E’ inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti a richiedere la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 febbraio 2023| n. 5058.

E’ inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti a richiedere la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

E’ inammissibile il ricorso per cassazione che, senza censurare specificamente un “error in procedendo” o “in iudicando” della sentenza impugnata, si limiti a richiedere la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in attesa della definizione della querela di falso proposta in via principale, dopo la sentenza di appello, con riguardo agli atti sui cui la sentenza medesima si fonda; l’eventuale falsità di tali atti, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, può essere fatta valere soltanto come motivo di revocazione, con una compiuta valutazione dell’incidenza delle prove dichiarate false sul merito della controversia. (Nella specie, la S.C. – con riferimento a vicenda in cui la querela di falso era stata proposta ai fini dell’accertamento della falsità di firme apposte su avvisi di ricevimento di raccomandate – ha altresì rilevato che nel giudizio di legittimità non può procedersi ad una mera declaratoria di invalidità e/o nullità dei precedenti gradi di merito, in virtù dell’accertata falsità degli atti).

Ordinanza|17 febbraio 2023| n. 5058. E’ inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti a richiedere la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

Data udienza 27 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: INPS – Azienda agricola – Omesso pagamento di contributi alla gestione previdenziale – Difetto di specificità dei motivi di doglianza – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere

Dott. GNANI Alessandro – Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere

Dott. CERULO Angelo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21990-2017 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in (OMISSIS);
– controricorrente –
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, GIA’ (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza n. 174 del 2017 della CORTE D’APPELLO DI SALERNO, pronunciata il 22 febbraio 2017 e pubblicata il 15 marzo 2017 (R.G.N. 3/2016).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 27 ottobre 2022 dal Consigliere Angelo Cerulo.
FATTI DI CAUSA
1.- Con sentenza pubblicata il 15 marzo 2017 con il numero 174/2017, la Corte d’appello di Salerno, in parziale accoglimento del gravame interposto dal signor (OMISSIS), ha dichiarato illegittimi e ha annullato l’avviso di addebito n. (OMISSIS), notificato il 21 dicembre 2001, per l’importo di Euro 96.043,08, e l’intimazione di pagamento n. (OMISSIS), notificata il 4 giugno 2014, per l’importo di Euro 100.035,31.
La Corte salernitana ha accertato l’obbligo (OMISSIS) di versare i soli contributi relativi alla gestione previdenziale aziende agricole per gli anni dal 1982 al 1992, oltre agl’interessi e alle somme aggiuntive come per legge, e ha confermato nel resto la decisione pronunciata dal Tribunale della medesima sede (n. 2493-2015), compensando per intero le spese di entrambi i gradi di giudizio.
2.- A fondamento della pronuncia, la Corte territoriale ha disatteso gli argomenti dell’appellante, che si prefiggevano di negare la natura di atti pubblici degli avvisi di ricevimento delle missive prodotte in giudizio dall’INPS: la tesi, propugnata anche in fase d’appello, e’ che si tratti di mere scritture private, suscettibili di essere disconosciute ai sensi dell’articolo 214 c.p.c., con il conseguente onere, per la parte interessata ad avvalersene, di promuovere il giudizio di verificazione.
I giudici d’appello, al fine di confutare i rilievi dell’appellante, hanno richiamato i principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte. L’avviso di ricevimento prova, fino a querela di falso, che l’atto sia stato consegnato al destinatario, quando l’atto sia stato consegnato al suo indirizzo e il consegnatario abbia apposto la propria firma, pur se illeggibile, nello spazio dell’avviso di ricevimento relativo alla firma del destinatario o di persona delegata.
E’ ininfluente che, nell’avviso, non sia stata sbarrata la casella riguardante la consegna a mani proprie e che non sia stata indicata la qualita’ del consegnatario, in quanto tali mancanze non integrano alcuna delle ipotesi di nullita’ previste dall’articolo 160 c.p.c. La disciplina postale, difatti, non prescrive di annotare sull’avviso di ricevimento l’identita’ della persona cui e’ stato consegnato il plico e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario si deve intendere a lui consegnato, in ragione della presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 c.c., che puo’ essere superata solo con la prova dell’impossibilita’ incolpevole di prendere cognizione dell’atto.
Correttamente, pertanto, il giudice di primo grado ha ritenuto regolare la notificazione al (OMISSIS) degli atti interruttivi della prescrizione e ha rilevato che il destinatario avrebbe dovuto proporre querela di falso per contestare l’autenticita’ delle sottoscrizioni apposte in calce agli avvisi di ricevimento.
La Corte d’appello soggiunge che il (OMISSIS) non ha sollevato obiezioni di sorta rispetto all’avviso di ricevimento datato (OMISSIS), inviato al medesimo indirizzo ((OMISSIS)) cui sono giunti gli altri avvisi, di cui si contesta la regolare notificazione.
