Corte di Cassazione, sezione VI tributaria, ordinanza 13 aprile 2017, n. 9610

Costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe, sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI tributaria

ordinanza 13 aprile 2017, n. 9610

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13900-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona dei Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 945/20/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA-ROMAGNA, depositata il 27/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/03/2017 dal Consigliere Dott, GIULIA IOFRIDA.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di (OMISSIS), in qualita’ di socio accomandatario della cessata (OMISSIS) sas, (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna n, 945/20/2015, depositata in data 27/04/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso, Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ex articolo 54, per IVA sugli acquisti indebitamente detratta dalla societa’ (costituita nel 2003, esercente attivita’ di “lavori generali di costruzione di edifici”, e cancellata nel 2007, a seguito della sola realizzazione di due unita’ immobiliari, vendute, nel 2006″ ai due unici soci della stessa), in relazione all’anno d’imposta 2005, stante carattere elusivo dell’attivita’ svolta dalla societa’, priva di una valida ragione economica e posta al solo scopo di conseguire un risparmio d’imposta, – e’ stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso dei contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, ne respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto, come gia’ ribadito dai giudici di primo grado, che, essendo necessaria, al fine di integrare l’abuso del diritto, la coesistenza di un indebito vantaggio fiscale, dell’assenza di valide ragioni economiche e dell’utilizzo distorto di strumenti giuridici, nella specie, non ricorrevano i suddetti elementi strutturali, in quanto l’indebito vantaggio fiscale, pacificamente pari a circa Euro 10.000,00 non puo’ essere considerato tale a fronte di un’operazione durata – quattro anni con costi e ricavi superiori ad un milione di Euro” ed erano “perfettamente sussistenti e valide le ragioni economiche poste a base della scelta di fare impresa (chiunque deve poter tentare) e, conseguentemente, lecito l’utilizzo degli strumenti giuridici all’uopo necessari”.

A seguito di deposito di proposta ex articolo 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente, con affermazioni apodittiche, non corrispondenti alla realta’ ed ai fatti processuali.

2. La censura e’ infondata. La giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ ha affermato che si ha motivazione omessa ci apparente quando il giudice di merito omette di indicare, ne contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desumo proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (v, Cass. n. 16736/2007).

Cio’ non ricorre nel caso in esame, laddove la C.T.R., sia pure in maniera sintetica, ha ritenuto di dovere confermare quanto statuito dai giudici di primo grado in ordine alla non ricorrenza dei presupposti fondanti la contestata indebita detrazione dell’IVA, per l’intento esclusivamente elusivo di tutta l’operazione. Si tratta di una motivazione che non puo’ considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione. I profili di apoditicita’ e contraddittorieta’ della motivazione, censurati col motivo in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo cosi’ radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneita’ ad assolvere alla funzione cui Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 36 (cfr. Cass. 5315/2015).

3. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta, ex articolo 360 c.p.c., la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 54, 17 e 19 e articolo 2697 c.c., avendo, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., l’Amministrazione finanziaria fornito elementi sintomatici della condotta abusiva (utilizzare i benefici fiscali derivanti dalla tassazione delle imprese, ai fine di costruire ed acquistare abitazioni personali, avendo la societa’, nei primi tre anni, sostenuto solo ingenti costi e conseguito, solo nel 2006, ricavi, in misura pressoche’ pari ai costi, a seguito della cessione degli immobili costruiti ai due soci), mentre contribuente, sul quale ricadeva l’onere di provare l’esistenza di un contenuto economico dell’operazione diverso dal mero risparmio fiscale, si era limitato a dedurre di avere costituito a societa’ al fine di costruire e rivendere immobili, ma che, essendo rimasti gli appartamenti costruiti invenduti, egli era stato costretto ad acquistarli in proprio, con successiva chiusura della societa’, dopo circa quattro anni” stante l’insuccesso imprenditoriale.

4. La censura e’ fondata.

La Corte di giustizia costantemente ribadisce che, perche’ possa parlare di pratica abusiva, occorrono due condizioni: 1) da un lato, le operazioni devono, nonostante applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni; dall’altro, deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo essenziale dell’operazione controversa e’ l’ottenimento di un vantaggio fiscale (Corte giust, in causa Klub OOD, punto 48; Corte giust. 21 febbraio 2006, C- 255/02, Halifax ed altri, punti 74 e 75). Le sezioni unite di questa Corte, anche con riguardo alle imposte dirette, hanno affermato che non puo’ non ritenersi insito nell’ordinamento, come diretta derivazione delle norme costituzionali, principio secondo cui il contribuente non puo’ trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei risparmio fiscale (Cass., sez. un., 23 dicembre 2008, n. 30057; vedi, in particolare, in tema di cessione di quote e fusione per incorporazione, (Cass. 30 novembre 2012, n. 21390; Cass. 653/2014).

Questa Corte (Cass. 4603/2014) ha altresi’ affermato, in punto di onere della prova; che “costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, sicche’ il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe, sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalita’ di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pevenire quel risultato fiscale”.

Nella specie la C.T.R. non fatto corretta applicazione di tali principi di diritto, affermando che l’Agenzia non aveva mai fornito la prova che l’intento economico unico dell’operazione fosse un indebito risparmio fiscale, non avendo dato alcun rilievo ai diversi elementi sintomatici della sussistenza dell’abuso, allegati dalla stessa (l’essere stata costituita la societa’ nel settembre 2003, con due soli soci, i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), e l’essere la stessa priva di dipendenti e con una sede, di appena due mq, corrispondente a quella di altre societa’ participate dal (OMISSIS); L’avere la societa’ svolto attivita’ edile consistente nella sola costruzione di due unita’ immobiliari; il fatto che gli unici ricavi, a fronte di ingenti costi, avevano riguardato l’anno 2006, a seguito della vendita dei due unici appartamenti costruiti, effettuata nei confronti dei medesimi soci; la cancellazione della societa’ nel gennaio 2007).

La C.T.R. si e’ limitata, del tutto genericamente, ad affermare che sussistevano “valide ragioni economiche pose a base della scelta di fare impresa (chiunque deve potere tentare)”, con conseguente liceita’ degli strumenti giuridici all’uopo necessari”.

5. Il terzo motivo, implicante vizio di omesso esame, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dall’asserito vantaggio fiscale di soli Euro 10.000,00, sempre negato dall’ufficio, il quale ha sostenuto che l’indebito vantaggio era costituito dall’indebita detrazione dell’IVA, non ottenibile da un privato, e’ assorbito.

6. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei secondo motivo del ricorso, respinto il primo ed assorbito il terzo, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Emilia-Romagna, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvedera’ alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, respinto il primo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Emilia-Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

Motivazione semplificata.

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