irrilevante la omessa traduzione del mandato di arresto “interno”, pervenuto a seguito di richiesta formulata dalla Corte di appello, in quanto le informazioni rilevanti erano comunque desumibili dal mandato di arresto europeo.
La Corte torinese respingeva la censura difensiva, in ordine al trattamento che avrebbe subito lo (OMISSIS) nello Stato di emissione. Veniva evidenziato al riguardo che, ancorche’ non previsto l’istituto dell’imputabilita’, l’ordinamento francese conferiva rilevanza, nell’accertamento della responsabilita’, all’eta’ dell’imputato al momento della commissione del reato e alla verifica della capacita’ di intendere e di volere; e che inoltre erano previste differenze di trattamento per il soggetto minorenne sia di tipo procedurale (tra le quali in particolare, la previsione di una giurisdizione specializzata) sia nella fase esecutiva.
Infine, la Corte di appello rilevava che il reato per il quale lo (OMISSIS) era richiesto in consegna era punito con una pena non inferiore nel massimo a nove anni di reclusione.
2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione il difensore della persona richiesta in consegna, denunciando:
– la violazione del diritto di difesa di cui agli articoli 177 e 178 c.p.p., con riferimento all’articolo 109 c.p.p. e alla L. n. 69 del 2005, articolo 6, comma 7, in quanto non risultano tradotti in lingua italiana parte degli atti trasmessi dall’autorita’ giudiziaria francese (la relazione in parte era solo in lingua inglese e francese ed il mandato di cattura era in lingua francese) e lo (OMISSIS) – (OMISSIS), cittadino croato con residenza in Italia, aveva dichiarato di comprendere la lingua italiana;
– la violazione della L. n. 69 del 2005, articolo 17, comma 4, in quanto dalla scarna documentazione trasmessa dalle autorita’ francesi non risulterebbe dimostrato il coinvolgimento dello (OMISSIS) – (OMISSIS), all’epoca dei fatti minorenne, nel reato di tentato omicidio, in quanto le tracce di DNA repertate potrebbero appartenere ad un suo familiare e comunque non sarebbero direttamente riferibili all’episodio delittuoso;
– la violazione della L. n. 69 del 2005, articolo 18, lettera i) e t) poiche’ la richiesta di consegna risulterebbe priva di motivazione in ordine alle esigenze cautelari; non emergerebbe inoltre in modo chiaro se esista in Francia una disciplina differenziata per i minorenni al momento del fatto, quale sia la pena massima prevista per il reato commesso dal minorenne e se sia previsto l’accertamento della piena capacita’ di intendere e di volere, nonche’ la possibilita’ di essere ammessi alla prova, come nell’ordinamento italiano.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.
2. In ordine alla violazione della L. n. 69 del 2005, articolo 17, comma 4, deve richiamarsi il consolidato orientamento esegetico, secondo cui, ai fini della riconoscibilita’ del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, l’autorita’ giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato di arresto europeo sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorita’ giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna (tra le molte, Sez. U, n. 4614 del 30/01/2007, Ramoci, Rv. 235348).
Pertanto, e’ sufficiente che l’autorita’ giudiziaria italiana verifichi che il mandato europeo dia “ragione” dell’arresto, il che puo’ realizzarsi, come e’ avvenuto nella specie, anche attraverso la puntuale allegazione delle evidenze fattuali a carico della persona di cui si chiede la consegna.
Tale verifica realizza il “controllo sufficiente” demandato all’autorita’ giudiziaria dello Stato di esecuzione dal considerando n. 8 della decisione-quadro del 13 giugno 2002.
Va quindi escluso, come prospetta il ricorrente, che la Corte di appello sia tenuta ad effettuare ulteriori approfondimenti sulla consistenza e sulla tenuta del compendio indiziario, trattandosi quest’ultimo di compito di competenza esclusiva del giudice dello Stato di emissione (ex multis, Sez. 6, n. 35832 del 17/09/2008, Indino, Rv. 240722).
3. Non puo’ essere accolta la censura relativa alla omessa traduzione degli atti trasmessi dall’autorita’ giudiziaria francese.
Va preliminarmente ribadito il principio, secondo cui le novellate disposizioni di cui all’articolo 143 c.p.p., che hanno recepito nell’ordinamento interno i principi contenuti nell’articolo 3 della direttiva 2010/64/UE, si applicano anche alla procedura di consegna relativa al m.a.e., con la conseguenza che l’imputato alloglotta che non comprenda la lingua in cui la documentazione e’ redatta ha diritto ad ottenere la traduzione degli atti solo se ne faccia espressa e motivata richiesta (Sez. 6, n. 1199 del 08/01/2015, Ivancescu, Rv. 261639).
Nel caso in esame, la difesa aveva eccepito la omessa traduzione del solo mandato di arresto “interno”, che tuttavia la Corte territoriale riteneva non rilevante, in quanto i gravi indizi di colpevolezza risultavano gia’ esposti nel m.a.e., tradotto in lingua italiana.
