Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite

ordinanza 13 luglio 2015, n. 14554

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente Sezione

Dott. CICALA Mario – Presidente Sezione

Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso, ex articolo 375 c.p.c., n. 4, proposto da:

(OMISSIS) residente a (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta delega in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliato nel relativo studio in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASALBORGONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta delibera di G.C. n.5 del 2010 e delega in calce al controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

Avverso la sentenza n.53/06/2009, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Torino, Sezione Sesta in data 22.09.2009, depositata il 21 ottobre 2009;

Udita la relazione della causa, svolta all’udienza del 12 maggio 2015, dal Consigliere Dott. Antonino Di Blasi;

Udito, altresi’, l’Avv. (OMISSIS), giusta delega del difensore, per il Comune controricorrente;

Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) impugnava in sede giurisdizionale la cartella esattoriale con cui il Comune di Casalborgone, reclamava il pagamento, relativamente all’anno 2002, di spese legali per un ammontare di euro 1.168,36, sulla base della sentenza n. 41.03.2002, resa dalla CTP di Torino, in giudizio tra gli stessi gia’ vertente ed ormai definito anche in Cassazione.

L’adita CTP di Torino, Sezione Sesta, giusta decisione n. 100, depositata il 20.09.2007, accoglieva il ricorso ed annullava la cartella impugnata ed il presupposto ruolo esattoriale.

In data 26.10.2007, il (OMISSIS), sulla base della ottenuta sentenza di annullamento della pretesa, presentava al Comune precitato, istanza di sgravio delle reclamate somme, la quale veniva rigettata dall’Ente, che motivava il diniego con la non definitivita’ della sentenza.

Detto diniego veniva, pure, impugnato dal (OMISSIS) in sede giurisdizionale; con il proposto ricorso veniva reclamato il diritto all’immediato sgravio, essendo provvisoriamente esecutiva l’ottenuta sentenza di annullamento, e l’adita CTP di Torino, giusta sentenza n.88, depositata il 09.10.2008, pronunciando sul detto ricorso, nella resistenza del Comune, che eccepiva il difetto di giurisdizione e, comunque, l’infondatezza delle doglianze, dichiarava il ricorso inammissibile, argomentando che doveva, comunque, escludersi la possibilita’ di ricondurre il provvedimento impugnato nell’ambito della previsione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19.

Sia il Comune, giusto atto 18 gennaio 2008, sia pure il (OMISSIS), con atto 27 gennaio 2008, impugnavano la citata decisione che, pero’, veniva confermata dal giudice di secondo grado, giusta sentenza della CTR Piemonte n. 53, depositata il 21.10.2009 ed in questa sede impugnata.

In particolare, i Giudici di appello giustificavano il decisum, rilevando che la statuizione di primo grado, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario, era dirimente ed assorbente di ogni questione di merito ed andava, quindi, confermata.

Esprimevano, altresi’, condivisione per la prospettazione difensiva di merito del Comune di Casalborgone, secondo cui il diniego opposto alla richiesta di sgravio non poteva essere ricondotto alle previsioni del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, sia perche’ le spese legali iscritte a ruolo non risultavano essere state mai pagate dal ricorrente e, d’altronde, la norma prevede la possibilita’ del ricorso solo contro il rifiuto espresso o tacito alla “restituzione di tributi di ogni genere e specie”, sia pure perche’, nel caso, oggetto di causa non erano “tributi”, bensi’ spese di giustizia”.

Rilevava, infine, l’infondatezza delle censure del (OMISSIS), tenuto conto della non definitivita’ della originaria decisione di annullamento della cartella, nonche’ del fatto che l’importo iscritto a ruolo non risultava essere stato mai pagato e che la fattispecie non era riconducibile al disposto del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 68, comma 2, del quale, infondatamente, veniva denunciata la violazione.

Con ricorso 04 gennaio 2010, il ricorrente (OMISSIS) ha chiesto la cassazione dell’impugnata sentenza, sulla base di tre mezzi.

L’intimato Comune, giusto controricorso 18-19 febbraio 2010, ha chiesto che l’impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata.

Con ordinanza n. 1579/2015 del 21-28 gennaio 2015, la Sezione Tributaria Civile di questa Corte, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per le valutazioni di competenza in ordine alla questione di giurisdizione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, l’impugnata decisione viene censurata per violazione, mancata e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2, comma 1 e 3, Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, articolo 2, Legge n. 241 del 1990, articoli 3 e 13, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.

Si deduce l’erroneita’ della pronuncia, per non avere considerato che, trattavasi, nel caso, di spese giudiziarie, dovute in base a sentenza emessa in precedente giudizio tributario, in quanto tali riconducibili, quindi, al disposto del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2, come modificato dalla Legge n. 448 del 2001, articolo 12, comma 2, che nello attribuire al giudice tributario le controversie relative ai tributi di ogni genere, vi annovera anche “ogni altro accessorio”.

Con il secondo mezzo si denuncia violazione a mancata applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, comma 1, lettera g), e articolo 282 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Con il terzo motivo viene prospettata la violazione e mancata o falsa applicazione dell’articolo 282 c.p.c., commi 1 e 2, Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 68, comma 2, e articolo 70, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.

Dagli atti in esame emerge che la pretesa del Comune, oggetto del giudizio di che trattasi, riguarda le spese di giustizia liquidate dalla CTP di Torino nella sentenza n.41.03.2002, confermata in sede di appello e, a seguito del ricorso di legittimita’, anche in Cassazione.

Trattasi, quindi, di statuizione di condanna, adottata ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 15, nell’ambito di processo tributario, cui tornano applicabili le relative disposizioni, in tema di giurisdizione.

Osserva il Collegio che, alla stregua del disposto del previgente Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2, comma 1, “Sono soggette alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie le controversie concernenti”… omissis.. “h) i tributi comunali e locali”.

D’altronde, in base al secondo comma del medesimo articolo, “Sono inoltre soggette alla giurisdizione tributaria le controversie concernenti le sovraimposte e le imposte addizionali nonche’ le sanzioni amministrative, gli interessi ed altri “accessori nelle materie di cui al comma 1”.

Peraltro, il citato Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2, comma 1, come modificato, con decorrenza 03.12.2005, dal Decreto Legge 30 settembre 2005, n. 203, articolo 3 bis, comma 1, lettera a), per quanto rileva in questa sede, ha sostanzialmente, confermato la previgente disposizione, assegnando alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionale, provinciale e “comunali” ed “ogni altro accessorio”.

Significativa, poi, deve ritenersi la circostanza che il Legislatore, nell’individuare gli “atti impugnabili e l’oggetto del ricorso tributario”, abbia mantenuto la stessa formulazione, individuando, quale atto impugnabile, giusta la previsione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, comma 1, lettera g), quello concernente il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o “altri accessori non dovuti”.

Il quadro normativo di riferimento giustifica, quindi, l’affermazione della giurisdizione tributaria, dovendo ritenersi che, trattandosi di somme pretese per spese legali liquidate, con sentenza passata in giudicato, nell’ambito di precedente giudizio tributario, il relativo contenzioso debba essere ricondotto, alla stregua del delineato quadro normativo, nell’ambito delle previsioni che assegnano alla stessa le controversie concernenti tutti gli “altri accessori” relativi alle materie espressamente contemplate.

Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: In base al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2 comma 1, secondo cui tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati, compresi quelli regionale, provinciale e “comunali” ed “ogni altro accessorio”, rientra nella giurisdizione tributaria, la controversia concernente la debenza di somme, liquidate a titolo di spese processuali dalle Commissioni Tributarie nel corso di giudizio innanzi alle stesse svoltosi su materie devolute alla relativa giurisdizione, dovendo ritenersi che le espressioni utilizzate dal Legislatore, quali “ogni altro accessorio” o “altri accessori” per la loro latitudine, ricomprendano, senz’altro, le spese processuali.

Conclusivamente, in applicazione delle richiamate disposizioni di legge e del trascritto principio, va riconosciuta ed affermata la giurisdizione del Giudice tributario a conoscere del processo di che trattasi e dichiarati assorbiti gli altri motivi.

L’impugnata sentenza che, pronunciando nel merito, ha disatteso il quadro normativo di riferimento e non risulta in linea con l’affermato principio, va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della CTR del Piemonte perche’ proceda al riesame e quindi decida la causa, adeguandosi alle richiamate disposizioni di legge ed all’affermato principio e pronunci anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; afferma la giurisdizione del Giudice tributario a conoscere della fattispecie per cui e’ controversia; cassa l’impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della CTR del Piemonte per il riesame e per la pronuncia sulle spese processuali.

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