SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Sentenza 14 ottobre 2013, n. 23218

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. –

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente Sez. –

Dott. RORDORF Renato – rel. Presidente Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6424/2009 proposto da:

FRIGOSUD S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO TORALDO, rappresentata e difesa dagli avvocati ALDO PAPARO, PALASCIANO ALESSANDRO, per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ADDA 87, presso lo studio dell’avvocato ALBANO MARIO, rappresentato e difeso dagli avvocati ARABIA MAURIZIO, PANUCCIO VINCENZO, per delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 651/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 19/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/09/2013 dal Presidente Dott. RENATO RORDORF;

uditi gli avvocati Alessandro PALASCIANO, Vincenzo PANUCCIO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 16 marzo 1993 il sig. P.G., socio della Frigosud s.r.l. in liquidazione, impugnò la deliberazione con la quale il 18 dicembre 1992, in sua assenza, l’assemblea della società aveva approvato il bilancio chiuso al 31 dicembre dell’anno precedente, oltre ad assumere alcune deliberazioni connesse. L’attore censurò dette deliberazioni sotto diversi profili e, con riguardo all’aspetto che qui rileva, lamentò la violazione dei termini di convocazione dell’assemblea, fissati dall’art. 11 dello statuto sociale.

La società convenuta si costituì in giudizio deducendo, sul punto, che l’avviso di convocazione era stato spedito nel rispetto del prescritto termine di quindici giorni anteriori alla riunione.

Il Tribunale di Catanzaro rigettò l’impugnazione dichiarando la validità del procedimento e delle deliberazioni adottate.

Il gravame proposto dal sig. P. fu accolto dalla Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza resa pubblica il 19 settembre 2008. Detta corte ritenne infatti la riunione assembleare irregolarmente costituita, perchè la raccomandata contenente l’avviso di convocazione, pur tempestivamente spedita il 28 novembre 1992, risultava essere stata ricevuta dal destinatario solo il successivo 19 dicembre 1992, cioè il giorno stesso della riunione, senza alcuna prova che la tardiva ricezione fosse dipesa da irreperibilità del destinatario o dall’assenza da casa di persona di famiglia autorizzata a ricevere la posta, o comunque da cause imputabili al destinatario medesimo. Nessun rilievo, a giudizio della corte d’appello, poteva poi essere attribuito ad un secondo avviso di convocazione per la stessa assemblea, notificato al sig. P. l’11 dicembre 1992, giacchè esso risultava spedito, oltre che ricevuto, in un termine inferiore a quello statutariamente prescritto.

Avverso tale sentenza la società Frigosud ha proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione e la falsa applicazione dei principi di diritto in materia di spedizione dell’avviso di convocazione dell’assemblea di società a responsabilità limitata, nonchè la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo.

Con ordinanza n. 14770 del 4 settembre 2012 il collegio della prima sezione, cui il ricorso era stato assegnato, ne ha sollecitato la rimessione alle sezioni unite ravvisandovi questioni di massima e di particolare importanza concernenti il procedimento di convocazione dell’assemblea di società a responsabilità limitata. In particolare l’ordinanza solleva tre collegati interrogativi: a) se, una volta provata dalla società la tempestiva e regolare spedizione dell’avviso di convocazione nel domicilio indicato dal socio, quest’ultimo possa dimostrare di non avere ricevuto l’avviso (affatto o) in tempo utile per la sua partecipazione all’assemblea; b) se, in caso di risposta positiva a tale quesito, sia demandato al prudente apprezzamento del giudice lo stabilire di volta in volta se l’intervallo tra la ricezione dell’avviso di convocazione e la riunione assembleare appaia idoneo, in relazione alle materie all’ordine del giorno, a consentire al socio una partecipazione “informata” alla riunione assembleare; c) se, in tale prospettiva, possa assumere rilevanza anche l’informazione acquisita, in tempo utile, dal socio aliunde, cioè con mezzo diverso dalla prescritta raccomandata spedita nel termine.