Alla luce di tale dato, “riesce davvero difficile comprendere per quale ragione uno solo degli atti inviati al medesimo indirizzo sarebbe stato ritualmente notificato, a differenza di altri che risultano parimenti ricevuti da persone che hanno apposto le loro sottoscrizioni senza obiettare alcunche’ e, in particolare, senza far valere la mancanza di qualsivoglia collegamento con il destinatario della notifica” (pagina 9 della sentenza d’appello).
La Corte territoriale, poste tali premesse, ha fatto applicazione del Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 19, convertito, con modificazioni, nella L. 11 novembre 1983, n. 638, che ha sospeso per un triennio i termini di prescrizione relativi ai contributi dovuti o la cui riscossione e’ affidata a qualsiasi titolo all’INPS o all’INAIL.
In aggiunta al termine decennale di prescrizione e alla sospensione triennale sancita dal Decreto Legge n. 463 del 1983, si deve poi tener conto della sospensione che e’ stata disposta, per un periodo complessivo di otto mesi e un giorno, dai decreti-legge che si sono avvicendati nel 1983, prima di approdare alla disciplina a regime del citato Decreto Legge n. 463 del 1983.
La prescrizione si e’ compiuta per i contributi relativi agli anni 1980 e 1981, ma non per i contributi dovuti per l’anno 1982, in quanto la prescrizione e’ stata interrotta dall’INPS con le missive pervenute al destinatario il (OMISSIS) e l'(OMISSIS).
La “indubbia complessita’ delle questioni” controverse e la fondatezza solo parziale delle pretese dell’INPS consentono di ravvisare i presupposti per la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
3.- (OMISSIS) impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Salerno, con ricorso notificato il 15 settembre 2017 e affidato a un motivo, illustrato da memoria in prossimita’ dell’adunanza in camera di consiglio.
4.- L’INPS resiste con controricorso.
5.- Agenzia delle Entrate – Riscossione, gia’ (OMISSIS) s.p.a., non ha svolto in questa sede attivita’ difensiva.
6.- Il ricorso e’ stato fissato per la trattazione in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in base agli artt:. 375, comma 2, e 380-bis.1. c.p.c.
7.- Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il signor (OMISSIS) articola un motivo di ricorso per cassazione, che denuncia, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numeri 3 e 5, c.p.c., violazione di legge, in riferimento agli articoli 221 e seguenti c.p.c. e della L. 8 agosto 1995, n. 335, articolo 3, commi 9 e 10.
A sostegno della censura, il ricorrente deduce di aver proposto querela di falso in via principale allo scopo di sentire accertare la falsita’ delle firme apposte sui quattro avvisi di ricevimento delle raccomandate del (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS). La querela di falso priverebbe di ogni efficacia probatoria gli avvisi di accertamento che l’INPS ha prodotto come atti interruttivi della prescrizione.
Peraltro, gli avvisi di ricevimento si atteggerebbero come scritture private e non come atti pubblici. L’INPS, per giovarsi della documentazione disconosciuta ai sensi dell’articolo 214 c.p.c., avrebbe dovuto instaurare un giudizio di verificazione.
Il ricorrente chiede, in conclusione, di sospendere il presente giudizio in attesa della definizione della controversia instaurata dinanzi al Tribunale di Salerno. L’accertamento della falsita’ delle sottoscrizioni degli avvisi di accertamento rappresenterebbe “un indispensabile antecedente logico-giuridico rispetto alla vicenda oggetto del presente giudizio”.
2.- L’INPS ha eccepito la manifesta inammissibilita’ del ricorso, per “violazione del principio di specificita’ dei motivi”, e ha chiesto, nel merito, di rigettarlo.
3.- Nella memoria illustrativa, il (OMISSIS) ha specificato che, con la sentenza n. 2139 del 14 giugno 2022, il Tribunale di Salerno ha dichiarato inammissibile, per carenza d’interesse, la querela di falso. La parte ricorrente, nel contestare le motivazioni della pronuncia di primo grado, soggiunge che “e’ in corso di predisposizione atto di appello” e ribadisce l’istanza di sospensione del presente giudizio, in attesa della definizione del giudizio sulla querela di falso.
4.- Il ricorso e’ inammissibile.
5.- Il ricorrente non ha mosso critiche pertinenti alle statuizioni della pronuncia impugnata (pagine 5, 6 e 7), che ha ritenuto imprescindibile la proposizione della querela di falso allo scopo di dimostrare l’estraneita’ della persona che ha sottoscritto l’avviso alla sfera personale o familiare del destinatario.
Pur coltivando anche in sede di legittimita’ la tesi che gli avvisi di ricevimento siano mere scritture private, suscettibili di essere disconosciute ai sensi dell’articolo 214 c.p.c. (pagina 34 del ricorso), la parte ricorrente non ha indirizzato censure idonee contro l’ampia argomentazione delineata a tale riguardo dalla Corte territoriale e, nella memoria illustrativa (pagine 4 e 5), mostra di farla propria, come traspare in modo inequivocabile dal fatto stesso che sia stato promosso un giudizio di querela di falso in via principale.
Il motivo di ricorso non denuncia, dunque, alcun error in procedendo o in iudicando in cui sia incorsa la sentenza impugnata, cosi’ da giustificarne la cassazione, ed e’ sotto questo profilo, pertanto, inammissibile.
