Fideiussione, il contratto autonomo di garanzia e la polizza fideiussoria

Fideiussione, il contratto autonomo di garanzia e la polizza fideiussoria

 

Saggio sul contratto di Fideiussione, dalla nozione alla sua disciplina sino alle figure affini e le relative differenze, in particolare il contratto autonomo di garanzia e la polizza fideiussoria.

 

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A) Nozione e requisiti del contratto

Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti – Capo XXII – Sez. I – disposizioni generali – 1936 – 1943

 

art. 1936 c.c.  nozione

è fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso  il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui.

La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza.

 

 

Secondo l’insegnamento tramandatoci dalla tradizione, che si riporta alla considerazione del coordinato disposto degli artt. 1936, comma I, e 1942 c.c., l’obbligazione del fideiussore si atteggia come obbligazione accessoria, che in tanto sussiste in quanto sussista l’obbligazione principale, di talché il contenuto della prima si determina sulla scorta del contenuto della seconda.

Come è noto, con il termine fideiussione si intende l’obbligo di garantire l’adempimento di un debito altrui che può nascere o da un negozio (contratto o negozio unilaterale) ovvero da una disposizione normativa.

Allo stesso tempo, la fideiussione indica, altresì, il diritto personale di garanzia costituito dal fideiussore (con la fideiussione si offre al creditore non un bene ma l’intero patrimonio di un’altra persona su cui soddisfarsi ai sensi dell’art. 2740 c.c.) in favore del creditore, giacché espressamente l’art. 1936 c.c. prevede che oggetto della fideiussione è, giust’appunto, la garanzia di un debito altrui.

Il rapporto fideiussorio realizza, dunque, un allargamento del potere di aggressione del creditore in virtù del sorgere di un nuovo debitore obbligato verso di lui, naturalmente nei limiti della somma dovuta (art. 1941 c.c.).

L’obbligazione fideiussoria è, pertanto, un’obbligazione accessoria, nel senso che essa sussiste in tanto quanto sussista l’obbligazione principale, operando per l’intera sua durata seppure con le dovute eccezioni.

In ogni caso, il contratto di fideiussione appartiene alla categoria dei contratti a esecuzione differita e a titolo gratuito, benché non si escluda che le parti possano pattuire una controprestazione per quanto contrattualmente “offerto”.

Infine e, circa i modi di costituzione, la fideiussione si distingue in volontaria, legale o giudiziale.

Mentre la fideiussione volontaria può, a sua volta, essere diretta o indiretta, a seconda che sorga in forza, o meno, del negozio cui consegue, quella legale[1] e giudiziale derivano, invece, rispettivamente, dalla legge e da provvedimento del giudice.

Di fideiussione giudiziale è, comunque, improprio parlare, perché è pur sempre dall’adempimento di tale ordine da parte della persona onerata che sorge la fideiussione medesima.

A ogni buon conto, l’istituto in argomento può manifestarsi anche in forza di un contratto fra debitore e fideiussore a favore del creditore, inserendosi in tal modo nel c.d. “contratto a favore di terzo[2].

1) Il collegamento negoziale fra l’obbligazione principale e la fideiussione

Da un punto di vista generale, è noto che la nozione di collegamento[3] negoziale e, correlativamente, l’individuazione dei suoi effetti, non sono rinvenibili nel C.c., ma costituiscono il portato di una lunga e faticosa elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, che non può dirsi conclusa.

In dottrina, nei contratti collegati si vuol vedere una pluralità coordinata di contratti, ciascuno dei quali conserva un’autonoma causa, anche se nel loro insieme mirano ad attuare un’unitaria e complessa operazione economica, laddove in giurisprudenza si afferma che «affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso eziologico tra i negozi, volto alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia dal punto di vista causale

Così, se è vero che i vari contratti collegati conservano la loro individualità, è parimenti vero che le vicende che investono un contratto – invalidità, inefficacia, risoluzione – possono ripercuotersi sull’uno o sugli altri.

Peraltro, «la fattispecie del collegamento negoziale è configurabile anche quando i singoli atti siano stipulati tra soggetti diversi, purché essi risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro in dipendenti, onde consentire il raggiungimento dello scopo divisato dalle parti».

Per le sezioni unite [4] l’obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva — data l’estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia — ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l’obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell’obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione.

 

2) I requisiti del contratto

 

A) L’accordo delle parti

La fideiussione è un tipico contratto consensuale e si perfeziona, perciò, con il semplice accordo delle parti secondo la normativa stabilita dagli artt. 1326 e seg.

Per la Corte Milanese[5] l’obbligazione fideiussoria promana da un contratto risultante, nella sua configurazione tipica (art. 1936 c.c.), dalla proposta del fideiussore non rifiutata dal creditore, e non richiede quindi, perché si perfezioni, l’accettazione espressa di quest’ultimo (art. 1333 c.c.). Ne consegue che l’eventuale conferma inviata dal creditore costituisce un elemento esecutivo del negozio già concluso. Si consideri inoltre, in relazione al carattere accessorio del contratto di fideiussione rispetto all’obbligazione garantita e alla efficacia di esso anche se il debitore non ne abbia avuto conoscenza, che non è necessaria la partecipazione diretta del fideiussore all’accordo con il quale la parte debitrice si obbliga nei confronti del creditore a dare fideiussione poiché, come il debitore resta estraneo al negozio fideiussorio anche nel caso in cui abbia assunto per contratto l’obbligazione di prestare una fideiussione ai sensi dell’art. 1943 c.c., così anche il fideiussore non deve necessariamente partecipare all’accordo suddetto tra debitore e creditore.

Sulla stessa linea anche il Tribunale Capitolino [6] che con precedente pronuncia così affermava: l’obbligazione derivante dal contratto di fideiussione di cui all’art. 1936 del c.c. scaturisce dalla proposta del fideiussore non rifiutata dal creditore e non richiede, ai fini del suo perfezionamento ex art. 1333 del c.c., l’accettazione espressa di quest’ultimo. Ne consegue che l’eventuale conferma del creditore si appalesa quale elemento esecutivo di un negozio già concluso a prescindere dalla conoscenza che ne abbia il debitore giacché non è necessaria la partecipazione diretta del fideiussore all’accordo con il quale la parte debitrice si obbliga nei confronti del creditore a dare fideiussione, al pari di quanto accade al debitore che resti estraneo al negozio fideiussorio anche nel caso in cui abbia assunto per contratto l’obbligazione di prestare fideiussione ai sensi dell’art. 1943 del c.c..

Inoltre, l’obbligazione fideiussoria può nascere anche da un contratto unilaterale, difatti, secondo la S.C.[7] l’obbligazione fideiussoria, quale promanante da un contratto unilaterale, con obbligazioni a carico di una sola parte, si perfeziona, se non rifiutata, con la conoscenza determinata dal proponente la garanzia che costituisca manifestazione della sua volontà contrattuale, rivolta al destinatario e trasmissibile anche a mezzo di altro soggetto, ma deve in questo caso riguardare lo stesso oggetto della trasmissione effettuata dal proponente, così da esprimerne la volontà, e quindi richiede l’originale della dichiarazione, e non una mera fotocopia.

Ancora secondo una non recente Cassazione[8], poiché la fideiussione è un contratto unilaterale, la stessa si perfeziona nel momento e nel luogo in cui il destinatario della proposta la riceva senza rifiutarla nel termine richiesto dalla natura degli affari o dagli usi.

 

B) La causa

Viene individuata nella garanzia dell’adempimento del debito altrui, alla quale fa riferimento l’art. 1936; vale a dire nel rafforzamento della tutela del creditore all’attuazione del suo credito.

Tale descritta causa è stata di recente sottoposta ad acuta critica e si è affermato[9] che l’autentica causa è rappresentata dal vantaggio che riceve il debitore dalla garanzia che gli permette l’ottenimento del credito, mentre il vantaggio del creditore è soltanto indiretto.

Questa teoria, se coglie, dal punto di vista economico, la normale funzione della fideiussione, non aderisce al diritto positivo perché lo stesso legislatore rende espressamente estraneo il debitore principale dal meccanismo del contratto fideiussorio.

Per la S.C.[10] il negozio fideiussorio è causalmente diretto a rafforzare la tutela dell’interesse del creditore all’attuazione del suo diritto, attraverso l’estensione della garanzia patrimoniale ai beni del fideiussore, il quale aggiunge la propria obbligazione accessoria a quella del debitore principale, e tale funzione inerisce alla sfera giuridico-patrimoniale del creditore, mentre è giuridicamente irrilevante l’interesse del debitore medesimo, del quale, pertanto, non sono necessari né il consenso preventivo né l’accettazione, rimanendo egli estraneo all’atto costitutivo della garanzia, tanto se consista in un negozio unilaterale, quanto se consista in un contratto, il quale intercorre soltanto tra il creditore e il fideiussore.

Per recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 6 aprile 2018, n. 8503.

La funzione causale della fideiussione, con cui si attua la garanzia personale e che, in quanto tale, deve sussistere al momento stesso della stipulazione del negozio, si concretizza nella estensione delle possibilita’ satisfattive a favore del creditore, estensione rispetto ai diritti che gia’ gli competono sul patrimonio del debitore principale in base al generale principio di responsabilita’. Le modalita’ attuative di detto ampliamento delle possibilita’ satisfattive, cui accede l’accrescimento della sicurezza di soddisfazione, si realizza mediante la assunzione di un’obbligazione, avente la stessa prestazione dell’obbligazione principale, da parte del garante. La modalita’ attuativa della funzione di garanzia, quindi, attenendo alla causa del negozio, deve coesistere con lo stesso, per cui l’obbligazione del fidefacente, e la correlata obbligazione del debitore fidefatto, debbono essere contestuali alla stipulazione del negozio stesso. Cio’ che puo’ essere differito nel tempo, o addirittura essere sospensivamente condizionato alla preventiva escussione del debitore principale (se la garanzia sia munita di clausola di preventiva escussione) e’ l’esigibilita’ del credito del garantito verso il fidefacente, in quanto l’accessorieta’ tipica dell’obbligazione del fideiussore richiede che, per la efficacia della garanzia, non solo gia’ esista il debito principale, ma i termini di adempimento del fidefacente si adeguino alla scadenza del debito principale.

