Cassazione logo

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 12 ottobre 2015, n. 40978

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI R.G. – Presidente

Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere

Dott. DI STEFANO P. – rel. Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedet – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI;

nei confronti di:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 2600/2015 TRIB. RIESAME di NAPOLI, del 19/05/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO;

sentite le conclusioni del PG Dott. FRANCESCO SALZANO che ha chiesto il rigetto del ricorso del P.M.;

Udito il difensore degli indagati avv. (OMISSIS) che ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Il tribunale del riesame di Napoli, nel decidere sulle richieste di riesame presentate nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del medesimo tribunale il precedente 18 marzo 2015 per i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 74 e 73, e articolo 416 bis c.p., ritenute applicabili le disposizioni di cui agli articoli 292 e 309 c.p.p., come modificati dalla legge 47/2015, dichiarava nulla l’ordinanza impugnata in quanto si limitava “a ripetere pedissequamente il contenuto della richiesta del pubblico ministero, addirittura riproducendo la medesima suddivisione in paragrafi e utilizzando le stesse parole, senza alcuna ulteriore aggiunta, commento od osservazione da parte dal gip e quindi senza una autonoma valutazione da parte di quest’ultimo”.

Il Pm ha presentato ricorso contro tale decisione denunciando la violazione di legge in quanto ritiene che la ordinanza di custodia sia conforme alla nuova normativa: “la parte ricostruttiva e’ certamente propria ed autonoma; sul piano generale questa autonomia si coglie anche nella circostanza che la richiesta dello scrivente PM colpiva quaranta indagati ed il GIP l’ha accolta solo per ventinove posizioni”.

Il ricorso e’ infondato.

La misura cautelare e’ stata emessa prima della entrata in vigore della legge 47/2015; l’udienza del tribunale del riesame e’, invece, successiva.

Il tribunale ha ritenuto applicabili le nuove disposizioni e lo stesso pubblico ministero non contesta tale scelta ritenendo, invece, che l’errore della decisione riguardi l’interpretazione dell’articolo 292 c.p.p., nella attuale formulazione.

Va, invece, rammentato che nella materia processuale vige il principio della applicabilita’ della legge del tempo della emissione dell’atto, ne’ per la normativa in questione risulta alcuna deroga (Sez. 4, n. 24861 del 21/05/2015 – dep. 12/06/2015, Iorio, Rv. 263727). Quindi, la nuova regola in tema di contenuto minimo della motivazione ex articolo 292 c.p.p., non era affatto applicabile alla ordinanza di custodia impugnata perche’ era stata emessa nella vigenza della “vecchia” regola.

In ogni caso, la diversa scelta interpretativa del giudice a quo non comporta conseguenze poiche’, di fatto, tali nuove disposizioni, nella parte di interesse, hanno un contenuto “interpretativo” e ricognitivo di giurisprudenza preesistente, per cui si limitano a rendere cogenti regole gia’ applicate prima della Legge n. 47, e che il collegio condivide. Tale caratteristica della riforma e’ evidente per la disposizione che preclude espressamente che si possa affermare la pericolosita’ ex articolo 274, lettera c), sulla scorta della sola gravita’ astratta del reato, principio gia’ pacifico nella giurisprudenza di legittimita’ (per tutte Cass. 4 , sent. 34271 del 10.9.07 (cc. 3.7.07) rv. 237240), nonche’ per la aggiunta di “attuale” quale ulteriore aggettivazione del “pericolo concreto”; per quest’ultimo punto, difatti, a parte alcune pronunce che hanno escluso la necessita’ di una “attualita’” intesa quale “riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione”, altre decisioni avevano gia’ considerato l’attualita’ come necessariamente insita nella concretezza (“Sez. 6, n. 52404 del 26/11/2014 – dep. 17/12/2014, Alessi, Rv. 261670”), quindi ritenendola una condizione necessaria al fine di applicazione della misura cautelare.

Del resto, basta osservare che il codice, anche con la nuova formulazione dell’articolo 309 c.p.p., comma 10, continua a distinguere tra “esigenze cautelari” ed “eccezionali esigenze cautelari”, a dimostrazione che la attualita’ non significa “immediatezza”.