Il ricorso è stato pertanto discusso dinanzi alle sezioni unite, dopo che entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. E’ stata preliminarmente eccepita l’inammissibilità del ricorso per inadeguata formulazione del quesito di diritto che lo correda, a norma dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis).

L’eccezione è infondata.

Il quesito di diritto è puntualmente collegato alla disposizione dell’art. 2484 c.c. (nella formulazione precedente la riforma del diritto societario attuata con D.Lgs. n. 6 del 2003) e tende a far affermare il principio secondo cui l’assemblea di una società a responsabilità limitata deve reputarsi regolarmente convocata volta che i relativi avvisi siano stati spediti ai soci entro il termine a tal fine previsto dallo statuto, anche se la loro ricezione sia avvenuta in un momento successivo alla scadenza di detto termine, qualora consti che prima dell’assemblea i soci abbiano avuto comunque conoscenza dell’avviso di convocazione.

Il quesito è attinente alla fattispecie in esame, avendo il giudice di merito accertato che al sig. P., socio della Frigosud s.r.l., l’avviso di convocazione dell’assemblea fu spedito nel rispetto del termine di quindici giorni previsto dallo statuto sociale, ma che fu ricevuto dopo la scadenza di detto termine, il giorno stesso in cui l’adunanza dei soci ebbe luogo, con l’ulteriore precisazione che sette giorni prima gli era stato spedito (ed egli aveva ricevuto) un ulteriore analogo avviso di convocazione.

Pienamente ammissibile si rivela perciò il motivo con cui la società ricorrente denuncia la violazione del citato articolo del codice civile, assumendo che l’iter procedimentale di convocazione dell’assemblea sarebbe stato soddisfatto già con la tempestiva spedizione della raccomandata contenente il primo avviso di convocazione, essendo questo il solo adempimento prescritto al riguardo, tanto più che, nella specie, il socio aveva comunque avuto effettiva conoscenza della riunione e del relativo ordine del giorno mediante l’ulteriore avviso, pur non dovuto, notificatogli sette giorni prima a mezzo di ufficiale giudiziario.

Occorre però aggiungere che il ricorso deve esser preso in esame sotto il solo profilo di violazione e falsa applicazione di legge ora indicato, in quanto l’ulteriore profilo di censura, formalmente riferito all’asserita contraddittorietà della motivazione dell’impugnata sentenza, non evidenzia in realtà alcun elemento di fatto rispetto al quale detta motivazione appaia carente, ma sostanzialmente si ricollega alla medesima questione di diritto sopra richiamata.

2. La questione controversa è puntualmente enunciata nell’ordinanza con cui la prima sezione civile ha sollecitato la rimessione del ricorso alle sezioni unite. Si tratta di stabilire se, nel quadro normativo regolante la società a responsabilità limitata all’epoca della riunione assembleare di cui si discute (quadro normativo che, peraltro, non appare aver per questo aspetto subito sostanziali modifiche con l’introduzione del nuovo art. 2479 bis c.c.), debba attribuirsi rilevanza decisiva, ai fini della validità ed efficacia della convocazione del socio avente diritto a partecipare all’adunanza, alla sola spedizione dell’avviso (nel domicilio indicato nel libro dei soci al tempo della vicenda per cui è causa, ed ora nel registro delle imprese) entro il termine fissato dall’atto costitutivo (nella specie, quindici giorni prima della data dell’adunanza) o altrimenti dall’art. 2484 c.c., comma 1, (ora dall’art. 2479 bis, comma 1); o se, ai medesimi fini, sia altresì rilevante – ed eventualmente in quali limiti – la circostanza che l’avviso, spedito nel rispetto del suddetto termine, sia poi effettivamente giunto a destinazione in tempo utile per consentire al socio la partecipazione all’assemblea.