Ancora secondo ultima Cassazione

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 10 settembre 2019, n. 22559

La causa del contratto di fideiussione (che non è un contratto aleatorio) è non già il rischio dell’inadempimento dell’obbligazione principale, ma la funzione di garanzia dell’adempimento dell’obbligazione mediante l’allargamento della base soggettiva la quale è del tutto indipendente dall’effettivo “rischio” di inadempimento e, dunque, dall’eventualità che il debitore principale non adempia la propria obbligazione, ovvero che il suo patrimonio (o il bene offerto in garanzia reale) sia insufficiente a soddisfare le ragioni del creditore.

 

C) L’oggetto

 

Riguardo all’oggetto immediato (rectius prestazione)

  • relativamente al fideiussore – garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui
  • relativamente al creditore – non è previsto alcun corrispettivo essendo un contratto gratuito[11], ma eventualmente le parti possono stabilirlo.

Riguardo all’obbligazione fideiussoria bisogna affermare che essa

  • ha una natura solidale e da ciò discende che il creditore può rivolgersi indifferentemente al debitore principale o al fideiussore per ottenere l’adempimento, senza seguire alcun ordine di priorità, e l’adempimento del fideiussore libera il debitore nei confronti del creditore. Il fideiussore adempiente potrà poi surrogarsi nei diritti del creditore soddisfatto ex 1949 od esercitare il regresso contro il debitore ex art. 1950.
  • Accessorietà[12]: è necessario che tale altrui obbligazione sussista realmente. L’invalidità dell’obbligazione principale si riferisce solo all’ipotesi di nullità, quindi la fideiussione è valida anche se l’obbligazione principale è annullabile.

Riguardo all’oggetto mediato (rectius oggetto della prestazione)

È determinabile per relationem poiché è identico a quello del debitore principale.

Relativamente al fideiussore –  non è necessaro che tale prestazione debba avere una natura pecuniaria ma è ammissibile anche la consegna di una cosa fungibile oppure il compimento di un fare fungibile (si pensi ad una particolare prestazione di lavoro che possa essere eseguita, indifferentemente, dal debitore principale o dal fideiussore).

In altri termini, secondo la regola generale, l’oggetto deve essere possibile – lecito – determinato o  determinabile.

Per la S.C.[13] poiché l’obbligazione del fideiussore è un’obbligazione accessoria, il suo oggetto, in mancanza di pattuizione contraria che ne limiti la portata (art. 1941, comma secondo, c.c.), è naturalmente identico a quello dell’obbligazione principale, sicché l’indeterminatezza dell’oggetto della fideiussione può essere logicamente dedotta solo se sia indeterminabile l’oggetto dell’obbligazione principale.

Mentre, è possibile una fideiussione che sia assunta a condizioni più favorevoli o per un importo inferiore rispetto al debito principale, non è consentita una fideiussione che ecceda ciò che è dovuto dal debitore o sia comunque prestata a condizioni più onerose; in quest’ultimo caso la fideiussione è valida nei limiti dell’obbligazione principale (art. 1941 c.c.).

Nel caso di transazione stipulata tra creditore e debitore, si afferma[14] che il negozio transattivo non può essere opposto al fideiussore se a costui è sfavorevole, in quanto è inammissibile che il garante sia tenuto ad un’obbligazione più grave di quella assunte contrattualmente[15]; questi, invece, può avvalersi della transazione che produce effetti positivi nei propri confronti.

Per la S.C.[16] non è invocabile il principio di inopponibilità della transazione, fatta dal creditore con uno dei debitori in solido, all’altro condebitore che non voglia profittarne, sancito dall’art. 1304 c.c., allorché la banca creditrice, garantita da fideiussione omnibus[17], faccia valere la transazione, intervenuta con la curatela fallimentare a tacitazione delle pretese da essa azionate nel giudizio di revocatoria delle rimesse eseguite dal debitore principale sul conto corrente nel periodo sospetto anteriore al fallimento, non come fonte diretta dei diritti vantati nei confronti del fideiussore, condebitore solidale, bensì soltanto come fatto storico rilevante ai fini del permanere della garanzia, stante la presenza, nella specie, nel contratto di fideiussione «omnibus» stipulato dalle parti, di una clausola prevedente la reviviscenza dell’obbligazione fideiussoria in caso di revoca dei pagamenti effettuati dal debitore principale.

 

D) La forma

FORMA LIBERA –

Per autorevole autore[18] nasce senza rigore formale, per cui la prova è libera, ma per volontà espressa e non tacita del fideiussore, anche all’insaputa del debitore che è estraneo al rapporto ed anche contro la sua volontà, in base al principio genrale di cui all’art. 1180.

art. 1937 c.c.  manifestazione della volontà

la volontà di prestare fideiussione deve essere espressa.

In tal modo il legislatore non ha inteso richiedere formule solenni o sacramentali, ma ha voluto sia affermare l’inammissibilità di una manifestazione di volontà indiretta od implicita, sia soprattutto invitare l’interprete a non fidarsi di espressioni non chiare e ad evitare di confondere l’autentica fideiussione con generiche dichiarazioni di assunzione di responsabilità, di malleveria, di accollo di debito, di invito a far credito ecc. le quali sono assai diffuse nella pratica degli affari.

Essendo un negozio collegato[19], per il principio della simmetria, la fideiussione debba essere conclusa nella forma che richiede il negozio giuridico collegato, come nell’ipotesi di fideiussione testamentaria, la quale deve essere fatta nella forma richiesta per il testamento.

In particolare, si concorda nel ritenere non necessarie formule sacramentali, essendo sufficienti espressioni atte a esteriorizzare chiaramente l’intenzione del garante di adempiere un’obbligazione analoga a quella del debitore; del resto, la volontà di prestare fideiussione non necessita del consenso né del creditore né del debitore garantito. Inoltre, il principio per il quale la volontà di prestare fideiussione deve essere dichiarata, vale pure per le eventuali condizioni o limitazioni della garanzia fideiussoria, sicché queste, ove non emergenti dal titolo della garanzia medesima o da altri titoli idonei a costituirne integrazione, non possono essere desunti aliunde né, in particolare, da rapporti tra fideiussore e debitore principale.

Per ultima Cassazione[20] l’art. 1937 c.c., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, va interpretato nel senso che non è necessaria la forma scritta o l’adozione di formule sacramentali, purché la volontà sia manifestata in modo inequivocabile, e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni

In realtà, come si manifesta questa “volontà espressa” ?

Occorre richiamare succintamente le regole in tema di interpretazione del contratto e, in particolare, l’art. 1362 c.c. a tenore del quale lo strumento essenziale è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da valutarsi alla luce dell’intero contesto contrattuale.

Pertanto, ai fini dell’art. 1937 c.c., l’obbligatorietà di una volontà esplicitamente resa si ritiene debba coincidere con la comprensione della gravità dell’impegno assunto, ragion per cui l’ordinamento impone che la decisione di prestare garanzia fideiussoria sia presa con ponderazione e cognizione di causa.

Secondo una sentenza di merito[21] l’assunzione di garanzia personale fideiussoria non richiede l’impiego di forme solenni, ma solo la natura inequivoca ed oggettiva della manifestazione di volontà di obbligarsi al pagamento del debito altrui. In tal senso, deve ritenersi univocamente indicativa della volontà di garantire personalmente il pagamento del debito che ha dato origine alla emissione delle cambiali, la dichiarazione del terzo per mezzo della quale questi assume l’impegno al pagamento della somma portata dalle cambiali girate dall’acquirente in favore del venditore. Nella fattispecie concreta, il richiamo dei negozi giuridici sottostanti alla prestazione della garanzia, ma anche alla emissione delle cambiali citate nella fideiussione, conferma la volontà del soggetto di prestare fideiussione non semplicemente per l’obbligazione cartolare cambiaria, perché in tal caso avrebbe semplicemente sottoscritto per avallo le cambiali, ma per l’adempimento del debito causale che aveva determinato l’emissione della cambiali relativo al pagamento del prezzo delle auto dovuto dal convenuto all’odierno attore. In tal senso deve, pertanto, ritenersi fondata la domanda attorea

In merito alla prova

Il patto di garanzia fideiussoria, può essere accertato con ogni mezzo di prova e quindi anche con presunzioni, ma spetta al giudice di merito rilevarne l’esistenza ed i limiti da elementi certi e coerenti, specificamente diretti ad individuare l’intenzione del promittente [22].

B) La fideiussio indemnitatis

Non è una vera fideiussone, poiché per sua natura il contratto di fideiussone deve avere lo stesso oggetto dell’obbligazione principale.

Nel caso della fideiusso indemnitatis il fideiussore si obbliga ad eseguire non la stessa prestazione del debitore, ma una prestazione diversa, e precisamente, il risarcimento del danno cui il creditore ha diritto in caso d’inadempimento della prestazione principale.

Ricorrerà questa figura tutte le volte in cui la garanzia è prestata in favore di un’obbligazione altrui non fungibile ovvero quando il creditore abbia un interesse apprezzabile a che il debitore esegua personalmente la prestazione.

Secondo la S.C.[23] il contratto di fideiussione, con cui il fideiussore si sia obbligato, nei confronti del compratore di un’automobile, a curare la trascrizione dell’acquisto nel pubblico registro automobilistico, si configura come fideiussio indemnitatis, e cioè come una fideiussione in cui l’obbligo del garante non ha per oggetto il compimento della prestazione, nel caso di inadempimento del debitore principale, bensì il semplice risarcimento del danno. Infatti, nel caso in cui il venditore dell’automobile non abbia, a sua volta, trascritto il suo acquisto, non avrebbe efficacia la trascrizione effettuata a favore del compratore, stante il principio della continuità della trascrizione, espresso nell’art. 2650, primo comma c.c.

Da ciò consegue che la risoluzione per inadempimento della vendita, chiesta dal compratore nei confronti del venditore, comporta bensì rinuncia del secondo alle prestazioni che il primo avrebbe dovuto compiere, ma non comporta rinuncia alla garanzia fideiussoria.

C) Validità, limiti ed estensione della fideiussione

art. 1939 c.c.   validità della fideiussione

la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale, salvo che sia prestata per un’obbligazione assunta da un incapace.

 

 

Sull’accessorietà è stato anche specificato della sezione tributaria[24] che la natura accessoria del contratto di fideiussione in campo civilistico (artt. 1939 e 1941 c.c.) non può essere riportata nell’ambito tributario, e segnatamente in quello della disciplina dell’imposta di registro, per la quale, ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, vale invece il principio dell’autonomia dei singoli negozi; la relativa tassazione non resta, quindi, attratta nella disciplina tributaria dell’IVA per il solo fatto che il creditore sia un soggetto IVA.

 art. 1941 c.c.  limiti alla fideiussione

la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto al debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose.

