Erronea evocazione in giudizio di un ministero al posto di un altro

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 gennaio 2023| n. 2.

Erronea evocazione in giudizio di un ministero al posto di un altro

L’erronea evocazione in giudizio di un ministero al posto di un altro comporta che il giudice – a pena di nullità della sentenza di primo grado e conseguente rimessione della causa al primo giudice – fissi un termine per il rinnovo della notifica e la corretta instaurazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 4 della l. n. 260 del 1958, purché l’Avvocatura dello Stato sollevi la relativa eccezione nella prima udienza, indicando, altresì, il soggetto cui l’atto avrebbe dovuto essere notificato.(Principio affermato in fattispecie nella quale, a fronte nella necessaria notifica al Ministero della Giustizia ed a quello dell’Economia e delle Finanze, dovendo il giudice di merito determinare il “quantum” dovuto separatamente dai due dicasteri, in relazione ai ritardi ascrivibili a ciascuno dei diversi plessi giurisdizionali di riferimento, era stato evocato in giudizio solo il primo Ministero.)

Ordinanza|2 gennaio 2023| n. 2. Erronea evocazione in giudizio di un ministero al posto di un altro

Data udienza 8 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Equa riparazione – Errore di identificazione della persona alla quale l’atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato – Eccezione da parte dell’Avvocatura dello Stato nella prima udienza – Contemporanea indicazione della persona alla quale l’atto doveva essere notificato – Necessità – Prescrizione di un termine entro il quale l’atto deve essere rinnovato da parte del giudice

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. ROLFI Federico – rel. Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30428/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)) rappresentata e difesa dagli Avv.ti (OMISSIS) in virtu’ di procura in calce al ricorso, ed elettivamente domiciliati in Roma alla Via (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia, n. 256/2021, depositato in data 11 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2022 dal Consigliere Dott. Federico Rolfi.

Erronea evocazione in giudizio di un ministero al posto di un altro

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 11 maggio 2021 la Corte d’Appello di Perugia, decidendo sull’opposizione del MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, ha disatteso i motivi di opposizione, confermando il riconoscimento in favore dell’odierna ricorrente dell’importo di Euro 2.150,00 a titolo di equa riparazione per l’eccessiva durata di un procedimento – sempre per equa riparazione – protrattosi, compresa la fase del giudizio di ottemperanza, per un totale di nove anni e sei mesi.
La Corte territoriale ha liquidato altresi’ in favore della ricorrente la somma complessiva, a titolo di spese di lite, di Euro 640,50 per compensi, oltre accessori, ritenendo di applicare i minimi tariffari di cui al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 e di escludere il riconoscimento dei compensi per la fase di istruzione/trattazione.
2. Avverso detto provvedimento propone ora ricorso (OMISSIS).
Resiste con controricorso e ricorso incidentale il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA.
3. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2, e articolo 380 bis.1 c.p.c..
4. (OMISSIS) ha depositato memoria.

Erronea evocazione in giudizio di un ministero al posto di un altro

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso principale e’ affidato ad un solo motivo col quale si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., articolo 2233 c.c., comma 2, e dei Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, e n. 37 del 2018.
Lamenta cumulativamente il ricorso che la Corte d’appello di Perugia:
a) abbia operato una la liquidazione delle spese di lite violando i minimi inderogabili di legge;
b) abbia negato il riconoscimento dei compensi per la fase di istruttoria/trattazione.
2. Il ricorso incidentale e’ affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce, si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, articolo 4, 6, par. 1, Conv. EDU.
Il ricorrente incidentale si duole del mancato accoglimento, da parte della Corte territoriale, dell’eccezione di tardivita’ del ricorso ex L. n. 89 del 2001.
Sottolinea il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA che la ricorrente, dopo aver gia’ ottenuto una ordinanza di assegnazione delle somme in sede esecutiva, aveva poi proposto giudizio di ottemperanza innanzi al giudice amministrativo.
Il ricorrente incidentale, quindi, argomenta che il termine semestrale L. n. 89 del 2001, ex articolo 4, avrebbe dovuto essere calcolato con riferimento all’ordinanza di assegnazione in data 13 aprile 2016 (a fronte di un’istanza di equa riparazione depositata nel 2020) e non con riferimento al successivo giudizio di ottemperanza, il quale si sarebbe tradotto in un’attivita’ del tutto superflua ai fini della tutela del diritto dell’odierna ricorrente, dovendosi ritenere che quest’ultimo fosse stato integralmente soddisfatto con l’adozione dell’ordinanza di assegnazione in sede esecutiva.
Il ricorso incidentale, pertanto, dopo una ricostruzione dell’orientamento progressivamente formatosi in questa Corte in ordine ai rapporti tra procedimento di cognizione e fase esecutiva ai fini dell’applicazione della L. n. 89 del 2001, articolo 4, ribadisce la necessita’ di ancorare il concetto di definitivita’ al primo provvedimento di assegnazione in sede esecutiva ordinaria, deducendo che, diversamente opinando, verrebbe a concedersi alla parte la possibilita’ di procrastinare indefinitamente il decorso del termine L. n. 89 del 2001, ex articolo 4, semplicemente attivando in sequenza plurimi -anche se superflui- procedimenti esecutivi o di ottemperanza.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, articolo 3.
Il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA deduce il proprio difetto di legittimazione passiva (rectius di titolarita’ del lato passivo del rapporto obbligatorio), rammentando che il giudizio presupposto (a propria volta instaurato per conseguire la liquidazione di un’equa riparazione) si e’ articolato in una fase di cognizione (ex L. n. 89 del 2001) ed una fase di esecuzione innanzi al giudice ordinario, e di una fase di ottemperanza innanzi al giudice amministrativo.

