Cassazione logo

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 29 settembre 2014, n. 40304

Ritenuto in fatto

1. L.E. è stato condannato con sentenza del 16 febbraio 2012 del Tribunale di Trento alla pena di anni uno mesi cinque di reclusione in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 353, comma 2, cod. pen. sub capo 1) [per avere, quale socio ed amministratore di fatto di Moda Carpi S.a.s., colluso con S. (responsabile addetto all’ufficio acquisti della Società Autostrade del Brennero A22 S.p.A.), allo scopo di turbare il regolare svolgimento delle procedure di gara onde consentire l’aggiudicazione a favore di Moda Carpi S.a.s. della fornitura, nel biennio 2007 – 2008, del vestiario estivo ed invernale per una parte del personale dell’autostrada XXX: accordo per sottoporre a verifica di regolarità tecnica l’offerta della società Tecnoforniture risultata inizialmente la migliore combinando l’aspetto tecnico ed economico nonché per divulgare al L. atti e notizie riservate inerenti la procedura di gara, tra cui le giustificazioni fornite da Tecnoforniture a fronte delle contestazioni della Società autostrade, al fine di fornire suggerimenti su come replicare o eludere tali osservazioni] e al reato di cui agli artt. 81 cpv., 321, 319, 319 bis cod. pen. sub capo 3) [per avere pagato a S. la fornitura di occhiali da vista per il valore di 650 Euro e la fornitura di reti e materassi per il valore di 1100 – 1200 Euro].
2. Con sentenza del 31 ottobre 2013, la Corte d’Appello di Trento, in parziale riforma della sentenza appellata, concesse le circostanze attenuanti generiche, ha condannato L.E. alla pena di anni uno di reclusione e 600 Euro di multa, con sospensione condizionale della pena, in relazione al reato di turbativa d’asta (capo 1), dichiarando in esso assorbita la condotta corruttiva quanto alla fornitura di occhiali (prima parte capo 3), mentre lo ha assolto dalla condotta di corruzione quanto alla fornitura di reti e materassi (ultima parte del capo 3).
2.1. In punto di fatto, il giudice di secondo grado ha premesso che una prima gara indetta in data 25 luglio 2006 dalla società Autostrada del Brennero per la fornitura di vestiario estivo e invernale destinato ai dipendenti della società non era stata aggiudicata, perché la commissione di gara, riunitasi il 15 settembre 2006, aveva valutato non conformi al capitolato le campionature presentate dalle quattro società partecipanti. Successivamente, B.E. (per conto della società Tessil Forniture che aveva partecipato alla gara) aveva denunciato – dapprima alla Polizia Municipale di Trento e poi al pubblico ministero – anomalie ed il comportamento scorretto da parte del presidente della Società autostrade Zienhold a vantaggio del rappresentante della Moda Carpi, cioè L.E. , sicché veniva avviata un’indagine con intercettazioni telefoniche. In occasione della seconda gara, venivano ammesse le sole ditte Tessil Forniture e Moda Carpi e la commissione incaricata dell’esame delle offerte, in data 31 gennaio 2007, aggiudicava provvisoriamente l’appalto alla prima delle due che presentava un ribasso superiore al 20% della base d’asta. In data 14 marzo 2007, la commissione tecnica, di cui faceva parte tra gli altri S.B. , rilevata la difformità della fornitura rispetto al capitolato con riferimento a due aspetti (apposizione della etichetta “made in Italy” su capi dichiaratamente confezionati in Tunisia; difformità del peso o della qualità del tessuto rispetto al capitolato con riguardo alle sahariane e ai maglioni estivi), disponeva accertamenti comparativi tra i campioni di tessuto prodotti dalla Tessil Forniture e dalla Moda Carpo. A seguito di ulteriori verifiche, essendo state confermate le discrepanze rispetto al capitolato dei campioni prodotti dalla Tessil Forniture, in data 11 giugno 2007, venivano disposte la revoca dell’aggiudicazione provvisoria dell’appalto alla Tessil Forniture e l’aggiudicazione definitiva della gara in favore della Moda Carpi.