Può prestarsi per una parte soltanto debito o a condizioni meno onerose.

La fideiussione eccedente il debito o contratta a condizioni più onerose è valida nei limiti delle obbligazioni principale.

La fideiussione, ancorché per il suo carattere accessorio abbia normalmente contenuto identico a quello dell’obbligazione principale, può essere limitata dalle parti nella sua portata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1941 c.c., in relazione all’ammontare del debito ed alle condizioni, purché queste ultime siano meno onerose per il fideiussore, e pertanto la fideiussione può essere prestata per un periodo di tempo determinato[25].

Inoltre[26], allorquando la fideiussione di un debito e di relativi accessori sia oggettivamente limitata ad un ammontare determinato (ex art. 1941, comma secondo, c.c.) l’obbligazione fideiussoria cessa non appena il tetto massimo della garanzia sia stato raggiunto, anche per il cumulo degli interessi moratori che siano già maturati nella misura ultralegale pattuita.

Pertanto, la mora del fideiussore non può ridare vigore alla garanzia così esaurita ma può dar luogo soltanto — salva diversa diretta pattuizione tra fideiussore e creditore — ai normali effetti di cui all’art. 1224 c.c. e, quindi, all’obbligo, per il fideiussore costituito in mora, di corrispondere, oltre il tetto massimo garantito, soltanto i correlativi interessi moratori al tasso legale, a nulla rilevando, al di là di detto limite della garanzia, che tali interessi siano stati convenuti in misura ultralegale tra creditore e debitore principale in relazione al debito garantito.

In tema di contratti bancari – secondo il Tribunale Felsineo[27], in conformità di un principio della S.C.[28] –  il recesso del fideiussore dalla garanzia prestata, senza predeterminazione di durata, per i debiti di un terzo derivanti da un rapporto di apertura di credito bancario in conto corrente destinato a prolungarsi ulteriormente nel tempo, produce l’effetto di circoscrivere l’obbligazione accessoria al saldo esistente al momento in cui il recesso è diventato efficace. Ne discende che l’obbligo del garante è limitato al pagamento di tale saldo anche qualora il debito dell’accreditato, al momento in cui la successiva chiusura del conto rende la garanzia attuale ed esigibile, risulti aumentato in dipendenza di operazioni posteriori. In applicazione della norma sancita dall’art. 1941, comma I c.c., soltanto se il saldo esistente alla chiusura del rapporto di apertura di credito è inferiore a quello esistente al momento del recesso del fideiussore, si verifica una corrispondente riduzione dell’obbligazione fideiussoria, non potendo la fideiussione eccedere l’ammontare dell’obbligazione garantita.

 

Per quanto concerne la possibilità di prevedere un limite di tempo alla fideiussione inferiore a quello del rapporto garantito – secondo recente Cassazione[29] –  essa deve ritenersi consentita: sebbene non espressamente prevista dal codice, può ricondursi alla previsione dell’art. 1941 secondo comma c.c. che consente di prestare la fideiussione per una parte soltanto del debito o a condizioni meno onerose, e comunque non è vietata perché pur sempre tesa a mettere il garante in una posizione più favorevole rispetto a quella del debitore principale. È la possibilità inversa, ovvero la possibilità che il garante sia impegnato più severamente che il debitore principale, che è vista sfavorevolmente dall’ordinamento e sanzionata con la riconduzione della garanzia fideiussoria prestata a condizioni più onerose rispetto al debito principale alle stesse condizioni della obbligazione principale stessa (art. 1941 terzo comma c.c.).

La giurisprudenza di legittimità[30], sebbene si sia raramente occupata del problema, non ha trovato ostacoli alla ammissibilità della prestazione della garanzia per un tempo inferiore a quello del contratto principale, precisando che il fideiussore non può essere tenuto in duriorem causam, cioè a condizioni più onerose del debitore principale, che possono riguardare il tempo, il luogo, le modalità.

Con altra precedente pronuncia[31], è stato affermato che in linea di principio è da ritenere, che la fideiussione prestata a garanzia dell’adempimento di una o più determinate prestazioni (nella specie, a garanzia delle prestazioni del conduttore, all’atto della conclusione di un contratto di locazione) si protragga quanto meno per lo stesso termine entro il quale le prestazioni debbono essere eseguite, tale essendo lo scopo per il quale il creditore ha preteso la garanzia, prima di dare credito al garantito.

In mancanza, si consentirebbe al fideiussore di liberarsi dall’impegno contrattuale a suo arbitrio e in qualunque momento, dopo avere indotto il creditore a fare affidamento sulla promessa di garanzia, in violazione dei principi per cui il contratto ha forza di legge fra le parti (art. 1372 c.c.) ed i contraenti sono tenuti a comportarsi secondo buona fede nella conclusione e nell’esecuzione del contratto medesimo (art. 1337 e 1375 c.c.).

Poi, secondo la Corte Palermitana[32], la sospensione del corso degli interessi, convenzionali o legali, sancita, agli effetti del concorso, dall’art. 55 della L.F., non si estende al fideiussore del fallito, senza che rilevino, in senso contrario, i principi in ordine ai limiti ed all’oggetto della fideiussione di cui agli artt. 1941 e 1942 c.c.

 

art. 1942 c.c.   estensione della fideiussione

 salvo patto contrario, la fideiussione si estende a tutti gli accessori del debito principale, nonché alle spese per la denunzia al fideiussore della causa promossa contro il debitore principale e alle spese successive.

La fideiussione, a norma dell’art. 1942 c.c. ed in applicazione degli obblighi assunti dal fideiussore con la sottoscrizione del relativo contratto, si estende a tutti gli accessori del debito principale, e dunque al capitale, agli interessi, anche moratori, agli accessori[33],

ed alle spese di carattere giudiziario e tributario[34].

Sul punto è intervenuta recente Cassazione[35], la quale ha avuto modo di affermare che la fideiussione non può eccedere ciò che é dovuto dal debitore (articolo 1941 c.c.); ma comprende anche le spese successive alla denunzia al fideiussore della causa “promossa contro il debitore principale” (articolo 1942 c.c.).

Da questo blocco di norme discende che il debitore può essere obbligato a pagare:

  • le spese sostenute dal creditore per escutere il debitore principale; e questa é una obbligazione per il fatto altrui
  • le spese sostenute dal creditore per escutere il fideiussore stesso, in virtu’ del generale principio di cui all’articolo 91 c.p.c.; e questa é una obbligazione per il fatto proprio.

Da questo quadro normativo esula qualsiasi responsabilità del fideiussore per le spese legali eventualmente sostenute dal creditore per escutere altri fideiussori.

A ragionar diversamente si perverrebbe, infatti, all’assurdo che il fideiussore finirebbe per garantire non solo l’adempimento del debitore principale, ma anche quello degli altri fideiussori, nel caso questi ultimi non adempiano le proprie obbligazioni e siano aggrediti in executivis dal creditore garantito.

In conclusione, secondo la Sentenza in commento nel caso di fideiussione plurima[36], e salvo patto contrario ed espresso, ciascun fideiussore risponde delle spese sostenute dai creditore per escutere il debitore principale, ma non di quelle sostenute per escutere gli altri fideiussori

Per altra sentenza di merito[37] a norma degli artt. 1936 e 1942 c.c. l’obbligazione del fideiussore si configura come obbligazione accessoria, il cui oggetto, per la sorte capitale e per gli accessori, è naturalmente identico a quello dell’obbligazione principale, sicché la prestazione dovuta dal garante va fatta corrispondere (in assenza di eventuali pattuizioni specifiche più favorevoli) a quella del debitore principale anche per quanto riguarda gli interessi[38].

In maniera ancora più chiara, si è espressa altra sentenza di merito[39], secondo la quale in materia di fideiussione il garante è obbligato a pagare non solo i crediti maturati al momento del perfezionamento del recesso, ma anche quelli sorti in epoca successiva, purchè concernenti il medesimo rapporto contrattuale. Pertanto nel caso di specie, non è fondata la tesi dell’opponente, secondo cui il credito de quo deve essere determinato , facendo riferimento al solo debito maturato al momento del recesso.

Ancora, per il Tribunale Capitolino[40], l’obbligazione del fideiussore, il cui oggetto, configurandosi come obbligazione accessoria, è identico a quello dell’obbligazione principale, non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore e non può essere prestata a condizioni più onerose rispetto a quelle applicabili al debitore, fermo restando che, salvo patto contrario, si estende a tutti gli accessori del debito principale. Ne consegue che qualora la fideiussione sia prestata con l’indicazione dell’importo massimo garantito riferito al solo capitale, come nella specie oltre interessi legali, l’importo va inteso come limite della fideiussione, oltre gli interessi predetti. In tal senso milita la ratio delle previsioni di cui agli artt. 1938 e 1942 c.c., che non comportano l’applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale e, dunque, non consentono una interpretazione del contratto fideiussorio.

Nel caso concreto, avendo le parti convenuto la prestazione di una fideiussione con la espressa previsione di un limite riguardante l’importo garantito, oltre il quale nessuna ulteriore somma avrebbe dovuto essere pretesa dall’Ente garantito, salvo il diritto ad esigere gli interessi legali sulla base delle condizioni di polizza, la garanzia non può essere estesa ad accessori del debito principale, quali la rivalutazione monetaria.

 

art. 1943 c.c.   obbligazione di prestare fideiussione

il debitore obbligato a dare un fideiussore (c.c.1179) deve presentare persona capace, che possieda beni sufficienti a garantire l’obbligazione (c.c.2740) e che abbia o elegga domicilio nella giurisdizione della corte di appello in cui la fideiussione si deve prestare (disp. di att.al c.c. 189).

Quando il fideiussore e divenuto insolvente, deve esserne dato un altro, tranne che la fideiussione sia stata prestata dalla persona voluta dal creditore.

Per una lontana sentenza della Cassazione[41] il primo requisito di colui che assume la garanzia personale è, ex art. 1943 c.c. quello della capacità economica a fare fronte all’obbligo fideiussorio; pertanto incombe a chi è tenuto a dare una fideiussione (nella specie: usufruttuario) dimostrare che questo è munito di una potenzialità economica tale da garantire l’obbligazione. Non è, invece richiesto ex lege che egli sia persona soggettivamente gradita al creditore e dunque qualora tale requisito non sia stato espressamente stabilito dalle parti, il creditore non può, nel dissenso del debitore, rifiutare la fideiussione di chi, pur rivestendo i requisiti legali, non possiede qualità soggettive che possano dare affidamento sicuro al creditore.