Anche la prescrizione di specifici contenuti della motivazione della ordinanza di custodia, con il corollario del limite ai poteri del Tribunale del Riesame che puo’ “integrare” ma non “supplire”, non e’ una innovazione rispetto alla precedente normativa ma, a fronte di varie linee interpretative sui limiti al potere di integrazione della ordinanza di custodia da parte del tribunale del riesame, la legge ha reso cogente l’interpretazione secondo la quale (Sez. 6, n. 12032 del 04/03/2014 – dep. 13/03/2014, Sanjust, Rv. 259462) il tribunale del riesame non puo’ mai, nonostante i propri poteri di integrazione della motivazione del provvedimento impugnato, completare quella ordinanza di custodia la cui motivazione non abbia un contenuto dimostrativo dell’effettivo esercizio di una attivita’ di “autonoma valutazione”. Quindi, non si e’ in presenza di una innovazione bensi’ della interpretazione “corretta” ed autentica della precedente normativa, cosi’ diventando quella indicata l’unica interpretazione conforme agli attuali testi di cui agli articoli 292 e 309 c.p.p..

In definitiva, il riferimento alla “autonoma valutazione” non aggiunge, a quelli preesistenti, un nuovo requisito a pena di nullita’ ma ritiene corretta quell’interpretazione secondo la quale il provvedimento di custodia deve sia avere il necessario contenuto “informativo” che dimostrare la effettiva valutazione da parte del giudicante e, quindi, il reale esercizio della giurisdizione.

Anche la disposizione (articolo 292 c.p.p.) novellata, tenuto conto della specificita’ dei vari casi, non impone affatto che ciascuna singola circostanza di fatto, ciascun punto rilevante debba essere nuovamente “scritto” ed autonomamente valutato senza possibilita’ di rinvio ad altri atti. La legge impone, invece, un giusto rigore che era gia’ emerso, come visto, in quella giurisprudenza che richiedeva la conformita’ della ordinanza di custodia ad un modello minimo che consentisse di esplicare la sua funzione e non mira, invece, ad introdurre un formalismo che renda inutilmente incerta la validita’ delle ordinanze di custodia.

Tale e’, in conclusione, il senso di una norma che prevede l’annullamento quando la motivazione “manca” o “non contiene l’autonoma valutazione”, espressione quest’ultima che non significa “insufficiente” ma, solo, che la nullita’ ricorre quando, pur a fronte di un contenuto ineccepibile dell’atto sul piano formale di completezza, si tratta chiaramente di una mera adesione acritica alle scelte dell’accusa.

Il principio di diritto va, quindi, cosi’ indicato:

La normativa introdotta con la Legge n. 47 del 2015, nella parte in cui modifica le disposizioni in tema di motivazione delle ordinanze cautelari di cui agli articoli 292 e 309 c.p.p., non ha carattere innovativo ma adegua la formulazione delle norme alla preesistente giurisprudenza di legittimita’ che ha ritenuto necessario che la ordinanza di custodia abbia comunque un chiaro contenuto indicativo della concreta valutazione della vicenda da parte del giudicante. La nullita’ di cui all’articolo 292 c.p.p., quindi, si verifica nel caso di ordinanza priva di motivazione o con motivazione meramente apparente e non indicativa di uno specifico apprezzamento del materiale indiziario.

Nel caso concreto all’esame di questa Corte, il tribunale da conto della sostanziale inadeguatezza della motivazione a dimostrare la valutazione propria del giudicante sulla complessiva vicenda cautelare. Del resto, le stesse obiezioni dell’ufficio ricorrente non sono nel senso di individuare una specifica parte della motivazione della ordinanza impugnata che “dimostri” tale valutazione (da riferire ai (OMISSIS)), ma sono nel senso di segnalare che la valutazione da parte del gip risulterebbe (solo) implicitamente dalla scelta del rigetto della misura nei confronti di un gran numero di soggetti indagati, diversi dai (OMISSIS).

La decisione del tribunale, quindi, e’ corretta alla stregua del predetto principio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *