Le forze dell’ordine devono rispettare la legalità “sempre e comunque quand’anche si trovino in situazioni pericolose per la propria incolumità personale”

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 26 maggio 2015, n. 22065.

Le forze dell’ordine devono rispettare la legalità “sempre e comunque quand’anche si trovino in situazioni pericolose per la propria incolumità personale”

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 26 maggio 2015, n. 22065

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere

Dott. VILLONI O. – rel. Consigliere

Dott. BASSI A. – Consigliere

Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedet – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) (OMISSIS), n. (OMISSIS);

2) MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore rappresentato dalla Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce;

avverso la sentenza n. 1/2013 Corte d’Assise d’Appello di Taranto del 23/01/2013;

esaminati gli atti e letti i ricorsi ed il provvedimento decisorio impugnato;

udita in pubblica udienza la relazione del consigliere, Dott. VILLONI Orlando;

sentito il PM in persona del sostituto PG, Dott. GERACI V., che ha concluso per l’annullamento con rinvio della decisione impugnata;

uditi l’avv. (OMISSIS) – difensore delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – e l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) – difensore delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – che hanno chiesto dichiararsi inammissibili o di rigettare i ricorsi e la condanna dell’imputato e del responsabile civile al pagamento delle spese processuali per il presente grado di giudizio, come da rispettive note prodotte.

udito il difensore del responsabile civile Ministero dell’Interno, Avvocato dello Stato (OMISSIS), il quale ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi, proprio e dell’imputato;

uditi i difensori del ricorrente imputato (OMISSIS), avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS)

(OMISSIS)

(OMISSIS)Antonacci Pietro (OMISSIS)Ferrarese Vito (OMISSIS)

(OMISSIS)Ferrarese Vito (OMISSIS)

(OMISSIS)

(OMISSIS)

(OMISSIS)

(OMISSIS)Antonacci (OMISSIS)

(OMISSIS)

(OMISSIS)

(OMISSIS)

(OMISSIS)Antonacci (OMISSIS)

(OMISSIS)Mazza (OMISSIS)

(OMISSIS) (OMISSIS) e il conseguente stralcio della sua posizione, ha ritenuto di non dover far riferimento al contenuto della sentenza di primo grado del 15/07/2004 in quanto emessa nei confronti del medesimo (OMISSIS), laddove la stessa Corte di Cassazione aveva, invece, ritenuto che tale sentenza facesse stato anche nei confronti del ricorrente.

Con il secondo motivo si deducono violazione dell’articolo 71 in relazione all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e c); violazione del diritto di difesa di cui all’articolo 24 Cost., comma 2 e articolo 111 Cost., comma 2; travisamento dell’elaborato peritale e delle dichiarazioni rese in udienza dal perito; nullita’ del giudizio di appello svoltosi in sede di rinvio.

Si allega, in particolare, che poiche’ nel corso dell’intero giudizio di rinvio il coimputato (OMISSIS) non era in grado di stare in giudizio poiche’ affetto da morbo di Alzheimer, ne era risultato vulnerato anche l’esercizio del proprio diritto di difesa in ragione dell’intreccio delle due posizioni nella vicenda dell’omicidio.

Con il terzo motivo, il ricorrente deduce di nuovo violazione dell’articolo 71 c.p.p.., riguardo all’impedito esercizio del diritto di difesa, avendo la Corte tarantina rigettato l’istanza, presentata dopo la sospensione del giudizio nei confronti del (OMISSIS), di procedere ad una nuova discussione orale, circostanza che lo ha pregiudicato anche riguardo al profilo risarcitorio.

Con il quarto motivo, si deduce la violazione degli articoli 71 e 72 c.p.p., sotto il profilo della possibile disparita’ di trattamento tra la posizione del computato (OMISSIS) e quella del ricorrente e violazione del principio della contestualita’ di decisioni in caso di delitto ascritto a titolo concorsuale.

Il ricorrente si duole, in sostanza, del mancato accoglimento della richiesta di sospensione dell’intero processo, necessaria a suo dire per svolgere una compiuta difesa e ineludibile in presenza della disposta riunione degli originari procedimenti, all’epoca ritenuta necessaria dal giudice di secondo grado prima della decisione di annullamento in sede di legittimita’.

Con il quinto motivo di ricorso, si deducono violazione dei principi processual civilistici che regolano la domanda risarcitoria; vizio di ultra petizione; violazione dell’articolo 300 c.p.c..; abnormita’ del provvedimento; violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione allo articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b).

Si allega, in particolare, che la Corte d’Assise d’Appello avrebbe adottato una decisione diversa in ordine al risarcimento danni che, richiesto inizialmente nei confronti degli imputati in solido, e’ stato accolto solo nei confronti del ricorrente, riservando la decisione nei confronti del coimputato (OMISSIS); non essendo stata dichiarata l’interruzione dell’intero processo, riguardo all’azione civile e’ stata, cosi’, pregiudicata la possibilita’ per il ricorrente di far valere i principi in tema di solidarieta’ interna rispetto al coimputato.

Con il sesto motivo, il ricorrente deduce violazione della Legge 4 marzo 1958, n. 100, articolo 6, in relazione all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e); travisamento dei fatti; contraddittorieta’ della motivazione.

In particolare, si allega che erroneamente la Corte d’Assise di Appello ha interpretato la sentenza di annullamento nel senso che, una volta che questa ha ritenuto di inquadrare la possibile esimente nell’ambito dello Legge n. 100 del 1958, articolo 6, non sia piu’ possibile ritenere integrata una delle altre scriminanti comuni del codice penale; ancora erroneamente e’ stato ritenuto che l’articolo 6 legge cit. trovi applicazione solo nel caso di fuga dei contrabbandieri, laddove l’inequivoco dato testuale impone all’interprete di ritenere consentito l’uso delle armi ove il contrabbando sia compiuto con imbarcazioni nella zona di vigilanza doganale e i capitani non ottemperino alle intimazioni di fermo e cio’ anche ai fini di mero controllo ed ispezione, diversamente da quanto previsto dal combinato disposto degli articoli 1 e 2 della stessa legge che presuppongono la diversa situazione della fuga e dell’abbandono del carico.

La Corte di Assise di Appello ha, inoltre, travisato i fatti ricostruiti in primo grado e interpretando scorrettamente la legge, ha ritenuto che non fosse stato dato alcun segnale preventivo al motoscafo dei contrabbandieri, mentre dalle sentenze di primo e secondo grado risulta, invece, che furono esplosi da parte del coimputato (OMISSIS) dei colpi di pistola in aria per intimare l’alt all’imbarcazione; la Corte territoriale ha, infine, erroneamente stabilito, smentendo senza ragione le precedenti decisioni, che il ricorrente inizio’ a sparare al secondo colpo di (OMISSIS) e che i colpi vennero esplosi mentre il natante stazionava, laddove la sentenza di primo grado attestava che gli spari vi furono al momento della fuga.

Il ricorrente osserva, altresi’, come la sentenza impugnata ricostruisca in diversi e contrastanti modi la stessa vicenda, affermando la mancata esplosione di colpi, poi l’esplosione di un colpo e infine di due colpi, mentre la sentenza del 2005 aveva, invece, ritenuto che il coimputato (OMISSIS) avesse esploso tre colpi di arma da fuoco e che il ricorrente avesse iniziato a sparare in concomitanza con il terzo, poiche’ il natante si era dato alla fuga.

Ancora erroneamente la Corte territoriale afferma che non furono fatte le dovute segnalazioni luminose, ritenendo necessario l’uso del faro ad intermittenza che, invece, non costituisce requisito richiesto dalla Legge anticontrabbando n. 100 del 1958.

Ritiene, in conclusione, il ricorrente che furono seguite tutte le disposizioni del citato articolo 6, venendo osservato il modo di operare standard predisposto per altre missioni notturne di quella stessa settimana.

Quanto all’utilizzo delle armi nel contesto operativo, si deduce che la sentenza impugnata non ha rispettato il principio affermato dalla Corte di Cassazione che esclude l’esistenza di un generale principio di proporzionalita’ nel rapporto tra reazione ed uso delle armi; il relativo uso troverebbe, infatti, giustificazione nella necessita’ di fermare il motoscafo in un contesto in cui erano state date disposizioni d’intensa vigilanza costiera, a fronte di ripetuti attacchi contro le forze dell’ordine in quel torno di tempo gia’ registrati e condotti finanche con impiego di mezzi blindati.

Il ricorrente elenca, infine, dedotti errori di ricostruzione della vicenda ovvero pretese illogicita’ della decisione impugnata (pagg. 31-41 ricorso) ad ulteriore dimostrazione della correttezza del proprio operato, ricavabile anche dalla presenza sul velivolo di un superiore sovraordinato, quale l’allora Questore di Brindisi e coimputato (OMISSIS).

Con il settimo motivo si deduce violazione di legge riguardo all’articolo 53 c.p. e omessa motivazione sul punto: del tutto erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che, al di fuori della applicabilita’ dell’esimente della legge speciale, non sia ravvisabile l’ordinaria esimente dell’uso legittimo delle armi; la stessa valutazione riguardante il significativo volume di fuoco utilizzato non tiene conto ne’ della pericolosita’ della criminalita’ contrabbandiera in quel periodo ne’ dell’intrinseca gravita’ delle condotte di contrabbando rispetto alle entrate dello Stato.

Con l’ottavo motivo si deduce violazione dell’articolo 55 c.p. e omessa motivazione in tema di eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi in zona doganale o da parte di pubblici ufficiali.

La Corte territoriale ha sbrigativamente ritenuto che non possa configurarsi l’eccesso colposo di cui all’articolo 55 c.p., laddove, invece, si ricava dalle stesse risultanze processuali che la volonta’ del ricorrente era volta alla realizzazione di quel determinato fine (arresto dei contrabbandieri e recupero del carico) che nella situazione specifica ne rendeva giustificato il comportamento, ancorche’ accompagnato da un errore nell’uso dei mezzi in concreto adoperati.

Con il nono motivo si deduce violazione di legge con riferimento all’articolo 59 c.p., u.c..

La Corte di Assise d’Appello ha escluso l’applicabilita’ della disposizione in tema di scriminante putativa, avendo gia’ affermato la sussistenza del dolo eventuale; una corretta valutazione avrebbe, invece, dovuto considerare che le modalita’ di conduzione delle operazioni la parte del Questore (OMISSIS) aveva putativamente indotto il ricorrente a ritenere di trovarsi in una situazione di fatto tale da richiedere l’uso delle armi.

Con il decimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 42 e 43 c.p..

Il ricorrente allega in primo luogo che ad un’indicazione programmatica di non dover procedere nuovamente alla ricostruzione della dinamica dei fatti avvenuti nella notte del (OMISSIS) si contrappone contraddittoriamente la loro rievocazione al fine di stabilire o escludere la sussistenza delle esimenti; contesta, inoltre, la ricostruzione del panorama giurisprudenziale sul tema della distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente; censura le conclusioni da esso tratte dalla Corte territoriale; ripercorre nuovamente le questioni piu’ rilevanti della vicenda processuale, dolendosi delle determinazioni assunte dal giudice di rinvio.

Con l’undicesimo motivo si deducono violazione e falsa applicazione dell’articolo 61 c.p., n. 9 e omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico relativo alla aggravante della violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione.

Con il dodicesimo motivo, si deducono, infine, violazione e falsa applicazione della disciplina della continuazione: ad avviso del ricorrente non e’ stata sufficientemente esplicitata la misura degli aumenti di pena disposti ai sensi dell’articolo 81 c.p., caratterizzati da diversificate diminuzioni prive di qualsiasi motivazione, in luogo di una nuova determinazione della pena in rapporto all’aumento unico per i delitti caduti in continuazione.

2.2 Ricorso avv. (OMISSIS).

Il primo ed il secondo motivo corrispondono agli analoghi motivi dell’altro ricorso.

Con il terzo motivo s’invoca l’applicazione dell’articolo 1227 c.c., in tema di quantificazione del danno in tema di obbligazioni, attesa la mancata qualificazione della fuga dei contrabbandieri come concausa determinante diminuzione dell’entita’ del risarcimento.

Il quarto motivo deduce la violazione del principio generale in dubio pro reo mai considerato dalla Corte d’Assise d’Appello in sede di rinvio.

Con il quinto motivo si sollecita la Corte di Cassazione a sollevare questione di legittimita’ costituzionale del combinato disposto degli articoli 18 e 71 c.p., nella parte in cui, gia’ disposta la riunione perche’ ritenuta assolutamente necessaria, non prevede il divieto di successiva separazione e l’obbligo della sospensione dell’intero processo ove questo sia pluri-soggettivo; tali disposizioni violerebbero, infatti, il principio di eguaglianza e del giusto processo di cui agli articoli 3 e 111 Cost., ove dagli atti risulti l’assoluta necessita’ della trattazione congiunta e il carattere inscindibile delle posizioni processuali degli imputati.

2.3 Nelle more della fissazione dell’odierna udienza di trattazione dei ricorsi, e’ intervenuta la sentenza della Sezioni Unite n. 38343 del 18/09/2014 in tema di differenze tra dolo eventuale e colpa cosciente, costituente oggetto di uno dei motivi d’impugnazione; sul punto ha redatto memoria il difensore avv. (OMISSIS), pervenuta in data 10/02/2015, in cui si sostiene che la censura operata da detta decisione al concetto di accettazione del rischio quale criterio di individuazione del dolo eventuale non puo’ che indurre ad un’attenta valutazione dell’atteggiamento interiore dello agente, al fine di riempirlo di contenuti desunti da fatti esteriori, cosi’ da individuare il reale elemento psicologico al momento del fatto.

3. Ha presentato ricorso anche il Ministero dell’Interno, rappresentato dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, in qualita’ di responsabile civile del reato di omicidio

Tale ricorrente impugna tanto la sentenza emessa dalla Corte territoriale in sede di rinvio quanto le ordinanze pronunziate durante il dibattimento in data 06/07/2011, 25/01/2012 e 24/10/2012 poiche’ asseritamente emesse in violazione dell’articolo 79 c.p.p. e articolo 82 c.p.p., comma 2.

Ordinanza del 06/07/2011.

Le costituzioni di parte civile effettuate a tale udienza, riguardanti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentavano domande diverse rispetto a quelle dei precedenti gradi di giudizio, ragion per cui avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili; alla Corte territoriale, inoltre, sono stati presentati atti di citazione gia’ proposti dinanzi al Tribunale Civile di Lecce, cio’ che avrebbe imposto di ritenere implicitamente revocata la precedente costituzione ex articolo 82 c.p.p.; la Corte d’Assise ha ritenuto, invece, non perfettamente coincidenti le due azioni, pur riguardando esse sempre l’omicidio di (OMISSIS).

Ordinanza del 25/01/2012

Con tale ordinanza, la Corte d’Assise tarantina ha rigettato la richiesta di sospensione del processo ex articolo 71 c.p.p., ritenendo che il perito nominato prof. (OMISSIS) avesse giudicato il coimputato (OMISSIS) in grado di partecipare al procedimento e cio’ in aperto contrasto con quanto successivamente disposto alla luce della perizia del prof. (OMISSIS): si deduce al riguardo che la mancata tempestiva sospensione del processo abbia comportato la nullita’ di tutti gli atti processuali successivi al 25/01/2012;

Ordinanza del 24/10/2012;

Si censura la disposta sospensione nel processo nei confronti del solo coimputato (OMISSIS), allegandosi violazione dell’articolo 18 c.p.p., in aperta contraddizione con la decisione della Corte di Assise d’Appello di Lecce che aveva, invece, ravvisato la necessita’ di riunire i due procedimenti, giunti separati al suo esame.

Quanto alla sentenza, si deduce illogicita’ della motivazione riguardo alla ritenuta responsabilita’ per l’omicidio: il ricorrente esclude, infatti, che possa ritenersi dimostrata la sussistenza del dolo; quanto all’individuazione dell’elemento psicologico, si allega l’irrile-vanza della prevedibilita’ dell’evento morte, in quanto intrinsecamente collegato al rischio insito nell’uso legittimo delle armi.; emerge, anzi, dagli atti del processo, la mancanza assoluta della volonta’ dell’imputato di sparare in direzione degli occupanti del natante, come affermato dallo stesso (OMISSIS) nelle dichiarazioni da lui stesso rese e valorizzate a suo carico della Corte tarantina; si censura, inoltre, il mancato riconoscimento dell’esistenza della scriminante dell’uso legittimo delle armi Legge n. 100 del 1958, ex articolo 6, cosi’ come di quella di cui all’articolo 53 c.p., non esclusa dal tentativo di fuga del natante e di quella cui all’articolo 59 c.p..

Il ricorrente chiede, infine, la sospensione e la revoca della clausola di provvisoria esecutivita’ della provvisionale stabilita dalla Corte d’Assise d’Appello in favore di (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 612 c.p.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Tutti i ricorsi sono infondati e debbono essere rigettati per i motivi di seguito esposti.

2. Ricorsi dell’imputato (OMISSIS).

2.1 Atto sottoscritto dal difensore avv. (OMISSIS).

I primi cinque motivi di tale ricorso sono accomunati dal riferirsi alla circostanza che uno degli altri imputati nel medesimo procedimento, l’allora Questore di Brindisi (OMISSIS), ha visto separata la propria posizione per sospensione del processo a suo carico ai sensi dell’articolo 71 c.p.p., dovuta ad incapacita’ mentale sopravvenuta determinata da malattia seria, ingravescente e irreversibile (morbo di Alzheimer).

A tale riguardo, il ricorrente si duole di essere stato pregiudicato, sul piano sia formale che sostanziale anche sotto il profilo risarcitorio, dalla disposta sospensione del giudizio da parte della Corte d’assise tarantina nei confronti del (OMISSIS) e dalla conseguente separazione dei processi ai sensi dell’articolo 18 c.p.p., allegando la ricorrenza di un’inscindibile connessione tra le rispettive posizioni nella vicenda dell’omicidio.

A tale riguardo va semplicemente osservato che, pur non constando precedenti giurisprudenziali in tema di rapporti tra sospensione del processo ex articolo 71 e articolo 18 c.p.p., non par dubbio che, nonostante la clausola di riserva iniziale concernente l’assoluta necessita’ di mantenere unito il procedimento, la lettera b) dell’articolo 18 prevede espressamente la necessita’ (Va separazione di processi e’ disposta’) di separazione in caso di sospensione del procedimento nei confronti di uno degli imputati e in special modo quando la causa di sospensione sia sostanzialmente sine die, non essendo consentito nel vigente sistema – come correttamente gia’ rilevato dalla Corte tarantina – congelare il processo nel caso in cui uno degli imputati versi nelle condizioni previste dall’articolo 71 c.p.p..

In ogni caso, vi e’ anche carenza d’interesse a sollevare questioni riferite a tale profilo, allorquando – come nel caso di specie – si verta in caso di concorso non necessario nel reato (articolo 110 c.p.), cio’ valendo anche per il responsabile civile, la cui posizione sia accessoria rispetto a quella dell’imputato (v. infra).

Il sesto motivo di ricorso, variamente articolato, va parimenti ma per diverse ragioni ritenuto infondato.

Il ricorrente si duole in primo luogo del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto impossibile ravvisare la ricorrenza di cause scriminanti diverse da quella di cui alla Legge n. 100 del 1958, articolo 6, ma basta scorrere le puntuali considerazioni svolte sul punto dalla sentenza di annullamento parziale (riportate alle pagg. 31 e 32 di quella impugnata) per rendesi conto che la Corte tarantina si e’ attenuta strettamente al disposto dall’articolo 627 c.p.p., comma 3, per quanto concerne la qualificazione giuridica della situazione di fatto eventualmente integrante la causa speciale di non punibilita’.

Infondato e’ anche l’argomento secondo cui la Corte di Cassazione in sede rescindente avrebbe ritenuto legittimo l’uso delle armi ex articolo 6, Legge n. 100 cit. solo in caso di fuga dei contrabbandieri, in contrasto con quanto invece previsto dall’articolo 1 della cit. legge.

A parte il fatto che tale doglianza non riguarda propriamente la sentenza impugnata quanto piuttosto quella di annullamento parziale, va rilevato che l’affermazione di questa Corte in fase rescindente di astratta applicabilita’ dell’articolo 6 della legge speciale (l’uso delle armi non e’ vietato quando il contrabbando sia compiuto con imbarcazioni nella zona di vigilanza, doganale marittima e i capitani non ottemperino alle intimazioni di fermo, date con la esplosione di almeno tre colpi in aria e, di notte, con segnalazioni luminose) discende direttamente dalla ricostruzione degli eventi quale accolta nella stessa sentenza di annullamento e ha comunque preso in espressa considerazione la previsione di carattere generale disciplinata dall’articolo 1 della cit. legge (vietato fare uso delle armi contro le persone da parte dei militari e degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria in servizio di repressione del contrabbando in zona di vigilanza doganale, come determinata dalle vigenti disposizioni, fatta eccezione per i casi previsti dell’articolo 52 c.p., articolo 53 c.p., comma 1 e articolo 54 c.p. e quando:

a) il contrabbandiere sia armato palesemente;

b) il contrabbando sia compiuto in tempo di notte;

c) i contrabbandieri agiscano raggruppati in non meno di tre persone”) osservando correttamente la necessita’ di una sua lettura coordinata con il successivo articolo 2, che fa divieto di impiego delle armi in determinate situazioni tra cui la fuga del contrabbandiere (“E’ vietato far uso delle armi, anche nelle ipotesi previste nelle lettera a), b) e c) dell’articolo 1, quando il contrabbandiere si da alla fuga ed abbandona il carico”).

Sono, invece, precluse dalla formazione del giudicato progressivo le doglianze riguardanti la ritenuta assenza di segnali preventivi di arresto intimati dagli occupanti dell’elicottero al natante in fuga e l’individuazione del momento iniziale di esplosione dei colpi dalla mitra-glietta dell’imputato, asseritamente in contrasto con le ricostruzioni in fatto accolte dalle precedenti decisioni.

Vale sul punto ribadire che la decisione di annullamento parziale emessa da questa Corte di Cassazione ha cristallizzato la ricostruzione degli eventi sfociati nella morte di (OMISSIS) in quella accolta dalla sentenza emessa in primo grado dalla Corte d’Assise di Brindisi del 17/06/2005 (v. pagg. 33 e 35 sentenza impugnata) e che la Corte tarantina ha riportato nel paragrafo 4.3 della sentenza impugnata (pagg. 26-29), ragion per cui e’ vano oggi dedurre travisamenti dei fatti o pretese incongruenze ricostruttive dei medesimi, dimenticando l’intervenuta formazione del giudicato sul punto.

E’ infine inesatto il presupposto da cui muove l’ultima doglianza in cui si articola tale motivo di ricorso e cioe’ che la Corte di Cassazione in sede rescindente avrebbe escluso l’esistenza di un generale principio di proporzionalita’ nel rapporto tra reazione ed uso delle armi.

In realta’, la sentenza rescindente si e’ limitata a indicare cinque punti di fatto (1- se l’attivita’ d’intervento della polizia e di fuga del motoscafo sia avvenuta nella ed. zona doganale e se l’azione complessiva si sia svolta in tale ambito; 2 – se, una volta avvicinatosi l’elicottero al motoscafo dei contrabbandieri, siano stati dati gli avvisi sonori e luminosi prescritti dalla legge e nelle forme da questa prevista; 3- in base a quali elementi di fatto le forze di Polizia a bordo dell’elicottero potessero pervenire alla conclusione che fosse in corso un’attivita’ di contrabbando; 3 – se l’uso della forza uso delle armi fosse assolutamente necessario per il perseguimento dello scopo di fermare l’attivita’ illecita e ostacolare o impedire la fuga e il conseguente arresto dei contrabbandieri; 5 – se vi fosse la possibilita’ da parte della Polizia di impedire altrimenti la fuga dei contrabbandieri, ricorrendo anche al coordinamento con forze di polizia in mare, posto che sulla scena del fatto risulta essere stata presente anche una motovedetta della Guardia Costiera) demandati allo scrutinio del giudice di rinvio al fine di stabilire la ricorrenza o meno della citata esimente speciale, senza affrontare temi piu’ generali come quello impropriamente evocato dal ricorrente.

Va, infine, osservato che una delle giustificazioni che il ricorrente allega a sostegno del carattere legittimo del proprio operato e cioe’ il fatto che in quel torno di tempo ed in quella zona di territorio (province di Brindisi e Lecce) si fossero registrati ripetuti attacchi da parte di contrabbandieri contro le forze dell’ordine, condotti anche con mezzi blindati, riguarda il contesto ambientale di contorno e non gia’ la sussistenza, nel caso specifico, delle condizioni legittimanti l’uso delle armi ai sensi della normativa speciale, per altro concepita con specifico riguardo al servizio svolto dalla forza di polizia (Guardia di Finanza) propriamente deputata al contrasto ed alla repressione di quel fenomeno criminale.

Gli stessi motivi di censura articolati nel precedente motivo sostanziano il settimo motivo che torna sulla questione dell’applicabilita’ dell’esimente generale del’uso legittimo delle armi di cui all’articolo 53 c.p., oltre a quella prevista dalla normativa speciale ed insiste sulla particolare pericolosita’ della criminalita’ contrabbandiera in quel periodo di tempo nonche’ sull’intrinseca gravita’ delle condotte di contrabbando rispetto alle entrate dello Stato, ond’e’ che si rinvia alle considerazioni in precedenza svolte.

Lo stesso e’ a dirsi dell’ottavo e del nono motivo di ricorso, con cui si deducono rispettivamente violazione dell’articolo 55 c.p. e omessa motivazione in tema di eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi in zona doganale o da parte di pubblici ufficiali nonche’ omessa applicazione dell’esimente putativa dell’articolo 59 c.p., u.c., integrata dalle modalita’ di conduzione delle operazioni da parte del Questore (OMISSIS), le quali avevano putativamente indotto il ricorrente a ritenere di trovarsi in una situazione di fatto tale da richiedere l’impiego delle armi.

Il presupposto metodologico di entrambi e’ il medesimo di quello confutato in precedenza, pretendendo in buona sostanza il ricorrente una qualificazione giuridica della situazione di fatto astrattamente integrante la causa di non punibilita’ diversa da quella fissata ex articolo 627 c.p.p., dalla decisione di annullamento parziale.

Del pari infondato e’ il decimo motivo di ricorso, ma esso evoca espressamente la questione centrale del giudizio d’appello in sede di rinvio e cioe’ l’esatta qualificazione dello elemento psicologico del reato, strettamente connesso alla descrizione degli eventi che condussero alla morte di (OMISSIS) accolta dalla decisione impugnata, talche’ esso necessita la spendita di considerazioni piu’ articolate.

Nella sentenza di annullamento parziale della Corte di Cassazione del 26/04/2010, il fatto materiale dell’omicidio cosi’ veniva ricostruito alla stregua delle risultanze acquisite nei giudizi di merito (par. 4.3 sentenza impugnata):

“Nella notte del (OMISSIS) un elicottero della Polizia di Stato, in attivita’ di servizio anticontrabbando, sorprendeva in mare, nello specchio d’acqua compreso tra Brindisi e Cerano, un motoscafo a bordo del quale, insieme ad altre persone, almeno due, si trovava, come verra’ accertato nelle fasi successive, il (OMISSIS), impegnato in attivita’ di contrabbando. A bordo del velivolo della polizia, unitamente ai componenti dell’equipaggio, si trovavano il (OMISSIS), comandante direttore delle operazioni di volo, (OMISSIS), funzionario della questura di Brindisi, (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente questore e dirigente della Squadra Mobile di Brindisi. Avvistato il motoscafo, l’elicottero si abbassava di quota, accendeva il faro di posizione, mentre l’ (OMISSIS), aperti i portelloni laterali, sparava alcuni colpi di pistola; i contrabbandieri, a loro volta, dopo aver acceso il faro in dotazione ai motoscafo ed illuminato l’elicottero della polizia, fuggivano verso il mare aperto, con il natante, ad andatura sostenuta e con modalita’ volte ad eludere il pressante inseguimento dell’elicottero che volava a bassa quota seguendo i mutamenti di’ direzione dell’imbarcazione.

Durante questa fase il (OMISSIS), che aveva trovato posizione sul lato del veicolo, prima con la propria pistola e successivamente con quella dell’ (OMISSIS), esplodeva colpi di arma da fuoco, lanciando nel contempo alcune bombe che esplodevano cadendo in acqua; l’ (OMISSIS), posizionato sul fato opposto dello elicottero, a sua volta, sparava dei colpi d’arma da fuoco facendo uso di una mitragliela M12 in dotazione a corpo di polizia. Nel corso della fuga verso il mare aperto, il motoscafo raggiungeva un natante della Guardia Costiera; gli Inseguiti, dopo aver gridato all’equipaggio della motovedetta di essere oggetto di colpi d’arma da fuoco, virando di bordo ripartivano in direzione della costa, persistendo l’inseguimento da parte dell’elicottero della polizia.

Nel corso della fuga, uno dei colpi d’arma da fuoco esplosi dall’elicottero, attingeva il (OMISSIS), cagionandogli lesioni personali mortali. Tale circostanza veniva accertata dalla polizia una volta terminato l’inseguimento, essendo lo scafo giunto riva ed essendosi dileguati gli altri occupanti dello scafo, che non venivano identificati. Del fatto descritto, veniva data una prima versione ufficiale, per la quale si accreditava l’ipotesi che il (OMISSIS) fosse deceduto nel corso di uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine, di talche’ la morte del suddetto sarebbe stata la conseguenza di un uso legittimo delle armi da parte della polizia.

In particolare veniva sostenuto che i contrabbandieri avevano sparato colpi di arma contro l’elicottero, con la conseguenza che l’impiego delle armi da parte della polizia si era imposta in forza degli accadimenti. A supporto della tesi ufficiale giovava il rinvenimento a bordo dello scafo di una mitraglietta Agram dotata di caricatore 9 x 21, sequestrata nell’immediatezza. Sulla vicenda veniva aperta una prima inchiesta giudiziaria poi archiviata dalla Procura della Repubblica Brindisi.

Per le dichiarazioni rese dai poliziotti (OMISSIS) e (OMISSIS), nel corso dell’interrogatorio del 21 ottobre 1998, emergeva successivamente agli organi inquirenti una diversa realta’ che determinava la riapertura delle indagini sulle cause e sulle modalita’ del decesso dei (OMISSIS).

Nel corso di questa seconda indagine emergeva che:

1 – la mitraglietta Agram, era stata collocata del motoscafo, da personale della Polizia di Stato;

2 – non vi era stato alcun conflitto a fuoco tra le forze di polizia e gli occupanti del natante;

3 – la vicenda vedeva coinvolto anche il questore (OMISSIS), la cui presenza a bordo dello elicottero nella notte del (OMISSIS) era stata sottaciuta.

Veniva quindi svolta una perizia balistica con la quale si appurava che il (OMISSIS) era stato attinto da uno dei colpi esplosi dalia pistola usata dai questore (OMISSIS) che veniva cosi’ incolpato del delitto di cui all’articolo 575 c.p. e rinviato a giudizio avanti la Corte d’Assise di Brindisi (proc. n. 1/99 rg. Corte d’Assise).

Nel corso del giudizio di primo grado (definito poi con sentenza 15/7/2004), veniva eseguita una seconda perizia balistica, con la quale si accertava che, diversamente dalle risultanze della prima perizia, il proiettile che aveva cagionato la morte del (OMISSIS) era stato esploso non dalla pistola adoperata dai (OMISSIS), ma dal mitra M12 adoperato dallo (OMISSIS); questi veniva pertanto sottoposto a separato giudizio (proc. n. 3/2003 Corte d’Assise) per il delitto di cui all’articolo 575 c.p. che veniva definito con sentenza 17/6/2005, essendo derubricata l’originaria imputazione in violazione dell’articolo 539 c.p..

Medio tempore trovava pure la sua definizione il procedimento rg. 1/99 ove il (OMISSIS) veniva condannato in riferimento alla morte di (OMISSIS), per il reato di cui allo articolo 589 c.p., cosi’ derubricata l’originaria imputazione”.

E’ con tale ricostruzione degli eventi che la Corte d’Assise d’Appello di Taranto si e’ confrontata per stabilire, secondo la successione argomentativa dalla stessa stabilita:

a) quale fosse, alla luce degli indici rivelatori individuati alla pag. 18 della sentenza di annullamento parziale (svolgimento degli eventi in tempo di notte; evoluzioni e manovre repentine dei due mezzi; tipo e numero di armi usate) l’atteggiamento psicologico dell’imputato, nell’alternativa gia’ postasi nei precedenti gradi di giudizio tra dolo eventuale e colpa cosciente, immediatamente rifluente sulla qualificazione giuridica del fatto.

b) se ricorresse o meno l’esimente speciale di cui alla Legge n. 100 del 1958, articolo 6, previa risposta ai cinque specifici interrogativi su questioni di fatto parimenti poste dalla sentenza rescindente (v. supra, pag. 10).

Nelle more della trattazione dei presenti ricorsi e’, come anzidetto, intervenuta la decisione delle Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., (OMISSIS) e altri, che ha costituito l’occasione di un’actio finium regundorum tra le distinte figure dogmatiche e di cui deve oggi tenersi conto, se non altro per l’espressa sollecitazione difensiva in tal senso.

La Corte territoriale ha escluso la ricorrenza della colpa cosciente, ravvisando invece il dolo eventuale del delitto di omicidio, osservando che al momento del fatto l’imputato non era in grado di escludere in maniera ragionevole che i colpi a raffica esplosi dalla sua mitraglietta potessero uccidere gli occupanti del natante, a tal fine valorizzando il tipo ed il numero delle armi caricate sull’elicottero e adoperate quella notte, il dato temporale della azione, l’inseguimento ad alta velocita’ con continue manovre modificative della rotta del velivolo ed infine le dichiarazioni rese dallo stesso imputato nel giudizio di in primo grado all’udienza del 7.5.2001, ritenendo che nel loro complesso detti elementi di valutazione appaiono univoci nel rivelare l’esistenza del dolo eventuale (pagg. 41-55 sentenza).

Piu’ in particolare la Corte tarantina ha sul punto osservato che l’imputato sparo’ con accanimento, come riferito dai testimoni, anche per meritarsi il plauso del Questore che occasionalmente partecipava a quell’operazione e che aveva in concreto dimostrato la sua linea d’azione ad oltranza in quel contesto, sparando anche con la pistola dell’ (OMISSIS) e lanciando bombe in mare” (pagg. 53-54 sentenza), concludendo che la tesi della sussistenza della colpa con previsione non ha validi elementi probatori di sostegno, dacche’ “l’evento morte si configuro” come possibilita’ concreta nella psiche dell’imputato, che tuttavia non si astenne dall’azione, ma vi persistette, accettando il rischio, tutt’altro che astratto, che tale evento si verificasse” (pag. 54 sentenza).

Tutto cio’ premesso, non spetta evidentemente a questo Collegio stabilire la fondatezza delle considerazioni svolte dal giudice di rinvio, mentre e’ certamente suo compito sindacare se il concetto di “accettazione del rischio” adoperato conservi ancora validita’ al fine di tracciare un discrimine tra le distinte figure dogmatiche, alla luce anche degli approdi interpretativi giurisprudenziali piu’ recenti.

Secondo la massima redatta della citata sentenza delle Sezioni Unite, in tema di elemento soggetto del reato, il dolo eventuale ricorre quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilita’ di verificazione dell’evento concreto e cio’ nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi; ricorre invece la colpa cosciente quando la volonta’ dell’agente non e’ diretta verso l’evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l’evento illecito, si astiene dall’agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo (Sez. U, sent. n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., (OMISSIS) e altri, Rv. 261104).

Un esame piu’ approfondito della corposa motivazione della decisione evidenzia poi che nell’accezione accolta dalle Sezioni Unite, il dolo eventuale e’ caratterizzato dalla consapevolezza che l’evento, non direttamente voluto, ha tuttavia la probabilita’ di verificarsi in conseguenza della propria azione, con accettazione volontaristica di tale rischio; mentre, quando l’evento e’ ritenuto dall’agente altamente probabile o certo, l’autore non si limita ad accettarne il rischio, ma accetta l’evento stesso, vale a dire che lo vuole, integrando il dolo diretto, che addirittura diventa specifico ove l’evento, oltre che accettato, e’ anche perseguito.

Sempre secondo la decisione delle Sezioni Unite, nel dolo eventuale occorre una situazione di probabilita’ dell’evento che deve essere verificata scrutinando il modo in cui l’agente ha ravvisato la possibilita’ di verificazione di un risultato derivante dalla sua condotta, cui si accompagna un profilo deliberativo (la ed. accettazione volontaristica del rischio) che riguarda pero’ non gia’ l’evento in se’, ma il rischio della sua verificazione.

Nel caso in cui l’evento e’, invece, certo o probabile, non occorre – secondo le Sezioni Unite – ricercare l’atto deliberativo in cui si estrinseca la direzione della volonta’; detto altrimenti, la presenza dell’elemento volitivo del dolo si ricava dalla stessa elevata probabilita’ e deve essere accertata sulla base di indici obiettivi connessi sostanzialmente alla peculiarita’ della fattispecie.

Come, del resto, la stessa massima suggerisce, la decisione in questione risente piu’ di quanto non si voglia della specificita’ del caso, in cui la pubblica accusa aveva contestato ai responsabili dello stabilimento (OMISSIS) SpA di (OMISSIS) vari reati sia dolosi (articolo 437 c.p.) che colposi (articoli 61 n. 3, 449 e 423 c.p.; articoli 61 n. 3 e 589 c.p.) oltre ad imputazioni meno rilevanti e nei confronti di un dirigente apicale della stessa societa’ ( (OMISSIS)) i delitti di incendio doloso (articolo 423 c.p.) e di omicidio plurimo (articoli 81 e 575 c.p.) per aver cagionato volontariamente la morte di sette lavoratori in conseguenza della deliberata mancata adozione di misure organizzative e di protezione della sicurezza sul lavoro.

L’impostazione accusatoria era stata accolta dal giudice di primo grado, la cui decisione era stata, pero’, parzialmente riformata in grado di appello, quando nei confronti di (OMISSIS) il reato di omicidio doloso era stato qualificato come omicidio colposo ai sensi dell’articolo 589 c.p., commi 1, 2 e 3 e articolo 61 c.p., n. 3 e quello di incendio doloso riqualificato come incendio colposo ai sensi dell’articolo 449 c.p. e 61 c.p., n. 3, oltre a statuizioni di contorno.

Ebbene, proprio il collegamento stabilito dalla sentenza tra colpa cosciente e violazione di regole cautelari, determinata quest’ultima dai motivi piu’ vari (trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo) indica con chiarezza che quella delimitazione di confini tra le distinte figure dogmatiche e’ avvenuta in un ambito concettuale del tutto diverso da quello qui in esame e cioe’ connotato dalla cosciente trasgressione di regole di cautela positivamente o normativamente stabilite (norme in materia di prevenzione infortuni sul lavoro e malattie professionali, di prevenzione di danni all’ambiente, di circolazione stradale, etc.), in cui si sono registrate le maggiori tensioni interpretative, soprattutto a livello di decisioni di merito, in epoca recente.

La conseguenza di tale argomentare e’, pero’, che ove mai si dovessero ritenere applicabili anche alla fattispecie in esame i capisaldi dogmatici della indicata decisione, l’elemento psicologico dell’agente potrebbe ritenersi connotato finanche dal dolo diretto, attesa l’alta probabilita’ dell’evento in concreto determinatosi (la morte di uno degli occupanti del motoscafo contrabbandiere) per effetto della condotta ascrittagli.

Sparare ripetutamente e con lucida determinazione all’indirizzo del natante, impiegando una arma di prestazioni elevate (mitraglietta M12) non di ordinanza, ancorche’ in dotazione al corpo di polizia di appartenenza, nel corso di un inseguimento notturno connotato da alta velocita’ e da frequenti mutamenti di rotta sia dell’imbarcazione sia dell’elicottero su cui l’imputato si trovava, in un contesto di emulazione e di reciproca esaltazione dovute anche alla presenza di un superiore gerarchico (l’allora Questore di Brindisi, (OMISSIS)) partecipante alla azione, con impiego anche di bombe a mano, ancorche’ non riferibile in prima persona al ricorrente, unitamente alla mancata adozione di particolari sistemi di puntamento dell’arma da fuoco volti a indirizzare i colpi in parti determinate dell’imbarcazione atte a tenere indenni gli occupanti, in assenza di una particolare perizia professionale nell’uso delle armi, ammessa dallo stesso imputato (pag. 54 sentenza), costituiscono, infatti, indiscutibili indici rivelatori della sussistenza di un’alta probabilita’ che qualcuno di quegli occupanti fosse attinto dai colpi esplosi, quando non dalle bombe lanciate verso l’imbarcazione in fuga.

Deve, pertanto, ritenersi immune da censure la decisione impugnata che, sulla base dei ricordati indici obiettivi dell’azione, ha qualificato l’atteggiamento psicologico del ricorrente in termini di dolo eventuale, dal momento che nessun argomento a sostegno della tesi propugnata dal ricorrente puo’ essere tratta dall’arresto delle Sezioni Unite.

Destituito di fondamento e’ anche l’undicesimo motivo di ricorso, con cui il ricorrente deduce falsa applicazione dell’articolo 61 c.p., n. 9 e omessa motivazione circa la sussistenza dell’elemento psicologico relativo all’aggravante della violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione.

Osserva, infatti, il Collegio che la Corte tarantina ha espressamente ed inequivocabilmente argomentato circa il superamento dei limiti della funzione pubblica di cui l’imputato era investito, quale intrinseco alle condotte in addebito (pag. 53 sentenza): quel che nell’azione e’ stato obliterato, infatti, e’ in primo luogo il rispetto della legalita’ che si impone sempre e comunque agli appartenenti alle forze dell’ordine, quand’anche essi si trovino in situazioni pericolose per la propria incolumita’ personale e cio’ integra precisamente il dato tipico dell’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 9.

Palesemente destituito di fondamento e’, infine, il dodicesimo motivo di ricorso con cui si deducono violazione e falsa applicazione della disciplina della continuazione.

La Corte tarantina ha correttamente indicato quale reato piu’ grave quello ritenuto di omicidio volontario (articolo 61 n. 9, articolo 575 c.p.) e sulla misura di pena inflitta a detto titolo (14 anni di reclusione) ha calcolato l’aumento di pena per i reati di detenzione e porto illegale d’arma da fuoco (articolo 61 c.p., n. 2 e 9, articolo 110 c.p., Legge n. 497 del 1974, articoli 10 e 12, capo G2), falso ideologico continuato e materiale in atto pubblico (articolo 81 cpv. c.p., articoli 110, 476 e 479 c.p., capi L2, N2 e P2) giudicati nel procedimento n. 1/99 conclusosi con la sentenza della Corte d’Assise di Brindisi del 15/07/2004, applicando un complessivo aumento di pena di un anno e quattro mesi di reclusione, cosi’ determinata previa riduzione di un terzo per la concessione di attenuanti generiche e diminuzione di un ulteriore terzo per il rito prescelto (articolo 442 c.p.p.) e ripartita per ciascun reato satellite (sei mesi per il reato sub G2, quattro mesi per quello sub L2, tre mesi rispettivamente per quelli sub N2 e P2) fino a determinare la pena complessiva finale di quindici anni e quattro mesi di reclusione.

Sostenere con il ricorrente che non risulta sufficientemente esplicitata la misura degli aumenti di pena disposti ai sensi dell’articolo 81 c.p., asseritamente caratterizzati da diversificate diminuzioni prive di qualsiasi motivazione, in luogo di una nuova determinazione della pena in rapporto all’aumento unico per i delitti caduti in continuazione, implica, dunque, la totale obliterazione del chiaro dettato testuale della decisione sul punto.

2.2 Atto sottoscritto dal difensore avv. (OMISSIS).

Il primo ed il secondo motivo dell’atto d’impugnazione a firma di detto difensore corrispondono agli analoghi motivi dell’altro, entrambi formulando sostanzialmente la stessa doglianza dell’essersi il processo di rinvio svolto congiuntamente nei confronti del ricorrente e del coimputato (OMISSIS), la cui posizione e’ stata, pero’, alla fine separata ricorrendo le condizioni di cui all’articolo 71 c.p.p..

