Diffamazione a mezzo stampa e l’indicazione del solo cognome

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 14 febbraio 2019, n. 4498.

La massima estrapolata:

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l’indicazione del solo cognome, se talvolta permette di identificare una determinata persona, non è di norma sufficiente ove non sia munita di immediata attitudine individualizzante.

Ordinanza 14 febbraio 2019, n. 4498

Data udienza 15 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 19958-2017 proposto da:
(OMISSIS) SOC. COOP., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 948/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 22/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/11/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

RITENUTO

che, con ricorso affidato a quattro motivi, l’ (OMISSIS) Soc. Coop. ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Catania, resa pubblica in data 22 maggio 2017, che aveva accolto il gravame interposto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la decisione del Tribunale della medesima Citta’, il quale aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla lesione del diritto all’immagine, all’identita’ personale, all’onore e alla reputazione cagionata dall’Agenzia convenuta a seguito alla divulgazione di notizie false sulla personalita’ di (OMISSIS), rispettivamente marito e padre degli attori;
che la Corte territoriale, nel ritenere sussistente la responsabilita’ dell’Ansa per il pregiudizio sofferto dagli appellanti a causa della diffusione di notizie false relative ai numerosi precedenti penali di (OMISSIS) e alle sue connivenze con ambienti malavitosi, osservava: 1) che ex actis era comprovato l’orario, il contenuto e la provenienza dei comunicati Ansa (quello che “erroneamente riferiva dell’esistenza di pregiudizi penali a carico della vittima” e quello che recava la successiva smentita); 2) che non poteva “dirsi che il contenuto dei forniti dati identificativi della vittima (eta’, plurimi precedenti penali, soggiorno nel torinese) era tale da non ricondurre direttamente al familiare degli appellanti atteso che (…) tali dati rivestono invece, nella loro specificita’, immediata attitudine individualizzante quanto alla loro riferibilita’ al (OMISSIS) familiare degli appellanti”; 3) che era onere dell’agenzia propalante verificare preventivamente l’attendibilita’ della fonte al fine di evitare la diffusione di notizie non rispondenti al vero, specie nei casi in cui tali notizie colpiscono l’altrui dignita’ morale e professionale; 4) che l’appellata non aveva dimostrato l’effettiva provenienza della notizia falsa da fonte ufficiale o istituzionale; 4) che non ricorreva, nel caso di specie, l’esimente del legittimo esercizio del diritto di cronaca e della verita’ anche solo putativa;
che resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);
che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e’ stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimita’ della quale i controricorrenti hanno depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

