È impedito all’assemblea di porre pesi o vincoli a carico di tutti i condomini qualificando un bene come comune

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 1 ottobre 2018, n. 23752.

La massima estrapolata:

È impedito all’assemblea di porre pesi o vincoli a carico di tutti i condomini qualificando un bene come comune. Simile dichiarazione, anche se resa dall’amministratore, non può mai qualificarsi come confessione stragiudiziale, non essendo questa riferibile con certezza a tutti i condomini. La realizzazione di un’area ecologica in un giardino comune a più autonomi condomìni rappresenta un atto eccedente i limiti di cui all’art. 1102 c.c. È legittima se l’area è di proprietà esclusiva di uno di essi

Ordinanza 1 ottobre 2018, n. 23752

Data udienza 5 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 12326-2014 proposto da:
CONDOMINI (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n.2277/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 02/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 18.12.2009 il Condominio (OMISSIS) conveniva innanzi il Tribunale di Torino il Condominio (OMISSIS) invocando la condanna di quest’ultimo ad eliminare le opere realizzate nel giardino comune posto tra i due edifici condominiali e a ripristinare lo statu quo ante, nonche’ il risarcimento del danno. L’attore esponeva in particolare che il convenuto aveva realizzato nel predetto giardino comune due aree ecologiche per il posizionamento dei cassonetti dei rifiuti, smantellando una porzione del prato originariamente esistente. Il convenuto, nel resistere alla domanda principale, chiedeva in via riconvenzionale che fosse accertata la sua proprieta’ esclusiva della porzione del giardino oggetto dell’intervento contestato.
Il Tribunale di Torino accoglieva la domanda di ripristino, respingendo quella risarcitoria, ritenendo che il giardino fosse di proprieta’ comune tra i due condominii, che il convenuto non avesse dato prova di aver usucapito una parte di detta area comune e che la creazione delle aree ecologiche rappresentasse atto eccedente i limiti di cui all’articolo 1102 c.c..
Interponeva appello il Condominio (OMISSIS) e la Corte di Appello di Torino, con la sentenza impugnata n.2277/2013, accoglieva il gravame accertando la proprieta’ esclusiva in capo all’appellante della porzione del giardino da quegli rivendicata. La Corte territoriale riteneva, in particolare, che il giardino esistente tra i due edifici non fosse di proprieta’ comune, ma piuttosto fosse composto da due porzioni, ciascuna delle quali di proprieta’ esclusiva di uno dei due condominii. A questa soluzione la Corte di Appello perveniva interpretando le risultanze dei regolamenti del condominio (OMISSIS) e del condominio (OMISSIS), che facevano entrambi riferimento – nella descrizione delle parti comuni – al confine rappresentato dallo “asse giardino privato”, con cio’ facendo intendere – secondo la Corte territoriale- l’esistenza di due porzioni autonome e distinte del giardino, ancorche’ non recintate fisicamente. La Corte riteneva poi, diversamente dal Tribunale, che il fatto che l’amministratore del condominio (OMISSIS) avesse indicato il giardino, nel documento n.15 allegato agli atti di prime cure, come comune non integrasse una confessione ai sensi dell’articolo 2730 c.c..
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione i condomini (OMISSIS) affidandosi a cinque motivi. Resiste con controricorso il condominio (OMISSIS). Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 2730 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la valenza confessoria del documento n.15 allegato agli atti di prime cure, che invece il Tribunale aveva riconosciuto.
La doglianza e’ inammissibile, in quanto si risolve in una richiesta di riesame del merito della questione. Infatti “L’indagine volta a stabilire se una dichiarazione costituisca o meno confessione si risolve in un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimita’, ove lo stesso sia fondato su una motivazione immune da vizi logici” (Cass. Sez. 3, Sentenza n.12803 del 27/09/2000, Rv.540542).
Peraltro l’interpretazione proposta dalla Corte territoriale e’ corretta, posto che la comproprieta’ sui beni comuni tra i condomini non puo’ subire disposizioni o limitazioni per effetto di dichiarazioni non riferibili con certezza a tutti i comproprietari. In argomento, si e’ affermato che “La dichiarazione di scienza contenuta in un verbale di assemblea condominiale, qualora comporti l’imposizione di un peso a carico di tutti i condomini, non ha l’efficacia di una confessione stragiudiziale attribuibile a tutti i condomini (presenti all’assemblea, assenti e dissenzienti), non rientrando nei poteri dell’assemblea quello di imporre oneri ulteriori rispetto a quelli previsti da specifiche disposizioni di legge” (Cass. Sez. 2, Sentenza n.23687 del 09/11/2009, Rv.610122). Ed inoltre, si e’ ritenuto che le dichiarazioni rese da un condomino in sede di interrogatorio formale “… sono liberamente apprezzabili dal giudice del merito ai sensi dell’articolo 116 c.p.c., non potendo esse assumere il valore di prova legale a sfavore degli altri condomini per l’impossibilita’ di estendere alla parte non confidente la forza vincolante della confessione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n.13555 del 04/12/1999, Rv. 531834; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n.10147 del 26/05/2004, Rv. 573171).
Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione degli articoli 922, 2727, 2729 e 2730 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 in quanto la Corte di Appello avrebbe erroneamente fondato la propria decisione sul contenuto del regolamento del condominio (OMISSIS).
Anche questa censura e’ inammissibile perche’ si risolve nella richiesta di rivalutazione del giudizio di merito proposto dalla Corte territoriale. I ricorrenti invocano infatti una ricostruzione dei dati di fatto alternativa rispetto a quella fatta propria dalla Corte territoriale, senza considerare che “Con il ricorso per cassazione la parte non puo’ rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiche’ la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi e’ preclusa in sede di legittimita’” (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n.29404 del 07/12/2017, Rv.646976; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n.4916 del 15/04/2000, Rv.535737).