La decisione non appare censurabile perche’, effettivamente dall’esame del titolo restrittivo francese, risulta che tale provvedimento contenesse le stesse informazioni riversate nel mandato di arresto europeo.
Al riguardo va rammentato che e’ sufficiente, ai fini delle verifiche demandate all’autorita’ giudiziaria italiana, che il mandato di arresto europeo contenga le informazioni richieste dalla L. n. 69 del 2005, non essendo pertanto necessario l’acquisizione del provvedimento restrittivo interno in base al quale il mandato e’ stato emesso (tra le tante, Sez. 6, n. 45668 del 29/12/2010, Chaoui, Rv. 248972). In tal caso il controllo dell’autorita’ giudiziaria italiana in ordine alla motivazione (articolo 18, lettera t) ed ai gravi indizi di colpevolezza (articolo 17, comma 4) e’ effettuato sullo stesso mandato di arresto europeo.
D’altra parte, lo scopo del principio del mutuo riconoscimento e’ di prevedere, in mancanza del riavvicinamento delle normative processuali europee, un provvedimento di arresto caratterizzato da tutti gli elementi comuni ritenuti indispensabili per la sua “riconoscibilita’” da tutti gli Stati membri dell’Unione europea.
Pertanto, nel caso in esame, in considerazione della completezza del m.a.e. anche ai fini della verifica richiesta dalla L. n. 69 del 2005, articolo 17, comma 4, la mancata traduzione del mandato di arresto “interno” non ha determinato alcun vulnus ai diritti della difesa.
Ne’ risulta censurabile la sentenza impugnata, per aver la Corte di appello richiesto la documentazione integrativa, per poi non utilizzarla.
Invero, quel conta e’ che la documentazione effettivamente utilizzata dalla Corte di appello sia idonea a svolgere il controllo richiesto (cfr. Sez. 6, n. 40412 del 26/10/2007, Aquilano, Rv. 237427, nel caso di documentazione integrativa non pervenuta, la Corte di cassazione ha affermato che l’autorita’ giudiziaria italiana e’ legittimata a decidere allo stato degli atti, non essendo obbligata a respingere la richiesta di consegna, ove non risultino mancanti gli elementi cartolari richiesti).
4. Anche i motivi di annullamento versati nella terza censura non sono fondati.
In ordine al difetto di motivazione, costituisce principio piu’ volte affermato e che va in questa sede ribadito – che ai fini dell’accoglimento della domanda di consegna, non rileva la mancanza di motivazione, in relazione alle esigenze cautelari, del provvedimento cautelare oggetto del mandato d’arresto europeo, emesso dall’autorita’ giudiziaria estera (Sez. 6, n. 22223 del 09/06/2010, Liberati, Rv. 247820). Infatti, nessuna specifica previsione della legge n. 69 del 2005 richiede che nel mandato di arresto europeo o nel provvedimento cautelare su cui il mandato di arresto europeo si fonda siano indicate le esigenze cautelari (Sez. 6, n. 11598 del 13/3/2007, Stoimenovsky, non mass. sul punto; Sez. 6, n. 3951 del 27/01/2016, Laini, non mass.).
Quanto al trattamento riservato dall’ordinamento dello Stato di emissione agli imputati minorenni, la censura del ricorrente si presenta generica, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, nella quale sono stati ampiamente e dettagliatamente richiamati i principali cardini del sistema giudiziario francese al riguardo, volti a soddisfare tutti i requisiti di legalita’ della consegna previsti dalla L. n. 69 del 2005, articolo 18, lettera i).
La Corte di appello ha anche indicato i molteplici istituti finalizzati al recupero e alla rieducazione del minorenne: nel sistema francese sono infatti presenti misure che privilegiano un’azione educativa condotta in “ambiente libero”, previste dall’Ordonnance relative a’ l’enfance delinquante n 45-174 del 2 febbraio 1945, in modo da offrire – indipendentemente dalla gravita’ del reato commesso – ai minori o ai giovani adulti, anche attraverso il loro collocamento in strutture specializzate, forme di sostegno e di accompagnamento.
In tal modo e’ soddisfatto il requisito richiesto dalla L. n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera i), che esige che vi siano differenze di trattamento carcerario tra il minore di anni 18 e il soggetto maggiorenne nell’ordinamento dello Stato membro di emissione, ma non che questo preveda i medesimi istituti presenti nella legislazione italiana.
In ordine al presupposto contemplato dalla citata norma dei limiti edittali previsti per il reato per cui si procede (che devono essere non inferiori nel massimo a nove anni), la sentenza impugnata ha parimenti dato contezza del rispetto anche di detto requisito.
5. Per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La cancelleria provvedera’ alle comunicazioni di rito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.

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