Divisione giudiziale  e la produzione dei certificati relativi alle trascrizioni e iscrizioni sull’immobile da dividere

Corte di Cassazione, civile,
Ordinanza|2 marzo 2023| n. 6228.

Divisione giudiziale e la produzione dei certificati relativi alle trascrizioni e iscrizioni sull’immobile da dividere

Nei giudizi di scioglimento della comunione, la produzione dei certificati relativi alle trascrizioni e iscrizioni sull’immobile da dividere, imposta dall’art. 567 c.p.c. per la vendita del bene pignorato, non costituisce un adempimento previsto a pena di inammissibilità o improcedibilità della domanda, neppure quando debba procedersi alla vendita dell’immobile comune, atteso che questa, a differenza di quanto accade nel processo di espropriazione, non avviene ai danni di qualcuno, ma nell’interesse di tutti, sicché il richiamo alle norme del processo di espropriazione è limitato alle sole modalità esecutive della vendita e ai relativi rimedi.

Ordinanza|2 marzo 2023| n. 6228. Divisione giudiziale e la produzione dei certificati relativi alle trascrizioni e iscrizioni sull’immobile da dividere

Data udienza 9 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Successioni – Domanda di divisione ereditaria – Prova della comproprietà – Portata dell’onere probatorio – Principi – Rilevanza della non contestazione e del riconoscimento dell’appartenenza dei beni ai coeredi – Produzione di trascrizioni e iscrizioni – Divisione mediante vendita ed espropriazione – Rapporto fra art. 1113 e art. 2646 c.c. – Trascrizione della divisione che ha per oggetto beni immobili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 30825-2021 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COSTANTINO MONTESANTO;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO PAGLIARA;
– controricorrente –
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1201/2021 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 26/08/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/12/2022 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

Divisione giudiziale e la produzione dei certificati relativi alle trascrizioni e iscrizioni sull’immobile da dividere

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 1201 del 2021, depositata il 26 agosto 2021, la Corte d’appello di Salerno ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale della stessa citta, che, per quanto ora rileva, ha rigettato la domanda di divisione ereditaria, proposta dall’appellante nei confronti nei confronti dei germani (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), relativamente alla successione dei genitori. La Corte d’appello ha ritenuto corretta la decisione del primo giudice, non avendo l’attrice assolto al proprio onere di fornire idonea prova della comproprieta’ e non avendo curato, nei termini, la produzione della documentazione richiesta dall’articolo 567, comma 2, c.c., assunta come necessaria per consentire al giudice sia la verifica della titolarita’ dei beni oggetto della domanda, sia la verifica dell’integrita’ del contraddittorio in rapporto all’eventuale esistenza di trascrizioni ed iscrizioni prese contro il de cuius e dopo la morte lui contro i successori.
Avverso questa decisione viene proposto ricorso per cassazione da (OMISSIS) sulla base di tre motivi. Si difende con controricorso (OMISSIS), mentre non svolgono difese gli altri intimati.