E’ proprio con riferimento a tale sviluppo processuale – che il ricorrente ritiene lesivo delle sue garanzie difensive e che, invece e come anticipato, appare del tutto rispondente alle regole dettate in tema di sospensione e separazione dei processi – che viene dedotta la violazione dell’articolo 55 c.p.: in altri termini, il ricorrente sostiene che lo stralcio della posizione del (OMISSIS) gli ha sottratto la possibilita’ di dimostrare la sussistenza di un eccesso colposo nell’uso delle armi, connesso evidentemente al ruolo attivo svolto nell’operazione dall’allora Questore di Brindisi.

La censura e’ del tutto infondata, in primo luogo poiche’ costituisce ne’ piu’ ne’ meno che il tentativo di conseguire, indebitamente in sede di legittimita’, una rivalutazione del compendio probatorio, sostitutiva di quella funzionalmente demandata ai giudici di merito ed in secondo luogo, perche’ non tiene minimamente conto dei limiti del giudizio di rinvio, quali fissati dalla sentenza rescindente di annullamento parziale.

Con il terzo motivo s’invoca l’applicazione dell’articolo 1227 c.c., in tema di quantificazione del danno in tema di obbligazioni, in ragione della mancata qualificazione della fuga dei contrabbandieri quale concausa determinante una diminuzione dell’entita’ del risarcimento.

La tesi della possibilita’ di qualificare la fuga dei contrabbandieri e quindi anche del (OMISSIS) come “fatto colposo del creditore” concorrente a cagionare il danno (articolo 1227 c.c.) nel contesto di una vera e propria obbligazione di natura civilistica e’ di ben modesto spessore e va ascritta a pura creativita’ giuridica.

Palesemente generico si rivela, invece, il quarto motivo di ricorso con cui si deduce la violazione del principio generale in dubio pro reo mai considerato dalla Corte d’Assise d’Appello in sede di rinvio: quella di cui all’articolo 533 c.p.p., comma 1 non costituisce, infatti, una regola di valutazione delle prove, ma il principio generale cui il giudice deve attenersi per addivenire all’affermazione di responsabilita’ dell’imputato, previo esame del compendio probatorio posto alla sua attenzione quand’anche di natura indiziaria, a meno di non voler sostenere, in maniera del tutto irragionevole, che solo gli imputati rei confessi possano essere dichiarati colpevoli.

Manifestamente infondata appare, infine, la questione di legittimita’ costituzionale, dedotta con il quinto motivo di ricorso, dell’articoli 18 e 71 c.p., nella parte in cui, gia’ disposta la riunione perche’ ritenuta assolutamente necessaria, non prevede il divieto di successiva separazione e l’obbligo della sospensione dell’intero processo.

Del tutto inconferenti appaiono i riferimenti al principio di eguaglianza e a quello del giusto processo di cui agli articoli 3 e 111 Cost., atteso che l’articolo 71 c.p. e’ posto a garanzia e tutela dell’imputato incapace di partecipare coscientemente al processo, ma la relativa sospensione (che puo’ protrarsi senza limiti sino al decesso dell’interessato) deve contemperarsi proprio con le esigenze di ragionevole durata del processo nei confronti dei coimputati e con le esigenze della giurisdizione al sollecito accertamento dei fatti di rilevanza penale.

2. Ricorso del responsabile civile Ministero dell’Interno

Un primo gruppo di censure sollevate da tale ricorrente riguarda la vicenda della sospensione del processo nei confronti dell’imputato (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 71 c.p.p., ed in particolare le ordinanze emesse dalla Corte tarantina prima per respingere (ordinanza 25/01/2012) e poi per accogliere (ordinanza 24/10/2012) l’istanza di sospensione.

Secondo il ricorrente, le difformi decisioni adottate dalla Corte territoriale risulterebbero tra loro in aperta contraddizione e inoltre la mancata tempestiva sospensione del processo ha comportato la nullita’ di tutti gli atti processuali successivi al 25/01/2012.

Questo Collegio non ravvisa, in realta’, alcuna contraddizione tra l’originaria decisione di non sospendere il processo e quella successiva di procedervi, non appena la situazione accertata dal perito incaricato di valutare le condizioni di salute psichica dell’imputato (OMISSIS) ne hanno configurato la necessita’: trattasi di decisioni che il giudice deve assumere in relazione alla concreta situazione emergente dagli accertamenti disposti in tal senso e ben puo’ accadere che la necessita’ della sospensione non si configuri in un determinato momento del processo per materializzarsi successivamente, all’esito del progredire della patologia o di piu’ approfondite verifiche di carattere medico – legale.

Non e’ dato, inoltre, comprendere quale sarebbe la base normativa per ricavare la dedotta nullita’ degli atti processuali assunti tra le due ordinanze in questione.

Altra censura concerne l’ordinanza del 06/07/2011 di ammissione di parte civile di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e la dedotta violazione degli articoli 79 e 82 c.p.p..

Anche in questo caso, non si ravvisa alcuna delle dedotte violazioni di legge.

Non c’e’ stata violazione dell’articolo 79 c.p.p., dal momento che la Corte territoriale ha chiaramente affermato la tempestivita’ della costituzione, posto che la precedente udienza del 16/03/2011 era stata caratterizzata del mero rinvio determinato da un’astensione dall’attivita’ forense cui avevano aderito difensori degli imputati; non c’e’ stata violazione dell’articolo 82 c.p.p., poiche’ non si e’ determinata alcuna situazione tipica dante luogo a revoca della costituzione, senza dimenticare che l’articolo 75 c.p.p., comma 1, consente che l’azione proposta davanti al giudice civile possa essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunziata sentenza di merito anche non passata in giudicato, evenienza neppure allegata dal ricorrente.

Quanto, invece, ai motivi riferiti al merito della decisione impugnata, si rinvia alle considerazioni svolte sugli specifici punti di doglianza formulati dall’ (OMISSIS), atteso che quelli articolati dal responsabile civile ricalcano sostanzialmente i temi del ricorso dell’imputato.

Con riferimento, infine, alla richiesta di sospensione della provvisionale in favore della parte civile (OMISSIS) ex articolo 612 c.p.p., il contenuto della presente decisione vale come chiara conferma dell’omessa adozione della misura in pendenza di ricorso.

4. Al rigetto delle impugnazioni consegue la condanna del ricorrenti a pagamento delle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite nella rispettiva misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti (OMISSIS) e Ministero dell’Interno al pagamento elle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida:

in complessivi euro 4.200,00 oltre per spese generali e accessori di legge ed euro 355 28 per spese esenti per le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

m complessivi euro 4.800,00 oltre 15% per spese generali e accessori di legge per le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS).

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