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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 1 agosto 2014, n. 34211

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGINIO Adolfo – Presidente
Dott. LEO Guglielmo – Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierlui – rel. Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) n. (OMISSIS);
(OMISSIS) n. (OMISSIS);
avverso l’ordinanza 30/2014 del TRIBUNALE DEL RIESAME DI BOLOGNA del 7/3/2014;
visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FRANCESCO M. IACOVIELLO che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata;
Udito il difensore AVV. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN FATTO
1. La Procura della Repubblica di Bologna procede nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 348 c.p., per avere costoro, utilizzando tre societa’, abusivamente esercitato la professione di consulente del lavoro per la quale e’ richiesta ai sensi della Legge n. 12 del 1979, articolo 1, comma 1, una specifica abilitazione.
2. Nella prima parte delle indagini si accertava, a seguito di segnalazione dell’Ordine dei consulenti del lavoro, che la societa’ (OMISSIS) srl, autorizzata alla intermediazione e selezione del personale, attivita’ che in concreto esercitava nell’ambito del collocamento di collaboratrici domestiche e badanti, curava in realta’ anche delle attivita’ ulteriori consistenti in:
– redazione dei contratti di assunzione;
– redazione buste-paga;
– compilazione cedolini Inps;
– gestione della chiusura dei rapporti.
3. Tali attivita’ rientravano in quelle riservate ai soggetti con abilitazione quali consulenti del lavoro. Tale qualita’, invero, era rivestita da (OMISSIS) che, pero’, non gestiva personalmente le attivita’ delle societa’ laddove tipiche della consulenza del lavoro.
4. Il Tribunale chiariva che le attivita’ svolte non erano sempre limitate a quelle conseguenti alla fase di scelta del lavoratore poiche’ dalle dichiarazioni di alcuni clienti era risultato come gli stessi si fossero rivolti alla societa’ direttamente per attivita’ di consulenza del lavoro, redazione buste paga e simili, interloquendo sempre e solo con impiegati e non con un consulente del lavoro.
5. Peraltro dalle stesse fatture esaminate dalla polizia giudiziaria risultava che parte del compenso dovuto dai clienti era relativo alla attivita’ di consulenza.
6. Dopo un primo sequestro preventivo della societa’ (OMISSIS) srl, il gip di Bologna procedeva all’ulteriore sequestro oggetto del presente procedimento: disponeva, infatti, il sequestro preventivo delle societa’ (OMISSIS) coop e (OMISSIS) societa’ cooperativa, con relativo sequestro di quote dei beni sociali ed altro nonche’ delle quote della prima societa’, (OMISSIS) srl. Giustificava tale provvedimento in quanto era risultato che l’attivita’ in questione era stata svolta, oltre che con la prima societa’ gia’ sequestrata, anche con le altre due, con le quali le attivita’ erano sostanzialmente indistinte e, del resto, svolte secondo una comune organizzazione.
7. Il Tribunale del Riesame di Bologna, con ordinanza oggi impugnata, rigettava la richiesta di riesame proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) confermando la sussistenza delle condizioni ritenute dal primo giudice.
8. Il Tribunale valutava negativamente le argomentazioni difensive che intendevano sostenere la mera accessorieta’ delle attivita’ di consulenza rispetto alla attivita’ principale poiche’, secondo un parere del Ministero del lavoro, la attivita’ relative al lavoro domestico non richiederebbe la qualifica di consulente del lavoro. Inoltre valutava negativamente, allo stato, anche il presunto impegno delle societa’ a modificare il loro tipo di attivita’ al fine di farla rientrare nell’ambito di quella autorizzata.
9. Il sequestro era quindi confermato ravvisandosi il pericolo della prosecuzione dell’esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro.
10. Il difensore di fiducia comune ha proposto un unico ricorso nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS).