La causa e’ stata chiamata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di manifesta fondatezza del ricorso.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 713 e 2697 c.c. per essersi la Corte territoriale discostata dagli insegnamenti della giurisprudenza di legittimita’ in tema di onere della prova della comproprieta’ nel giudizio di divisione, che non puo’ essere commisurato, in considerazione della natura dell’atto divisionale, sull’azione di rivendicazione o di accertamento della proprieta’.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1350 e 2697 c.c., oltre alla violazione dell’articolo 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale negato l’applicabilita’, nel giudizio di divisione, del principio di non contestazione ai fini della prova della comproprieta’ dei beni dividendi.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1113 c.c. e degli articoli 783, 102, 597 c.p.c., per avere la corte territoriale ritenuto che l’omessa produzione della documentazione che l’articolo 567, comma 2, c.p.c. prescrive per la vendita nella espropriazione forzata determini l’inammissibilita’ della domanda di divisione.
2. I motivi possono essere trattati congiuntamente e sono manifestamente fondati.
La sentenza impugnata ha seguito un orientamento diffuso nella giurisprudenza di merito che, in tema di giudizio di divisione ereditaria, postula l’applicazione analogica dell’articolo 567, comma 2, c.c. il quale dispone che “Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l’estratto del catasto, nonche’ i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento; tale documentazione puo’ essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari”. Secondo tale giurisprudenza, la suddetta documentazione costituisce condizione di ammissibilita’ anche della domanda di divisione, essendo parimenti indispensabile per verificare l’esistenza del diritto domenicale in capo alle parti del giudizio e l’esistenza di altri eventuali litisconsorti necessari (creditori e aventi causa di un partecipante alla comunione) ex articolo 1113 c.c. e 784 c.p.c. La ragioni di fondo di questo orientamento, richiamati dalla pronuncia impugnata, possono cosi’ riassumersi: a) la divisione puo’ essere domandata da ciascuno degli eredi (articolo 713 c.c.) e dei comunisti (articolo 1111 c.c.), per cui l’esistenza di tale qualita’ costituisce indispensabile condizione dell’azione, la cui ricorrenza deve essere verificata d’ufficio; b) incombendo al giudice verificare d’ufficio, oltre tale qualita’, anche l’integrita’ del contraddittorio, e’ necessario che l’attrice depositi la documentazione a tal fine necessaria, che e’ la stessa che occorre al creditore procedente (oltre al titolo esecutivo) per sottoporre ad esecuzione forzata immobiliare i beni del debitore alla stregua di quanto previsto dall’articolo 567, comma 2, c.p.c.; c) in assenza di questa documentazione la domanda di divisione va dichiarata inammissibile e/o infondata, senza che a tale mancanza si possa porre riparo con un ordine del giudice alla parte ovvero mediante una consulenza tecnica e neppure con il deposito della relazione notarile sostitutiva, se in violazione delle preclusioni gia’ maturate; d) non servirebbe ai condividenti, per sottrarsi alle conseguenze della omessa produzione, invocare il principio di non contestazione o la prova per presunzioni, non essendo l’una e l’altra ammissibili in materia di proprieta’ immobiliare.
In conseguenza di tale posizione la Corte salernitana ha rigettato la domanda, ritenendo insufficiente l’esibizione, operata nel caso di specie dall’attrice, delle denunce di successione, del testamento, le visure ipotecarie di una societa’ di servizi e dei contratti di locazione stipulati dal de cuius riguardo ai beni oggetto della domanda.
Tale orientamento dei giudici di merito e’ stato disatteso dalla Suprema Corte, la quale, intervenuta piu’ volte in tempi recenti sulla questione, ha confutato tutti gli argomenti utilizzati dai giudici di merito per sostenere la necessita’ delle soluzioni riecheggiate nella sentenza impugnata.

