SUPREMA CORTE DI Cassazione

sezione VI

sentenza 13 Febbraio 2012, n. 5436

Fatto e diritto

D.L. e D.T.R. ricorrono a mezzo del loro difensore avverso la sentenza 14 gennaio 2011 della Corte di appello di Roma, che ha confermato la sentenza 22 novembre 2006 del Tribunale di Frosinone di condanna per il reato di evasione, per essere stati sorpresi dai Carabinieri nel prato antistante la loro abitazione, luogo degli arresti domiciliari.
Con un primo motivo di impugnazione viene dedotto vizio di motivazione sotto il profilo che l’argomentazione posta dalla corte distrettuale come risposta al primo motivo di appello è costituita da una massima del Supremo collegio che finisce con l’essere “la summa di un ragionamento che nella specie difetta”.
La critica del gravame si concretizzava infatti nella questione di diritto: “se un’area, posta a ridosso della casa di abitazione, inteso quale luogo di custodia degli imputati, delimitata e di uso esclusivo dei medesimi, possa o meno rientrare nella previsione legale di pertinenza dell’abitazione stessa e come tale parte integrante del domicilio, inteso quale perimetro logistico di custodia”.
Per il ricorrente la massima giurisprudenziale richiamata dalla Corte territoriale (sez. 6^, 3212/2007), che fa riferimento alle strette pertinenze dell’abitazione, sembrerebbe convergere proprio nel senso proposto dall’appellante.
Con un secondo motivo si lamenta ancora vizio di motivazione per aver la corte distrettuale confuso la causa petendi con il petitum, posto che detto petitum, ovvero la richiesta avanzata al Giudice del gravame, tendeva a un riesame critico della vicenda e a una diversa qualificazione giuridica della medesima.
In altri termini, avendo il primo giudice ritenuto la rilevanza penale del fatto, poiché il terreno ove stazionavano gli imputati veniva ritenuto “fuori dal perimetro logistico di custodia”, l’appello aveva invece evidenziato che non vi era soluzione di continuità tra l’abitazione (recte: casa) e il terreno, entrambi di uso esclusivo degli imputati, terreno da considerarsi una pertinenza della casa.
Entrambi i motivi si fondano sulla evenienza che “l’orto-prato”, ove si trovavano entrambi gli accusati e non solo la casa, luogo degli arresti domiciliari, rientrasse nel “perimetro logistico di custodia” rilevante agli effetti dei disposti dell’art. 284 c.p.p. e art. 385 c.p..
Osserva in proposito questa Corte che trattasi di “questio facti”, correttamente risolta dai giudici di merito, in adesione alla regola che, agli effetti dell’art. 385 c.p., deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata, con esclusione di ogni altra appartenenza, quali aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili che non ne costituiscano parte integrante (cass. pen. sez. 6^, 3212/2008 Rv. 23841).
Tuttavia, essendo stati i fatti commessi il 25 febbraio 2004 si è maturato il tempo necessario a prescrivere l’illecito ritenuto che non ricorrono le condizioni per l’applicabilità dei disposti del capoverso dell’art. 129 c.p.p..
È infatti noto che in presenza di una causa estintiva del reato il giudice del gravame è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129 c.p.p., comma 2 soltanto se la prova dell’insussistenza del fatto, della sua irrilevanza penale o della non commissione del medesimo da parte dell’imputato, risulti “evidente” sulla scorta degli stessi elementi e delle medesime valutazioni che hanno fondato la sentenza impugnata, senza necessità di nuove indagini e di ulteriori accertamenti, che sarebbero incompatibili con il principio dell’immediata operatività della causa estintiva (Cass. Pen. Sez. 4^, 3J3Q2/2008 Rv. 241961 Rizzato).
Evenienza questa assolutamente inverificata Né verificabile nella presente vicenda attesa la sussistenza del fatto-reato contestato e la sua attribuibilità all’azione cosciente e volontaria di entrambi gli imputati avuto riguardo alle risultanze processuali ed agli accertamenti non contestati di Polizia giudiziaria.
La sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

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