3. Va premesso che, nel caso in esame, la convocazione dell’assemblea sociale era all’epoca espressamente disciplinata dallo statuto della società. Ciò, a prima vista, potrebbe far pensare che non ci sia spazio per occuparsi in questa sede di quanto l’art. 2484 c.c., (nella formulazione vigente al tempo dei fatti di causa ed oggi sostituito dall’art. 2479 bis, comma 1), prevede in materia, giacchè tale disposizione è destinata ad operare solo in difetto di una diversa previsione dello statuto o dell’atto costitutivo, e qui una diversa disposizione per l’appunto c’era.

Senonchè, quando fu tenuta l’assemblea di cui si discute, la disciplina statutaria della società ricorrente risultava formulata in maniera sostanzialmente corrispondente alla citata disposizione dell’art. 2484, con la sola differenza che il termine di otto giorni, in detta norma previsto, era fissato dallo statuto sociale in quindici giorni anzichè in otto. Si può perciò ritenere che l’autonomia statutaria si fosse esercitata solo per quel che riguarda la durata del predetto termine, senza deroga alcuna al regime legale quanto all’individuazione del dies a quo della sua decorrenza. Non viene perciò meno la necessità d’interrogarsi sull’interpretazione e sulla corretta applicazione di quella disciplina legale nella parte in cui lo statuto vi corrisponde ed assolve quindi ad una funzione meramente riproduttiva del dettato codicistico. E, poichè l’assemblea che ha assunto le deliberazioni impugnate si è in effetti tenuta dopo il decorso di quindici giorni dalla spedizione dell’avviso di convocazione al socio poi impugnante, ma il giorno stesso della ricezione di detto avviso (in un termine inferiore ai quindici giorni dalla spedizione e dalla ricezione di un ulteriore avviso, frattanto inviato al medesimo socio), non ci si può esimere dall’affrontare la principale questione dibattuta in causa: se cioè quel termine dovesse esser fatto decorrere dal momento della spedizione o da quello della ricezione dell’avviso di convocazione dell’assemblea.

4. La stessa ordinanza che ha sollecitato la rimessione del ricorso alle sezioni unite rileva che sulla questione anzidetta si registrano molteplici interventi della dottrina e della giurisprudenza di merito, ma che raramente essa è stata affrontata da questa Corte.

In una ormai risalente pronuncia (Cass. n.3587 del 1975) dal disposto dell’art. 2484 c.c., comma 1 – a tenore del quale è la spedizione della raccomandata contenente l’avviso di convocazione al domicilio risultante nel libro soci che deve aver luogo in un determinato termine, senza alcun riferimento al tempo di ricezione del medesimo avviso – si è fatta discendere la presunzione assoluta di conoscenza della convocazione da parte del destinatario ove la spedizione sia avvenuta secondo le prescrizioni dettate dalla norma citata.

Più recentemente Cass. n. 15672 del 2007 ha affermato che, qualora almeno otto giorni prima dell’assemblea l’avviso di convocazione sia stato spedito con lettera raccomandata al domicilio del socio, quale da lui stesso indicato ai fini dell’iscrizione nel libro dei soci, tale adempimento è idoneo ad innescare validamente le ulteriori fasi del procedimento assembleare anche in caso di mancato recapito dell’avviso dovuto a inesattezza del domicilio indicato. In quest’ultima pronuncia non si giunge però ad affermare che la spedizione dell’avviso nel termine prescritto generi una presunzione assoluta di tempestivo ricevimento dell’avviso medesimo da parte del destinatario, ma si fa leva sul principio di buona fede, che deve presidiare l’esecuzione degli atti societari, in forza del quale diviene irrilevante l’eventuale difetto di ricezione dell’avviso di convocazione da parte del socio ove ciò sia dipeso da cause a lui stesso imputabili (quale l’inesattezza nell’indicazione del proprio domicilio nel libro dei soci). Merita peraltro di essere ricordato che, nell’enunciare il principio di cui sopra, la sentenza da ultimo citata ha sottolineato come la convocazione in assemblea debba essere riguardata non tanto quale atto negoziale a sè stante, al fine di argomentare dal suo carattere recettizio, bensì nella funzione procedimentale che gli è propria, ossia come segmento del procedimento assembleare delineato dalla legge, alla stregua del quale è agevole intendere la ragione che ha indotto il legislatore a fissare l’attenzione sul momento della spedizione (anzichè della ricezione) dell’avviso, allo scopo di privilegiare la speditezza del procedimento medesimo con positivi riflessi sulla stabilità e certezza dei conseguenti deliberati assembleare.

