Delitto di tentata elusione dell’amministrazione giudiziaria

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 21 gennaio 2020, n. 2030

Massima estrapolata:

Non integra il delitto di tentata elusione dell’amministrazione giudiziaria di beni personali (articolo 56 Cpe 76, comma 5, del Dlgs 159/2011), la richiesta di liquidazione di una polizza assicurativa sottoposta a sequestro e a successiva confisca di prevenzione, trattandosi di bene che non è suscettibile di amministrazione giudiziaria, potendo soltanto essere, o meno, riscattata.

Sentenza 21 gennaio 2020, n. 2030

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/09/2018 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROCCHI GIACOMO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GAETA PIETRO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perche’ il fatto non costituisce reato e in subordine l’annullamento con rinvio per difetto di motivazione.
L”avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA,in difesa di (OMISSIS), conclude associandosi ai motivi del PG chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma confermava quella del Tribunale di Roma che aveva condannato (OMISSIS) per il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 5, commesso a (OMISSIS), con l’esclusione dell’aggravante di cui al L. n. 203 del 1991, articolo 7 e della recidiva contestate, condannandolo alla pena di anni tre di reclusione.
Secondo l’imputazione, (OMISSIS) – successivamente condannato, con sentenza del Tribunale di Roma del 9/4/2014, unitamente a (OMISSIS), per il reato di cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, aggravato ai sensi del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, – aveva tentato di eludere il provvedimento di confisca di prevenzione,emesso il 15/7/2011 dal Tribunale di Reggio Calabria e notificato il 25/7/2011 allo stesso (OMISSIS) e alla societa’ Cattolica Life Ltd, inoltrando richiesta di liquidazione della polizza assicurativa oggetto del suddetto provvedimento.
La polizza era stata sequestrata e confiscata, insieme ad altri beni, con decreto del Tribunale di Reggio Calabria del 15/7/2011, in quanto ritenuta nella effettiva disponibilita’ del proposto (OMISSIS); successivamente, in data 27/2/2015, la confisca di alcuni beni, tra cui la detta polizza, era stato revocata dalla Corte di appello di Reggio Calabria, che ne aveva disposto il dissequestro.
Nelle more, il 21/10/2013 (OMISSIS) aveva chiesto alla Cattolica Life la liquidazione della polizza in scadenza; la societa’ non aveva dato seguito alla richiesta dopo avere acquisito informazioni presso la Guardia di Finanza sulla persistenza del vincolo: in effetti, a seguito della notifica alla societa’ del provvedimento di confisca, la polizza era stata devoluta al (OMISSIS) ( (OMISSIS)) e, pertanto, non poteva essere liquidata a favore di (OMISSIS). Quest’ultimo aveva avanzato la richiesta di liquidazione della polizza successivamente all’avviso da parte della societa’ della scadenza della polizza; l’avviso era stato inviato automaticamente, in quanto obbligatorio sulla base della normativa di settore, mediante un modulo standard che non teneva conto del provvedimento giudiziario.
(OMISSIS) aveva sostenuto di essere stato indotto a chiedere la liquidazione della polizza dalla missiva della (OMISSIS), avendo saputo dal suo legale che, poco tempo prima, era stata presentata un’istanza di dissequestro che egli aveva ritenuto in buona fede fosse stata,all’epoca,accolta.
Il Tribunale aveva escluso che si vertesse nell’ipotesi di reato impossibile e aveva ritenuto la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, poiche’ (OMISSIS) era a conoscenza della indisponibilita’ giuridica del bene e non poteva essere stato indotto in errore, in ordine all’avvenuto dissequestro della polizza, dal ricevimento della missiva.
La Corte territoriale condivideva la valutazione del Tribunale: la lettera di scadenza da parte della (OMISSIS) Ltd non poteva avere indotto in errore l’imputato, ben consapevole del provvedimento di sequestro e della confisca della polizza; quando egli aveva ricevuto la comunicazione della societa’, aveva avuto un congruo tempo per svolgere i necessari accertamenti, tenuto conto del lasso di tempo (due mesi) intercorso tra la ricezione della missiva e la presentazione della richiesta; non era emerso alcun elemento idoneo a provare che l’imputato avesse potuto maturare una falsa rappresentazione della realta’, in mancanza della comunicazione di un provvedimento giudiziario che disponesse il dissequestro.