2.2. In punto di diritto, il giudice d’appello ha ritenuto non condivisibile la valutazione del primo giudice secondo cui, pur essendo intervenuta una qualche forma di “collusione” tra il componente della commissione S.B. e il responsabile di fatto della ditta Moda Carpi L.E. , ciò non aveva in concreto provocato alcuna alterazione della regolarità della gara per essere stata legittimamente adottata l’esclusione della ditta Tessil Forniture in conseguenza delle anomalie che caratterizzavano la sua offerta. La Corte ha, dunque, evidenziato come la fattispecie di cui all’art. 353 comma 2 cod. pen. sia un reato di pericolo, teso ad assicurare la trasparenza e neutralità dell’azione della pubblica amministrazione per l’acquisizione del miglior offerta e la garanzia di condizioni di parità di trattamento tra concorrenti, secondo principi di lealtà e correttezza, di tal che esso è integrato anche in mancanza di una influenza delle condotte collusive sul risultato della gara, essendo sufficiente che siano state tenute condotte che sono previste dalla legge di per sé stesse idonee a determinare la turbativa. La Corte ha, di contro, stimato non integrato il reato di corruzione sia con riguardo alla donazione delle reti e dei materassi ortopedici, non essendo provato che il fatto si sia inserito nell’ambito di un rapporto corruttivo, sia con riguardo alla donazione degli occhiali, in quanto fatto successivo rispetto alla delineata collusione e concernente un bene di modesto valore, da ritenere pertanto assorbito nel reato di cui al capo 1).
Il giudice d’appello ha quindi applicato all’imputato le circostanze attenuanti generiche ed ha proceduto a rideterminare la pena.
3. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. Giorgio Gallico, difensore di fiducia di L.E. , chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.
3.1. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 353 cod. pen., per avere la Corte d’Appello ritenuto integrato il reato di turbativa d’asta sebbene, tenuto conto dell’anomalo ribasso dell’offerta e della qualità e della provenienza dei capi d’abbigliamento, l’offerta della Tessile Forniture non fosse comunque meritevole di aggiudicazione, di tal che l’offerta residua della Moda Carpi avrebbe comunque dovuto prevalere, a prescindere dai suggerimenti e dalle interferenze del L. recepite dal S. , in virtù dei rapporti pluriennali ed amichevoli intercorrenti fra di essi. Il reato in oggetto richiede invero la realizzazione dell’evento di pericolo, cioè che la regolarità della gara sia effettivamente sottoposta a perturbamenti ed alterazioni che ne influenzino il risultato, che, in assenza degli stessi, sarebbe stato di segno diverso.
3.2. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 353, comma 2, 62 bis, 69, 133 cod. pen., per avere la Corte d’Appello applicato una pena in misura sensibilmente superiore al minimo edittale, senza dare atto del criterio seguito nel comparare le circostanze attenuanti e l’aggravante prevista dal comma 2 dell’art. 353 cod. pen., evidenziando nel contempo – e dunque contraddittoriamente – circostanze che avrebbero dovuto imporre un trattamento sanzionatorio più lieve (quali la condizione di incensuratezza dell’imputato, la modesta entità del danno e la non particolare intensità del dolo).
4. In udienza, il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, mentre l’Avv. Giorgio Gallico ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato con riguardo al primo motivo mentre deve essere accolto con riguardo al secondo, con conseguente annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvio alla Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, per nuovo giudizio sul punto.
2. In merito al primo motivo di doglianza, deve essere evidenziato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’evento naturalistico del reato di turbata libertà degli incanti può essere costituito oltre che dall’impedimento della gara anche da un suo turbamento, situazione quest’ultima che si verifica quando la condotta fraudolenta o collusiva abbia anche soltanto influito sulla regolare procedura della gara medesima, essendo irrilevante che si produca un’effettiva alterazione dei risultati di essa (Cass. Sez. 6, n. 28970 del 24/04/2013, Sonn, Rv. 255625; Cass. Sez. 6, n. 12821 del 11/03/2013, Adami Rv. 254906 ; Sez. 6, n. 18161 del 05/04/2012, Rv. 252638).
Nella motivazione della ricordata pronuncia n. 28970/2013, resa a seguito di ricorso dell’imputato in procedimento connesso S.B. (che, diversamente da L. , optava per la definizione del procedimento con il rito abbreviato), questa Corte ha svolto le considerazioni di seguito testualmente riportate, che il Collegio ritiene di condividere appieno e di poter fare integralmente proprie, afferendo alla medesima vicenda oggetto del presente procedimento.