6.- Il motivo, lungi dal censurare in termini specifici l’erroneita’ della sentenza impugnata e dall’introdurre una critica deducibile nel giudizio di cassazione, che si atteggia come giudizio a critica vincolata, si limita a far leva su una sopravvenienza: la proposizione in via principale, dopo la sentenza d’appello, della querela di falso, con riguardo agli atti posti a fondamento di tale decisione.
A tale riguardo, si deve ribadire che, nel giudizio di cassazione, la querela di falso puo’ essere proposta limitatamente agli atti del relativo procedimento, come il ricorso o il controricorso, o ai documenti che possono essere prodotti ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., o ai soli vizi di nullita’ della sentenza per mancanza dei requisiti essenziali, di sostanza o di forma (Cass., sez. I, 22 novembre 2006, n. 24856): viene dunque in rilievo la sola nullita’ che inficia direttamente la sentenza, e non anche la nullita’ che si e’ verificata nel processo e che solo indirettamente si riverbera sulla decisione (Cass., S.U., 25 luglio 2007, n. 16402).
La querela di falso, per contro, non puo’ riguardare atti e documenti che il giudice di merito abbia posto a fondamento della decisione impugnata o che siano stati prodotti nel giudizio di merito, senza essere stati impugnati per la loro asserita falsita’ (Cass., S.U., 31 maggio 2011, n. 11964; in senso conforme, Cass., sez. lav., 5 marzo 2004, n. 4603; Cass., sez. I, 14 novembre 2001, n. 14147).
Nel giudizio di cassazione, ove si deduca la falsita’ degli atti del procedimento di merito, dev’essere proposta la querela di falso in via principale, com’e’ avvenuto nel caso di specie.
Dai principi richiamati, questa Corte trae il corollario, rilevante ai fini della soluzione del caso di specie, che l’eventuale falsita’ degli atti del giudizio di merito, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, puo’ esser fatta valere come motivo di revocazione (Cass., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 986, e 29 gennaio 2019, n. 2343; nello stesso senso, Cass., sez. V, 6 novembre 2020, n. 24846).
Una volta che sia stata accertata la falsita’ degli atti con sentenza passata in giudicato, e’ la revocazione, regolata dall’articolo 395, comma 1, n. 2, c.p.c., il solo mezzo per rescindere la sentenza fondata su atti dichiarati falsi.
L’apprezzamento dell’incidenza delle prove false sulla sentenza che s’impugna per revocazione travalica i confini di un sindacato di pura legittimita’ e presuppone un giudizio, instaurato con l’indicazione di specifici motivi (articolo 398, comma 2, c.p.c.) e contraddistinto da una cognizione piena e dalla possibilita’ di svolgere ogni piu’ appropriato approfondimento istruttorio.
Nel giudizio di cassazione, non si puo’ dar luogo ad una mera declaratoria d’invalidita’ e/o nullita’ dei precedenti gradi di merito, in virtu’ dell’accertata falsita’ degli atti (Cass., sez. III, 27 aprile 2017, n. 10402, e 23 ottobre 2014, n. 22517).
Anche da questo punto di vista, l’odierno ricorso si rivela inammissibile. In caso di accertamento della falsita’ dei documenti depositati nel giudizio di merito, e’ la revocazione l’unico strumento che l’ordinamento accorda per rimuovere la sentenza viziata da prove dichiarate false, non potendo questa Corte cassare, sic et simpliciter, la sentenza sulla scorta dell’accertata falsita’.
Il ricorso per cassazione e’ dunque un rimedio strutturalmente inidoneo a rimuovere il vizio della falsita’ degli atti, posti a fondamento della decisione d’appello: anche da questo punto di vista, si coglie l’inammissibilita’ dell’odierno ricorso.
7.- Ne consegue, in ultima analisi, l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, in applicazione del seguente principio di diritto: “E’ inammissibile il ricorso per cassazione che, senza censurare specificamente un error in procedendo o in iudicando della sentenza impugnata, si limiti a richiedere la sospensione del giudizio ai sensi dell’articolo 295 c.p.c., in attesa della definizione della querela di falso proposta in via principale, dopo la sentenza d’appello, con riguardo agli atti su cui la sentenza medesima si fonda. L’eventuale falsita’ di tali atti, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, puo’ esser fatta valere soltanto come motivo di revocazione, con una compiuta valutazione dell’incidenza delle prove dichiarate false sul merito della controversia. Questa Corte non puo’ procedere a una mera declaratoria d’invalidita’ e/o nullita’ dei precedenti gradi di merito, in virtu’ dell’accertata falsita’ degli atti”.
8.- Il ricorrente deve rifondere all’INPS, parte controricorrente, le spese del presente giudizio (articolo 385, comma 1, c.p.c.), che si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
Non si devono regolare le spese nel rapporto processuale con Agenzia delle Entrate – Riscossione, che non ha svolto attivita’ difensiva.
9.- A norma del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17), la declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso impone di dare atto (Cass., S.U., 27 novembre 2015, n. 24245) dei presupposti per il pagamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l’impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna parte ricorrente a rifondere all’INPS le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, comma 1-bis dell’articolo 13, ove dovuto.

 

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