11. Con il primo motivo deduce la violazione dell’articolo 321 c.p.p., per insussistenza dei presupposti di applicabilita’ del sequestro preventivo. Rileva che il provvedimento impugnato non individua affatto il pericolo concreto richiesto dalla norma per giustificare il sequestro preventivo. Con la documentazione presentata in sede di riesame, i ricorrenti avevano dimostrato, difatti, che gia’ prima dell’intervento del sequestro erano state apportate radicali modifiche dell’attivita’ svolta ed erano stati stipulati dei contratti che escludevano in radice la stessa possibilita’ di perpetrare il reato di esercizio abusivo della professione: cio’ perche’, con il nuovo assetto, i rapporti possono essere solo diretti tra il consulente del lavoro ed il cliente.
12. Con secondo motivo deduce la violazione legge per la omessa motivazione in relazione al rilievo della violazione dell’articolo 275 c.p.p., attesa la evidente sproporzione tra la misura cautelare ed il fatto contestato agli indagati.
13. Con terzo motivo deduce la violazione dell’articolo 348 c.p., non essendovi affatto una competenza esclusiva dei consulenti del lavoro per le attivita’ contestate laddove riguardino esclusivamente l’ambito del lavoro domestico.
14. Cio’ risulta dal parere citato del Ministero del Lavoro e dalla Legge Regionale n. 17 del 2005, che autorizza la Societa’ (OMISSIS) alla intermediazione, ampio ambito di attivita’ che non si limita a far conoscere le parti ma comprende anche l'”effettuazione, su richiesta del committente, di tutte le comunicazioni conseguenti alle assunzioni avvenute a seguito dell’attivita’ di intermediazione”. Il Tribunale invece, confonde tra le societa’ di intermediazione e le societa’ di ricerca e selezione del personale.
15. Svolge poi altre considerazioni riferibili al lavoro domestico, unica attivita’ gestita dalla societa’ (OMISSIS), per il quale non vi sono gli obblighi di prospetto paga, diverse sono le modalita’ di trattamento assistenziale ed altro.
16. Con quarto motivo deduce la violazione di legge laddove si e’ ritenuto che la redazione di cedolini paga sia attivita’ di competenza esclusiva dei consulenti del lavoro. Le societa’ in sequestro sono centri di elaborazione dati ai sensi dell’articolo 1 legge 12/79; il mero sviluppo del calcolo e della stampa dei cedolini paga, inteso come attivita’ strumentale realizzata con strumentazione informatica, puo’ essere oggetto dell’attivita’ di impresa svolta dai predetti CED.
17. Con quinto motivo rileva violazione di legge laddove si e’ ritenuto che l’attivita’ tipica del professionista non possa essere svolta da soggetti dipendenti dalla struttura societaria in cui e’ organizzato lo studio professionale. Questo esclude che vi sia stata attivita’ svolta in modo autonomo dagli addetti privi della qualifica di consulente.
18. La difesa ha poi presentato una memoria con un parere allegato in ordine a quale sia l’ambito di attivita’ dei soggetti autorizzati alla intermediazione rispetto a quello dei consulenti del lavoro.
RITENUTO IN DIRITTO
19. Il ricorso e’ fondato.
20. In particolare sono fondati i primi due motivi, da valutarsi unitamente dovendosi pervenire, come si vedra’, ad una decisione di annullamento senza rinvio, con conseguente annullamento del sequestro, per la assenza di valutazione della sussistenza di un effettivo attuale pericolo di prosecuzione del reato e/o commissione di nuovi reati con i beni oggetto di sequestro e per la mancata doverosa valutazione di proporzionalita’ ed adeguatezza della misura adottata rispetto ad una situazione nella quale risulta dallo stesso provvedimento impugnato che le societa’ esercitavano attivita’ regolari, solo in parte debordando, asseritamente, nell’area di attivita’ consentite ai soli consulenti del lavoro.
21. Il Tribunale parte sostanzialmente dall’assunto, corretto in se’, della sufficienza di un “fumus commissi delicti” al fine della applicazione del sequestro preventivo. Ma non tiene conto che la ragione per la quale l’articolo 321 c.p.p. (quanto alla ipotesi di cui al comma 1) richiede solo un minimo livello di dimostrazione della commissione del fatto deriva dall’avere la norma di mira essenzialmente la pericolosita’ della cosa.
