cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 3 ottobre 2014, n. 41110

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio S. – Presidente
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato (OMISSIS);
5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 11-1-12 (depositata in data 5-4-12) della Corte di Appello di Firenze, sezione 2 penale;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita la relazione fatta dal consigliere, Dott. Vincenzo Rotundo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. ANIELLO Roberto, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi presentati nell’interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ad eccezione per quest’ultimo per il capo 3) da annullare senza rinvio per prescrizione, nonche’ per l’annullamento senza rinvio per prescrizione per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);
uditi i difensori (nell’ordine), avv.ti (OMISSIS) (per (OMISSIS)), (OMISSIS) (in sost. dell’avv. (OMISSIS) per la parte civile Comune di Arezzo), (OMISSIS) (per la parte civile (OMISSIS) s.p.a.), Guglielmelli (in sost. avv. (OMISSIS) per la parte civile (OMISSIS)), (OMISSIS) (per (OMISSIS)), (OMISSIS) (per (OMISSIS)), (OMISSIS) (per (OMISSIS)), (OMISSIS) e (OMISSIS) (per (OMISSIS)), (OMISSIS) (per (OMISSIS) e, in sost. avv. (OMISSIS), per (OMISSIS)), (OMISSIS) (per (OMISSIS)), (OMISSIS) (per (OMISSIS)), (OMISSIS) (per (OMISSIS)), (OMISSIS) (per (OMISSIS)).

FATTO
1.-. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto, tramite i loro difensori, ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale, in data 11-1-12, la Corte di Appello di Firenze, sezione 2 penale, ha confermato le condanne pronunciate nei loro confronti in primo grado, condannandoli altresi’ in solido alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili.
In particolare, il Tribunale di Arezzo con sentenza del 27-6-08, aveva condannato:
– (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 110, 317, 56, 317 e 81 cpv. c.p., a lui ascritti ai capi 1A), 1F) e 1G) e di cui all’articolo 323 c.p., a lui contestato al capo 3), riuniti sotto il vincolo della continuazione, con attenuanti generiche, alla pena di anni tre, mesi cinque e giorni quindici di reclusione;
– (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 110, 317, 56, 317 e 81 cpv. c.p., a lui ascritti ai capi 1C) e 1D), riuniti sotto il vincolo della continuazione, con attenuanti generiche, alla pena di anni tre, mesi tre e giorni quindici di reclusione;
– (OMISSIS) per il reato di cui agli articoli 110, 319 e 321 c.p., a lui ascritto al capo 4), con attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione;
– (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 323 e 81 cpv. c.p., a lui ascritti ai capi 6A), 6B) e 6D), riuniti sotto il vincolo della continuazione, con attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione;
– (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 110, 81 cpv. e 323 c.p., a lui ascritti ai capi 7) limitatamente ad alcune pratiche specificamente indicate e 8), riuniti sotto il vincolo della continuazione, con attenuanti generiche, alla pena di anni due di reclusione;
– (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 110, 81 cpv. e 323 c.p., a lui ascritti ai capi 7) limitatamente ad alcune pratiche specificamente indicate e 8), riuniti sotto il vincolo della continuazione, con attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione;
– (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di cui agli articoli 110, 81 cpv. e 629 c.p., loro ascritto al capo 9), con attenuanti generiche, alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro milleduecento di multa ciascuno.
2.-. Il processo, ancorche’ evolutosi da un unico campo di indagine, inerente alle modalita’ operative della Commissione per l’Assetto del Territorio del Comune di Arezzo (CAT), si articola in tre distinti settori. Il primo attinente appunto alle vicende afferenti alla CAT ed ai suoi componenti capi da 1) a 6) delle imputazioni, il secondo avente ad oggetto fatti di abuso di ufficio contestati (per quanto rileva in questa sede) a (OMISSIS) e (OMISSIS) capo 7) della rubrica; il terzo concernente ipotesi delittuose connesse alla particolare vicenda della realizzazione di una multisala cinematografica in (OMISSIS), localita’ (OMISSIS) capi di imputazione 8) e 9).
3.-. In riferimento al primo filone di indagine, i Giudici di merito sono giunti alla conclusione che, nel complessivo operare della Commissione per l’Assetto del Territorio del Comune di Arezzo, caratterizzato da scarsa trasparenza e funzionalita’ e da evidenti irregolarita’, non erano emerse prove di un previo accordo tra gli imputati, ma anzi le risultanze acquisite (v. in particolare il contenuto delle intercettazioni telefoniche effettuate) avevano dimostrato l’esistenza di una sorta di concorrenza tra i principali protagonisti ( (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS)). Segnatamente il (OMISSIS) aveva come propria utilita’ quella di piazzare gli impianti di elevazione, che trattava come agente di commercio; il (OMISSIS) puntava ad ottenere l’affidamento di incarichi professionali e l’amministrazione di condomini; l’ (OMISSIS) mirava ad ottenere somme di denaro e gettoni di presenza nei consigli di amministrazione e/o un posto di lavoro per la figlia.
In questo quadro, il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) sono stati ritenuti responsabili di concussione consumata e tentata per avere, quali membri del Consiglio Comunale di Arezzo e componenti della CAT, instaurato all’interno di detta commissione una prassi del tutto arbitraria di trattazione delle pratiche urbanistiche, provvedendo al loro inserimento all’ordine del giorno ed alla loro trattazione senza seguire alcun criterio ne’ logico ne’ cronologico (spesso anche senza alcuna preventiva istruzione da parte degli Uffici Tecnici del Comune), abusando dei loro poteri e avanzando richieste di denaro o di altra utilita’ come condizione esplicita o implicita affinche’ le singole pratiche urbanistiche venissero inserite all’ordine del giorno della Commissione ed ottenessero parere favorevole per conseguire dai soggetti privati interessati denaro o altra utilita’ o la promessa i questi.