Ionltre, per altra Cassazione[42], in relazione al carattere accessorio del contratto di fideiussione rispetto all’obbligazione garantita e alla efficacia di esso anche se il debitore non ne abbia avuto conoscenza, non è necessaria la partecipazione diretta del fideiussore all’accordo con il quale la parte debitrice si obbliga nei confronti del creditore a dare fideiussione, poiché, come il debitore resta estraneo al negozio fideiussorio anche nel caso in cui abbia assunto per contratto l’obbligazione di prestare una fideiussione ai sensi dell’art. 1943 c.c., così anche il fideiussore non deve necessariamente partecipare all’accordo suddetto tra debitore e creditore.

D) Fideiussione omnibus (o generale)

 

art. 1938 c.c.  fideiussione per obbligazioni future o condizionali

la fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione, in quest’ultimo caso, dell’importo massimo garantito [43].

 

In attesa che sorga l’obbligazione garantita, la fattispecie fideiussoria si trova in uno stato di pendenza dal quale già sorgono effetti preliminari a carico del fideiussore, il quale non può revocare il consenso dato né impedire il sorgere dell’obbligazione garantita.

La futurità dell’obbligazione garantita non esclude naturalmente il requisito della determinabilità dell’oggetto (non è valida la fideiussione riguardo a qualsiasi obbligazione futura di Tizio) e quindi occorre che già sia individuato il rapporto da cui debbono scaturire la future obbligazioni.

 

1) Nozione

Per autorevole dottrina[44] è un contratto di fideiussione i cui caratteri distintivi sono dati dal fatto che essa viene prestata per qualsiasi credito, non solo presente ma anche futuro, non solo diretto ma anche indiretto, stipulato fra creditore e fideiussore con riferimento ad un determinato debitore.

Per altro autore[45], tale fattispecie la si ritorva in ambito bancario, infatti le banche spesso concedono un’apertura di credito più o meno ampia ad un soggetto a condizione che tutte le obbligazioni che questi assumerà nei confronti della banca stessa siano garantite mediante una fideiussione che, di conseguenza non ha un oggetto propriamente determinato.

2) La natura giuridica

Negozio sui generis in quanto la fideiussione omnibus ha modificato la cusa del contratto di fideiussione in generale: da forma di garanzia dell’adempimento di un’obbligazione altrui si è mutata in garanzia contro il rschio dell’inadempimento, avvicinandola ad un noto istituto di diritto anglosassone, la c.d. inemnitt, che occupa una posizione intermedia tra fideiussione ed assicurazione.

 

3) Validità e meritevolezza di tale contratto

L’art. 1938 c.c. stabilisce che «la fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione, in quest’ultimo caso, dell’importo massimo garantito».

Il nostro ordinamento consente, quindi, di prestare anticipatamente il consenso ad assumere un impegno fideiussorio allorché manchi ancora il relativo debito.

Tuttavia, a seguito della modifica apportata alla richiamata disposizione dall’art. 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 154 (accordante, appunto, la prestazione fideiussoria futura purché entro un importo massimo garantito) la questione di rilievo è, a ogni modo – costituita dall’applicabilità della nuova previsione ai contratti stipulati anteriormente all’entrata in vigore della novella.

Sul punto la giurisprudenza stabilisce che la fideiussione ove stipulata antecedentemente alla riforma e invocata per obbligazioni parimenti insorte in epoca anteriore si sottrae all’applicazione della norma sopravvenuta, priva di efficacia retroattiva.

In questi casi, infatti, l’omessa predeterminazione, con espressa dichiarazione di volontà, della somma massima “assicurata” esclude che il fideiussore possa essere successivamente chiamato a rispondere dei debiti sorti a carico del debitore principale.

In base alla disciplina introdotta dall’art. 10 della L. n. 154 (trasparenza bancaria) disposizione assorbita nel T.U.B. (D.lgs. 1.9.1993, n.385) si è legislativamente ammessa la validità della fideiussione omnibus.

Prima di tale data

  • una parte della dottrina[46] contestava la validità di tale contratto, fondandosi soprattutto sull’indeterminabilità dell’oggetto del contratto, la cui definizione sarebbe stata lasciata al mero arbitrio del creditore, con evidente ed ingiustificata compressione degli interessi del fideiussore.
  • Ma la dottrina prevalente[47] e la giurisprudenza della Cassazione[48], lo ammetteva, in linea di massima, osservando che la determinazione del suo oggetto avveniva in un momento successivo alla conclusione del contratto attraverso la volontà congiunta del creditore (parte del contratto di fideiussione) e del terzo debitore, la cui obbligazione veniva garantita).

Ma in base alla successiva disciplina sono stati risolti i problemi attraverso due modifiche;

  • in primo luogo è stato modificato l’art. 1938, stabilendo che nelle obbligazioni future deve essere previsto obbligatoriamente < l’importo massimo garantito >;
  • in secondo luogo è stato modificato l’art. 1956, escludendo la validità della preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione per il caso in cui il creditore garantito faccia credito al terzo pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.

art. 1956 c.c.   liberazione del fideiussore per obbligazione futura

il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.

 

Giurisprudenza successiva alla modifica legislativa introdotta dall’art. 10 della L. n. 154 (trasparenza bancaria)

Per una prima  sentenza della Cassazione[49] gli articoli 1938 e 1956 (introdotti dalla legge n. 154 del 1992) – ferma la validità efficacia delle fideiussioni stipulate fino al momento dell’entrata in vigore dell’art. 10 della nuova legge, con la conseguente responsabilità del fideiussore per le obbligazioni verso la banca sorte a carico del debitore principale prima della predetta data – determinano per il periodo successivo la nullità sopravvenuta delle convenzioni o delle clausole con esse in contrasto. Deriva da quanto precede, pertanto, che la mancata predeterminazione con espressa dichiarazione di volontà dell’importo massimo garantito esclude che il fideiussore possa essere chiamato a rispondere dei debiti sorti a carico del debitore principale dopo l’entrata in vigore del ricordato articolo 10.

Altra Cassazione[50] ha affermato che la fideiussione mediante firma di un foglio in bianco, con conferimento al creditore del potere di fissare successivamente l’entità massima della obbligazione di garanzia, ha natura di fideiussione «omnibus» e, qualora sia stata stipulata prima della data di entrata in vigore dell’art. 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 154, che ha reso obbligatoria l’indicazione del tetto di garanzia, e sia invocata per obbligazioni del debitore principale parimenti insorte in epoca anteriore, non è soggetta all’applicazione della norma sopravvenuta, che non retroagisce sui contratti perfezionatisi in precedenza e sugli effetti che i medesimi abbiano già prodotto.

Per recente Casaszione[51], poi, in tema di fideiussione, l’art. 1938 c.c., come modificato dalla legge 17 febbraio 1992, n. 154, il quale prevede la necessità della determinazione dell’importo massimo garantito per le obbligazioni future, non si applica solo alle fideiussioni rilasciate a favore di banche o di società finanziarie, posto che né la lettera della norma, né la sua ratio, consentono tale limitazione.

Altra sentenza di merito[52] ha stabilito che l’obbligazione del fideiussore, il cui oggetto, configurandosi come obbligazione accessoria, è identico a quello dell’obbligazione principale, non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore e non può essere prestata a condizioni più onerose rispetto a quelle applicabili al debitore, fermo restando che, salvo patto contrario, si estende a tutti gli accessori del debito principale.

Ne consegue che qualora la fideiussione sia prestata con l’indicazione dell’importo massimo garantito riferito al solo capitale, come nella specie oltre interessi legali, l’importo va inteso come limite della fideiussione, oltre gli interessi predetti. In tal senso milita la ratio delle previsioni di cui agli artt. 1938 e 1942 c.c., che non comportano l’applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale e, dunque, non consentono una interpretazione del contratto fideiussorio.

Per ultima sentenza di merito[53] nelle controversie in materia di fideiussione per obbligazioni future nelle quali si contesti la validità ed efficacia della garanzia in questione, non può essere accolta la eccezione del garante il quale sostenga che la garanzia dal medesimo prestata non sia valida per mancanza di un limite di garanzia proporzionato alla normale e prevedibile attività del garante ed alle sue potenzialità economiche. Ciò in quanto l’art. 1938 c.c. – nel disciplinare la fideiussione del tipo in questione – si limita a subordinarne la validità all’indicazione dell’importo massimo garantito (che nel caso di specie risulta esattamente specificato).

Ancora, sulla validità della fideiussione omnibus quest’ultima – a mente di una sentenza del medesimo Tribunale Trentino[54] –  viene in rilievo tutte le volte che sia prestata in favore di un istituto di credito in relazione alle obbligazioni derivanti da future operazioni con il debitore principale per la cui validità, ai sensi dell’art. 1938 del c.c., è sufficiente la fissazione dell’importo massimo garantito che risulti esattamente indicato nell’atto di fideiussione sottoscritto a nulla valendo la circostanza che i sottoscrittori, al momento di firmare l’atto, ebbero a comprendere l’effettivo ambito operativo della fideiussione stante la inapplicabilità nella fattispecie in esame degli artt. 1428 e 1431 del c.c..

 

Efficacia non retroattiva dell’art. 10 della L. 154

Come già scritto in precedenza, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalente – in difetto di un’espressa previsione d’irretroattività – tale art. definisce la fattispecie contrattuale solo per il futuro, regolando in modo diverso non gli effetti della fideiussione per obbligazioni future, ma la fonte contrattuale di essi.

Né tantomeno è sostenibile la natura interpretativa della norma (posta a fandomanto della teoria dottrinaria che ammette la retroattività di tale legge) in quanto quest’ultima definisce in modo autonomo la fattispecie considerata.

Per recente Cassazione[55] in tema di fideiussione omnibus, lo ius superveniens, di cui alla l. n. 154 del 1992 (che, novellando l’art. 1938 c.c., ha subordinato la validità della fideiussione per obbligazioni future all’indicazione dell’importo massimo garantito), non incide sulla fideiussione, anteriormente stipulata, allorché le obbligazioni principali, cui la garanzia fideiussoria accede, siano anch’esse sorte anteriormente all’entrata in vigore della citata legge n. 154 del 1992.

 

E) I soggetti

 

1) Le persone fisiche

Non vi è dubbio che anche gli incapaci possono prestare fideiussione, ma sarà necessaria l’autorizzazione del giudice, che è, in ogni caso, sia per i minori che per gli interdetti, quella del giudice tutelare (artt. 320 3 co, 374 n. 2, 394 3 co, 424 1 co).

Inoltre, vi sono previsioni dettate dal c.c., come ad esempio quella prestata dal mediatore[56], infatti secondo la S.C.[57] la garanzia personale prestata dal mediatore ai sensi dell’art. 1763 c.c., per l’adempimento delle prestazioni di una delle parti del contratto concluso per il suo tramite, è regolata dai principi propri della fideiussione, sicché, come previsto dall’art. 1937 c.c., essa deve risultare da una volontà espressa. A tal fine non è necessaria la forma scritta né l’utilizzo di formule sacramentali, ma occorre che la volontà di prestare fideiussione si manifesti in un patto, la cui prova può essere fornita con ogni mezzo e, dunque, anche con testimoni o per presunzioni.

Oppure quella prestata nell’ambito del contratto di locazione[58], che sarà successivamente analizzata, laddove all’art. 1598 c.c. si prevede tale possibilità, “Le garanzie prestate da terzi non si estendono alle obbligazioni derivanti da proroghe della durata del contratto”.

Inoltre, in presenza di un contratto di fideiussione, è all’obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo della qualità di consumatore, ai fini dell’applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore, di cui agli artt. 1469–bis e segg. c.c., nel testo vigente “ratione temporis”, attesa l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore rispetto all’obbligazione garantita[59].

Principio ripreso anche da recente sentenza della Cassazione

Corte di Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 5 dicembre 2016, n. 24846

secondo la quale, appunto, in presenza di un contratto di fideiussione, e’ all’obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo della qualita’ di consumatore, ai fini dell’applicabilita’ della specifica normativa in materia di tutela del consumatore, attesa l’accessorieta’ dell’obbligazione del fideiussore rispetto all’obbligazione garantita; ma a diversa soluzione non puo’ non pervenirsi pure nell’evenienza di contratto autonomo di garanzia, essendo comunque anch’esso, con tutta evidenza, funzionalmente inserito nell’attivita’ dell’impresa garantita – quale elemento utile per il suo funzionamento anche solo corrente, onde appunto assicurarle il credito da parte di altri contraenti, i quali fidano sulla garanzia prestata o comunque la prendono in considerazione come elemento determinante nel momento in cui si inducono a contrattare con l’imprenditore garantito, cosi’ determinando un diverso e piu’ favorevole andamento dell’attivita’ di impresa – e quindi esulando dal concetto di consumo o bisogno personale del contraente, il solo che puo’ giustificare appunto l’applicazione della disciplina generale del diritto del consumatore.

2) Le persone giuridiche

Il problema è stato approfondito proprio in relazione alla capacià delle società di prestare garanzia a terzi, e sia la prevalente dottrina che la giurisprudenza della Cassazione si sono pronunciate nel senso dell’ammissibilità, precisando peraltro che la fideiussione esorbitante l’oggetto sociale non può essere prestata dagli amministratori di una società di capitali se non a seguito di una delibera modificatrice dell’atto costitutivo.

Sul punto, ultima sentenza di merito[60] ha affermato che nel caso in cui una società abbia prestato fideiussione in favore di un’altra, il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l’esistenza di un conflitto d’interessi tra la società garante ed il suo amministratore, ai fini dell’annullabilità del contratto, non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve accertarsi in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica di incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la società che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore.

Ad esempio, poi, come da pronuncia della S.C.[61], è valida la fideiussione prestata dal socio illimitatamente responsabile in favore della società di persone che, pur se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci stessi; ne consegue che la predetta garanzia rientra tra quelle prestate per le obbligazioni altrui secondo l’art. 1936 c.c., non sovrapponendosi alla garanzia fissata ex lege dalle disposizioni sulla responsabilità illimitata e solidale, potendo invero sussistere altri interessi che ne giustificano l’ottenimento – alla stregua di garanzia ulteriore – in capo al creditore sociale ed essendo lo stesso “beneficium excussionis”, di cui all’art. 2304 c.c., posto a tutela dei soci ma disponibile, senza alterazioni del tipo legale di società.

3) Il fideiussore del fideiussore (c.d. approvazione) e l’obbligazione del fideiussore del fideiussore

L’approvazione

Garanzia di secondo grado che, se nasce da contratto, ha come parti il creditore ed il subfideiussore.

Quest’ultimo, infatti, si obbliga (obbligato sussidiario e non solidale) e direttamente con il creditore per l’adempimento del fideiussoree del debitore principale.

art. 1940 c.c.  fideiussore del fideiussore

la fideiussione può essere prestata così per il debitore principale, come per il suo fideiussore

 

art. 1948 c.c.  obbligazione del fideiussore del fideiussore

il fideiussore del fideiussore non è obbligato verso il creditore, se non nel caso in cui il debitore principale e tutti i fideiussori di questo siano insolventi, o siano liberati perché incapaci.

 

La fideiussione del fideiussore costituisce una particolare modalità della fideiussione tipica nella quale il secondo fideiussore garantisce l’adempimento dell’obbligazione del primo fideiussore e non l’adempimento dell’obbligato principale.

In questo quadro, l’indicazione nominativa del terzo (garantito dal primo fideiussore) non è necessaria e la sua mancanza non comporta indeterminabilità dell’oggetto, anche considerando che, in termini generali, con riguardo alla fideiussione comprensiva delle obbligazioni future non è dato preventivamente individuare il soggetto che contrarrà con il fideiussore.

Inoltre, la norma di cui all’art. 1948 c.c., non è dettata a tutela di un interesse di ordine pubblico, bensì a presidio di un interesse di natura privata, quale è quello del fideiussore di secondo grado a non essere obbligato se non nel caso di insolvenza o incapacità del primo fideiussore. Interesse, questo, pienamente disponibile, in quanto attinente alla sfera patrimoniale del fideiussore di secondo grado, il quale può, quindi, rinunciare alla sussidiarietà ed obbligarsi direttamente[62].

 

Per la Corte di Piazza Cavour[63] la fideiussione alla fideiussione (o fideiussione al fideiussore, o fideiussione di regresso) va distinta dalla fideiussione del fideiussore (cosiddetta approvazione), di cui all’art. 1940 c.c., che costituisce una particolare modalità della fideiussione tipica, nella quale il “secondo” fideiussore garantisce l’adempimento dell’obbligazione del “primo” fideiussore, e non l’adempimento dell’obbligato principale, laddove nella fideiussione alla fideiussione il fideiussore si obbliga verso colui il quale è già fideiussore, per garantirgli, una volta che egli abbia pagato, la fruttuosità dell’azione di regresso nei confronti del debitore principale, sicché il fideiussore è un terzo rispetto alla prima fideiussione, ed il creditore garantito è, in effetti, il soggetto che nella prima fideiussione era il fideiussore.

Ne consegue che, dando vita la fideiussione alla fideiussione a due contratti di fideiussione, concettualmente ed ontologicamente autonomi, per quanto, in genere, funzionalmente collegati, nel giudizio promosso dal primo fideiussore nei confronti del secondo fideiussore non sussiste litisconsorzio necessario con il creditore garantito della prima fideiussione, e che la prescrizione del diritto al rimborso in favore del creditore garantito dalla seconda fideiussione inizia a decorrere solo dalla data dell’avvenuto pagamento da parte dello stesso quale primo fideiussore.

Per altra Cassazione[64] l’ipotesi di cui all’art. 1940 c.c. deve essere differenziata anche dall’istituto della “confideiussione”[65] di cui all’art. 1946 c.c., il quale è caratterizzato, nei suoi presupposti, da un collegamento necessario tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori (che devono riguardare lo stesso debito e lo stesso debitore), concretantesi nella espressione di un comune intento di garanzia e di un comune interesse, pur nella eventuale (ed ammissibile) assenza di contestualità nell’assunzione della garanzia stessa, mentre, nella diversa ipotesi della fideiussione del fideiussore (art. 1940 c.c.), tale collegamento non è riscontrabile (potendo risultare sintomatica, in tal senso, la mancata previsione di una solidarietà tra debitore principale e fideiussore), così che diverso ne risulta l’oggetto stesso dell’obbligazione, avendo la fideiussione di secondo grado (fideiussione del fideiussore) per oggetto il debito di altro fideiussore (di primo grado) e non quello del debitore principale, e risultando, per converso, oggetto della fideiussione prestata da più persone (confideiussione) proprio ed unicamente il debito del debitore principale.

Inoltre, con riguardo alla fideiussione del fideiussore (cosiddetta approvazione, ex art. 1940 c.c.), per la Cassazione[66] la stessa non ha natura vessatoria, e non deve, pertanto, essere approvata specificamente per iscritto (art. 1341 secondo comma c.c.), la clausola con la quale il fideiussore di secondo grado si obblighi ad adempiere pur in assenza dell’insolvenza (o dell’incapacità) del fideiussore di primo grado e del debitore principale, ove tale clausola esprima rinuncia alla sussidiarietà prevista dall’art. 1948 c.c., quindi il regolamento pattizio del regime sostanziale del rapporto, non mera rinuncia della facoltà di proporre in sede processuale l’eccezione di sussidiarietà dell’obbligazione.

La rinuncia del fideiussore di secondo grado alla sussidiarietà prevista dall’art. 1948 c.c. determina soltanto l’assoggettamento pattizio della fideiussione di secondo grado ad una disciplina del rapporto fideiussorio diversa da quella legale tipica, senza comportare in alcun modo una assimilazione della fideiussione della fideiussione (o approvazione) alla diversa figura della confideiussione[67].

 

F) I rapporti tra creditore e  fidiussore

 

 Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti – Capo XXII – Sez. II – dei rapporti tra creditore e fideiussore –  1944 – 1948

1) Solidarietà, beneficio di escussione e di divisione

art. 1944 c.c.  obbligazioni del fideiussore

il fideiussore e obbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito (c.c.1292 e seguenti, 1410).

Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’esclusione del debitore principale. In tal caso il fideiussore, che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del beneficio dell’escussione, deve indicare i beni del debitore principale da sottoporre ad esecuzione (c.c.2268).

Salvo patto contrario, il fideiussore è tenuto ad anticipare le spese necessarie.

In tal caso si tratta di un’obbligazione solidale c.d. sussidiaria e accessoria, in considerazione del fatto che essa come è stato osservato,

  • non può nè nascere né sussistere senza il fondamento di una valida obbligazione altrui (art. 1939);
  • non può superare la misura del debito altrui;
  • né può essere contratta a condizioni più gravose (art. 1941)
  • si estingue per l’estinzione del debito garantito ( 1955 – 57);
  • si trasmette insieme al credito cui si collega.

Tutto ciò giustifica la diversità di disciplina soprattutto nel campo delle eccezioni:

  • il debitore in solido non può opporre al creditore le eccezioni personali agli altri debitori (art. 1297):
  • il fideiussore, invece, può opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salvo quelle derivanti dall’incapacità ( 1945).

Per la stipulazione del beneficio di escussione non è richiesta alcuna forma solenne, purché risulti comunque da un’espressa ed inequivocabile dichiarazione di volontà delle parti[68].

Questa convenzione degrada la fideiussione da solidale a semplice, perché, apputo esclude che il fideiussore sia tenuto a pagare prima del debitore su richiesta del creditore.

Se non è stato pattuito il beneficium excussionis, l’obbligazione del fideiussore, pur avendo carattere accessorio e pur essendo subordinata all’inadempimento del debitore principale, è solidale con quella di quest’ultimo e non può essere considerata, quindi, né sussidiaria né eventuale. Ne consegue l’applicabilità della disposizione, prevista per le obbligazioni in solido, di cui all’art. 1310 c.c., per la quale l’atto interruttivo contro uno dei condebitori in solido determina l’interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti dei condebitori [69].

Per la S.C.[70], il beneficio della preventiva escussione di cui all’art. 1944, secondo comma, c.c. non è esperibile nel caso di fallimento del debitore principale, in considerazione dell’universalità oggettiva che qualifica le procedure concorsuali liquidatorie e che è incompatibile con la struttura del beneficio, poiché la relativa eccezione presuppone l’indicazione, da parte del garante, dei beni del debitore da sottoporre ad esecuzione; nondimeno, il beneficio opera quando le parti abbiano espressamente pattuito l’efficacia della preventiva escussione anche in presenza del fallimento del debitore, ovvero abbiano scelto di collegare l’esigibilità del debito del fideiussore all’impossibilità definitiva, totale o parziale, di recupero del credito nei confronti del debitore principale, conseguente alla conclusione della procedura concorsuale senza soddisfacimento del credito stesso.

Sotto un profilo processuale

Secondo una recente Cassazione[71], il rapporto di subordinazione e dipendenza dell’obbligazione fideiussoria rispetto a quella principale – che si suole enunciare nella espressione obbligazioni soggettivamente complesse – si riflette necessariamente sul problema della prova, onde il giudice chiamato a pronunciarsi nei confronti del fideiussore può utilizzare anche il provvedimento di condanna ottenuto dal creditore contro il solo debitore garantito, passato in giudicato, al fine di trarne elementi indiziari conducenti, nel loro complesso, ad una valida prova presuntiva contro il fideiussore.

Inoltre[72], il carattere dipendente dell’obbligazione fideiussoria rispetto a quella principale non rende per ciò solo il fideiussore litisconsorte necessario nel giudizio vertente tra il creditore ed il debitore principale ed un altro fideiussore, perché la natura solidale del debito stabilita dall’articolo 1944 c.c., comma I, comporta che non vi sia un unico rapporto obbligatorio con pluralità di soggetti dal lato passivo bensì tanti rapporti obbligatori, fra loro distinti, quanti sono i condebitori in solido, con la conseguenza che la mancata opposizione da parte di uno dei condebitori solidali avverso il decreto ingiuntivo di pagamento comporta il passaggio in giudicato del decreto nei confronti del predetto, rendendo non piu’ controvertibile l’ingiunzione emessa nei suoi confronti.

Per altro provvedimento della medesima Cassazione[73], il rapporto processuale tra creditore, debitore principale e fideiussore, che è facoltativo nella fase d’introduzione del giudizio, potendo il creditore agire separatamente, a norma dell’art.1944, primo comma, c.c., nei confronti dei due debitori solidali, una volta instaurato dà luogo a un litisconsorzio processuale, che diventa necessario nei gradi d’impugnazione, se siano riproposti temi comuni al debitore principale e al fideiussore, sicchè il giudice d’appello, davanti al quale il fideiussore sollevi questioni attinenti al rapporto principale, non può negare ingresso ai relativi motivi di gravame in forza dell’acquiescenza prestata alla sentenza di primo rado dal debitore principale, ma è tenuto ad integrare il contraddittorio nei suoi confronti a norma dell’art. 331 cod. proc. civ.

 

2) La confideiussione

art. 1946 c.c.  fideiussione prestata da più persone

se più persone hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore a garanzia di un medesimo debito, ciascuna di esse è obbligata per l’intero debito, salvo che sia stato pattuito il beneficio della divisione.

 

Come ha precisato anche la Cassazione[74], dalla confideiussione (più fideiussori, in base ad un intento comune, prestano congiuntamente, anche se in tempi diversi, fideiussione per un medesimo debitore a garanzia di un medesimo debito e ciascuno è obbligato per l’intero – art. 1946 1A parte) si distingue l’ipotesi della semplice pluralità di fideiussori,  che si ha quando

  1. più persone prestano fideiussione per lo stesso debito, ciascuna però ignorando l’assunzione dell’altra, ovvero quando
  2. esse convengono con il creditore di mantenere distinta la propria obbligazione da quella degli altri fideiussori, in modo che sia manifestata l’esistenza di un interesse separato.

In questo caso il fideiussore che avrà pagato non avrà regresso contro gli altri fideiussori per la loro rispettiva porzione, ma esclusivamente la surrogazione che il creditore aveva verso gli altri (art. 1204).

Sul punto, ultima Cassazione[75] ha confermato il precedente indirizzo secondo il quale l’istituto della confideiussione di cui all’articolo 1946 c.c., é caratterizzato, nei suoi presupposti, da un collegamento necessario tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori, mossi consapevolmente, anche se non contestualmente, dal comune interesse di garantire lo stesso debito e lo stesso debitore, salva la divisione dell’obbligazione nei rapporti interni in virtu’ del diritto di regresso, che, a norma dell’articolo 1954 c.c., spetta a colui che ha pagato l’intero.

La fideiussione cumulativa implica la solidarietà fra i fideiussori, anche se alcuno di questi sia obbligato ex lege, con la conseguente facoltà del creditore di rivolgersi ad uno piuttosto che all’altro dei garanti[76].

La confideiussione non può essere considerata un contratto plurilaterale, poiché questi contratti, secondo la nozione dello art. 1420 c.c., sono caratterizzati dal conseguimento di uno scopo comune dei contraenti, titolari di interessi omogenei e convergenti che trovano nel contratto il loro soddisfacimento attraverso un’utilità dello stesso tipo per ciascuno dei contraenti, mentre nella confideiussione il collegamento fra le varie obbligazioni assunte dai singoli fideiussori e l’interesse comune di costoro di garantire congiuntamente l’adempimento di un medesimo debito determina una comunione di scopo (in senso lato) la quale, però, non appartiene al contratto, poiché non coinvolge anche l’altro contraente, e cioè il creditore nei cui confronti essi assumono l’obbligo di garanzia; infatti il gruppo dei confideiussori da un lato, e il creditore dall’altro, costituiscono parti contrapposte, ciascuna titolare di interessi che, nel momento in cui la garanzia diventa effettivamente operante, si pongono in posizione reciprocamente antagonistica, dovendo i primi eseguire una prestazione a vantaggio del secondo, con corrispondente sacrificio patrimoniale. Ne consegue che la nullità di uno o più rapporti fideiussori (nella specie: per falsità della sottoscrizione) non comporta la nullità dell’intero contratto di fideiussione[77].

Beneficio della divisione

art. 1947 c.c.    beneficio della divisione

se è stato stipulato il beneficio della divisione, ogni fideiussore che sia convenuto per il pagamento dell’intero debito può esigere che il creditore riduca l’azione alla parte da lui dovuta.

Se alcuno dei fideiussori era insolvente al tempo in cui un altro ha fatto valere il beneficio della divisione, questi è obbligato per tale insolvenza in proporzione della sua quota, ma non risponde delle insolvenze sopravvenute.

Come il beneficio di escussione, il beneficio della divisione deve essere opposto da con fideiussore al creditore agente, non operando in modo automatico.

Rapporti tra più fideiussori

art. 1954 c.c.    regresso contro gli altri fideiussori

se più persone hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore e per un medesimo debito, il fideiussore che ha pagato ha regresso contro gli altri fideiussori per la loro rispettiva porzione. Se uno di questi è insolvente, si osserva la disposizione del secondo comma dell’art. 1299 (c.c.1239).

Per recente sentenza di merito[78] in tema di garanzie, la confideiussione dà luogo ad un obbligazione solidale tra i fideiussori, atteso che con il medesimo atto o con atti tra loro collegati tutti gli obbligati assumono congiuntamente la medesima obbligazione nei confronti del creditori. Ed è proprio per la natura solidale dell’obbligazione tra confideiussori che il diritto di regresso tra fideiussori di cui all’art. 1954 c.c. sussiste solo nell’ipotesi di confideiussione e non anche nel caso di fideiussioni plurime.

In precendeza la Cassazione[79] – in merito alla prescrizione del diritto di regresso – ha avuto modo di affermare che con riguardo alla fideiussione prestata da più persone per un medesimo debitore e per un medesimo debito, il fideiussore che ha soddisfatto il creditore acquista, da tale momento, il diritto di regresso contro gli altri fideiussori, per la loro rispettiva porzione (art. 1954 c.c.). La prescrizione di detto diritto di regresso, pertanto, inizia a decorrere dall’indicata data, indipendentemente dalla circostanza che il soddisfacimento del creditore sia intervenuto in corso di causa promossa per sentir accertare il regresso stesso, ed il relativo termine resta insensibile ad eventuali atti interruttivi che attengano al rapporto con il debitore principale o con un confideiussore diverso da quello contro cui viene esercitato il regresso, data la divisibilità dell’obbligazione nei rapporti interni fra confideiussori e la conseguente inapplicabilità del disposto dell’art. 1310 primo comma c.c., riguardante la diversa ipotesi della solidarietà nel debito o nel credito.

La fattispecie delle fideiussioni plurime[80] aventi fonte in titoli diversi e non tra loro collegati per il perseguimento di uno scopo comune a tutti i fideiussori, non dà invece luogo ad una obbligazione solidale tra i vari fideiussori; di conseguenza non può essere riconosciuto il diritto di regresso a favore del fideiussore che ha pagato, non potendo in tale situazione trovare applicazione gli artt. 1954 e 1299 c.c., in mancanza di una fonte dell’obbligazione unica per tutti i fideiussori.

Tuttavia in questa ipotesi, secondo condivisibile indirizzo giurisprudenziale[81], opererà a favore del fideiussore che ha pagato la surrogazione legale[82] nei diritti del creditore, che potrà essere fatta valere non solo in confronto del debitore (secondo quanto previsto in generale dall’art. 1203, n. 3 c.c. e, con specifico riferimento alla fideiussione, dall’art. 1949 c.c.), ma anche in confronto dei suoi garanti e perciò degli altri fideiussori (secondo quanto stabilito dall’art. 1204 c.c.).

Pertanto la surrogazione legale potrà poi operare, oltre che nel caso di fideiussioni plurime, anche nell’ipotesi di confideiussione, atteso che gli artt. 1203, 1204 e 1949 c.c. prevedono in generale il diritto di surroga del fideiussore nei confronti di altri fideiussori, senza limitarlo alla sola ipotesi in cui non possa essere esercitata l’azione di regresso ex art. 1954 c.c.

Autorevole dottrina e la prevalente giurisprudenza[83]  ritengono che i rimedi della surroga e del regresso, ove entrambi esperibili (come in caso di confideiussione), debbano tuttavia essere fatti valere in via alternativa e non possano essere cumulati.

Da ultimo deve rilevarsi che a seconda del rimedio prescelto varierà anche l’entità del quantum dovuto dal coobbligato nei cui confronti la pretesa sia fatta valere.

Infatti, secondo la prevalente giurisprudenza[84], mentre nel caso di regresso colui che ha pagato potrà pretende dal coobbligato unicamente il rimborso della parte della somma pagata corrispondente alla quota di debito di quest’ultimo nei rapporti interni tra coobbligati (quote che, sino a prova contraria, si presumono uguali ex art. 1298 c.c.[85]), nell’ipotesi di surrogazione potrà invece pretendersi l’intero importo pagato al creditore, decurtato unicamente della quota di pertinenza di colui che ha estinto il debito, atteso che nei limiti di questa egli ha pagato un debito proprio.

 

3) Eccezioni del fideiussore

art. 1945 c.c.  eccezioni opponibili del fideiussore

il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salve quella derivante dall’incapacità.

In liena generale, a mente di una sentenza della Cassazione,[86] la disposizione dell’art. 1945 c.c., secondo cui il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità, non esclude una particolare valutazione di ciascuna eccezione in relazione ai caratteri di essa e al contenuto del rapporto fideiussorio: non può, quindi, ritenersi causa estintiva dell’obbligazione di garanzia l’impossibilità della prestazione del debitore che non incida anche sulla posizione del fideiussore ovvero quando lo stesso fatto, nella previsione delle parti, abbia costituito la ragione stessa della stipulazione del contratto.

Per altra Cassazione[87], il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salvo quella derivante dall’incapacità (art. 1945 c.c.); può, quindi, opporre anche la prescrizione presuntiva prevista dall’art. 2955 c.c.

Sempre sotto un profilo generale la disposizione dell’art. 1945 c.c., non tutela un interesse di ordine pubblico ma un interesse di natura privata e può quindi essere derogate [88] dalle parti nell’esplicazione del principio di autonomia contrattuale, mediante apposita clausola con la quale il fideiussore rinunci ad eccepire l’invalidità dell’obbligazione principale, senza che ne risulti alterata la natura del negozio fideiussorio.

Questa norma ha fatto sorgere due principali problemi:

  • l’inopponibilità degli effetti del giudicato ottenuti nei confronti del debitore;
    • in tal caso è stata autorevolmente contestata [89] la descritta opponibilità, basandosi sulla considerazione che, intervenuta la cosa giudicata, le eccezioni proposte in giudizio dal debitore principale più non gli spettano, e quindi, ai sensi dell’art. 1945, non spettano neanche al fideiussore;
    • ma la dottrina prevalente[90] e la giurisprudenza della Cassazione[91] applicano, invece, il principio generale contenuto nell’art. 1306, II comma, secondo cui, in tema di obbligazioni solidali, la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido, è opponibile al creditore da parte degli altri debitori, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore stesso.
  • la natura del contratto di fideiussione nel quale debitore principale è un incapace; analogamente ha quanto previsto per la fideiussio indemnitatis, è stato giustamente osservato che la grave deroga al principio di accessorietà fa mutare la natura giuridica del contratto che non è più autentica fideiussione, ma negozio atipico.

Per quanto riguarda i profili processuali

Il fideiussore citato in giudizio dal creditore unitamente al debitore principale per l’adempimento coattivo della medesima prestazione può opporgli non solo le eccezioni opponibili dal debitore principale, ma altresì quelle fondate sui suoi rapporti personali con il creditore. Egli, pertanto, può far valere in compensazione un proprio credito verso di lui, con la conseguenza che, costituendo la compensazione una causa satisfattiva di estinzione dell’obbligazione, essa giove al debitore principale, dal quale il creditore, correlativamente liberato dalla sua obbligazione verso il fideiussore, non potrà pretendere l’ulteriore adempimento del debito principale[92].

Ancora, per la S.C.[93] nel caso di decreto ingiuntivo emesso nei confronti del fideiussore, questi può, con l’opposizione al decreto, eccepire, ai sensi degli artt. 1247 e 1945 c.c., la compensazione con il debito che il creditore ha verso il debitore principale garantito, ancorché tale debito, non ancora scaduto alla data del decreto, diventi esigibile nel corso del giudizio di opposizione.

Per il Tribunale Capitolino[94] l’art. 1945 c.c., se consente al fideiussore di opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, non gli riconosce tuttavia, per ciò solo, una legittimazione sostitutiva in ordine al proponimento delle azioni che competono al debitore principale nei confronti del creditore, neppure quando esse si riferiscano alla posizione debitoria per la quale è stata prestata garanzia fideiussoria. L’esclusione della possibilità, per il fideiussore, di far valere nel processo, in via di azione ed in nome proprio, un diritto spettante al debitore, trova fondamento, oltre che nel principio generale secondo cui legittimato ad agire in giudizio è (in mancanza di valido titolo che consenta la sostituzione) il solo titolare dell’interesse leso, anche è soprattutto nel carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, quale deducibile dagli artt. 1939 e 1945 c.c.

In linea generale, in ambito bancario, come da ultimo arresto del Tribunale Anconetano[95], l’azione del garante ex art. 1945 c.c. è volta alla corretta rideterminazione del saldo dare-avere del rapporto bancario di c/c attraverso una ricostruzione che depuri il rapporto stesso dagli effetti determinati dalla presenza di eventuali clausole nulle, quali la capitalizzazione trimestrale, da prassi del tutto arbitrarie, quali l’addebito di interessi ultralegali non concordati e indeterminati e da altri eventuali oneri non pattuiti, come la commissione di massimo scoperto, le valute e le spese.

G) I rapporti tra fideiussore e debitore principale

Libro IV delle obbligazio ni – Titolo III dei singoli contratti – Capo XXII – Sez III – dei rapporti tra fideiussiore e debitore principale – 1949 – 1953

1) Surrogazione

art. 1949 c.c.   surrogazione del fideiussore nei confronti del creditore

 il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che il creditore aveva contro il debitore.

L’adempimento del fideiussore non estingue l’obbligazione del debitore principale.

Questa surrogoziane s’inquadra nell’ambito dell’istituto generale del pagamento con surrogazione, e precisamente nell’ambito della surrogazione legale (art. 1203 c.c.).

art. 1203 c.c.  surrogazione legale

La surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi:

1) a vantaggio di chi, essendo creditore, ancorché chirografario, paga un altro creditore che ha diritto di essergli preferito in ragione dei suoi privilegi , del suo pegno o delle sue ipoteche ;

2) a vantaggio dell’ acquirente di un immobile che, fino alla concorrenza del prezzo di acquisto, paga uno più creditori a favore dei quali l’immobile è ipotecato;

3) a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo;

4) a vantaggio dell’ erede con beneficio d’inventario, che paga con danaro proprio i debiti ereditari;

5) negli altri casi stabiliti dalla legge.

La surrogazione rappresenta una forma di successione nel credito.

Gli effetti della surrogazione si producono dal giorno del pagamento, anche qualora questo avvenga prima della scadenza del debito.

La dottrina inquadra generalmente il fenomeno dell surrogazione nell’ambito della successione nel credito, istituto quest’ultimo che si riferisce al trasferimento ad altri del credito così come era nel patrimonio del creditore originario, vale a dire con tutte le limitazioni, ma anche con tutte le garanzie.

Il fondamento della surrogazione (soprattutto di quella volontaria) viene comunemente indicato in un opportuno criterio di economicità nei traffici giuridici: effettuato il pagamento da parte dle terzo ne dovrebbe seguire, secondo le regole generali, la liberazione del debitore dal rapporto originario con conseguente (nuovo) obbligo, da parte sua di rimborsare il solvens.

Secondo autorevole dottrina[96] – la surrogazione può definirsi come una variazione soggettiva del rapporto obbligatorio mediante il quale il terzo, che ha pagato per il debitore, subentra nelle ragioni del creditore soddisfatto.

Per altro autore[97] la surrogazione può aversi solo nei casi previsti dalla legge, perché in qualche modo si tratta di determinare la sopravvivenza dell’obbligazione alla sua estinzione, ciò che di certo costituisce un’eccezione alla regola. Se un terzo interviene presso il creditore estinguendo l’obbligazione del debitore può infatti darsi luogo a surrogazione, cioè a dire a sostituzione ovvero a successione del terzo che ha operato il pagamento nella posizione del creditore.

