Essenzialità del termine per l’adempimento

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 aprile 2022| n. 11068.

Se è pur vero che l’essenzialità del termine per l’adempimento, ex articolo 1457 del codice civile non può essere desunta solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre”, riferita al tempo di esecuzione della prestazione, ma implica un accertamento da cui emerga inequivocabilmente, alla stregua dell’oggetto del negozio o di specifiche indicazioni delle parti, che queste abbiano inteso considerare perduta, decorso quel lasso di tempo, l’utilità prefissatasi, tuttavia anche in presenza di un termine essenziale non è precluso alla parte interessata di rinunciare, seppur tacitamente, ad avvalersene, anche dopo la scadenza del termine, in particolare accettando un adempimento tardivo.

Ordinanza|5 aprile 2022| n. 11068. Essenzialità del termine per l’adempimento

Data udienza 22 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: CONTRATTO – CONDIZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 17826-2017 proposto da:
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL UNIPERSONALE, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 689/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 10/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/03/2022 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie delle parti.

Essenzialità del termine per l’adempimento

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. (OMISSIS) S.r.l. chiedeva al Tribunale di Brescia l’emissione di un decreto ingiuntivo relativo al compenso maturato per la realizzazione per conto di (OMISSIS) S.p.A. di alcuni stampi per la fabbricazione a fini produttivi, compensi il cui pagamento era stato rifiutato dalla committente, nonostante l’avvenuta esecuzione del contratto.
Avverso il decreto ingiuntivo era proposta opposizione da parte dell’ingiunta che lamentava l’inadempimento della controparte, concludendo quindi per la risoluzione del contratto.
Disposta CTU, il Tribunale adito con la sentenza n. 1827/2013 revocava il decreto, dichiarando che nulla era dovuto alla opposta.
Avverso tale sentenza ha proposto appello la (OMISSIS), cui ha resistito l’opponente.
La Corte d’Appello di Brescia con la sentenza n. 689 del 10/5/2017 ha parzialmente accolto il gravame, confermando la revoca del decreto opposto, ma condannando l’opponente al pagamento della somma di Euro 64.560,00, oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo, e con la condanna dell’appellata anche al rimborso dei due terzi delle spese del doppio grado, disponendo la compensazione per il residuo terzo.
I giudici di appello, in primo luogo, rilevavano che doveva escludersi che i termini pattuiti per la consegna degli stampi fossero essenziali.
Infatti, l’originario termine di consegna, fissato nel contratto del (OMISSIS) nella data del (OMISSIS), era qualificato come essenziale, ma era stato successivamente prorogato, senza che tale qualita’ fosse stata richiamata dalle parti, ed in particolare nella transazione del (OMISSIS).

 

Essenzialità del termine per l’adempimento

Alcuna rilevanza, quindi, poteva essere attribuita al solo superamento del termine di consegna come successivamente fissato, essendo quindi erronea la conclusione del Tribunale che aveva optato per la natura essenziale del termine.
Nel merito, si rilevava che andava data rilevanza alle risultanze della CTU, la quale, dopo aver sottolineato l’effettiva esistenza di difetti sui primi campioni prodotti allorquando gli stampi erano ancora nella fase di messa a punto, aveva sottolineato come a diversa conclusione dovesse pervenirsi per i successivi campioni accettati da entrambe le parti ai fini dello svolgimento delle operazioni peritali.
Cio’ aveva permesso di riscontrare come l’attivita’ di messa a punto, aveva assicurato la realizzazione di stampi in conformita’ delle indicazioni fornite dalla committente ed idonei allo scopo per il quale erano stati destinati, in quanto le minime irregolarita’ riscontrate non escludevano che i manufatti rientrassero negli standard qualitativi della specifica tecnologia produttiva, nell’ambito dell’apparecchio assemblato.
Tali conclusioni erano condivise dai giudici di appello, il che portava ad escludere che fosse giustificata la domanda di risoluzione della (OMISSIS).
Tuttavia, il decreto doveva essere revocato non essendo dovuti gli importi di cui ad una diversa fattura, pure azionata in sede monitoria, che riguardava compensi in parte non dovuti, perche’ ricompresi in altra fattura, ed in parte perche’ afferente a compensi gia’ ricompresi in altri corrispettivi.

 

Essenzialità del termine per l’adempimento

Aggiungeva la Corte distrettuale che non poteva avere seguito la difesa dell’appellata, e condivisa dal Tribunale, circa la ricorrenza dei presupposti per la risoluzione, e cio’ perche’ l’opponente non aveva fornito la prova di aver fatto visionare i prodotti eseguiti presso la sede dell’opposta, il che non permetteva di affermare che gli stampi non fossero gia’ stati completati, nella loro versione ritenuta conforme a contratto, prima della data dell’11 dicembre 2008, allorche’ la (OMISSIS) aveva dichiarato la volonta’ di risolvere il contratto.
Inoltre, la questione sarebbe stata superata per il fatto che in sede di operazioni peritali, le parti avevano solo inteso far verificare la correttezza del lavoro svolto, prescindendo da considerazioni di carattere temporale.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) S.p.A. sulla base di quattro motivi.
(OMISSIS) S.r.l. resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimita’ dell’udienza.
2. Il primo motivo del ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., in relazione al mancato accoglimento dell’eccezione di inammissibilita’ dell’appello per la omessa redazione in conformita’ della previsione di cui all’articolo 342 c.p.c.
Si deduce che l’atto di appello non ha specificamente contestato le ragioni poste a fondamento della sentenza di primo grado, essendo carente la puntuale individuazione delle parti di sentenza appellate, degli errori di fatto presenti nella decisione e delle modifiche che si ritiene necessarie in sede di appello.
La societa’ appellante si era limitata a riproporre le deduzioni gia’ svolte in primo grado, sollecitando in realta’ una rivalutazione in fatto della vicenda e non adeguatamente contrastando le motivazioni del Tribunale.
Il motivo e’ infondato.
In punto di diritto, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza della Corte (cfr. Cass. n. 12280/2016), sebbene relativa alla precedente formulazione dell’articolo 342 c.p.c., affinche’ un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato, non e’ sufficiente che nel gravame sia manifestata una volonta’ in tal senso, occorrendo, al contrario,
l’esposizione di una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico, anticipandosi in tal senso quanto poi disposto dal legislatore.
Tuttavia, e proprio con specifico riferimento a fattispecie sottoposta alla vigente previsione normativa, e precisamente alla novellata formula dell’articolo 434 c.p.c., che, in materia di processo del lavoro, ricalca in maniera quasi integrale la previsione di cui all’articolo 342 c.p.c., questa Corte ha specificato che (cfr. Cass. n. 2143/2015) l’articolo 434 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera c) bis convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell’articolo 342 c.p.c., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il “quantum appellatum”, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonche’ ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, si’ da esplicitare la idoneita’ di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata (nella specie, la S.C. ha ritenuto correttamente formulato un ricorso in appello, in cui le singole censure – attinenti alla ricostruzione del fatto e/o alla violazione di norme di diritto – erano state sviluppate mediante la indicazione testuale riassuntiva delle parti della motivazione ritenute erronee e con la analitica indicazione delle ragioni poste a fondamento delle critiche e della loro rilevanza al fine di confutare la decisione impugnata; in senso conforme si veda anche da ultimo Cass. n. 17712/2016).

 