5. Orbene, per inquadrare correttamente il problema che oggi si pone all’attenzione delle sezioni unite, appare indispensabile ricordare anzitutto che, per la valida formazione di un atto collegiale, quale è indubbiamente la deliberazione assembleare di società, bisogna che quell’atto promani da un organo idoneamente costituito; e che, per l’idonea costituzione di un tale organo, è di regola necessario che tutti coloro i quali sono chiamati a formarne la volontà siano posti in condizione di farlo. Nel caso dell’assemblea di società ciò si traduce nella necessità che – come meglio si preciserà anche in seguito – ai soci, o in generale ai titolari del diritto di intervento e di voto, sia consentito di esercitare questo loro diritto.

E’ predisposto proprio a questo fine il procedimento di convocazione dell’assemblea sociale, nel cui ambito, ove si tratti di società a responsabilità limitata, s’inserisce l’adempimento consistente nel redigere ed inviare a ciascun socio l’avviso di convocazione dell’adunanza con l’indicazione degli argomenti da trattare (il cosiddetto ordine del giorno). Il rispetto dell’indicato procedimento di convocazione è dunque un presupposto necessario della regolare costituzione dell’assemblea (fatta salva l’ipotesi dell’assemblea totalitaria, di cui al citato art. 2479 bis, u.c., che qui però non ricorre).

Il legislatore, con la norma dispositiva (oggi divenuta suppletiva) contenuta nel citato art. 2484 c.c. (oggi art. 2479 bis, comma 1), ha inteso appunto disciplinare il procedimento di convocazione dell’assemblea, quale presupposto della regolare costituzione dell’organo chiamato ad esprimere la volontà della società, e lo ha fatto specificando sia il modo della convocazione (lettera raccomandata), sia il contenuto essenziale di essa (l’ordine del giorno, oltre ovviamente alle indicazioni di luogo e di tempo indispensabili per intervenire nell’adunanza), sia infine il termine entro cui l’avviso deve essere spedito. Ed è su quest’ultima disposizione che si deve in particolare porre attenzione.

La circostanza che tanto il vecchio testo normativo dell’art. 2484, comma 1, quanto il nuovo art. 2479 bis, comma 1, facciano riferimento alla “spedizione”, e non alla “ricezione”, dell’avviso di convocazione, prescrivendo che essa debba intervenire con un determinato anticipo rispetto all’adunanza, non sembra lasciare spazio ad incertezze: ai fini del perfezionamento del procedimento di convocazione assembleare non è al momento della ricezione dell’avviso che occorre guardare, ma a quello della sua spedizione.

Il raffronto con la disciplina dettata per altre tipologie societarie – ed in particolare con quella della società per azioni, nella varia declinazione di società chiusa, aperta al mercato o quotata – conferma che il legislatore non ha adoperato quella terminologia a caso, ma ha inteso appunto dettare regole diverse, in relazione alle differenti esigenze presenti nei vari tipi di società.

La sensazione che, così operando, si rischi di sacrificare eccessivamente il diritto del socio, a fronte dell’esigenza di certezza e celerità del procedimento assembleare, si stempera ove si consideri che, nella disciplina in esame, le disposizioni del codice sono espressamente di carattere derogabile (ed anzi, nella formulazione successiva alla riforma, di carattere dichiaratamente suppletivo): di modo che nulla impedisce ai soci i quali vogliano meglio tutelare il loro diritto di partecipazione informata all’assemblea di convenire, all’atto della stipulazione del contratto di società, una disciplina diversa, che faccia decorrere il termine di convocazione dall’effettiva e documentata ricezione dell’avviso di convocazione, anzichè dalla sua spedizione. Quando, però, una tale o altra simile indicazione statutaria manchi, è alla disposizione di legge che occorre fare riferimento, adeguandosi al suo chiaro tenore.