22. La principale condizione per il sequestro e’, quindi, che vi sia una ragionevole certezza di prosecuzione del medesimo reato o di commissione di ulteriori reati laddove i beni di cui si intende disporre il sequestro restino in disponibilita’ della parte; condizione ancora piu’ evidente laddove il settimo comma dell’articolo 321 c.p.p., prevede che per le cose soggette a confisca obbligatoria (riferimento utile ad individuare in termini generali quelle cose che, per il pericolo insito nella loro libera circolazione, sono sottoposte alla misura di sicurezza obbligatoria indipendentemente dalla concreta punibilita’ del reato commesso, quali le armi, i prodotti con marchio contraffatto etc.) addirittura non sia consentita la restituzione neanche in caso di illegittimita’ del provvedimento di sequestro.
23. Quindi, in un caso quale quello in esame, non era possibile disporre e mantenere il sequestro senza avere accertato la sussistenza di un concreto e serio pericolo di prosecuzione della attivita’ illecita, tanto piu’ che, si legge, non si trattava del primo sequestro ma della estensione del sequestro che aveva riguardato la attivita’ della (OMISSIS), estensione disposta proprio quando le parti avevano, invece, offerto elementi significativi per garantire il futuro rispetto dei limiti della attivita’ aziendale autorizzata o, comunque, lo svolgimento delle date attivita’ aggiuntive solo con la gestione diretta di consulenti del lavoro.
24. Il Tribunale, invece, previa conferma della sussistenza di una condotta integrante il reato ascritto nel tipo di attivita’ che era svolta dalla (OMISSIS) e dalle due societa’ collegate (invero sembra che comprenda, tra le attivita’ irregolari, anche quelle che, invece, potevano essere svolte consistendo nella “effettuazione, su richiesta del committente, di tutte le comunicazioni conseguenti alle assunzioni avvenute a seguito dell’attivita’ di intermediazione”) afferma la probabile prosecuzione delle attivita’ irregolari, pur nella consapevolezza che non sono l’unica attivita’ dei ricorrenti, senza spiegarne il perche’. Difatti, con motivazione solo apparente, si limita a ritenere che anche le modifiche organizzative non possano garantire la regolare futura gestione dei rapporti.
25. Al di la’ della fondatezza o meno del presupposto di ritenere la attivita’ irregolare pregressa piu’ ampia di quella invece regolare (dato che non si evince dal provvedimento impugnato, pur se significativo al fine della valutazione di pericolosita’), non si indica alcun elemento concreto per ritenere tale rischio laddove, proprio per la accertata “normalita’” in se’ della attivita’ dei ricorrenti, dopo il richiamo dovuto alla attivita’ dell’Ispettorato del Lavoro su iniziativa dell’Ordine dei consulenti del Lavoro e senza altri elementi, e’ invece ragionevole ipotizzare che sia intervenuta la regolarizzazione della attivita’. E, in ogni caso, vigendo anche per le misure cautelari reali il principio di adeguatezza e proporzionalita’ di cui all’articolo 275 c.p.p. (I principi di proporzionalita’, adeguatezza e gradualita’, dettati dall’articolo 275 c.p.p., per le misure cautelari personali, sono applicabili anche alle misure cautelari reali, dovendo il giudice motivare adeguatamente sulla impossibilita’ di conseguire il medesimo risultato attraverso altri e meno invasivi strumenti cautelari…. (Sez. 5, n. 8382 del 16/01/2013 – dep. 20/02/2013, Caruso, Rv. 254712))), manca del tutto la necessaria valutazione ed attestazione della adeguatezza di una misura cosi’ estrema rispetto ad una attivita’ aziendale che di base e’ regolare o, comunque, senza individuare una tale ampiezza di quella svolta irregolarmente che possa giustificare un provvedimento di sequestro totale con conseguente inibizione anche delle attivita’ lecite.
26. La completezza del provvedimento impugnato nel riferire le condizioni del fatto consente di ritenere la attuale insussistenza di rilevanti esigenze cautelari che non potrebbero essere individuate neanche in un eventuale giudizio di rinvio. Pertanto va disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e dell’originario decreto di sequestro con conseguente annullamento del sequestro e restituzione dei beni.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonche’ il provvedimento di sequestro del gip di Bologna e dispone la restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro.

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