Infatti, in continuita’ con il precetto contenuto nella sentenza delle S.U. di questa Corte n.24148 del 25/10/2013 (Rv.627790), va riaffermato che il motivo di ricorso non puo’ mai risolversi “in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione”.
Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 115 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 perche’ la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che il condominio (OMISSIS), pur non avendo specificamente contestato l’esistenza del diritto di servitu’ di destinazione d’uso allegata dal condominio (OMISSIS), ne avesse tuttavia implicitamente negato la sussistenza mediante la proposizione della domanda di accertamento della proprieta’ esclusiva della porzione di giardino interessata dalla realizzazione delle due aree ecologiche di cui e’ causa. Ad avviso dei ricorrenti, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale era proprio l’affermazione della proprieta’ esclusiva della porzione di giardino ad imporre l’esame della fondatezza della questione relativa all’esistenza o meno della servitu’, che rappresenta un diritto in re aliena. La Corte di Appello, invece, ha ritenuto che la rivendicazione della proprieta’ esclusiva dell’area da parte del condominio (OMISSIS) fosse incompatibile con la servitu’ di destinazione d’uso invocata dal condominio (OMISSIS), senza valorizzare la mancanza di specifica contestazione della servitu’ da parte del condominio (OMISSIS) e fornendo una motivazione insufficiente su un punto decisivo della controversia.
La doglianza e’ inammissibile per quanto attiene al dedotto vizio di motivazione, atteso che il vizio motivazionale -secondo l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile ratione temporis a seguito della novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, convertito in L. n. 134 del 2012 – dev’essere interpretato “… alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione” (Cass. Sez. U, Sentenza n.8053 del 07/04/2014, Rv. 629830). Restano quindi esclusi da un lato qualunque altro vizio della motivazione e, dall’altro lato, l’omesso esame di elementi istruttori che non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal giudice di merito, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (in senso conforme, Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n.21257 del 08/10/2014, Rv.632914; Cass. Sez. 6-3, Sentenza n.23828 del 20/11/2015, Rv.637781; Cass. Sez. 3, Sentenza n.23940 del 12/10/2017, Rv.645828).
Per quanto invece attiene la prima parte della censura, va considerato che nel caso di specie la Corte di Appello ha ravvisato la proprieta’ individuale, in capo a ciascuno dei due condominii, di una porzione del giardino comune in base ad un’articolata interpretazione delle risultanze dei documenti allegati agli atti del giudizio, valorizzando il contenuto di ambedue i regolamenti condominiali e fornendo un giudizio di fatto incensurabile in questa sede. L’affermazione secondo cui l’esclusione della proprieta’ comune del giardino comporta anche l’inesistenza della servitu’ di destinazione dell’area va quindi letta nell’ambito del ragionamento complessivo svolto dal giudice di merito, che avendo escluso la sussistenza di una comunione ha ritenuto evidentemente leciti gli atti compiuti dal legittimo proprietario sulla propria porzione di giardino.
Peraltro, la doglianza difetta anche della necessaria specificita’, in quanto il condominio ricorrente non deduce precisamente, nel corpo del motivo, in quale atto delle fasi di merito egli avrebbe dedotto l’esistenza della servitu’ di destinazione dell’area di cui si discute.
Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 2730 c.c. e l’omessa e contraddittoria motivazione in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5 perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato il punto del regolamento del condominio (OMISSIS) nel quale si fa riferimento al “tappeto visivo” del giardino. Ad avviso dei ricorrenti, poiche’ il riferimento sarebbe contenuto nei regolamenti condominiali di ambedue gli edifici, sussisterebbe un vincolo pattizio di destinazione dell’area a giardino, costituito appunto dall’uniformita’ del tappeto visivo della stessa.
Anche questa doglianza, come le precedenti, e’ inammissibile perche’ si risolve nella richiesta di riesame del giudizio di merito proposto dalla Corte territoriale.
Infine, con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione del Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articolo 41 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente applicato la tariffa vigente al momento della pubblicazione della sentenza di prime cure, in luogo di quella in vigore al momento del deposito della decisione di secondo grado, contenuta (appunto) nel Decreto Ministeriale n. 140 del 2012.
Anche questa censura va ritenuta inammissibile tanto per difetto della necessaria specificita’ che per carenza di interesse concreto del ricorrente. Come ripetutamente affermato da questa Corte, l’interesse all’impugnazione va infatti apprezzato in ragione della concreta utilita’ che la parte puo’ direttamente conseguire dall’eventuale accoglimento dei motivi di gravame e non puo’ risolversi in un mero interesse astratto ad una piu’ corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione in concreto adottata dal giudice di merito (in termini, cfr. Sez. 2, Sentenza n.15353 del 25/06/2010, Rv.613939; Cass. Sez. 1, Sentenza n.5656 del 10/04/2012, Rv.622337; Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n.25712 del 04/12/2014, Rv.633763).
Cio’ premesso, nel caso di specie il ricorrente, pur invocando l’applicazione della tariffa di cui al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012 non deduce che l’erronea applicazione della diversa ed anteriore tariffa in concreto utilizzata dalla Corte di Appello ha comportato la violazione del limite inderogabile rappresentato dal minimo tariffario previsto, e quindi non ha dedotto, ne’ provato, la sussistenza del necessario interesse concreto alla impugnazione.
In definitiva, il ricorso va rigettato e le spese del grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiche’ il ricorso per cassazione e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ respinto, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 13 del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del grado, che liquida in Euro 3.700 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’articolo 1-bis dello stesso articolo 13.

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