È legittima la declaratoria d’inammissibilità “de plano”

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 4 agosto 2020, n. 23533.

Massima estrapolata:

È legittima la declaratoria d’inammissibilità “de plano”, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., del reclamo giurisdizionale proposto avverso il provvedimento con cui l’Amministrazione penitenziaria abbia rigettato la richiesta di un detenuto di attivare, a proprie spese, canali televisivi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla circolare del D.A.P. del 2 ottobre 2017, atteso che un tale provvedimento non incide sul diritto soggettivo del detenuto all’informazione, bensì soltanto sulle modalità del suo esercizio, che restano affidate alla discrezionalità amministrativa.

Sentenza 4 agosto 2020, n. 23533

Data udienza 7 luglio 2020

Tag – parola chiave: Sorveglianza – Reclamo ex art. 35 bis Ord. Pen. – Decreto di inammissibilità emesso de plano – Insussistenza dei requisiti richiesti dalla legge – Non incidenza del provvedimento sui diritti soggettivi del detenuto – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Presidente

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Cuneo in data 2/10/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Lignola Ferdinando, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 2/10/2019, il Magistrato di sorveglianza di Cuneo dichiaro’ inammissibile il reclamo proposto nell’interesse di (OMISSIS), che aveva chiesto l’attivazione, a sue spese, dei canali TV “Sky Sport” e “Premium Sport”, rilevandone la manifesta infondatezza ai sensi dell’articolo 666 c.p.p., comma 2, per l’assenza di violazioni della legge penitenziaria e del relativo regolamento da parte dell’Amministrazione penitenziaria, dalle quali derivasse al detenuto un attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti e in particolare del diritto all’informazione, adeguatamente garantito, nella specie, dalla possibilita’ di fruire di oltre 20 canali televisivi, secondo la previsione dell’articolo 14, Circolare D.A.P. del 2/10/2017, a mente del quale “la visione dei programmi sara’ limitata ai principali canali della rete nazionale vale a dire pacchetto Rai (1-2-3-4-5, News, Movie, Scuola, Storia, Rai Sport I e 2, Premium, Yoyo, Gulp), Canale 5, Rete 4, Italia Uno, La Sette, Cielo, Iris e Tv 2000, preventivamente sintonizzati e abilitati dal tecnico di fiducia della Direzione”.
2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo stesso (OMISSIS), per mezzo del Difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p., la inosservanza o erronea applicazione dell’articolo 35-bis Ord. pen., articolo 69, comma 6, Ord. pen. e articolo 666 c.p.p., comma 2, nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla declaratoria di inammissibilita’ del reclamo. In particolare, il ricorso denuncia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), che il provvedimento impugnato abbia erroneamente ritenuto che l’interesse tutelato dal detenuto con il reclamo, connesso all’attivazione di un canale Tv avente l’esclusiva di taluni eventi sportivi, non fosse riferibile a una posizione giuridica di diritto soggettivo. Infatti, secondo la tesi difensiva tale interesse sarebbe, invece, riconducibile al diritto all’informazione tutelato dall’articolo 21 Cost. (cita Corte Cost., n. 135 del 7/6/2013), sicche’ esso avrebbe dovuto ricevere tutela giurisdizionale piena. Per tale ragione, il Magistrato di sorveglianza avrebbe violato l’articolo 666 c.p.p., comma 2, decidendo de plano sull’inammissibilita’ del reclamo, omettendo di consentire la trattazione del medesimo nel rispetto del principio del contraddittorio.
3. In data 10/2/2020, e’ pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale e’ stata chiesta la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Il procedimento per reclamo ex articolo 35-bis Ord. pen. riproduce quello previsto per il procedimento di sorveglianza, a sua volta corrispondente a quello di esecuzione delineato dall’articolo 666 c.p.p. Ne consegue che, anche con riferimento al reclamo giurisdizionale posto a tutela dei diritti dei detenuti, accanto al modello ordinario caratterizzato dalla celebrazione dell’udienza in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, l’articolo 666 c.p.p., comma 2, contempla, altresi’, la possibilita’ di una declaratoria d’inammissibilita’ mediante la pronuncia di un decreto emesso de plano, in assenza di contraddittorio, quando l’istanza sia manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge.
Secondo la giurisprudenza di legittimita’ “l’esercizio da parte del magistrato di sorveglianza del potere di cui all’articolo 666 c.p.p., comma 2, deve essere limitato alle ipotesi in cui la “presa d’atto” dell’assenza delle condizioni di legge non richieda accertamenti di tipo cognitivo, ne’ valutazioni discrezionali”, ovvero “quando facciano difetto nell’istanza i requisiti posti direttamente dalla legge che non implicano alcuna valutazione discrezionale”; cio’ perche’ la legge processuale vuole evitare il “pericolo che la ricognizione dei presupposti di ammissibilita’ della domanda involga una implicita valutazione del merito con la adozione di provvedimenti di sostanziale rigetto in assenza della esplicazione del regolare contraddittorio”, per cui “la carenza delle condizioni di legge deve essere rilevabile ictu oculi, non deve comportare valutazioni discrezionali, ne’ valutazioni negative fondate su argomentazioni complesse o rese opinabili da possibili differenti ricostruzioni della situazione di fatto posta a base della richiesta” (ex plurimis Sez. 1, n. 32279 del 29/3/2018, Focoso, Rv. 273714; Sez. 1, n. 876 del 16/7/2015, dep. 2016, Ruffolo, Rv. 265857; Sez. 1, n. 35045 del 18/4/2013, Giuffrida, Rv. 257017).
3. Presupposto per la necessaria instaurazione del contraddittorio e’, dunque, che la prospettazione difensiva del detenuto abbia un qualche fumus di fondatezza; condizione che, nel caso in esame, deve essere esclusa.
Invero, la richiesta di accesso a canali tv tematici, che il ricorso ha radicato nel pacifico riconoscimento del diritto all’informazione anche in capo ai soggetti detenuti (cfr. ex plurimis Corte costituzionale, sentenza del 26 maggio 2017, n. 122), sottintende una censura alla soluzione organizzativa adottata dall’Amministrazione penitenziaria all’atto della emanazione della circolare D.A.P. del 2017, correttamente richiamata dal provvedimento impugnato, la quale ha, pero’, inteso circoscrivere l’accesso “ai principali canali della rete nazionale”, nell’ambito di un ragionevole contemperamento tra il diritto all’informazione e le esigenze di organizzazione del D.A.P. chiamato ad esercitare il necessario controllo sulle informazioni provenienti dall’esterno. Cio’ che, conseguentemente, non consente, nel caso in esame, di azionare fondatamente il reclamo giurisdizionale previsto dall’articolo 35-bis Ord. pen..
Infatti, secondo il consolidato indirizzo interpretativo accolto dalla giurisprudenza di legittimita’, non e’ suscettibile di reclamo giurisdizionale il provvedimento che non incida sui diritti soggettivi del detenuto, ma solo sulle modalita’ di esercizio di esso, che restano affidate alla discrezionalita’ dell’Amministrazione penitenziaria in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne (Sez. 7, n. 373 del 29/5/2014, dep. 2015, Attanasio, Rv. 261549, relativa a un caso di rigetto della richiesta di acquistare un telecomando personale per il televisore). Discrezionalita’ che, per le ragioni esposte, e’ stata esercitata in maniera del tutto corretta nell’ambito di un provvedimento organizzativo di portata generale, rispetto alla quale non e’ configurabile alcun diritto soggettivo del detenuto.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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