Divisione giudiziale e la produzione dei certificati relativi alle trascrizioni e iscrizioni sull’immobile da dividere

a) In primo luogo, la Suprema Corte (Cass. n. 10067-2020, ampiamente richiamata in ricorso e precedente alla sentenza impugnata), pur condividendo l’esigenza che, nel giudizio di divisione ereditaria, occorra offrire la dimostrazione dell’appartenenza dei beni al de cuius o piu’ genericamente la prova della comproprieta’ (cfr. Cass. n. 1965-2022), ha precisato, sulla scorta di risalenti principi, che, pure in presenza di contestazioni dei coeredi, non grava a carico dell’attore l’onere di quella prova rigorosa richiesta nel caso di azione di rivendicazione o di quella di mero accertamento positivo della proprieta’, “poiche’ non si tratta di accertare positivamente la proprieta’ dell’attore negando quella dei convenuti, ma di fare accertare un diritto comune a tutte le parti in causa, quali coeredi” (Cass. n. 1309-1966). Con la divisione, infatti, si opera la trasformazione dell’oggetto del diritto di ciascuno, da diritto sulla quota ideale a diritto su un bene determinato, senza che intervenga fra i condividenti alcun atto di cessione o di alienazione (Cass. n. 20645-2005). La divisione, in considerazione della sua efficacia retroattiva sancita dagli articoli 757 e 1116 c.c., non opera alcun trasferimento di diritti dall’uno all’altro dei condividenti (Cass. n. 17061-2011), ma lascia ciascuno di essi aventi causa dal de cuius (o piu’ in generale, con riferimento a qualsiasi comunione, dal dante causa dei partecipanti alla comunione medesima). Si spiega con tale natura dell’atto divisionale la regola che divisione non integra titolo astrattamente idoneo all’acquisto della proprieta’ per gli effetti previsti dall’articolo 1159 c.c. (Cass. n. 1976-1983). Inoltre, e’ principio consolidato nella giurisprudenza della Corte quello secondo cui, ai fini della prova della proprieta’ nel giudizio di rivendicazione non puo’ essere sufficiente un atto di divisione, che, per il suo carattere dichiarativo e non costitutivo di diritti, non ha di per se’ solo forza probante nei confronti dei terzi del diritto di proprieta’ attribuito ai condividenti, occorrendo dimostrare il titolo di acquisto della comunione, in base al quale il bene e stato attribuito in sede di divisione” (Cass. n. 1930-1966; n. 1511-1979; n. 3724-1987). Si ha cura di precisare che il principio opera quando l’atto e’ fatto valere fuori dalla cerchia dei condividenti o loro aventi causa, mentre non puo’ essere applicato nella controversia sulla proprieta’ tra i condividenti o i loro aventi causa, perche’ la divisione, la divisione, accertando i diritti delle parti sul presupposto di una comunione dei beni divisi, presuppone l’appartenenza dei beni alla comunione (Cass. n. 4828-1994).
b) In secondo luogo, la Suprema Corte ha chiarito che non si puo’ escludere a priori la rilevanza della non contestazione e, a fortiori, dell’esplicito o implicito riconoscimento dell’appartenenza dei beni ai coeredi (Cass. n. 40041-2021). Con questo, naturalmente, non si intende sostenere che la divisione immobiliare possa farsi “sulla parola”, ma piu’ limitatamente che, in una situazione nella quale la comune proprieta’ dei beni dividendi, nel significato sopra chiarito, sia incontroversa, non si potrebbe disconoscere la possibilita’ della prova indiziaria, ne’ la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico (cfr. Cass. n. 21716-2020), tenuto conto, appunto, che non si fornisce la prova di un fatto costitutivo di una domanda che vede le parti in contrapposizione fra loro (Cass. n. 1065-2022). La domanda di divisione, infatti, anche quando sia proposta da uno solo, e’ sempre comune a tutti i condividenti (Cass. n. 6105-1987; n. 15504-2018), i quali sono tutti sul medesimo piano ed hanno tutti eguale diritto alla divisione (Cass.n. 4353-1980). Pertanto, le verifiche condotte dall’ausiliario d’ufficio ridondano a vantaggio della collettivita’ dei condividenti, cosi’ come andrebbe a svantaggio di tutti una acquisizione postuma, anche se operata d’ufficio dal consulente, dal quale emergesse che la proprieta’ comune, non contestata o desunta a livello indiziario, non trova conferma sul piano documentale (Cass. n. 40041-2021).
c) In terzo luogo, e’ stato ancora precisato che, sulla perdurante validita’ di questi principi non ha avuto alcuna incidenza il recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, nel riconoscere che gli atti di scioglimento della comunione sono soggetti alla sanzione della nullita’ prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 46, comma 1, e dalla l. n. 47 del 1985, articolo 40, comma 2, (Cass., S.U., n. 25021-2019), hanno chiarito che la divisione va annoverata fra gli atti ad efficacia tipicamente costitutiva e traslativa. La giurisprudenza successiva a tale pronuncia ha chiarito che l’assimilabilita’ della divisione agli atti traslativi, nella logica seguita dalle Sezioni unite, e’ operata per giustificare l’applicazione ad essa dei divieti stabiliti dalla disciplina urbanistica in materia di immobili abusivi, non gia’ nel senso del riconoscimento che la divisione sia il risultato di un trasferimento delle quote indivise degli altri condomini, tale da rendere applicabili le regole del contratto traslativo. In altre parole, il riconoscimento della natura costitutiva-traslativa della modificazione operata dalla divisione, condiviso da larga parte della dottrina, deve svolgersi pur sempre nel quadro della retroattivita’ reale che la legge attribuisce eccezionalmente all’atto divisionale, per cui l’acquisto dei singoli condividenti si considera avvenuto al momento iniziale della comunione (articolo 757 c.c.). Nonostante il riconoscimento della sua natura costitutiva, la divisione continua a non potersi annoverare fra i titoli idonei a fornire, nel giudizio di rivendicazione proposto nei confronti dei terzi, la prova della proprieta’ dei beni compresi nei lotti rispettivamente assegnati, dovendosi inoltre escludere che la divisione sia da sola sufficiente a formare il titolo per l’usucapione abbreviata (Cass. n. 1976/1983; 1532/1967). Tali conclusioni, da sempre chiare alla giurisprudenza, si confermano ancora esatte, depurate naturalmente dall’improprio riferimento alla natura dichiarativa della divisione, operato, in verita’, in modo del tutto tralatizio nelle massime (Cass. n. 26692-2020).
d) In quarto luogo, la Suprema Corte ha disatteso le argomentazioni proposte dalla giurisprudenza di merito, laddove questa ha ritenuto di poter trovare appiglio, al fine di imporre anche nel giudizio divisorio la produzione della documentazione richiesta dall’articolo 567, comma 2, c.p.c., nella esigenza del litisconsorzio imposto nei giudizi divisori dagli articolo 784 e 1113 c.c. (Cass. n. 10067-2020).
E’ indubbio che se risulta la esistenza di trascrizioni e iscrizioni prese contro i singoli compartecipi il giudice sia tenuto, ai sensi degli articoli 784 c.p.c. e 1113 c.c., a ordinare la chiamata in giudizio dei creditori e degli aventi causa. Tuttavia, e’ ingiustificato far derivare dagli articoli 784 e 1113 cit. la implicita imposizione, a carico dei compartecipi, di un onere di documentare, sotto pena di inammissibilita’ della domanda di divisione giudiziale, la presenza o l’assenza di trascrizioni e iscrizioni sulla quota indivisa dei singoli. Un tale onere, infatti, non previsto da quelle norme, non si giustifica in relazione alle esigenze che stanno alla base dell’intervento dei creditori e degli aventi causa nella divisione, che si spiega piuttosto avuto riguardo agli effetti riflessi che puo’ avere la divisione sulle garanzie patrimoniali dei loro diritti e sulla realizzazione effettiva del loro acquisto, in relazione al carattere retroattivo che la legge le attribuisce; infatti, pur avendo diritto ad intervenire nella divisione, ai sensi dell’articolo 1113, comma 1, c.c., creditori e aventi causa del compartecipe non sono parti in tale giudizio, al quale devono partecipare soltanto i titolari del rapporto di comunione, potendo i creditori iscritti e gli aventi causa intervenire in esso, al fine di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale (19529/2012; n. 7485/1991); con la conseguenza che la chiamata dei creditori iscritti e degli aventi causa di uno dei compartecipi non e’ condizione di validita’ della divisione, ma configura un onere che i compartecipi debbono assolvere “se ed in quanto si voglia che la relativa decisione faccia stato nei lori confronti” (Cass. n. 4703/1981; n. 4330/1986). La mancata evocazione in giudizio dei creditori e aventi causa non invalida la sentenza anche nei confronti dei comproprietari (Cass. n. 4703/1981), ma comporta le conseguenze stabilite nell’articolo 1113 cc: a) il potere di impugnativa della divisione, se la violazione e’ incorsa in danno dei creditori e aventi causa che abbiano fatto opposizione; b) il potere di coloro che abbiano trascritto il negozio di acquisto o iscritto l’ipoteca di disconoscere l’efficacia della divisione, la quale sara’ nei loro confronti tam quam non esset.
e) In quinto luogo, la Corte di cassazione (Cass. n. 10067 del 2020), ha anche esaminato il caso particolare in cui la divisione deve avvenire mediante vendita ai sensi dell’articolo 720 c.c., riconoscendo che in tal caso si dovranno acquisire anche nella divisione giudiziale le informazioni richieste dall’articolo 567 c.p.c. per la espropriazione; ma ha nello stesso tempo chiarito che a tale esigenza deve sovraintendere d’ufficio il giudice della divisione, nel suo potere di direzione delle operazioni divisionali (articolo 786 c.p.c.), ordinando alle parti la produzione della documentazione occorrente o tramite il notaio delegato al compimento della vendita (Cass. n. 10067/2020). Infatti, il richiamo alle norme del processo di espropriazione non deve far dimenticare che, mentre in questa la vendita riguarda un bene che appartiene all’esecutato ed avviene contro la volonta’ di questi, nel processo di divisione la vendita avviene non a danno di qualcuno, ma nell’interesse di tutti. Quel richiamo deve percio’ intendersi limitato alle modalita’ esecutive della vendita (Cass. n. 1062/1979) e ai relativi rimedi (Cass. S.U., 18185/2013). La cancellazione delle ipoteche (iscritte contro il singolo) non consegue dall’effetto di liquidazione satisfattiva inerente alla espropriazione, ma si connette “all’effetto retroattivo della divisione, per cui, al di fuori delle eccezioni previste dall’articolo 2825 c.c., il bene assegnato deve pervenire al condividente libero dai pesi imposti da colui che, a posteriori, risulti privo della facolta’ di disporne” (Cass. n. 1062/1979).
f) In sesto luogo, la Suprema Corte ha anche approfondito il rapporto fra l’articolo 1113 e l’articolo l’articolo 2646 c.c., che preveda la trascrizione della divisione che ha per oggetto beni immobili, precisando innanzitutto che non e’ applicabile alla divisione il principio prior in tempore nella sua funzione tipica quale emerge dagli articoli 2644 e 2914, n. 1, c.c. Correlativamente la trascrizione della domanda di divisione va curata non per gli effetti previsti dagli articoli 2652 e 2653 c.c., ma per gli effetti enunciati nell’articolo 1113 c.c., norma che in verita’ disciplina non solo gli effetti della trascrizione della domanda di divisione, ma anche quelli della trascrizione della stessa divisione (Cass. n. 26692/2020). Pertanto, colui che trascrive o iscrive contro uno dei comproprietari, prima della trascrizione della divisione (o della domanda di divisione giudiziale), non rafforza definitivamente il proprio acquisto secondo lo schema dell’articolo 2644 c.c., ma, nel concorso delle condizioni previste dall’articolo 1113 c.c., acquisisce il diritto di impugnare la divisione gia’ eseguita alla quale non sia stato chiamato a partecipare, o di disconoscerne immediatamente l’efficacia, se l’omissione e’ incorsa in danno dei soggetti indicati nel comma 3 della norma. E’ stato opportunamente precisato che l’impugnativa e’ data a chi abbia interesse a una nuova divisione e abbia avuto un danno dalla vecchia.
L’inefficacia, percio’, non potrebbe essere fatta valere da chi non ha avuto pregiudizio dall’atto (in questo senso, con riferimento a un profilo specifico riguardante il processo esecutivo, Cass. 10653/2014).
E’ stato anche chiarito che la preventiva trascrizione della domanda giudiziale non mette fuori causa le conseguenze della retroattivita’ dell’acquisto destinato a realizzarsi con la divisione con riferimento ai diritti reali, di godimento o di garanzia, costituiti dal comunista sulla propria quota: in forza della retroattivita’, questi diritti colpiscono di massima soltanto la cosa di cui egli risulti con la divisione proprietario. La regola e’ espressamente ribadita nel comma 1 dell’articolo 2825 c.c. per l’ipoteca presa contro il singolo comproprietario, che produce effetto rispetto ai beni o a quella porzione di beni che a lui verranno assegnati nella divisione. Pertanto, l’ipoteca iscritta contro un solo condomino, seppure operata dopo la trascrizione della domanda di divisione, e’ ancora ipoteca su beni comuni. Si trasferira’ percio’ sul diverso bene assegnato o sui conguagli, solo che non beneficia dell’onere di chiamata (Cass. n. 19550/ 2009; n. 1270/1967).
g) Ancora sul tema della trascrizione, e’ stato chiarito che vale anche nella divisione giudiziale la regola generale che l’obbligo della trascrizione di determinate domande giudiziali e’ posto a salvaguardia degli eventuali diritti dei terzi ed il suo mancato adempimento non e’ di ostacolo alla procedibilita’ delle relative azioni ne’ alla decisione delle domande stesse, potendo soltanto dar luogo a sanzioni di carattere fiscale se ed in quanto applicabili (Cass. n. 1787/1976). Naturalmente, secondo le regole generali, il difetto di trascrizione della domanda giudiziale non impedisce la successiva trascrizione del provvedimento definitivo (sentenza o ordinanza) con il quale e’ attuato il riparto. Peraltro, non operando la prenotazione, gli effetti divisori non saranno opponibili ai creditori e aventi causa che avranno iscritto o trascritto l’acquisto anche dopo l’inizio del giudizio e fino alla trascrizione del provvedimento giudiziale. Costoro si troveranno nella stessa posizione di coloro che avevano acquistato e trascritto prima che la divisione giudiziale avesse inizio (articolo ex articolo 1113, comma 3, c.c.) (Cass. n. 10067/2020).
Si ritiene comunemente che la trascrizione della divisione, oltre che per gli effetti previsti dall’articolo 1113 c.c., sia poi richiesta ai fini della continuita’ di cui all’articolo 2650 c.c. (Cass. n. 2800/1985; Cass. n. 821/2000, che richiama il medesimo principio per la trascrizione della domanda giudiziale di divisione).
3. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, perche’ esamini il merito della causa alla stregua dei principi sopra richiamati. Ad essa si demanda pure la liquidazione delle spese di legittimita’ relative.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimita’.

 

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