CONSIDERATO

che:
a) con il primo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., articolo 595 c.p. e degli articoli 115, 116 c.p.c., nonche’ nullita’ della sentenza ex articolo 111 Cost., e articolo 132 c.p.c., n. 4, per avere la Corte territoriale errato nell’affermare la sussistenza del requisito dell’identificabilita’ del presunto diffamato ponendo alla base della decisione gravata una ricostruzione di fatto fondata sull’estraneita’ delle informazioni personali contenute nella notizia al congiunto degli appellanti;
b) con il secondo mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116, nonche’ nullita’ della sentenza ex articolo 111 Cost., e articolo 132 c.p.c., n. 4; ove, diversamente da quanto dedotto con il primo motivo, la Corte di merito avesse travisato la prova sui dati personali della vittima, vi sarebbe un conseguente errore sulla sussistenza del requisito dell’identificabilita’ della persona diffamata, necessario per la configurazione dell’illecito diffamatorio;
a.1/b.1) il primo motivo e’ manifestamente fondato, con conseguente assorbimento del secondo motivo (che propone una censura subordinata e alternativa a quella del primo mezzo).
E’ principio consolidato quello per cui, in tema di diffamazione a mezzo della stampa, l’offesa della reputazione, necessaria ad integrare l’illecito, presuppone l’attitudine della comunicazione a rendere individuabile il diffamato sulla base di elementi che, sebbene non univoci, siano oggettivamente tali da far convergere il fatto offensivo su un determinato soggetto, sicche’ l’indicazione del solo cognome, se talvolta permette di identificare una determinata persona (come nel caso di un politico che rivesta un importante incarico pubblico, di un campione sportivo o di una “star” del cinema), non e’, di norma, sufficiente ove non sia munita di immediata attitudine individualizzante (Cass. n. 21424/2014).
A fronte di cio’ la Corte territoriale ha ritenuto che, nonostante che i dati personali diffusi dalle emittenti televisive – e relativi ad eta’, precedenti penali e soggiorno nel torinese della vittima di omicidio non corrispondessero a quelli di (OMISSIS), familiare degli originari attori, erano comunque tali, “nella loro specificita’”, ad esprimere “immediata attitudine individualizzante” proprio in riferimento a detto (OMISSIS).
Il Collegio ritiene che, stante l’anzidetto principio di diritto, l’anzidetta motivazione adottata dal giudice di appello sia apparente (e dunque in violazione dell’evocato articolo 132 c.p.c., n. 4: tra le molte, Cass., S.U. n. 8053/2014), in quanto non da’ affatto contezza, in modo intelligibile e congruente, di come e perche’ gli errori del comunicato non fossero idonei ad escludere l’identificabilita’ del soggetto con la vittima.
La memoria dei controricorrenti – che si sofferma sul principio di non contestazione di cui all’articolo 115 c.p.c., e sulla asserita non sovrapponibilita’ del citato precedente alla fattispecie in esame (la’ dove tuttavia cio’ che si e’ posto in risalto e’ il “principio di diritto” male applicato dalla Corte territoriale) – non fornisce argomenti idonei a scalfire i rilievi che precedono;
c) con il terzo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., articolo 595 c.p. e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ nullita’ della sentenza ex articolo 111 Cost., e articolo 132 c.p.c., n. 4, per avere il giudice del gravame errato nell’escludere la sussistenza dell’esimente della verita’ putativa pur avendo riconosciuto l’efficacia probatoria del verbale di sommarie informazioni del Sig. (OMISSIS), senza muovere alcun rilievo sul contenuto e sulla genuinita’ del giornalista che aveva reso le dichiarazioni in sede penale; alla luce di tali considerazioni, parte ricorrente censura la decisione gravata nella parte in cui non ha ritenuto dimostrata la provenienza istituzionale della notizia errata;
d) con il quarto motivo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ nullita’ della sentenza ex articolo 111 Cost., e articolo 132 c.p.c., n. 4, per illogicita’ della sentenza impugnata e difetto assoluto di motivazione in ordine alla prova circa la sussistenza del nesso causale tra la condotta dell'(OMISSIS) e la divulgazione della notizia diffamatoria; la Corte territoriale avrebbe, quindi, errato nel ritenere pacifica la circostanza di fatto per cui ad indurre in errore le emittenti televisive che avevano diffuso le informazioni false fosse stata effettivamente la parte appellata;
c.1/d.1) i motivi, che possono essere congiuntamente scrutinati, sono inammissibili.
Giova rammentare che, in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, l’apprezzamento in concreto delle espressioni utilizzate come lesive dell’altrui reputazione, la valutazione dell’esistenza o meno dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica costituiscono oggetto di accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito e insindacabili in sede di legittimita’ se sorretti da argomentata motivazione (Cass. n. 6133/2018; Cass. n. 80/2012).
Cio’ posto, l’accertamento della Corte territoriale (cfr. sintesi ai punti da 1 a 4, che precede) e’ congruamente argomentato, con motivazione sufficiente e intelligibile, mentre le censure di parte ricorrente non veicolano in modo specifico un vizio di omesso esame di fatto storico e decisivo, ai sensi del vigente (e applicabile ratione temporis) n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., ma si snodano secondo la logica del vizio di motivazione di cui all’abrogato n. 5 citato;
che va, dunque, accolto il primo motivo di ricorso, dichiarato assorbito il secondo e dichiarati inammissibili il terzo ed il quarto;
che la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, che, nel delibare il gravame dell'(OMISSIS), si atterra’ al principio di diritto enunciato (sub a.1/b.1), oltre a provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo e inammissibili il terzo e il quarto motivo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
Motivazione semplificata.

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