Essenzialità del termine per l’adempimento

Infine, tale orientamento, ispirato alla negazione di una visione esclusivamente formalistica, e’ stato recepito dalle Sezioni Unite di questa Corte che con la sentenza n. 27199 del 2017 hanno affermato che gli articoli 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilita’, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversita’ rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
Orbene posti tali principi, ai quali il Collegio intende assicurare continuita’, e ribadita la possibilita’ di procedere alla disamina diretta degli atti processuali, atteso che il motivo in esame denunzia un error in procedendo commesso dal giudice del merito, si ritiene che le doglianze della parte ricorrente siano infondate.
Il Tribunale aveva, infatti, accolto l’opposizione facendo leva sul carattere essenziale del termine inizialmente previsto nel contratto per la consegna degli stampi ed ha ritenuto che tale connotazione il termine avesse conservato anche a seguito della sua successiva proroga, da ultimo con la transazione del (OMISSIS).
Tale affermazione risulta pero’ oggetto di specifica contestazione nell’atto di appello, che alla pag. 6 si sofferma proprio sulla qualita’ del termine de quo, alla luce delle successive modifiche operate dalle parti, assumendo che fosse stato comunque rispettato.
Quanto poi alla valutazione della CTU, il Tribunale ne aveva fornito una interpretazione per la quale era in realta’ onere della opposta dimostrare che gli stampi reputati conformi alle prescrizioni contrattuali fossero stati realizzati tra la data del (OMISSIS) (in cui le parti avevano concluso una transazione) e quella dell'(OMISSIS), allorche’ la (OMISSIS) aveva manifestato la volonta’ di risolvere il contratto, affermazione questa che trova una critica, da ritenersi specifica ai sensi dell’articolo 342 c.p.c., alle pagg. 4 e ss. dell’atto di appello nella parte in cui si sostiene che in realta’ la prova richiesta dal Tribunale non era esigibile, atteso che con la citata transazione era stato previsto un onere a carico della committente di verificare a mezzo di propri tecnici i manufatti eseguiti presso la sede dell’opposta, onere che pero’ non era stato adempiuto.

 

Essenzialità del termine per l’adempimento

Deve quindi ritenersi che, proprio avuto riguardo al contenuto della sentenza impugnata, la concreta formulazione dell’atto di appello sia conforme al precetto dell’articolo 342 c.p.c., per come interpretato nella giurisprudenza di questa Corte, non potendosi peraltro individuare come motivo di inammissibilita’ la pretesa dell’appellante di pervenire anche ad una diversa ricostruzione in fatto delle vicende, essendo il giudizio di appello, sia pur con i limiti posti dalle norme in tema di limiti alla deduzione dei nova, un giudizio di merito.
3. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1457 c.c., con la violazione altresi’ dell’articolo 112 c.p.c.
Si deduce che il giudice di appello, dissentendo dal Tribunale, ha ritenuto che il termine ultimo pattuito per la consegna non fosse essenziale, e cio’ in mancanza di un’espressa qualificazione in detti termini in occasione delle successive proroghe.
Si trascura che pero’ la qualifica del termine come essenziale ex articolo 1457 c.c. prescinde da una espressa manifestazione di volonta’ delle parti, potendosi far riferimento anche alla sola natura della prestazione dedotta in giudizio; ne’ si e’ considerato che la sola proroga del termine non ne fa venir meno il carattere di essenzialita’, a fronte della prova emergente dagli atti di causa, della permanente rilevanza della tempestivita’ consegna degli stampi in vista del soddisfacimento dell’interesse al contratto della ricorrente.
Si aggiunge, poi, che la soluzione della Corte distrettuale ha ecceduto rispetto alle deduzioni svolte in appello, nelle quali si era solo rilevato che il termine era stato prorogato al (OMISSIS), ma senza che fosse venuta meno la connotazione originale del termine, quale convenuta nel contratto del (OMISSIS).
Anche tale motivo deve essere disatteso.
Costituisce principio reiterato nel tempo quello secondo cui l’accertamento dell’essenzialita’ del termine per l’adempimento, ex articolo 1457 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito – la cui valutazione e’ insindacabile in sede di legittimita’, se sorretta da una motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici – da condurre, oltre che alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti (quale, ad esempio, “entro e non oltre”), tenendo soprattutto conto della natura e dell’oggetto del contratto (Cass. n. 10353/2020).

 

Essenzialità del termine per l’adempimento

Peraltro, se e’ pur vero che l’essenzialita’ del termine per l’adempimento, ex articolo 1457 c.c., non puo’ essere desunta solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre”, riferita al tempo di esecuzione della prestazione, ma implica un accertamento da cui emerga inequivocabilmente, alla stregua dell’oggetto del negozio o di specifiche indicazioni delle parti, che queste abbiano inteso considerare perduta, decorso quel lasso di tempo, l’utilita’ prefissatasi, tuttavia anche in presenza di un termine essenziale non e’ precluso alla parte interessata di rinunciare, seppur tacitamente, ad avvalersene, anche dopo la scadenza del termine, in particolare accettando un adempimento tardivo (cosi’ Cass. n. 32238/2019).
E’ stato poi affermato che, ancorche’ il termine che sia essenziale possa non perdere questa qualita’ per effetto d’una proroga consensuale, tuttavia, in difetto di altri elementi interpretativi contrari, una proroga reiterata puo’ costituire indizio dell’originaria intenzione delle parti di non considerare essenziale il termine prorogato (Cass. n. 3293/1989; Cass. n. 1629/1987, secondo cui il carattere essenziale del termine non puo’ desumersi dalla mera locuzione di stile “entro e non oltre”, che lo abbia accompagnato, in quanto tale indicazione vale di per se’ soltanto a fissare una data, ma non e’ significativa della improrogabilita’ di detto termine che va accertata, invece, anche alla stregua di specifiche ed inequivoche espressioni o dell’oggetto del contratto la cui utilita’ economica, perseguita dalle parti, andrebbe perduta a causa dell’inutile decorso del termine pattuito).
Pertanto, la proroga del termine per l’adempimento, se non ne esclude in modo assoluto il carattere essenziale, fornisce pero’ un importante elemento presuntivo circa la sua natura meramente comminatoria, cosicche’ essa puo’ essere intesa, con apprezzamento di fatto insindacabile in cassazione, come elemento rivelatore della volonta’ delle parti di escludere che l’adempimento tardivo sia privo di interesse per il creditore. (cosi’ Cass. n. 934/1972).
Posti tali principi, ed esclusa la fondatezza della censura concernente la pretesa violazione dell’articolo 112 c.p.c., dovendosi reputare che l’appello investisse anche la qualificazione come essenziale del termine oggetto di proroga, avendo parte appellante nel proprio gravame sottolineato la necessita’ di dover farsi riferimento non piu’ alla qualificazione originaria del termine, ma al suo superamento per effetto delle successive proroghe (deduzione questa idonea anche a sollecitare una rivalutazione della qualita’ del termine stesso), si osserva che i giudici di appello, con apprezzamento in fatto, come tale insuscettibile di censura in sede di legittimita’, hanno reputato che le parti tramite le numerose proroghe del termine per la consegna degli stampi avessero altresi’ inteso superare l’iniziale previsione del termine come essenziale, e cio’ in particolare anche tramite la conclusione dell’accordo transattivo del (OMISSIS), che rimetteva alla valutazione dei tecnici della ricorrente l’apprezzamento circa l’idoneita’ degli stampi alla fine approntati dalla (OMISSIS), ricavando quindi dal complessivo andamento delle vicende contrattuali la conclusione che il termine avesse perso la sua originaria connotazione, anche in ragione della manifestazione dell’interesse della (OMISSIS) ad un adempimento, ancorche’ successivo alla scadenza del termine prorogato da ultimo al (OMISSIS), e cio’ stante la possibilita’ di una successiva verifica da parte dei tecnici di fiducia.
4. Il terzo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d’Appello escluso l’inadempimento della opposta, sulla scorta delle valutazioni del CTU.
Si e’ pero’ trascurato che parte ricorrente aveva gia’ nella comparsa conclusionale di primo grado evidenziato come il giudizio del CTU fosse stato compiuto su stampi di cui non era certa la realizzazione in data anteriore, quanto meno a quella dell'(OMISSIS), allorche’ aveva manifestato la volonta’ di risolvere il contratto.
Tuttavia, sia alla data del (OMISSIS) che a quella dell'(OMISSIS), la ricorrente aveva ricevuto solo i campioni dei manufatti esibiti nel corso della CTU e da questa ritenuti difettosi.

 