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Argomenta, quindi, che, in relazione a tale ultima fase, soggetto titolare del lato passivo dell’obbligazione ex L. n. 89 del 2001 debba ritenersi il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
3. Ritiene la Corte che l’ordine logico delle questioni imponga la previa disamina dei motivi di ricorso incidentale che pongono in discussione la stessa ammissibilita’ della domanda indennitaria e l’individuazione del soggetto obbligato, questioni che assumono carattere di priorita’ rispetto al ricorso principale che pone invece in discussione solo il quantum delle spese di lite liquidate, ma sul presupposto della sussistenza dell’obbligazione indennitaria nei termini accertati nel decreto impugnato.
4. Il primo motivo di ricorso incidentale e’ infondato.
Occorre a tal fine prendere a riferimento quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte nelle sentenze del 2019 (cfr. per tutte Cass. S.U. n. 19883/2019) che, rivedendo il proprio precedente orientamento, hanno affermato che ai fini della decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso L. n. 89 del 2001, ex articolo 4 nel testo modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 55 conv. dalla L. n. 134 del 2012, risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2018, la fase di cognizione del processo che ha accertato il diritto all’indennizzo a carico dello Stato-debitore va considerata unitariamente rispetto alla fase esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti dello Stato, senza la necessita’ che essa venga iniziata entro sei mesi dalla definitivita’ del giudizio di cognizione, decorrendo detto termine dalla definitivita’ della fase esecutiva e cio’ sebbene nel computo della durata del processo di cognizione ed esecutivo non vada considerato come “tempo del processo” quello intercorso fra la definitivita’ della fase di cognizione e l’inizio della fase esecutiva (quest’ultimo, invece, potendo eventualmente rilevare ai fini del ritardo nell’esecuzione come autonomo pregiudizio, allo stato indennizzabile in via diretta ed esclusiva, in assenza di rimedio interno, dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo).
Nella medesima occasione e’ stato altresi’ affermato che il giudizio di ottemperanza promosso all’esito della decisione di condanna dello Stato al pagamento dell’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001 deve considerarsi sul piano funzionale e strutturale pienamente equiparabile al procedimento esecutivo, e da valutare unitariamente rispetto al giudizio che ha riconosciuto il diritto all’indennizzo.
La questione che presenta il motivo in esame investe quindi non gia’ la possibilita’ di equiparare il giudizio di ottemperanza a quello di esecuzione, questione, come visto gia’ risolta dall’intervento delle Sezioni Unite, quanto la possibilita’ che il creditore insoddisfatto possa avvalersi in via concorrenziale, e cio’ in contemporanea ovvero in successione cronologica, del rimedio del giudizio di esecuzione e del giudizio di ottemperanza, lasciando pero’ immutata la conseguenza in termini di unitarieta’ tra giudizio di cognizione e successivi rimedi satisfattivi, onde trarre l’ulteriore conseguenza, fatta propria dalla decisione impugnata, secondo cui il termine di decadenza per l’introduzione della domanda di equo indennizzo decorra dalla definizione positiva dell’ultimo dei rimedi intentati al fine di conseguire l’adempimento della prestazione dovuta.
Ritiene la Corte che la soluzione cui e’ pervenuto il giudice di merito sia incensurabile e che la stessa si imponga proprio alla luce dell’esigenza di interpretare le norme in esame in maniera da assicurare il rispetto dei principi sovranazionali, quali riaffermati dalla sentenza della Corte EDU Bozza c. Italia del 14 settembre 2017 (che ha poi determinato il ripensamento delle Sezioni Unite sopra ricordato), a mente dei quali l’esecuzione costituisce parte integrante del “processo” ai sensi dell’articolo 6 CEDU, affermandosi testualmente che “(…) il diritto a un tribunale sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico interno di uno Stato contraente permettesse che una decisione giudiziaria definitiva e vincolante rimanesse inoperante a scapito di una delle parti. L’esecuzione di una sentenza, indipendentemente da quale giudice l’abbia pronunciata, deve essere dunque considerata come facente parte integrante del processo ai sensi dell’articolo 6 (si veda anche Bourdov c. Russia (n. 2), ric. n. 33509/04, p. 65, CEDU 2009)”.