Non varrebbe invocare in contrario, al fine di rendere applicabili disposizioni dettate per altri tipi di società di capitali, il ricorso al procedimento analogico: reso impraticabile non solo dalla già sottolineata diversità tipologica, che quanto meno impone cautela nel trasporre ad un tipo di società norme dettate per un tipo diverso, ma soprattutto dal rilievo che, nella disciplina legale della convocazione di assemblea della società a responsabilità limitata, non è invero riscontrabile alcuna lacuna normativa eventualmente da colmare con il metodo analogico. Lo si potrebbe postulare qualora il legislatore avesse omesso di precisare se il termine di cui si discute decorra dalla spedizione o dalla ricezione dell’avviso di convocazione, ma così non è. Il legislatore ha stabilito con chiarezza quale dev’essere la regola da seguire, in caso di mancata previsione al riguardo dell’atto costitutivo, indicando che il termine di cui si tratta decorre dalla data della spedizione. Non può dunque certo ravvisarsi una lacuna nel fatto che, viceversa, la norma non si riferisca alla ricezione dell’avviso: perchè, se l’intento legislativo fosse stato quello di far decorrere detto termine da questo diverso momento, il riferimento alla spedizione non avrebbe avuto alcun senso.

Si può dunque ragionevolmente concludere che, di fronte a due possibili soluzioni, il legislatore, lungi dal lasciare aperta un vuoto nel tessuto normativo, ha preso una chiara posizione ed ha dettato una norma che, facendo decorrere il termine di convocazione dalla data di spedizione degli avvisi e non dalla ricezione, è appunto espressione di una ben precisa scelta, volta a salvaguardare principalmente la speditezza del procedimento assembleare, che risulta certamente facilitato dalla possibilità di computare il termine di cui si discute a partire da una data, ben individuabile già ab initio, dipendente dall’attività di chi procede alla convocazione ed il più delle volte perciò unica per tutti i soci convocati, senza la necessità di accertare in concreto la data dell’avvenuta ricezione dell’avviso da parte di ciascun socio. Ed il sottinteso di una simile scelta riposa, evidentemente, sulla presunzione per cui, una volta che gli avvisi di convocazione siano stati spediti nel termine indicato dalla norma, è logico supporre che siano stati ricevuti in tempo utile per consentire la partecipazione di tutti i destinatari, ancorchè soci diversi possano averli ricevuti in momenti diversi.

Si capisce che, in questo modo, può accadere che risulti variabile lo spazio di tempo a disposizione di ciascun socio tra il momento in cui egli è informato dell’adunanza e quello in cui l’adunanza è destinata ad aver luogo. Ma questo inconveniente, che il legislatore non ha reputato tale da imporre una scelta diversa, nei casi estremi in cui la delicatezza e la complessità delle questioni all’ordine del giorno siano incompatibili con una troppo drastica compressione del tempo di riflessione concesso al socio può ben trovare rimedio nella richiesta di rinvio dell’adunanza. Richiesta che, in simili evenienze, sarebbe da considerare certamente legittima, non solo in forza di un’ipotizzabile interpretazione estensiva della regola dettata dall’art. 2479 bis c.c., u.c., per l’assemblea totalitaria, ma anche in base al generale principio di buona fede nei rapporti societari, alla luce del quale il rifiuto immotivatamente opposto dalla maggioranza ad una ragionevole richiesta di rinvio, proveniente dal socio incolpevolmente poco informato, ben potrebbe costituire indizio di eccesso di potere, come tale idoneo a viziare il conseguente deliberato assembleare.

6. Occorre però sottolineare che la disciplina legale finora esaminata riguarda il termine della convocazione del socio in assemblea. Essa ha quindi pur sempre per presupposto che il socio sia convocato: e ciò può dirsi avvenuto solo a condizione che l’avviso di convocazione abbia in qualche modo raggiunto il proprio scopo di far sapere al socio che si terrà un’adunanza in un certo luogo, in una certa data e con un certo ordine del giorno (anche se lo spazio di tempo a sua disposizione per prepararsi ad intervenire, come s’è visto, può in concreto risultare variabile).

La situazione si presenta in termini diversi quando l’avviso di convocazione non prevenga affatto al destinatario, oppure – il che sostanzialmente è lo stesso – gli pervenga troppo tardi per consentirgli di partecipare all’assemblea.

Un conto è affermare che, ai fini della regolarità del procedimento di convocazione, l’adunanza deve tenersi entro un termine dilatorio decorrente dalla data di spedizione – e non da quella di ricezione – degli avvisi di convocazione, altro è negare rilievo all’eventuale accertata lesione del diritto di un socio a partecipare all’assemblea, causato dalla mancata incolpevole ricezione in tempo utile dell’avviso di convocazione. S’è detto sopra che la regolarità del procedimento di convocazione è condizione necessaria per la valida costituzione dell’organo assembleare: condizione necessaria, certo, ma non sempre sufficiente.

Occorre infatti anche tener conto di quanto già prima osservato circa l’indispensabilità della partecipazione di tutti gli aventi diritto alla formazione della volontà dell’organo collegiale ed, in particolare, del complessivo quadro normativo che disciplina la società a responsabilità limitata, nel cui ambito s’inserisce la disposizione dianzi menzionata, che è volta sì ad agevolare il procedimento di convocazione dell’assemblea, ma sul presupposto che un’effettiva convocazione pur sempre vi sia. Convocare vuoi dire chiamare ad intervenire, e se la chiamata avviene in modo tale da rendere impossibile rispondervi non può neppure dirsi che vi sia stata vera chiamata.

Si è già sottolineato come l’avviso di convocazione rivesta proprio la funzione d’informare il socio della fissazione della prossima adunanza e di quel che in essa si andrà a deliberare, in modo da consentire l’esercizio del diritto d’intervento e di voto. Un tale diritto è oggi previsto in modo chiaro ed esplicito nell’art. 2479 c.c., penultimo comma, riferito a tutte le decisioni dei soci di società a responsabilità limitata, ivi comprese quelle da adottare in forma assembleare; e trova un’indiretta ma evidente conferma anche nella previsione del terzo comma del successivo art. 2479 ter, che dall’assoluta mancanza d’informazione (da intendersi riferita anche ad un solo socio) fa discendere la radicale invalidità della decisione. Nella disciplina anteriore alla riforma del diritto societario attuata nel 2003 (applicabile nel caso in esame), pur in assenza di una disposizione così esplicita, la conclusione non poteva esser diversa. Anche allora l’espressione del potere di esprimere la propria volontà in assemblea da parte del socio, così concorrendo alla decisione collegiale, era definita in termini di diritto – il diritto di voto, menzionato dall’abrogato art. 2485 c.c., – ed è ovvio che l’esercizio del voto presupponesse il diritto di partecipare all’assemblea, rispetto al quale la comunicazione dell’avviso di convocazione aveva ed ha funzione strumentale. Del resto, l’intera normativa in tema di quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea evidentemente ha per presupposto che i soci siano posti in condizione dì partecipare all’assemblea medesima e di esprimervi il voto.