La Corte rigettava, altresi’, il motivo di appello relativo al diniego delle attenuanti generiche.
2. Ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), deducendo carenza assoluta di motivazione ed erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 5.
2.1. La revoca della confisca in sede di appello, disposta con decreto della Corte d’appello di Reggio Calabria, avendo effetto retroattivo, imponeva l’assoluzione dell’imputato. In effetti, l’efficacia esecutiva del decreto definitivo di confisca ha natura provvisoria se lo stesso viene revocato per carenza originaria dei requisiti di legge: principio affermato da questa Corte per la violazione delle misure di prevenzione personali, ma applicabile anche a quelle patrimoniali.
Nel caso in esame, la misura era stata revocata per difetto originario dei requisiti di legge, atteso che (OMISSIS) era terzo, e non proposto nel procedimento di prevenzione, e i beni non erano risultati nella disponibilita’ di (OMISSIS).
Su tale questione la sentenza non si era pronunciata.
2.2. In un secondo motivo il ricorrente deduce manifesta illogicita’ della motivazione e violazione dell’articolo 47 c.p., con riferimento all’elemento psicologico del delitto contestato.
La sentenza impugnata non aveva risposto agli specifici motivi di impugnazione sul punto, limitandosi ad aderire alla soluzione adottata dal giudice di primo grado, con violazione dell’obbligo di motivazione. L’appellante era incorso in errore incolpevole nel chiedere la liquidazione della polizza, a cio’ indotto dalla stessa societa’ (OMISSIS) Ltd che gli aveva inviato apposita lettera di scadenza della medesima polizza e gli aveva ricordato i passaggi burocratici necessari ad ottenerne la liquidazione. Tenuto conto delle molteplicita’ di polizze sottoposte a vincolo dal Tribunale di Reggio Calabria, l’imputato, ricevuta la missiva, si era convinto erroneamente dell’intervenuto dissequestro del titolo. Del resto, la societa’, nella lettera che sollecitava la richiesta di liquidazione, aveva adottato un modulo standard che non teneva conto del caso concreto. In sostanza, la comunicazione al cliente era ingannevole, perche’ la Compagnia Assicuratrice aveva ricevuto la notifica del decreto di sequestro della polizza, ma aveva ugualmente inoltrato la lettera di scadenza. Esisteva, pertanto, un errore sul fatto ai sensi dell’articolo 47 c.p., che escludeva il dolo dell’agente.
La motivazione non confutava le argomentazioni difensive e risultava illogica, essendo mancata la consapevolezza e la volonta’ di chiedere la liquidazione di un titolo sottoposto a sequestro.
2.3. In un terzo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione degli articoli 62 bis e 133 c.p. e vizio di motivazione, in relazione al diniego delle attenuanti generiche e alla quantificazione della pena. La motivazione risultava stereotipata ed insufficiente.
3.1. Ricorre per cassazione anche il secondo difensore di (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), deducendo violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 5 e vizio di motivazione con riferimento alla revoca del decreto di confisca da parte della Corte di appello di Reggio Calabria.
3.2. In un secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 49 c.p. e vizio di motivazione, sostenendo che i fatti, cosi’ come descritti nelle sentenze di merito, dimostravano l’insussistenza del reato per l’inidoneita’ del tentativo a raggiungere lo scopo.
In effetti, come risultava dalle stesse sentenze di merito, la richiesta di liquidazione della polizza sequestrata non poteva avere alcun effetto, atteso che, in via automatizzata, dopo aver ricevuto la notifica del decreto di sequestro, la societa’ aveva provveduto al blocco del titolo in via informatica, inserendo il (OMISSIS) come beneficiario del contratto sottoposto a vincolo e, quindi, risultando impossibile l’accoglimento della richiesta. Solo la procedura amministrativa di compilazione ed invio del cd. “modello C”, da parte della Cancelleria del Giudice, era idonea a conseguire la rimozione del blocco sulla polizza sequestrata.