Erronea evocazione in giudizio di un ministero al posto di un altro

In questa prospettiva, puo’ reputarsi che, intrapresa inizialmente la procedura esecutiva dinanzi al giudice ordinario, l’emanazione di un’ordinanza di assegnazione possa avere carattere definitivo e possa dalla sua emanazione farsi decorrere il termine per l’introduzione della domanda di equo indennizzo solo nel caso in cui alla pronuncia segua l’effettivo e concreto soddisfacimento della pretesa creditoria.
Laddove, invece, pur a fronte di un provvedimento di assegnazione delle somme non sia seguita l’effettiva riscossione del dovuto, deve reputarsi che al creditore sia dato il ricorso al giudizio di ottemperanza (ben potendosi ipotizzare anche una coeva e concorrente proposizione dei due rimedi), senza che il previo esperimento della procedura esecutiva funga da condizione ostativa, dovendosi avere riguardo all’esigenza reputata fondamentale dalla Corte EDU che il creditore riceva concreto ed effettivo soddisfacimento.
In tal caso il termine di decadenza di cui all’articolo 4 citato non potra’ che decorrere dalla definizione del giudizio di ottemperanza (ovvero nel caso di coeva proposizione di entrambi i rimedi, dal momento in cui uno degli stessi sia stato definito con l’effettiva estinzione dell’obbligazione azionata in via esecutiva o in via di ottemperanza).
Trattasi di conclusione che appare altresi’ avallata dal tenore letterale delle norme specificamente dettate in materia di esecuzione per obbligazioni scaturenti dall’applicazione della L. n. 89 del 2001 (articolo 5-quinquies), che, oltre a confortare il fatto che in sede esecutiva al creditore e’ data solo la possibilita’ di ricorrere al pignoramento mobiliare presso il debitore (e cioe’ uno dei Ministeri indicati dall’articolo 3, comma 2, della stessa legge), non esclude, ma piuttosto sottende (citato articolo 5-sexies, commi 7, 8 ed 11), il concorso tra i rimedi dell’esecuzione e dell’ottemperanza.
Dalle norme de quibus si deve quindi evincere che – fermo restando il limite alla possibilita’ di duplicare la pretesa creditoria tramite il ricorso a distinte procedure finalizzate al soddisfacimento del creditore – anche l’esaurimento della procedura esecutiva non impedisce la possibilita’ di rivolgersi al giudice amministrativo in sede di ottemperanza, ove il credito vantato sia ancora privo di soddisfacimento (per la possibilita’ di cumulare i due rimedi, si veda Cass. S.U. n. 7632/1993, Cass. S.U. n. 12060/1993, e di recente, in materia di crediti tributari, Cass. n. 31856/2021).
Alle medesime conclusioni e’ peraltro pervenuto anche il giudice amministrativo che, nella sua piu’ autorevole composizione (Consiglio di Stato Ad. Pl. n. 2/2012), ha ritenuto possibile il successivo esperimento del giudizio di ottemperanza anche nel caso in cui il creditore abbia gia’ ottenuto un’ordinanza di assegnazione non opposta, e quindi divenuta definitiva, ex articolo 553 c.p.c., essendosi ritenuta estensibile la medesima conclusione anche al diverso caso in cui l’ordinanza di assegnazione sia stata emessa ex articolo 530 c.p.c. (cosi’ Consiglio di Stato n. 3539/2019, emessa proprio nell’ambito del contenzioso tra le parti del presente giudizio, e successivamente Consiglio di Stato n. 3625/2019).
Correttamente, quindi, la decisione gravata ha ritenuto che il termine di cui all’articolo 4 decorresse solo dalla definitivita’ della pronuncia emessa in sede di ottemperanza, e che nella specie la presentazione della domanda fosse rispettosa dello stesso termine.
5. Il secondo motivo di ricorso incidentale e’ fondato.
Reputa la Corte che debba darsi continuita’ alla propria giurisprudenza che ha gia’ affermato che, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la parte che intende accampare pretese riparatorie del pregiudizio derivatole dalla non ragionevole durata di giudizi svoltisi, in relazione alla medesima vicenda, davanti a giudici ordinari e a giudici amministrativi deve convenire in giudizio sia il Ministero della Giustizia che la Presidenza del Consiglio (oggi il MEF), non potendo valere la regola della prevalenza, nella formazione del termine irragionevole, di un tipo di giudizio rispetto a un altro. In tal caso il giudice, ove ritenga fondata la domanda in riferimento a ciascun processo, dovra’ determinare separatamente l’importo gravante su ognuna delle amministrazioni convenute per il ritardo dei giudizi di rispettiva competenza, posto che la legge individua in maniera disgiunta i soggetti passivamente legittimati per l’eccessiva durata di procedimenti diversi, seppur collegati, la cui durata deve formare oggetto di esame e valutazione autonomi (Cass. n. 15603/2006).