Se è vero, allora, che, per le ragioni prima indicate, quando non vi sia una diversa previsione dell’atto costitutivo, la regolarità del procedimento di convocazione assembleare presuppone solo che alla data dell’adunanza sia scaduto il termine di otto giorni fissato dalla legge, da calcolarsi a partire dal momento in cui gli avvisi di convocazione sono stati spediti, non si può escludere che, qualora in concreto risulti – per averne il socio interessato fornito la prova – che, per cause non imputabili a detto socio, l’avviso non gli è pervenuto in tempo utile per consentire l’esercizio del suoi diritti d’intervento e di voto in assemblea, si è per ciò stesso consumata una lesione di quei diritti, necessariamente destinata a riflettersi sulla regolarità della costituzione dell’organo e sulla validità dei relativi deliberati.

Il coordinamento della citata disposizione dell’art. 2484 (ora art. 2479 bis) con i principi appena richiamati impone, pertanto, di concludere che la regolarità formale della convocazione assembleare, retta sulla presunzione di utile ricezione da parte di ciascun socio dell’avviso di convocazione spedito entro il termine fissato dalla legge, è destinata a venir meno nel caso in cui uno o più soci, aventi diritto di partecipare all’adunanza e di esprimervi il proprio voto, dimostrino che quel diritto è stato loro di fatto precluso dal tardivo (o del tutto omesso) ricevimento dell’avviso, pur se tempestivamente spedito, sempre che un tale inconveniente non sia dipeso da circostanze imputabili al destinatario.

Lo stabilire se, in concreto, il momento in cui il socio ha ricevuto l’avviso di convocazione sia caduto così avanti nel tempo, rispetto alla data dell’adunanza, da avere impedito al socio medesimo di parteciparvi (eventualmente chiedendo un rinvio per meglio informarsi, qualora l’avviso gli fosse pervenuto proprio a ridosso di quella data) è circostanza di fatto, dipendente da elementi variabili, quali la distanza e la disponibilità di mezzi di trasporto utili, il cui accertamento e la cui valutazione resta necessariamente affidata alla prudente e motivata cognizione del giudice di merito.

7. Conclusivamente, si può allora enunciare il seguente principio di diritto: “Salvo che l’atto costitutivo della società a responsabilità limitata non contenga una disciplina diversa, deve presumersi che l’assemblea dei soci sia validamente costituita ogni qual volta i relativi avvisi di convocazione siano stati spediti agli aventi diritto almeno otto giorni prima dell’adunanza (o nel diverso termine eventualmente in proposito indicato dall’atto costitutivo), ma tale presunzione può essere vinta nel caso in cui il destinatario dimostri che, per causa a lui non imputabile, egli non ha affatto ricevuto l’avviso di convocazione o lo ha ricevuto così tardi da non consentirgli di prendere parte all’adunanza, in base a circostanze di fatto il cui accertamento e la cui valutazione in concreto sono riservati alla cognizione del giudice di merito”.

8. L’applicazione di tali principi nel caso in esame conduce all’accoglimento del ricorso.

Se è vero, infatti, che il socio ricevette il giorno stesso dell’adunanza l’avviso di convocazione speditogli quindici giorni prima, il che giustificherebbe la sua doglianza di non aver potuto prendere parte all’assemblea, è vero altresì che già da alcuni giorni egli aveva ricevuto altro analogo avviso. La circostanza che questo secondo avviso fosse stato spedito oltre il termine prescritto, e non sarebbe quindi di per sè solo idoneo a garantire la regolarità del procedimento di convocazione assembleare, non toglie che esso abbia in concreto avuto l’effetto di rendere possibile la partecipazione del destinatario all’assemblea, la regolare convocazione della quale sotto il profilo formale era già assicurata, per le ragioni sopra chiarite, dalla tempestiva spedizione del primo avviso di convocazione.

9. Alla cassazione dell’impugnata sentenza deve far seguito il rinvio della causa alla Corte d’appello di Catanzaro (in diversa composizione), la quale deciderà applicando il principio di diritto sopra enunciato e, se del caso, si pronuncerà anche in ordine alle ulteriori questioni non esaminate nella sentenza d’appello perchè ritenute assorbite nella pronuncia ora cassata, oltre a provvedere sulle spese anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2013.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2013.

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