In particolare, (OMISSIS), secondo i Giudici di merito, aveva chiesto contributi in denaro a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per fare esaminare ed approvare celermente la variante urbanistica alla quale i predetti erano interessati capo 1A); si era fatto promettere un incarico professionale e l’affidamento dell’incarico di amministratore condominiale in alcuni stabili da (OMISSIS) prospettandogli implicitamente conseguenze negative per le pratiche urbanistiche cui questi era interessato in caso di mancato accoglimento delle sue richieste capi 1F) e 1G. Lo stesso (OMISSIS) aveva omesso di astenersi ed aveva votato a favore nell’esame di una pratica urbanistica di variante alla quale era interessato (OMISSIS), nonostante fosse stato incaricato quale libero professionista a operare i rilievi e a predisporre la medesima pratica dai privati interessati reato di cui all’articolo 323 c.p., contestato sub 3).
(OMISSIS) aveva contattato (OMISSIS) e (OMISSIS), interessati, alla approvazione di varianti urbanistiche rispettivamente per la realizzazione di un albergo e di un’area residenziale, prospettando loro conseguenze negative sull’esito di dette pratiche in caso di mancato accoglimento delle sue richieste di installazione di ascensori forniti dalla ditta di cui il medesimo (OMISSIS) era rappresentante capi 1C) e 1D).
Sempre in riferimento alle attivita’ della CAT, al fine di assicurare un trattamento di favore alla pratiche urbanistiche presentate nell’interesse di (OMISSIS) e delle societa’ a lui riconducibili (celere inserimento all’ordine del giorno e voto favorevole in CAT e in Consiglio Comunale), era stato stipulato un contratto simulato di assistenza commerciale con (OMISSIS) (membro della Commissione) al fine di fare percepire a quest’ultimo la somma mensile di euro millecinquecento delitto di cui agli articoli 110, 319 e 321 c.p., rubricato sub 4).
Ancora in questo quadro, (OMISSIS), pur avendo ricevuto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) incarichi di progettazione del piano sicurezza e coordinamento relativi ai progetti che costoro intendevano realizzare, aveva poi omesso di astenersi nelle sedute della CAT e del Consiglio Comunale ove si decidevano tali varianti reati di cui agli articoli 323 e 81 cpv. c.p., di cui ai capi 6A), 6B) e 6D).
4.-. Il secondo filone di indagine – avente ad oggetto fatti di abuso di ufficio contestati (per quanto rileva in questa sede) a (OMISSIS) e (OMISSIS) capo 7) della rubrica – era stato originato da alcune comunicazioni telefoniche intercettate sulle utenze del (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS), nelle quali gli interlocutori davano per scontata l’esistenza di una diversa (e, a volte, contrapposta) cordata, facente capo al sindaco (OMISSIS) ed al figlio (OMISSIS), anch’essa tesa a sfruttare alcune pratiche edilizie ed urbanistiche. In definitiva, in base alle citate conversazioni intercettate, alla documentazione sequestrata (v. in particolare l’atto di “convenzione” intercorso tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS)) e alle testimonianze assunte, i Giudici di merito hanno ritenuto dimostrato che il sindaco (OMISSIS) e gli architetti liberi professionisti (OMISSIS) (figlio del predetto) e (OMISSIS) si erano previamente accordati affinche’ la progettazione di una serie di importanti realizzazioni urbanisti co-edilizi e risultasse formalmente opera dello studio del (OMISSIS), con il quale il (OMISSIS) aveva all’uopo convenuto di condividere al 50% gli incarichi, sistema escogitato al fine di consentire al (OMISSIS), oltre che di sollecitare la trattazione di quelle pratiche, anche di non astenersi dalla loro trattazione, votando favorevolmente alla loro approvazione.
5.-. Il terzo settore dell’odierno procedimento riguarda la particolare vicenda della realizzazione di una multisala cinematografica in (OMISSIS), localita’ (OMISSIS) capi di imputazione 8) e 9).
I Giudici di merito hanno ritenuto dimostrato che l’incarico relativo alla progettazione, alla direzione dei lavori ed alla sicurezza in riferimento alla predetta multisala era stato affidato da (OMISSIS) e (OMISSIS) con l’intesa che (OMISSIS) non doveva formalmente figurare ad alcun titolo tra i progettisti, ricorrendo a tal fine alla collaborazione del (OMISSIS), che fungeva anche da prestanome per il predetto (OMISSIS), onde consentire al sindaco (OMISSIS) (padre del predetto (OMISSIS)) di non astenersi nelle relative sedute in cui si doveva approvare la pratica reato di cui agli articoli 110, 81 cpv. e 323 c.p., di cui al capo 8).
Altrettanto provata e’ stata ritenuta la responsabilita’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) in riferimento alla estorsione continuata in concorso, loro contestata sub 9), per avere il (OMISSIS), titolare di concessione edilizia per la realizzazione di altra multisala in (OMISSIS), minacciato (OMISSIS) e (OMISSIS), interessati alla realizzazione di una multisala cinematografica in localita’ (OMISSIS) di (OMISSIS), di intervenire a mezzo del (OMISSIS) al fine di ostacolare l’iter amministrativo relativo a quest’ultima iniziativa, qualora non avessero aderito alla sua richiesta di ottenere un cospicuo indennizzo in denaro (circa due miliardi di lire), formalmente come prezzo per abbandonare il suo progetto concorrente; e, quindi per avere il (OMISSIS) esercitato pressioni sui consiglieri comunali, ottenendo ritardi e ostacoli alla conclusione positiva della pratica amministrativa (OMISSIS) e poi (OMISSIS), cosi’ costringendo dapprima il (OMISSIS) a sottoscrivere (in data 29 settembre 2000) una scrittura privata con cui ” (OMISSIS)” si impegnava a corrispondere al (OMISSIS) la somma di un miliardo e mezzo di lire formalmente a titolo di indennizzo per rinunciare al progetto di multisala concorrente, e successivamente (OMISSIS) a sottoscrivere (in data 12 aprile 2001) altra scrittura privata, in cui quest’ultimo si impegnava direttamente verso (OMISSIS) a versare la somma di lire 1.200.000.000, impegno che poi, a fronte del rifiuto delle parti lese, il (OMISSIS) stesso faceva valere con successo in via giudiziale.
6.-. (OMISSIS) (difeso dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS)) deduce:
– Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua responsabilita’ per concussione, in quanto gli stessi Giudici di merito avrebbero riconosciuto la mancanza di qualunque costrizione nella condotta posta in essere, che, d’altra parte, non potrebbe neppure essere inquadrata nell’ambito della attivita’ di induzione, mancando qualunque condizionamento nei confronti delle parti lese e qualunque richiesta ne’ diretta ne’ indiretta nei loro confronti. A parte il fatto che le prove raccolte dimostrerebbero esattamente il contrario rispetto a quanto evidenziato nella sentenza impugnata.
– Stessi vizi in riferimento al reato di cui all’articolo 323 c.p., di cui al capo 3), non avendo esso (OMISSIS) all’epoca dei fatti alcun incarico e non ricordando neppure la pratica (OMISSIS).
In prossimita’ della odierna udienza la difesa del (OMISSIS) ha depositato una memoria, con la quale in primo luogo si rappresenta che la condotta posta in essere dal (OMISSIS) potrebbe al piu’ rientrare, ai sensi della Legge n. 190 del 2012, nel frattempo intervenuta, nella categoria dell’induzione, con cio’ integrando il nuovo reato di cui all’articolo 319 quater c.p.. In secondo luogo si sottolinea che il predetto, quale membro della CAT, sarebbe stato incaricato di pubblico servizio e non pubblico ufficiale, il che porterebbe ancora una volta ad inquadrare la sua condotta nelle previsioni dell’articolo 319 quater c.p..
Quanto al reato di cui all’articolo 323 c.p., di cui al capo 3), si tratterebbe di violazione commessa in data (OMISSIS) (data della seduta del CAT) e percio’ il delitto sarebbe oramai estinto per prescrizione.
7.-. (OMISSIS) (difeso dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS)) denuncia:
– Violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto i Giudici di merito avrebbero errato nell’individuare la condotta abusiva posta in essere da esso (OMISSIS) nella violazione del principio generale di buon andamento ed imparzialita’ della P.A. per non avere egli seguito l’ordine cronologico nel formare l’ordine del giorno delle adunanze della CAT. Infatti la semplice inosservanza del criterio cronologico non potrebbe ex se determinare la illegittimita’ del funzionamento della Commissione.
– Stessi vizi in riferimento alle singole fattispecie di cui all’articolo 317 c.p., contestate ad esso imputato, essendo stato documentalmente dimostrato che la richiesta di interessamento alla pratica di variante era partita direttamente dalla parte lesa (OMISSIS) e che in ogni caso i rapporti di esso (OMISSIS) con i privati interessati si erano svolti su un piano di perfetta parita’ e non vi era stata alcuna soggezione da parte loro nei confronti del prevenuto.
In prossimita’ della odierna udienza la difesa del (OMISSIS) ha depositato una memoria, con la quale si rappresenta che i fatti ascritti al prevenuto dovrebbero ora essere inquadrati nelle previsioni dell’articolo 319 quater c.p., e sarebbero, pertanto, ormai prescritti.
8.-. (OMISSIS) (difeso dall’avv. (OMISSIS)) eccepisce:
– Violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto nel caso di specie non sarebbe scattato in capo all’imputato l’obbligo di astensione, mancando un suo interesse immediato e diretto, derivante dal provvedimento amministrativo assunto. Ci si troverebbe in realta’ in presenza di un eventuale interesse futuro, non certo (perche’ soggiacerebbe comunque alla discrezionalita’ del terzo) e comunque non derivato direttamente dal provvedimento amministrativo, bensi’ da una serie di successive attivita’ tecnico-edilizie da intraprendere.
o’ Stessi vizi in riferimento alla ingiustizia del vantaggio arrecato con l’atto amministrativo approvato, non dimostrata ma fatta automaticamente derivare dalla illiceita’ dell’accordo sull’affidamento dell’incarico.
– Erronea applicazione dei principi sulla rilevanza del voto nelle deliberazioni collegiali, essendo risultato che il voto del (OMISSIS) non era mai stato decisivo o influente ai fini della adozione del provvedimento.
– Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di intervenuta prescrizione, dovendosi fare riferimento ai fini della individuazione del dies a qua da cui far decorrere la causa estintiva alla data dell’atto e non, come hanno fatto i giudici di merito, alla riscossione della somme dovute a titolo di compenso per la successiva attivita’ professionale svolta.
9.-. La difesa di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)), con un unico ed articolato motivo di ricorso, denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilita’ del predetto per il reato di corruzione a lui ascritto, sostenendo che le risultanze processuali avrebbero in realta’ dimostrato che detto imputato si era risolto a pagare mensilmente un corrispettivo all’ (OMISSIS) per una attivita’ da questi mai svolta solo in quanto vittima di una pressione psicologica ai suoi danni da iscriversi nella fattispecie di cui all’articolo 317 c.p..
In prossimita’ dell’attuale pubblica udienza la difesa del (OMISSIS) (avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS)) ha depositato una memoria, nella quale si sostiene che, in base alle risultanze processuali, sarebbe stato accertato che l’imputato era stato “indotto” ad assumere l’ (OMISSIS), con la conseguenza che il fatto sarebbe oggi da inquadrarsi nelle previsioni dell’articolo 319 quater c.p.: in virtu’ del principio di irretroattivita’ delle norme incriminatici, dovrebbe pero’ continuare ad applicarsi al (OMISSIS) la diversa fattispecie della concussione di cui alla vecchia formulazione, che non prevedeva la punibilita’ del privato “indotto” a dare o promettere utilita’.
10.-. Il difensore di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)) eccepisce:
– La inutilizzabilita’ delle dichiarazioni rese in dibattimento dagli imputati di reati collegati (fra cui in particolare (OMISSIS)), per i quali l’esame sarebbe stato condotto senza che fosse loro rivolto l’avviso previsto dall’articolo 64 c.p., comma 3.
– Violazione di legge, in quanto nel caso di specie non sarebbe sussistito in capo al (OMISSIS) l’obbligo di astensione, non sussistendo una correlazione diretta ed immediata tra le pratiche da approvare e la persona dell’imputato, non essendo stato dimostrato in alcun modo che il sindaco fosse a conoscenza del fatto che il figlio (OMISSIS) aveva schermato la propria attivita’ interponendo la figura dell’arch. (OMISSIS). A parte il fatto che non era stato dimostrato neanche che la mancata astensione fosse stata determinante per l’adozione delle delibere.
– Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al contestato delitto di cui all’articolo 323 c.p., per mancanza nel caso di specie del requisito della doppia ingiustizia, in quanto i compensi ricevuti dai professionisti quali corrispettivi per gli incarichi effettivamente svolti non potrebbero essere qualificati come ingiusti, non essendone stata dimostrata la non congruita’ o la sproporzione.
– Violazione di legge e vizio di motivazione anche in riferimento all’elemento soggettivo del reato di cui all’articolo 323 c.p., in quanto i Giudici di merito si sarebbero sostanzialmente limitati a sostenere che il sindaco non poteva non sapere della intervenuta convenzione tra il (OMISSIS) ed il figlio (OMISSIS) per schermare la attivita’ professionale da quest’ultimo realmente svolta.
– Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, dovendosi il termine iniziale di decorrenza della causa estintiva far decorrere dalla data della delibera favorevole per la quale si era verificata la mancata astensione, e non dal conseguimento del risultato, e cioe’ dal momento della percezione dell’ultima tanche del compenso professionale, come ha ritenuto la Corte di Appello.
In prossimita’ della odierna udienza la difesa del (OMISSIS) (avv.ti (OMISSIS) ed (OMISSIS)) ha depositato una memoria, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso, ribadendosi: che nel caso di specie, trattandosi di reato di evento, non sarebbe configurabile alcun abuso di ufficio a carico dell’imputato; che non sussisteva alcun obbligo di astensione; che l’ex-sindaco non era a conoscenza dell’accordo intercorso tra gli architetti (OMISSIS) e (OMISSIS); che il suo voto non era stato decisivo ai tini delle delibere. Si segnala altresi’ che per i fatti oggetto dell’attuale procedimento sarebbe maturato il termine prescrizionale dal gennaio 2013.
11.-. Il difensore di (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)) deduce:
– Violazione dell’articolo 521 c.p.p. per mancanza di correlazione tra l’accusa contestata (conferimento degli incarichi professionali nella prospettiva del sostegno del sindaco (OMISSIS) con la necessita’ che non ne emergesse la situazione di incompatibilita’) e la sentenza di condanna (conferimento degli incarichi per la necessita’ di un professionista gradito all’amministrazione).
– Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al vantaggio patrimoniale ingiusto richiesto dall’articolo 323 c.p.. Nei casi in esame i committenti si sarebbero, infatti, limitati a rivolgersi a tecnici “vicini” all’amministrazione solo per evitare di avere svantaggi.
– Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta illiceita’ della causa e dell’oggetto dei contratti professionali in questione.
– Stessi vizi in riferimento al requisito della doppia ingiustizia, ancando la prova dell’ingiustizia dei compensi percepiti o da percepire per l’opera professionale svolta.
– Stessi vizi in riferimento alla mancata individuazione del momento consumativo del reato nel conferimento dell’incarico ai professionisti (e non in quello del pagamento, come ritiene la Corte di merito), con conseguente necessita’ di dichiarare i reati ascritti al (OMISSIS) estinti per prescrizione.
– Vizio di motivazione in relazione alle date dei pagamenti ai professionisti.
– Vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato di cui all’articolo 323 c.p..
12.-. (OMISSIS), in un primo ricorso (a firma dell’avv. (OMISSIS)), dopo una dettagliata ricostruzione della vicenda che lo ha interessato, denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua responsabilita’, sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, sarebbero del tutto insussistenti gli elementi su cui i Giudici di merito hanno fondato la sua colpevolezza. In particolare, le testimonianze poste a base della condanna sarebbero tutt’altro che univoche e si smentirebbero reciprocamente e l’andamento della procedura amministrativa sarebbe stato del tutto fisiologico ed indipendente dalla volonta’ del (OMISSIS). A parte il fatto che nella sentenza impugnata non si sarebbe data alcuna sostanziale risposta agli specifici rilievi svolti nei motivi di gravame.
Con il secondo motivo di ricorso si ribadisce la inutilizzabilita’ delle testimonianze (OMISSIS) e (OMISSIS), in quanto assunte in violazione dell’articolo 63 c.p.p., comma 2.
Con il terzo motivo si insiste nella eccezione di incompetenza territoriale, ribadendosi il radicamento della competenza a (OMISSIS) e non ad (OMISSIS), in quanto nella Capitale era stato concluso (in data 14-9-2000) il primo dei tre contratti asseritamente estorti dal (OMISSIS) alle parti offese.
Con un secondo ricorso, a firma dell’avv. (OMISSIS), si insiste nella eccezione di incompetenza territoriale e in quella di inutilizzabilita’ delle testimonianze (OMISSIS) e (OMISSIS), e, in ogni caso, si sostiene che il reato ascritto al (OMISSIS) avrebbe dovuto essere derubricato in quello di cui all’articolo 393 c.p.c., si lamenta la mancata esclusione della parte civile Comune di Arezzo.
Con una successiva memoria (a firma dell’avv. (OMISSIS)), depositata in prossimita’ della odierna pubblica udienza, si insiste per l’accoglimento del ricorso, sostenendo, in particolare, che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, l’andamento del procedimento amministrativo relativo alla approvazione della variante urbanistica non presentava anomalie e che le testimonianze acquisite nel corso del dibattimento di primo grado, ritenute essenziali ai fini della condanna, appartenevano in realta’ al medesimo polo di interessi facente capo alla cordata (OMISSIS)- (OMISSIS), sicche’ avrebbero dovuto essere valutate in modo ben piu’ penetrante e rigoroso, anche in considerazione delle versioni inconciliabili delle medesime circostanze di fatto offerte da detti testimoni.
13.-. (OMISSIS), con un primo ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS), denuncia:
– Violazione di legge in riferimento alla mancata esclusione della parte civile, Comune di Arezzo, priva di legittimazione.
– Incompetenza per territorio, dovendosi ritenere competente l’Autorita’ Giudiziaria di Roma per essersi il primo contratto stipulato nella Capitale in data 14-9-2000.
– Violazione di legge e vizio di motivazione per la inutilizzabilita’ delle testimonianze (OMISSIS) e (OMISSIS), in quanto assunte in violazione dell’articolo 63 c.p.p., comma 2.
– Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’articolo 521 c.p.p., per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che il rinvio a giudizio fosse avvenuto proprio per il reato di estorsione, qualificando come un refuso il riferimento nel decreto dispositivo del giudizio a fatti concussivi.
– Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilita’, trattandosi nel caso in esame di una motivazione meramente apparente.
Con un secondo ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS), (OMISSIS) ripercorre con dovizia di argomenti le censure gia’ svolte e insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
DIRITTO
14.-. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di incompetenza territoriale ritualmente formulata dai difensori di (OMISSIS) e (OMISSIS).
Secondo i predetti ricorrenti, la competenza per territorio in riferimento al reato di estorsione continuata in concorso, loro ascritto al capo 9) della rubrica, si sarebbe radicata a (OMISSIS) e non ad (OMISSIS), in quanto nella Capitale era stato concluso (in data 14-9-2000) il primo dei tre contratti asseritamente estorti dal (OMISSIS) alle parti offese.
Nel citato capo 9) della rubrica (OMISSIS) e (OMISSIS) risultano imputati dei delitti di cui agli articoli 110, 81 cpv. e 629 c.p., per avere, in concorso tra loro, con una serie di condotte minacciose e di pressioni illecite analiticamente descritte, costretto dapprima (OMISSIS) a sottoscrivere (in data 29-9-2000) una scrittura privata con cui la ” (OMISSIS) s.p.a.” si impegnava a corrispondere al (OMISSIS) la somma di lire 1,5 miliardi (somma cosi’ ridotta rispetto all’originario accordo del 14-9-2000, che prevedeva la corresponsione di due miliardi di lire) formalmente a titolo di indennizzo per rinunciare al progetto di multisala concorrente (scrittura firmata contestualmente ad altra con cui (OMISSIS) si impegnava con (OMISSIS) a versare la meta’ di quanto preteso dal (OMISSIS)), e successivamente ancora costretto (OMISSIS) a sottoscrivere (in data 12-4-2001) altra scrittura privata, con cui lo stesso si impegnava direttamente verso (OMISSIS) a versare la somma di 1,2 miliardi di lire, in tal modo procurando al (OMISSIS) l’ingiusto profitto derivante dall’impegno contrattuale a corrispondergli le somme sopra indicate, impegno che poi, a fronte del rifiuto delle persone offese, il (OMISSIS) aveva fatto valere con successo in via giudiziale (reato contestato come commesso “in (OMISSIS) nel settembre 2000 e (OMISSIS) nell’aprile 2001”).
La Corte d’Appello di Firenze, nel concludere per l’infondatezza di tale eccezione di incompetenza territoriale, ha in primis richiamato la motivazione con la quale identica questione era stata superata prima dal GUP e poi dal Tribunale di Arezzo (non essere le pattuizioni di Roma oggetto di addebito ed essere state indicate in imputazione soltanto a titolo esplicativo, tanto che le persone offese erano state individuate nel (OMISSIS) e nel (OMISSIS) e non nel (OMISSIS), che, per conto della (OMISSIS), le aveva sottoscritte) e, in secondo luogo, ha osservato che quelle pattuizioni del 14-9-2000 non avevano determinato alcuna obbligazione in capo alla (OMISSIS) e, correlativamente, alcun profitto per il (OMISSIS), in quanto erano sottoposte alla condizione, tra le altre, che l’area assentita per le attivita’ commerciali fosse di mq. 2.500 e gia’ da allora appariva improbabile il suo avveramento (tanto che la CAT nella seduta del 12-9-2000 aveva deciso di accogliere l’osservazione della Confesercenti di limitare tale superficie a mq. 1.500) e comunque non si era avverata quando era stato stipulato il secondo accordo in (OMISSIS). In definitiva, secondo la Corte d’Appello di Firenze, l’atto del 14-9-2000 non poteva produrre alcun effetto rilevante ai fini della integrazione del reato di estorsione contestato e, in ogni caso, nessun effetto aveva prodotto fino a quando erano stati stipulati gli accordi del 29-9-2000.
In buona sostanza, la Corte di merito ha ritenuto che, pur essendo stata conclusa in Roma in data 14-9-2000 la prima delle tre scritture private estorte dagli imputati alle parti lese, il giudice territorialmente competente a decidere per i reati in esame fosse il Tribunale di Arezzo per due concomitanti ragioni: la mancanza di uno specifico addebito avente ad oggetto le pattuizioni del 14-9-2000, indicate nel capo di imputazione solo a titolo esemplificativo, come dimostrato dal mancato riconoscimento della qualita’ di persona offesa al (OMISSIS), che, per conto della (OMISSIS), le aveva sottoscritte; il fatto che quelle pattuizioni non avevano comportato alcuna obbligazione in capo alla (OMISSIS) e, correlativamente, alcun profitto per il (OMISSIS), essendo la loro efficacia subordinata ad una condizione (che l’area assentita per le attivita’ commerciale fosse di mq. 2.500) il cui avveramento risultava improbabile gia’ all’atto della stipulazione e che comunque non si era realizzata all’epoca del secondo accordo avvenuto in (OMISSIS).
Si tratta di argomentazioni errate.
In primo luogo nessuna rilevanza assume il fatto che il Pubblico Ministero non abbia riconosciuto autonoma rilevanza giuridica all’accordo di Roma, posto che tale accordo costituisce comunque parte integrante del fatto storico rubricato.
In secondo luogo il fatto che l’efficacia dell’atto di Roma fosse subordinata ad una condizione e’ un dato irrilevante ai fini della integrazione della fattispecie incriminatrice contestata, in quanto nell’estorsione patrimoniale, che si realizza quando al soggetto passivo sia imposto di porsi in rapporto negoziale di natura patrimoniale con l’agente o con altri soggetti, l’elemento dell’ingiusto profitto con altrui danno e’ implicito nel fatto stesso che il contraente-vittima sia costretto al rapporto in violazione della propria autonomia negoziale, impedendogli di perseguire i propri interessi economici nel modo e nelle forme ritenute piu’ confacenti ed opportune (Sez. 6, Sentenza n. 46058 del 14/11/2008, Rv 241924, Russo; Sez. 6, Sentenza n.48461 del 28/11/2013, Rv. 258168, Fontana).
Del resto, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, il delitto di estorsione e’ reato di danno, in quanto il suo momento consumativo coincide con il conseguimento, da parte dell’agente, di un ingiusto profitto con altrui danno. Tale evento, qualora consista nel conseguimento di un atto produttivo di effetti giuridici, deve ritenersi verificato nel momento stesso della formazione dell’atto, a nulla rilevando le successive vicende dell’atto stesso (Sez. 2, Sentenza n. 5586 dell’8/06/1982, Rv. 159507, Fortugno).
In applicazione di questi principi, l’atto di Roma non puo’ non essere ricondotto nel reato di estorsione consumata e, d’altra parte, deve rilevarsi che anche un contratto sottoposto a condizione sospensiva non ancora avveratasi produce obbligazione per il soggetto contraente, il quale e’ tenuto a dare esecuzione al contratto stesso non appena si verifichi l’evento ivi stabilito.
Una volta ricondotto anche l’accordo di Roma del 14-9-2000 nel reato di cui all’articolo 629 c.p., non puo’ non rilevarsene la antecedenza storica rispetto ai successivi eventi estorsivi di pari gravita’ indicati nel capo di imputazione, risultanza determinante ai fini del radicamento della competenza per territorio in Roma, luogo ove appunto ebbe a stipularsi la prima scrittura privata estorta alle parti lese.
L’accoglimento della sollevata eccezione di incompetenza per territorio rende superato l’esame delle ulteriori censure formulate nell’interesse dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS).
La sentenza impugnata e quella del 27 giugno 2008 del Tribunale di Arezzo nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), rese in violazione dell’articolo 16 c.p.p., devono, pertanto, essere annullate senza rinvio con trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Roma competente per territorio.
15.-. Deve poi rilevarsi che i reati p. e p. dall’articolo 323 c.p., di cui ai capi 6A), 6B) e 6D) (ascritti a (OMISSIS)), di cui ai capi 7) e 8) (ascritti a (OMISSIS) ed a (OMISSIS)), di cui al capo 3) (ascritto a (OMISSIS)), nonche’ quello p. e p. dagli articoli 319 e 321 c.p., di cui al capo 4) (ascritto a (OMISSIS)) sono estinti per prescrizione.
Segnatamente il reato ascritto al (OMISSIS) risulta commesso in (OMISSIS) dal novembre 2004 al novembre 2005, sicche’ in riferimento a tale imputazione risultano ampiamente decorsi i termini di prescrizione. Ne’ puo’ sostenersi che le risultanze processuali avrebbero dimostrato che l’imputato era stato “indotto” ad assumere l’ (OMISSIS), con la conseguenza che il fatto sarebbe oggi da inquadrare nelle previsioni del nuovo articolo 319 quater c.p., e con l’ulteriore conseguenza che (in virtu’ del principio di irretroattivita’ delle norme incriminatici) dovrebbe continuare ad applicarsi al (OMISSIS) la diversa fattispecie della concussione di cui alla vecchia formulazione, che non prevedeva la punibilita’ del privato “indotto” a dare o promettere utilita’. Contrariamente a quanto affermato dalla difesa del (OMISSIS), infatti, i dati acquisiti al processo hanno dimostrato il suo inserimento in una sorta di comitato di affari per mercanteggiare la soluzione delle vicende che di volta in volta si prospettavano ed il suo ruolo da protagonista nel sistema, con condivisione dei suoi meccanismi illeciti di finanziamento e partecipazione alle prassi opache di abuso che lo caratterizzavano. Correttamente la Corte di merito ha indicato come importanti conferme di queste conclusioni la riunione per trattare affari presso lo studio (OMISSIS) (alla quale il (OMISSIS) aveva partecipato come autorevole imprenditore con importanti amicizie e non certo in posizione di sudditanza rispetto ai pubblici amministratori interessati) e il comportamento tenuto successivamente da questo imputato, allorquando, valutando la poca efficacia dell’attivita’ dell’ (OMISSIS), non gli aveva rinnovato l’incarico interrompendo i versamenti.
Quanto ai reati di cui agli articoli 81, 110 e 323 c.p., ascritti a (OMISSIS) e (OMISSIS) ai capi 7) e 8), basta ricordare le conversazioni intercettate, la documentazione sequestrata (v. in particolare l’atto di “convenzione” intercorso tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS)) e le testimonianze assunte (elementi ampiamente descritti e riportati nelle sentenze di merito), che hanno correttamente indotto la Corte d’Appello a ritenere ampiamente dimostrato che il sindaco (OMISSIS) e gli architetti liberi professionisti (OMISSIS) (figlio del predetto) e (OMISSIS) si erano previamente accordati affinche’ la progettazione di una serie di importanti realizzazioni urbanistico-edilizie risultasse formalmente opera dello studio del (OMISSIS), con il quale il (OMISSIS) aveva all’uopo convenuto di condividere al 50% gli incarichi, sistema escogitato al fine di consentire al (OMISSIS), oltre che di sollecitare la trattazione di quelle pratiche, anche di non astenersi dalla loro trattazione, votando favorevolmente alla loro approvazione.
Alle medesime conclusioni deve pervenirsi in riferimento alle imputazioni di abuso di ufficio continuato in concorso, contestate a (OMISSIS) ai capi 6A), 6B) e 6D) ed a (OMISSIS) al capo 3) della rubrica. Quanto al (OMISSIS), tutte le risultanze processuali (v. in particolare la documentazione sequestrata e le testimonianze assunte) hanno dimostrato che il predetto imputato, presidente della CAT tra il luglio 2001 ed il settembre 2003, pur avendo ricevuto dai privati interessati ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) incarichi di progettazione del piano sicurezza e coordinamento relativi ai progetti che costoro intendevano realizzare, aveva poi omesso di astenersi nelle sedute della CAT e del Consiglio Comunale ove si decidevano tali varianti. Quanto al (OMISSIS), e’ risultato documentalmente provato che questo imputato, quale membro del consiglio comunale di Arezzo e componente della CAT, aveva omesso di astenersi ed aveva votato a favore nell’esame di una pratica urbanistica di variante alla quale era interessato (OMISSIS), nonostante fosse stato incaricato quale libero professionista a operare i rilievi e a predisporre la medesima pratica dai privati interessati.
Si tratta di reati che risultano contestati al (OMISSIS) e al (OMISSIS) come commessi in (OMISSIS) dal febbraio 2001 al luglio 2005 (capo 7)) e sempre in (OMISSIS) nel giugno-ottobre 2003 (capo 8)), nonche’ al (OMISSIS) come commessi in (OMISSIS) tra il febbraio 2001 ed il dicembre 2003 (capo 6A)), tra il 2002 e il novembre 2003 (capo 6B)) e in periodo antecedente e prossimo al settembre 2001 capo 6C). Infine al (OMISSIS) il reato di abuso di ufficio di cui al capo 3) risulta contestato come commesso in (OMISSIS).
La Corte d’Appello di Firenze, premesso che il reato di abuso di ufficio, come novellato dalla Legge n. 234 del 1997, configura un reato di evento che si consuma con l’avvenuto conseguimento dell’ingiusto vantaggio patrimoniale, ha osservato che per l’individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione non doveva aversi riguardo al momento della delibera favorevole, nella quale gli imputati avevano omesso di astenersi, ma al conseguimento del risultato, cioe’ al momento della percezione da parte dei prevenuti dell’ultima franche del compenso “professionale” (che comprendeva anche quello per l’illecita attivita’ suppletiva posta in essere). Ne derivava che, quanto meno in riferimento agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), il termine prescrizionale relativamente alle pratiche per le quali era intervenuta condanna non era scaduto, in quanto alla data della sentenza di appello (11-1-2012) le relative prestazioni professionali risultavano ancora in fieri e dovevano essere ancora almeno in parte pagate.
In proposito deve ricordarsi che, per giurisprudenza costante, il profitto del reato va identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato stesso e si contrappone al “prodotto” e al “prezzo” del reato. Il prodotto e’ il risultato empirico dell’illecito, cioe’ le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato; il prezzo va individuato nel compenso dato o promesso ad una determinata persona, come corrispettivo dell’esecuzione dell’illecito. Carattere onnicomprensivo si attribuisce – poi – alla locuzione “provento del reato”, che ricomprende “tutto cio’ che deriva dalla commissione del reato” e, quindi, le diverse nozioni di “prodotto”, “profitto” e “prezzo” (S.U., n. 9 del 28 aprile 1999). La nozione di profitto come “vantaggio economico” ritratto dal reato e’ tradizionalmente presente nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. Un. n, 9149 del 3 luglio 1996; Sez. Un. N. n. 29951 del 24 maggio 2004 n. 2995), che, pero’, ha avuto modo anche di precisare che all’espressione non va attribuito il significato di “utile netto” o di “reddito”, ma quello di “beneficio aggiunto di tipo patrimoniale”, a superamento quindi dell’ambiguita’ che il termine “vantaggio” puo’ ingenerare (cfr. Sez. Un., n. 29952 del 24 maggio 2004 n. 29952).
In questo quadro le somme ricavate dalle prestazioni professionali vanno qualificate come prezzo dei reati di abuso di ufficio commessi, mentre il vantaggio ingiusto conseguito dai privati ex articolo 323 c.p., e’ costituito proprio dalle delibere favorevoli ottenute. Sussiste comunque in tutti i casi di specie il requisito della doppia ingiustizia, in quanto proprio nella adozione dell’atto e nel mancato rispetto dell’obbligo di astensione in presenza di interessi chiaramente riconducibili agli agenti con accrescimento della loro situazione giuridica soggettiva sono individuabili i vantaggi patrimoniali illeciti conseguiti.
Ne discende che, una volta ritenuti tutti i reati di abuso di ufficio sopra indicati come consumati alle date indicate nei rispettivi capi di imputazione (e cioe’ alle date delle delibere favorevoli ottenute), tutti i delitti risultano estinti per intervenuta prescrizione.
E’ pur vero che in realta’ questi fatti, una volta rivisitati nei termini di cui sopra, sembrano piuttosto riqualificabili sotto il profilo della corruzione. Per altro, anche in questa prospettiva i fatti stessi sarebbero comunque estinti per prescrizione, in quanto i corrispettivi dei vari episodi di corruzione (dai quali decorrono i relativi termini per la causa estintiva) andrebbero individuati nei conferimenti degli incarichi professionali e non nei pagamenti per le conseguenti prestazioni svolte, che, come tali, non possono essere qualificati come non dovuti.
Per le argomentazioni sopra svolte la sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) perche’ i reati loro rispettivamente ascritti sono estinti per prescrizione con rinvio per le statuizioni civili relative a tali reati al giudice civile competente per valore in grado di appello. Le stesse conclusioni si impongono nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al reato di cui al capo 3).
16.-. Restano da scrutinare le posizioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) in riferimento ai reati di concussione loro rispettivamente ascritti ai capi 1A), 1F), 1G) e ai capi 1C) e 1D) della rubrica.
Entrambi i ricorrenti (v. punti 6 e 7) in realta’ non contestano la ricostruzione dei fatti operata dai Giudici di merito, ma si limitano sostanzialmente a sottolineare che le condotte a loro rispettivamente attribuite sarebbero caratterizzate dalla mancanza di qualunque costrizione e, tutt’al piu’, potrebbero essere inquadrate, ai sensi della Legge n. 190 del 2012, nel frattempo intervenuta, nella categoria dell’induzione, con cio’ integrando il nuovo reato di cui all’articolo 319 quater c.p., ormai prescritto.
Le censure sono infondate.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente chiarito che il delitto di concussione, di cui all’articolo 317 c.p., nel testo modificato dalla Legge n. 190 del 2012, e’ caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della liberta’ di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per se’, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilita’ indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’articolo 319 quater c.p., introdotto dalla medesima Legge n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest’ultimo non si risolva in un’induzione in errore), pressione morale con piu’ tenue valore condizionante della liberta’ di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di piu’ ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perche’ motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico (Sez. U, Sentenza n. 12228 del 24/10/2013, Rv. 258470, Maldera e altri). Nella motivazione di questa Sentenza, le Sezioni Unite hanno precisato che, nei casi ambigui, l’indicato criterio distintivo del danno antigiuridico e del vantaggio indebito va utilizzato, all’esito di un’approfondita ed equilibrata valutazione del fatto, cogliendo di quest’ultimo i dati piu’ qualificanti idonei a contraddistinguere la vicenda concreta. Inoltre si avuto cura di affermare che il reato di concussione e quello di induzione indebita a dare o promettere utilita’ si differenziano dalle fattispecie corruttive, in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre Vextraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l’accordo corruttivo presuppone la par candido contractualis ed evidenzia l’incontro libero e consapevole della volonta’ delle parti.
In definitiva, il delitto di induzione indebita, di cui all’articolo 319 quater c.p., e’ caratterizzato, sotto il profilo oggettivo, da una condotta di pressione non irresistibile da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, che lascia al destinatario un margine significativo di autodeterminazione e si coniuga con il perseguimento di un indebito vantaggio per lo stesso, distinguendosi da quello di concussione, il quale si configura quando la condotta del pubblico ufficiale, prospettando un male ingiusto, limita radicalmente la liberta’ di autodeterminazione del soggetto passivo (Sez. 6, Sentenza n. 5496 del 7/11/2013, Rv. 259055, Moretti).
Come si e’ visto, le risultanze processuali hanno dimostrato che nelle fattispecie in esame (OMISSIS) aveva chiesto contributi in denaro a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per fare esaminare ed approvare celermente la variante urbanistica alla quale i predetti erano interessati capo 1A) e si era fatto promettere un incarico professionale e l’affidamento dell’incarico di amministratore condominiale in alcuni stabili da (OMISSIS), prospettandogli implicitamente conseguenze negative per le pratiche urbanistiche cui questi era interessato in caso di mancato accoglimento delle sue richieste capi 1F) e 1G. (OMISSIS), invece, aveva contattato (OMISSIS) e (OMISSIS), interessati, alla approvazione di varianti urbanistiche rispettivamente per la realizzazione di un albergo e di un’area residenziale, prospettando loro conseguenze negative sull’esito di dette pratiche in caso di mancato accoglimento delle sue richieste di installazione di ascensori forniti dalla ditta di cui il medesimo (OMISSIS) era rappresentante capi 1C) e 1D).
In applicazione dei principi sopra enunciati, deve procedersi ad una approfondita ed equilibrata valutazione dei fatti oggetto del presente giudizio. Ebbene, proprio questa verifica porta inesorabilmente alla conclusione che i dati piu’ qualificanti idonei a contraddistinguere le vicende concrete si incentrano, nei casi esaminati, nei loro aspetti intimidatori, in quanto e’ risultato che i pubblici ufficiali senza dubbio avevano minacciato danni ingiusti (non mettere all’ordine del giorno la pratica… bocciare l’iniziativa… rinviarne la discussione), sicche’ i privati avevano dovuto sottostare alle richieste pur di conseguire i risultati voluti, che, per quanto legittimi, altrimenti sarebbero rimasti irraggiungibili. Confortano queste conclusioni la instaurazione (del tutto dimostrata dagli elementi probatori raccolti) ad opera dei due imputati all’interno della CAT della prassi del tutto arbitraria di trattazione delle pratiche urbanistiche, provvedendo al loro inserimento all’ordine del giorno ed alla loro trattazione senza seguire alcun criterio ne’ logico ne’ cronologico (spesso anche senza alcuna preventiva istruzione da parte degli Uffici Tecnici del Comune) nonche’ gli abusi di potere posti in essere e le richieste di denaro o di altra utilita’ avanzate come condizione per inserire le singole pratiche urbanistiche all’ordine del giorno della Commissione e far loro ottenere parere favorevole, conseguendo cosi’ dai privati interessati denaro o altra utilita’ o la promessa di questi. In buona sostanza proprio la creazione di un potere divenuto del tutto discrezionale da parte dei pubblici agenti (autentici dominatori della Commissione, da loro voluta proprio allo scopo di gestirla in piena autonomia e con pieni poteri) e la prospettazione da parte dei prevenuti, in maniera assolutamente predeterminata e studiata, di un esercizio sfavorevole di tale potere discrezionale, al solo fine di costringere i privati alle prestazioni indebite, integrano certamente le minacce di danno ingiusto, in quanto non funzionali al perseguimento del pubblico interesse, ma chiaro indice di sviamento della attivita’ amministrativa dalla causa tipica. Conseguentemente nelle fattispecie in esame i privati erano certamente vittime di concussione, in quanto si piegavano agli abusi, proprio per scongiurare effetti per loro ingiustamente dannosi.
Per le considerazioni sopra svolte i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) in riferimento ai reati di concussione loro rispettivamente ascritti ai capi 1A), 1F), 1G) e ai capi 1C) e 1D) della rubrica devono essere rigettati e il (OMISSIS) deve essere condannato al pagamento delle spese processuali nonche’ a rifondere le spese sostenute dalla parte civile Comune di Arezzo, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nonche’ quella del 27 giugno 2008 del Tribunale di Arezzo nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) e dispone trasmettersi gli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Roma competente per territorio.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) perche’ i reati loro rispettivamente ascritti sono estinti per prescrizione e rinvia per le statuizioni civili relative a tali reati al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al reato di cui al capo 3) perche’ estinto per prescrizione e rinvia per le statuizioni civili relative a tale reato al giudice civile competente per valore in grado di appello. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS).
Rigetta il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali nonche’ a rifondere le spese sostenute dalla parte civile, Comune di Arezzo, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre iva e cpa.

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