Gli atti posti in essere dall’imputato erano, quindi, inidonei ad ottenere il risultato oggetto della richiesta.
3.3. In un terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 76 cit., contestando che i fatti oggetto dell’imputazione rientrassero nella fattispecie contestata.
Nei confronti di (OMISSIS) non era stata disposta l’amministrazione giudiziaria dei beni personali prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 33, mentre l’articolo 76 cit. prevede una sanzione esclusivamente nei confronti del destinatario di tale misura. Per di piu’, anche a volere ritenere che l’amministrazione giudiziaria dei beni fosse equiparata al sequestro, non vi era traccia di una collaborazione tra l’imputato, quale extraneus, e (OMISSIS), destinatario effettivo della misura.
Il ricorrente sottolinea che i motivi esposti, essendo relativi all’insussistenza del fatto, rientrano tra le questioni sulle quali la Corte di Cassazione puo’ decidere ai sensi dell’articolo 609 c.p.p., comma 2.
4. Il secondo difensore, avv. (OMISSIS), ha depositato motivi nuovi.
4.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 12 preleggi e del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 5, sottolineando che il reato contestato ha natura di reato proprio; inoltre nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) non era stata adottata ne’ l’amministrazione giudiziaria dei beni ne’, ai sensi del previgente L. n. 152 del 1975, articolo 24, la sospensione provvisoria dell’amministrazione dei beni: (OMISSIS) aveva subito un sequestro di prevenzione e (OMISSIS), che era terzo interessato, non lo aveva aiutato in nessun modo ad eludere la misura.
4.1. In un secondo motivo il ricorrente approfondisce il tema dell’insussistenza del delitto contestato in conseguenza della revoca della misura di prevenzione per assenza originaria dei presupposti applicativi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per insussistenza del fatto contestato.
1. Il terzo motivo di ricorso a firma dell’avvocato (OMISSIS) e il primo dei motivi nuovi proposti dallo stesso difensore attengono a questioni rilevabili d’ufficio, in quanto relativi a profili per i quali e’ possibile una sentenza di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p.: quello concernente gli effetti della revoca ex tunc del provvedimento di confisca nei confronti di (OMISSIS) e quello, piu’ radicale, della non corrispondenza della condotta contestata alla fattispecie incriminatrice di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 5, che punisce le condotte simulate o elusive dell’esecuzione del provvedimento di amministrazione giudiziaria dei beni personali e non di qualsiasi provvedimento di sequestro o di confisca di prevenzione.
In proposito, va ricordato che la disposizione di cui all’articolo 609 c.p.p., comma 2, permette alla Corte di rilevare la sussistenza dei presupposti per l’applicabilita’ dell’articolo 129 c.p.p., solo se dalla sentenza impugnata emergano elementi che depongano in maniera evidente in tal senso, costituendo tale condizione necessaria espressione dei limiti di cognizione propri di tale giudizio (Sez. 3, n. 394 del 25/09/2018 – dep. 08/01/2019, Giladi, Rv. 274567).
2. Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 33, dispone che il Tribunale possa aggiungere ad una delle misure di prevenzione previste dall’articolo 6 (la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza) l’amministrazione giudiziaria dei beni personali per un periodo non superiore a cinque anni; con il provvedimento il giudice nomina l’amministratore giudiziario.
Si tratta di un “percorso” del tutto diverso da quello previsto per la confisca di prevenzione: alla misura di prevenzione personale si affianca una misura di carattere patrimoniale necessariamente temporanea, in conseguenza della quale i beni personali non sono sottratti alla proprieta’ del soggetto sottoposto alla misura e, quindi, al termine dell’amministrazione, gli verranno restituiti.