“Va premesso in diritto che ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 353 cod. pen. si richiede (per quello che qui interessa), la realizzazione di una condotta collusiva, sempre che questa produca l’effetto di impedire o di turbare l’andamento di una gara indetta da una pubblica amministrazione. La fattispecie in esame potrebbe dunque concepirsi come reato di pericolo solo dal punto di vista secondo cui essa è integrata anche senza l’effettivo conseguimento del risultato perseguito dai soggetti agenti colludenti, essendo sufficiente che gli accordi collusivi siano idonei a influenzare l’andamento della gara (v. tra le altre Sez. 6, n. 12821 del 11/03/2013, Adami, Rv. 254906; Sez. 6, n. 12298 del 16/01/2012, Citarella, Rv. 252555; Sez. 6, n. 6883 del 24/06/2011, Actis, n.m.); ma più correttamente essa dovrebbe essere inquadrata nei reati di evento (inteso in senso naturalistico) dovendo essere accertato il verificarsi dell’impedimento della gara o del suo turbamento, e quindi la potenziale incidenza di una simile fraudolenta condotta sul futuro risultato della gara (contra, ma senza considerazione del necessario elemento del “turbamento” della gara, espressamente contemplato dall’art. 353 cod. pen., Sez. 6, n. 20619 del 18/07/2012, Mingoia, n.m.). Per “collusione” – condotta che viene in rilievo nella concreta fattispecie in esame – deve intendersi qualsiasi rapporto clandestino, intercorrente tra soggetti privati in qualsiasi modo interessati alla gara o tra questi e i preposti alla gara, diretto a influire sull’esito della stessa (Sez. 6, n. 12298 del 16/01/2012, Citarella, cit.; Sez. 6, n. 8443 del 08/05/1998, Misuraca, Rv. 212223). Per “turbamento” – per quello che si è già notato deve intendersi la influenza della condotta collusiva sulle regolari procedure di gara, essendo irrilevante che il risultato di essa sia o meno conforme a quello che si sarebbe prodotto senza tali interferenze (v. anche Sez. 6, n. 9845 del 16/04/1991, Sciuto, Rv. 188414), perché, come riconosciuto dallo stesso giudice di primo grado, ciò che conta ai fini della configurabilità del reato è “lo sviamento del processo decisionale a individuazione del vincitore”. 3. Ora, va premesso che nella specie non è stato ipotizzato un effetto di “impedimento” della gara, ma solo un suo “turbamento”, e che la condotta contestata, come appena detto, è stata specificamente individuata in un’attività collusiva (intercorrente tra il ricorrente e il L. , esponente di una ditta concorrente), esclusa dunque – e comunque non contestata – ogni altra condotta riconducibile genericamente al genus dei “mezzi fraudolenti” (quali minacce, doni, promesse, o altro); e va ribadito, sulla scorta della costante giurisprudenza, che per la realizzazione del reato non occorre che la condotta collusiva produca effettivamente un risultato di alterazione dei risultati della gara, bastando che questa sia stata “turbata” nel suo regolare svolgimento. Va dunque verificato se sulla base dei dati di fatto accertati dai giudici di merito si sia effettivamente verificata una condotta collusiva, intesa come condotta concretamente idonea a influire sull’esito della gara, e, in secondo luogo, se questa abbia prodotto il contestato turbamento; effetto affermato nella sentenza impugnata e negato dal ricorrente, il quale per il vero contesta addirittura che sia stata realizzata una condotta collusiva, inserendo le iniziative del L. nell’alveo di un concetto di assoluta legittimità.
