Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 7 novembre 2016, n. 46645

Concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale per l’amministratore della Srl che beneficia dell’attività distrattiva messa in atto dall’amministratore unico di una Spa

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 7 novembre 2016, n. 46645

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARCANO Domenico – Presidente
Dott. TRONCI Andrea – rel. Consigliere
Dott. MOGINI Stefano – Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI L’AQUILA;

nei confronti di:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 23/05/2016 del TRIB. LIBERTA’ di L’AQUILA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA TRONCI;

sentite le conclusioni del PG Dott. CANEVELLI Paolo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il competente Procuratore della Repubblica impugna il provvedimento del 23.05.2016 (dep. 15.06.2016), con cui il Tribunale di L’Aquila ha disposto la revoca, per difetto di esigenze cautelari, della misura degli arresti domiciliari, applicata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di corruzione in concorso, ipotizzato dal locale g.i.p. con ordinanza del precedente 9 maggio – con la quale si dichiarava contestualmente incompetente, per l’effetto disponendo la trasmissione dell’incarto processuale al p.m. presso il Tribunale di Roma – in riferimento all’accordo indebito asseritamente intervenuto fra il prevenuto, quale consulente della societa’ (OMISSIS) s.r.l. nell’interesse della quale agiva, ed il funzionario dell’Agenzia delle Entrate, nonche’ coindagato, (OMISSIS), il quale ultimo, dietro versamento di apposito compenso in denaro, avrebbe dovuto esercitare pressioni nei riguardi del giudice relatore della causa tributaria, pendente in grado di appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, concernente il contenzioso della succitata societa’ con l’Agenzia delle Entrate (lo stesso g.i.p., all’esito dell’interrogatorio di garanzia, aveva poi sostituito l’originaria misura con quella dell’obbligo di presentazione alla p.g.).

Piu’ precisamente, la ricorrente parte pubblica deduce:

a) violazione degli articolo 309 c.p.p., articolo 274 c.p.p., lettera c) e articolo 291 c.p.p., atteso che, avendo il g.i.p. dichiarato la propria incompetenza con la medesima ordinanza applicativa della misura, “il Tribunale del riesame non poteva pronunciarsi sulle esigenze cautelari, avendo gia’ operato ogni valutazione in merito il giudice per le indagini preliminari”;

b) violazione degli articolo 309 c.p.p. e articolo 274 c.p.p., lettera c), nonche’ illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione, non risultando condivisibile l’affermazione del Tribunale circa il venir meno del pericolo di recidiva, posto che, per un verso, le ammissioni dell’interessato – definite “inevitabili”, alla stregua dei patenti elementi raccolti a suo carico – “mirano a rappresentare una diversa dinamica dei fatti”, ai sensi dell’articolo 319 quater c.p., laddove “trattasi di corruzione, in cui l’accordo tra corruttore e corrotto si pone su un piano paritetico in termini di disvalore penale e dunque di trattamento sanzionatorio”; per altro verso, a dimostrazione ulteriore dell’incongruenza dell’affermazione di cui sopra, il provvedimento impugnato ha valorizzato la recisione del rapporto professionale del (OMISSIS) con la societa’ (OMISSIS), omettendo di tenere nella debita considerazione i persistenti stretti “rapporti con (OMISSIS), al quale e’ legato anche da vincoli di profonda amicizia e parentela, per ammissione del medesimo (OMISSIS)”, ossia con il soggetto cui si deve l’erogazione materiale del compenso utilizzato per acquisire la venale disponibilita’ del funzionario infedele.

2. Il ricorso proposto va senz’altro dichiarato inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.

Attesa la natura interlocutoria dell’ordinanza cautelare sottoposta al vaglio del Tribunale, destinata ad essere sostituita dall’eventuale provvedimento adottato dal giudice competente, e’ di tutta evidenza che il ricorso per cassazione che – come nel caso di specie – sia stato proposto successivamente alla scadenza del termine di efficacia di venti giorni dalla trasmissione al giudice competente, non puo’ che essere ritenuto ab origine inammissibile (cfr., esattamente in termini, Cass. Sez. 1, sent. n. 20943 del 23.01.2013, Rv. 255321): cio’ per la indubbia carenza d’interesse in capo alla qui ricorrente parte pubblica, poiche’ “la decisione del tribunale del riesame avente ad oggetto l’ordinanza emessa dal giudice incompetente non ha alcuna incidenza sullo “status libertatis” dell’imputato, che trova la propria regolamentazione unicamente nel provvedimento pronunciato dal giudice competente, di talche’ alla prima ordinanza cautelare non puo’ essere riconosciuta alcuna efficacia preclusiva” (cosi’ Cass. Sez. 6, sent. n. 45909 del 26.09.2011, Rv. 25.1180; conf. Sez. 5, sent. n. 28563 del 27.06.2007, Rv. 237570).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso

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