Nella specie, peraltro la questione in punto di titolarita’ passiva dell’obbligazione indennitaria, non interamente ascrivibile al ricorrente incidentale, aveva costituito specifico motivo di opposizione, ed era stata quindi portata all’attenzione del giudice nel primo atto difensivo successivo alla notifica del ricorso e del decreto opposto.
Appare al Collegio che in tal caso possa farsi applicazione della regola posta dalla L. n. 260 del 1958, articolo 4 a mente del quale “l’errore di identificazione della persona alla quale l’atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato, deve essere eccepito dall’Avvocatura dello Stato nella prima udienza, con la contemporanea indicazione della persona alla quale l’atto doveva essere notificato. Tale indicazione non e’ piu’ eccepibile. Il giudice prescrive un termine entro il quale l’atto deve essere rinnovato. L’eccezione rimette in termini la parte”.
Pertanto l’erronea evocazione in giudizio di un Ministero al posto di un altro comporta che il giudice – a pena di nullita’ della sentenza di primo grado e conseguente rimessione della causa al primo giudice – fissi un termine per il rinnovo della notifica e la corretta instaurazione del contraddittorio, ai sensi della L. n. 260 del 1958, articolo 4 purche’ l’Avvocatura dello Stato sollevi la relativa eccezione nella prima udienza, indicando, altresi’, il soggetto cui l’atto avrebbe dovuto essere notificato (Cass. n. 25499/2021; in senso conforme Cass. n. 15219/2022).
Con specifico riferimento alla materia di cui alla L. n. 89 del 2001, e’ stato poi affermato (Cass. n. 8049/2019) che la L. n. 260 del 1958, articolo 4 deve ritenersi applicabile anche quando l’errore d’identificazione riguardi distinte ed autonome soggettivita’ di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ma, in forza del principio dell’effettivita’ del contraddittorio, la sua operativita’ e’ circoscritta al profilo della rimessione in termini, con esclusione, dunque, di ogni possibilita’ di “stabilizzazione” nei confronti del reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del conseguente giudizio (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva dichiarato inammissibile un ricorso notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze senza disporre la rinnovazione della notifica al Ministero della Giustizia, amministrazione che, invece, avrebbe dovuto essere parte del giudizio).
Ritiene il Collegio che tali principi possano estendersi anche all’ipotesi qui ricorrente in cui l’eccezione sia volta a contestare non la titolarita’ integrale dell’obbligazione dedotta in giudizio, bensi’ solo il parziale difetto di titolarita’.
Anche in tal caso, quindi, si deve concludere che – in presenza della ineludibile condizione della tempestiva deduzione, con l’indicazione del soggetto ritenuto invece passivamente legittimato – risulti invitabile pervenire alla cassazione della decisione gravata, per non avere provveduto a disporre la rinnovazione della notifica nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dovendo il giudizio di rinvio, previa evocazione in giudizio anche di quest’ultimo Ministero, determinare il quantum dovuto dai due dicasteri, in relazione ai ritardi separatamente ascrivibili ai plessi giurisdizionali di riferimento.
6. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso incidentale, con la conseguente cassazione del decreto impugnato, comporta altresi’ l’assorbimento del ricorso principale, con il quale la ricorrente si duole della erronea liquidazione delle spese di lite, in quanto avvenuta al di sotto dei minimi tariffari e con esclusione dei compensi dovuti per la fase istruttoria, essendo riservata al giudice di rinvio che si designa nella Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, la liquidazione delle spese oltre che del giudizio di rinvio, di quelle di legittimita’ e della precedente fase di merito.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso incidentale e, rigettato il primo motivo di ricorso incidentale ed assorbito il ricorso principale, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

 

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