4. Sul primo aspetto, entrambi i giudici di merito hanno accertato una serie di sotterranei rapporti tra il S. e il L. , e di iniziative espletate direttamente da quest’ultimo nei confronti dei soggetti incaricati delle verifiche tecniche (il Centro di Assistenza Doganale Errek di Trento e presso il Centro Tessile Cotoniero di Busto Arsizio), non contestati dal ricorrente, che non possono che essere considerate di natura collusiva, intendendosi per collusione, come sopra ricordato, qualsiasi rapporto clandestino, intercorrente tra soggetti privati in qualsiasi modo interessati alla gara o tra questi e i preposti alla gara, diretto a influire sull’esito della stessa. E, a riprova degli anomali rapporti amichevoli tra il S. e il L. – comunque denotanti una completa assenza di doverosa equidistanza tra un componente della commissione di gara e un partecipante alla gara – sta anche la pena per corruzione patteggiata dal S. e gli acquisti di capi di abbigliamento che quest’ultimo (insieme, peraltro, allo Z. e al T. ) effettuò presso la ditta del L. . 5. Quanto al secondo aspetto, va rilevato: che il L. venne immediatamente informato dal S. dell’esito, sia pure provvisorio (a lui sfavorevole), della gara a seguito dell’aggiudicazione dell’appalto, in data 31 gennaio 2007, alla ditta Tessil Forniture, così da permettere al medesimo di rappresentare subito elementi sfavorevoli a questa, e di dare al riguardo precise istruzioni al suo interlocutore; che successivamente, i due appuntarono l’attenzione della ditta Erreck sulla possibile illiceità del marchio “made in Italy” apposto sui capi offerti in campione dalla Tessi Forniture, pur non trattandosi di requisito previsto dal bando; che al contrario, nessuna verifica su tale illegittima apposizione di marchio venne effettuata sui capi prodotti dalla Moda Carpi, anch’essi pacificamente prodotti in Tunisia; che fu il L. a indicare al S. le ditte da incaricare delle verifiche tecniche, con le quali il primo prese contatti diretti inequivocabilmente a sorvolare sulle caratteristiche dei capi offerti come campioni dalla sua ditta, informandone assiduamente il S. ; che quest’ultimo a sua volta irrealmente anticipò al L. le giustificazioni prodotte dalla Tessil Forniture, in modo da consentirgli di offrire elementi in controdeduzione. Riassumendo, le iniziative prese in pieno accordo tra il S. e il L. dopo la provvisoria aggiudicazione dell’appalto alla Tessil Forniture furono tutte orientate unidirezionalmente a sfavorire quest’ultima e a sorvolare sugli analoghi difetti che presentava l’offerta della Moda Carpi, il tutto con il concordato coinvolgimento per la verifica tecnica di imprese segnalate al S. dallo stesso L. , assurto impropriamente al ruolo di “consulente” della commissione preposta a una gara alla quale egli stesso partecipava attraverso la ditta a lui facente capo. Non vi può essere dunque alcun dubbio circa l’effetto di alterazione del regolare svolgimento della gara prodotto dall’accertata collusione tra il S. e il L. , essendo irrilevante stabilire, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, se, in assenza di tale turbamento, l’esito della gara in esame avrebbe potuto essere diverso. 6. Ne deriva l’infondatezza del ricorso, avendo correttamente il giudice di appello, in riforma della sentenza di primo grado, ravvisato a carico del S. tutti gli elementi costitutivi di una sua condotta collusiva che ha prodotto il turbamento della gara per cui è processo”.
3. Il ricorso è, di contro, fondato con riguardo al secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riguardo al giudizio di comparazione fra le circostanze e la commisurazione del trattamento sanzionatorio.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’ipotesi di cui all’art. 353, comma 2, cod. pen. (concernente la turbata libertà degli incanti commessa da una persona che vi è “preposta dalla legge o dall’autorità”), ha natura di circostanza aggravante del reato, per la quale trova applicazione la disciplina ordinaria del concorso di circostanze di cui all’art. 69 cod. pen. (Cass. Sez. 6, n. 24427 del 09/02/2010, Sciasela Rv. 247365).
Ne discende che il giudice d’appello, ravvisata l’integrazione dei presupposti della predetta aggravante, avrebbe dovuto procedere al giudizio di bilanciamento della circostanza in parola con le circostanze attenuanti generiche, in effetti, riconosciute ed applicate in concreto all’appellante.
La determinazione della pena risulta di conseguenza errata, di tal che la sentenza va annullata con rinvio per nuova decisione sullo specifico punto concernente il giudizio di bilanciamento fra le delineate circostanze e la commisurazione della pena.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia alla Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il ricorso.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *