Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 8 novembre 2012, n. 43474

Ritenuto in fatto

1. Il Procuratore delle Repubblica presso il Tribunale di Catania impugna la sentenza in epigrafe indicata con la quale il giudice dell’udienza preliminare del tribunale della medesima città ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di O.V. per il delitto di peculato poiché, quale custode dell’autocarro Mercedes di proprietà di C.G. sottoposto a sequestro amministrativo, circolava alla guida del predetto mezzo, in tal modo appropriandosi di cose altrui di cui aveva la disponibilità in ragione del proprio ufficio.

Il giudice dell’udienza preliminare ha ritenuto che, come affermato dalle Sezioni unite, la condotta di chi circola abusivamente con il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo integra esclusivamente l’illecito previsto e sanzionato dall’art. 213 c.p., comma 4, perché il concorso tra la norma penale di cui all’art. 334 c.p. e quella amministrativa costituita dal medesimo art. 213 codice della strada va giudicato solo apparente, la seconda essendo norma speciale rispetto alla prima, limitatamente, appunto, alla sola circolazione abusiva.

2. Il ricorrente deduce che, dopo la pronuncia delle Sezioni unite, la Corte di cassazione ha precisato che la condotta del custode, non proprietario del mezzo sottoposto a sequestro amministrativo, configura il delitto di peculato e che il principio di diritto cui si è attenuto il giudice dell’udienza preliminare riguardi esclusivamente il custode proprietario del mezzo sottoposto alla misura cautelare amministrativa.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.

La giurisprudenza di legittimità riconduce al delitto di peculato d’uso la condotta di violazione degli obblighi, imposti con il sequestro amministrativo, da parte del custode non proprietario.

Le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato il principio di diritto che la condotta di chi circola abusivamente con il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo integra esclusivamente l’illecito previsto e sanzionato dall’art. 213 c.p., comma 4, perché il concorso tra la norma penale di cui all’art. 334 c.p. e quella amministrativa costituita dal medesimo art. 213 cod. strada va giudicato solo apparente, la seconda essendo norma speciale rispetto alla prima, limitatamente, appunto, alla sola circolazione abusiva (Sez. un. 28 ottobre 2010, dep. 21 gennaio n.1963).

Ad avviso del Collegio, il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite rileva per il solo caso in cui sussista una relazione in qualche modo personale, diretta o indiretta che sia, tra la titolarità del bene sequestrato, cui si riferisce la violazione, e l’autore della condotta di abusiva circolazione, che per sé realizza con immediatezza la condotta di sottrazione. Infatti, la fattispecie sottoposta all’esame delle Sezioni unite era appunto relativa a un contesto che avrebbe altrimenti sollecitato l’applicazione dell’art. 334 c.p. e cioè una situazione nella quale rileva la condotta o del proprietario o di soggetto che in qualche modo agisca con il consenso o nell’interesse del primo, sottraendo alla custodia il bene mediante la circolazione abusiva.

Tale relazione necessaria è, sia pure indirettamente, confermata dalla previsione, nell’art. 213 C.d.S., della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che risulta effettivamente congrua a ricollegare anche la stessa fattispecie amministrativa ad una sorta di “patologia” di una situazione altrimenti “fisiologica” di circolazione del mezzo e di idoneità alla guida di chi ne ha la legittima disponibilità d’uso.

Diversa è la situazione del custode, persona terza e che agisca per proprio interesse, poiché in tal caso rileva la sua qualifica pubblicistica e la funzione conseguentemente svolta, nell’interesse pubblico che comporta l’appropriazione da parte di un soggetto del tutto estraneo ad ogni relazione con il bene sequestrato e in violazione degli obblighi propri dello svolgimento di uno specifico servizio pubblico.

Va pertanto riaffermato il principio di diritto che la fattispecie di impossessamento, consumata dal custode che non sia proprietario del mezzo o che non agisca in suo concorso o nel suo interesse e che si realizzi con la condotta di abusiva circolazione di mezzo sottoposto a sequestro, configura il delitto di peculato d’uso (Sez. 6, 15 giugno 2011, dep. 8 luglio 2011, n. 26812).

4. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Catania cui, nel rispetto dei principi enunciati, spettano le ulteriori scelte di merito sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catania.

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