Essenzialità del termine per l’adempimento

Non poteva quindi avallarsi un giudizio dell’ausiliario fondato su manufatti esibiti da (OMISSIS) a distanza di ben tre anni dalla decisione della ricorrente di risolvere il contratto.
Il motivo e’ infondato dovendo escludersi che il fatto asseritamente decisivo addotto dalla ricorrente non sia stato esaminato dal giudice di appello.
Questi, a pag. 10 della sentenza gravata, ha posto in risalto il contenuto dell’accordo transattivo del (OMISSIS), ricavando dallo stesso, e senza che tale esito interpretativo sia stato attinto da uno specifico motivo di ricorso che investa la correttezza della soluzione ermeneutica raggiunta dal giudice di appello, che, nonostante gli impegni assunti nella transazione, la committente non aveva fatto visionare “i prodotti eseguiti presso la sede della (OMISSIS)..” (dovendo l’espressione prodotti riferirsi non gia’ ai campioni realizzati tramite l’utilizzo degli stampi, ma agli stessi stampi), ricavando da tale omissione la prova in via presuntiva che gli stampi, poi oggetto di valutazione da parte del CTU, e ritenuti, a seguito della progressiva messa in opera, conformi agli standard concordati in origine, fossero stati gia’ realizzati alla data dell’accordo transattivo.
Inoltre, alla stessa pagina, e’ stata data rilevanza alla condotta processuale delle parti che, in sede di operazioni peritali, non avevano posto alcuna questione circa la data di realizzazione degli stampi sottoposti al giudizio del consulente, avendo di mira unicamente la verifica della correttezza del lavoro svolto. Deve per l’effetto reputarsi che il fatto di cui si lamenta l’omessa disamina sia stato in realta’ oggetto di valutazione da parte del giudice di appello, che ha concluso per la realizzazione degli stampi oggetto di esame da parte del consulente d’ufficio, in data anteriore alla comunicazione di risoluzione della ricorrente.
5. Il quarto motivo di ricorso denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con la violazione dell’articolo 112 c.p.c. nonche’ dell’articolo 2697 c.c.
Si deduce che non sarebbe stato considerato il fatto che (OMISSIS), anche a seguito della transazione del (OMISSIS), non aveva inteso far valutare gli stampi dai propri tecnici, e cio’ in quanto quelli ricevuti erano stati ritenuti inidonei, come comprovato dalla successiva volonta’ di risolvere il contratto.
Non vi era quindi alcun onere di far visionare i manufatti, e cio’ perche’ i campioni in suo possesso, ricevuti nel (OMISSIS), gia’ denotavano i gravi vizi delle opere commissionate.
Si aggiunge che in tal modo la soluzione della Corte d’Appello e’ andata oltre le richieste della parte appellante, con violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2697 c.c., in quanto nella sostanza ha spostato sulla committente l’onere di provare i vizi della cosa oggetto del contratto, onere invece incombente sulla controparte.
Anche tale motivo e’ privo di fondamento.

 

Essenzialità del termine per l’adempimento

Come gia’ sottolineato in occasione della disamina del precedente motivo, la Corte d’Appello ha fornito una propria interpretazione del contratto di transazione del (OMISSIS), interpretazione che lo si ripete, non e’ specificamente attinta dalla ricorrente mediante la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, secondo cui la committente non aveva fatto visionare dai propri tecnici gli stampi (alias i prodotti) eseguiti presso la sede della (OMISSIS). Trattasi di conclusione che appare in linea con quanto dedotto nell’atto di appello alla pag. 4, il che esclude quindi che possa denunciarsi la violazione dell’articolo 112 c.p.c., avendo in ogni caso la sentenza deciso su di un motivo di appello avanzato dalla societa’ opposta.
Risulta altresi’ infondata la deduzione del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 posto che la necessita’ o meno di far visionare gli stampi presso la sede della controricorrente da parte di tecnici della (OMISSIS), sulla scorta delle pattuizioni intercorse in sede transattiva, ha costituito il punto focale della motivazione del giudice di appello, il che denota come non possa lamentarsi l’omessa disamina del fatto de quo.
Infine, quanto alla denuncia di violazione delle regole di riparto dell’onere della prova, si osserva che, avendo riguardo alla omessa visione degli stampi da parte della ricorrente in data anteriore alla dichiarazione di risoluzione (ma successiva a quella della transazione), la sentenza di appello ha ritenuto che fosse provata la circostanza che gli stampi esaminati dal CTU fossero quelli a suo tempo offerti in visione e non fatti esaminare, di tal che, sulla scorta di tale prova, ancorche’ di carattere presuntivo, ha ritenuto che fosse stata anche offerta la prova dell’adempimento della prestazione da parte della (OMISSIS), tenuto conto del giudizio positivo espresso dal CTU circa la conformita’ degli stampi oggetto di perfezionamento rispetto a quanto previsto in contratto.
6. Il ricorso va pertanto rigettato, dovendosi regolare le spese in base al principio di soccombenza.
7. Poiche’ il ricorso e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi 7.300,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 1 5 % sui compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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