I presupposti di tale misura sono del tutto differenti da quelli della confisca di prevenzione: il timore che la libera disponibilita’ dei beni agevoli la condotta, il comportamento o l’attivita’ socialmente pericolosa; al contrario, la confisca di prevenzione richiede una valutazione sull’impossibilita’ per il soggetto di giustificare la legittima provenienza del bene di cui risulti titolare, anche per interposta persona, ovvero un giudizio di derivazione dei beni da attivita’ illecite o di loro reimpiego (Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 24).
Dalla diversita’ dei presupposti e del regime dei due istituti, si evince che le condotte sanzionate dall’articolo 76, comma 5, cit. sono quelle con le quali il soggetto interessato (o chi lo aiuta) elude o tenta di eludere l’esecuzione del provvedimento di amministrazione giudiziaria dei beni personali, da tenere, dunque, ben distinto dall’esecuzione dei provvedimenti che dispongono misure di prevenzione patrimoniali.
3. Tuttavia, questa Corte ha statuito che il reato previsto dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 5, e’ applicabile anche al caso in cui sia stata disposta la confisca prevista dall’articolo 240 c.p., a seguito di sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p..
Si e’ ritenuto che depongono per tale applicazione le seguenti circostanze: il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 33, prevede espressamente che l’amministrazione giudiziaria possa essere applicata anche a persone nei cui confronti si proceda per il delitto di associazione di stampo mafioso; sia la misura dell’amministrazione giudiziaria dei beni personali che la confisca di prevenzione sono comprese nel titolo II del Decreto Legislativo n. 159 del 2011; la confisca prevista dall’articolo 240 c.p. e’ una misura di sicurezza patrimoniale (Sez. 2, n. 11867 del 01/02/2017, Muto, Rv. 269557).
E’ stato anche ritenuto integrare una condotta elusiva dell’esecuzione di un provvedimento di amministrazione giudiziaria di beni personali, di cui all’articolo 76, comma 5, cit., quella con cui si violano, nelle more della definizione del provvedimento di confisca, le disposizioni dettate a disciplina dell’amministrazione giudiziaria del bene sottoposto a sequestro preventivo, finalizzate ad impedire ogni ingerenza da parte di soggetti diversi da quelli autorizzati dall’autorita’ giudiziaria (Sez. 2, n. 12863 del 27/01/2017, Orsino, Rv. 270582).
Prescindendo dai problemi che pone l’ampliamento ermeneutico della fattispecie con riguardo al rispetto dei principi di legalita’ e tassativita’, ritiene la Corte che, nel caso di specie, non sussista il fondamento fattuale del reato ipotizzato, ossia il bene suscettibile di amministrazione giudiziaria: in effetti, in entrambi i precedenti giurisprudenziali richiamati, era stata disposta l’amministrazione giudiziaria di un’ “azienda di commercio” del pesce sottoposta a sequestro (si tratta della medesima azienda) e il Giudice per le indagini preliminari aveva nominato amministratori giudiziari che avevano subito ingerenze nel loro compito da parte di altre persone.
Ma una polizza assicurativa non puo’ essere “amministrata”, ma solo riscattata o non riscattata, cosicche’ la richiesta di liquidazione non poteva integrare un tentativo di elusione del provvedimento di amministrazione.
In definitiva, l’applicazione della fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 76, comma 5, cit., all’amministrazione giudiziaria disposta in conseguenza di un provvedimento differente da quello contemplato dalla norma (non il provvedimento di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 33, ma il sequestro preventivo finalizzato alla confisca) non permette ulteriore estensione del precetto ad una ipotesi totalmente differente come quella del sequestro e confisca di prevenzione di una polizza assicurativa.
Con la richiesta di liquidazione della polizza, (OMISSIS) non pose in essere la condotta punita dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 5; al piu’, se l’articolo 334 c.p., fosse applicabile anche al sequestro di prevenzione, la sua condotta avrebbe potuto integrare il tentativo del delitto previsto dal comma 1 della norma.
4. La fondatezza del motivo, giuridicamente pregiudiziale, che nega la configurabilita’ della condotta come reato previsto dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 5, rende non necessario valutare quello concernente gli effetti della revoca ex tunc della confisca di prevenzione, cosi’ come gli altri motivi proposti.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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