 

Natura giuridica

  • teoria del diritto di credito nuovo[98] – che pur essendo qualitativamente identico al diritto di credito originario, se ne distingue perché, anche se non si estingue il lato passivo del rapporto obbligatorio (il debitore, infatti, è ancora obbligato) si estingue il lato attivo (a seguito del pagamento del terzo);
  • teoria prevalente e preferibile della successione nello stesso diritto[99] – poiché anche se è diverso il creditore, il rapporto obbligatorio resta inalterato nel suo contenuto. In altri termini, il terzo che si surroga acquista il medesimo diritto di cui era titolare il precedente creditore ed in tal modo si attua, analogamente a quanto avviene nella cessione del credito, non un fenomeno  estintivo – costitutivo, ma una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio. Ciò è confermato dall’art. 1204 c.c.[100].

Infatti, inquadrando la fattispecie nell’ambito del fenomeno successorio-traslativo, il terzo subentrerà in tutti i diritti, le azioni e le eccezioni reali e personali (prescrizione inclusa) opponibili e/o avanzabili alla luce del rapporto obbligatorio originario, ivi inclusi i diritti e le azioni di natura contrattuale (recesso, risoluzione, invalidità del contratto, clausole penali ecc.). In particolare sono state considerate opponibili tutte le eccezioni relative alla validità ed efficacia del titolo costitutivo del credito e quelle relative a fatti estintivi o sospensivi dell’obbligazione, anche se anteriori alla surrogazione.

Si può trattare:

  • di un terzo (surrogato) condebitore solidale;
  • di un terzo (surrogato) garante;
  • di un terzo (surrogato) non obbligato

La posizione del surrogato

subentrando nella stessa posizione del creditore, può esercitare i diritti le azioni e le ragioni che spettano a costui e può avvalersi di tutte le garanzie che eventualmente, assistevano il credito, ma è anche soggetto a tutte le limitazioni, prescrizioni e decdenze.

Per la S.C.[101] il fideiussore, che abbia soddisfatto il creditore garantito, può agire in via surrogatoria contro il debitore nei limiti in cui ciò era consentito al creditore stesso, e non anche, pertanto, quando risulti la nullità dell’obbligazione principale, mentre resta in proposito irrilevante un eventuale diverso patto contenuto nel contratto di fideiussione, stante la sua inopponibilità al debitore, estraneo alla relativa stipulazione.

Ai fini processuali, poi, qualora il fideiussore, soddisfatto il creditore, agisca in surrogazione nei confronti del debitore, secondo la previsione dell’art. 1949 c.c., il forum contractus ed il forum destinatae solutionis, al fine della competenza per territorio, vanno individuati alla stregua del rapporto obbligatorio principale (e, quindi, in caso di polizza fideiussoria per il «cauzionamento» di tributi doganali, in base al luogo in cui è insorto e deve essere pagato il debito fiscale), considerato che la suddetta surrogazione configura una successione dal lato attivo nel rapporto medesimo[102].

 

2) Azione di regresso

art. 1950 c.c.  regresso contro il debitore principale

Il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore principale, benché questi non fosse consapevole della prestata fideiussione (c.c.1936).

Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatte dopo che ha denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui.

Il fideiussore inoltre ha diritto agli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento. Se il debito principale produceva interessi in misura superiore al saggio legale (c.c.1284), il fideiussore ha diritto a questi fino al rimborso del capitale (c.c.1224).

Se il debitore è incapace (c.c.414 e seguente, 1939), il regresso del fideiussore è ammesso solo nei limiti di ciò che sia stato rivolto a suo vantaggio (c.c.2041 e seguente).

 

art. 1951 c.c.  regresso contro più debitori

se vi sono più debitori principali obbligati in solido, il fideiussore che ha garantito per tutti ha regresso contro ciascuno per ripetere integralmente ciò che ha pagato.

Per la Cassazione[103], quando vi sono più debitori principali, obbligati in solido, il fideiussore che ha garantito l’adempimento dell’obbligazione ha regresso, per ripetere integralmente quanto ha pagato, contro ciascuno dei debitori solidali e, quindi, anche nei riguardi del condebitore solidale che non abbia stipulato il contratto di fideiussione e non sia consapevole della sua esistenza.

art. 1952 c.c.  divieto di agire contro il debitore principale

Il fideiussore non ha regresso contro il debitore principale se, per avere omesso di denunziargli il pagamento fatto, il debitore ha pagato ugualmente il debito.

Se il fideiussore ha pagato senza averne dato avviso al debitore principale, questi può opporgli le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore principale all’atto del pagamento.

In entrambi i casi è fatta salva al fideiussore l’azione per la ripetizione contro il creditore.

 

Secondo la Corte normofilattica[104] quando si estingue l’obbligazione principale, si estingue anche quella accessoria di garanzia.

Pertanto, se il fideiussore paga un debito già estinto, per remissione, per pagamento o per altra causa, non può esercitare azione di regresso nei confronti del debitore principale. Peraltro, in caso di remissione o liberazione convenzionale meramente personale, che si concreta in un pactum de non petendo verso il debitore principale, non è pregiudicata l’eventuale azione di regresso del fidejussore per il recupero di quanto abbia versato al creditore.

 

3) I rapporti tra le due azioni

Secondo l’opinione prevalente si ritiene che le due azioni costituiscono due autonomi rimedi che competono, separatamente ed alternativamente, al fideiussore in seguito all’adempimento.

Se il fideiussore sceglie la surrogazione, avrà come vantaggio le stessa garanzie del creditore soddisfatto, ma un contenuto minore dell’azione di regresso.

Se, invece, sceglie quest’ultima azione, non avrà le garanzie del credito originario, ma oltre al capitale riceverà anche gli interessi e le spese[105] successive alla denunzia delle istanze proposte contro di lui.

La figura surrogatoria è stata da sempre parallelata all’azione di regresso: a volte per sancirne la diversità, altre volte per sostenerne l’affinità, sub specie di contenitore-contenuto, ai sensi della quale l’azione di regresso segnerebbe il perimetro di operatività della surrogazione, in termini quantitativi e qualitativi; altre volte ancora, per qualificarla come strumento alternativo ovvero complementare ovvero sussidiario.

La diversa concezione del rapporto tra azione di regresso e surrogazione, non si esaurisce in una mera opzione teorica, si riflette proprio in sede di tutela dei diritti del solvens: qualificare la surrogazione e l’azione di regresso come due rimedi distinti e alternativi, per esempio, precluderà la modifica in appello del titolo della domanda.

Il condebitore solvente, in altri termini, non godrebbe di alcun autonomo diritto di regresso perche l’art. 1299 c.c., che sembra riconoscerlo, in realtà non farebbe altro che dettare le modalità con cui si attua la surrogazione stabilita dall’art. 1203 n. 3 < a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito (754), aveva interesse di soddisfarlo (1299)>.

Sembra preferibile la tesi prevalente la quale distingue

  • tra rapporto interno; questo è quello dell’azione prevista dall’art. 1203, n. 3, in quanto, per effetto del pagamento, il condebitore solvente si sostituisce nella posizione del creditore, indipendentemente dal rapporto che lo lega agli altri condebitori solidali;
  • rapporto esterno; questo, invece, è quello dell’azione di regresso che è concessa al solvens non come successore del creditore, ma in base allo stesso rapporto solidale.

 

D’altronde le due azioni non raggiungono il medesimo scopo.

L’azione di regresso è diretta esclusivamente al recupero di quanto pagato ed ha, in più, carattere autonomo; non ha, cioè, alcun rapporto con il credito precedente, per cui l’adempiente non subentra nelle eventuali garanzie del credito, compresi le fideiussioni ed i privilegi.

La surrogazione legale, invece, ha proprio lo scopo di far subentrare il solvens nella stessa posizione giuridica del creditore, incluse le garanzie.

L’art. 1299 c.c. prevede il diritto di regresso, che consiste in uno strumento funzionale al ripristino dell’equilibrio dei rapporti interni tra condebitori in solido

 

art. 1299 c.c.   regresso tra condebitori

il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi (c.c.2871).

Se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento (c.c.754, 755).

La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l’obbligazione era stata assunta (c.c.1203 n. 3).

 

4) L’azione di rilievo per la liberazione del fideiussore o per la cauzione del debitore

 

art. 1953 c.c.  rilievo del fideiussore

Il fideiussore, anche prima di aver pagato, può agire contro il debitore perché questi gli procuri la liberazione o, in mancanza, presti le garanzie necessarie per assicurargli il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso (c.c.1179), nei casi seguenti:

  • quando è convenuto in giudizio per il pagamento;
  • quando il debitore è divenuto insolvente;
  • quando il debitore si è obbligato di liberarlo dalla fideiussione entro un tempo determinato;
  • quando il debito è divenuto esigibile per la scadenza del termine;
  • quando sono decorsi cinque anni, e l’obbligazione principale non ha un termine, purché essa non sia di tal natura da non potersi estinguere prima di un tempo determinato.

 

Ai sensi dell’art. 1953 c.c., il fideiussore può esercitare, a sua scelta, contro il debitore principale, o l’azione di rilievo per liberazione o l’azione di rilievo per cauzione (tendente, quest’ultima ad assicurare al fideiussore una garanzia delle c.d. ragioni di regresso).

L’azione di rilievo per liberazione non può avere per contenuto la pretesa che il debitore paghi direttamente al fideiussore il debito garantito, ma ha, invece, due obiettivi o il debitore paga direttamente al creditore, in modo da evitare il pagamento del fideiussore, ovvero il debitore — accordandosi, in una delle forme possibili, con il creditore — procura al fideiussore la rinuncia, da parte del creditore medesimo, alla garanzia o ad esperire la garanzia stessa.

In entrambe queste figure l’inadempimento può dar luogo soltanto alla condanna al risarcimento dei danni, che non potranno mai essere identificati senza altro ed aprioristicamente nella stessa somma che il fideiussore corre il pericolo di pagare al creditore, ma soltanto nel pregiudizio, concretamente dimostrato, derivante dalla necessità di mantenere indisponibili nel patrimonio dello stesso fideiussore, nel periodo intercorrente fra l’inadempimento dell’obbligazione del debitore e la prestazione della garanzia, ciò che è necessario per l’adempimento, da parte sua, dell’obbligazione garantita[106].

L’azione di rilievo c.d. per liberazione e l’azione di rilievo c.d. per cauzione di cui all’art. 1953 c.c. spettano esclusivamente al fideiussore nei confronti del debitore, e non anche al creditore garantito nei confronti del fideiussore.

Pertanto, secondo la S.C.[107], in presenza sia di contratto di fideiussione che di (successiva) fideiussione al fideiussore (o fideiussione alla fideiussione o fideiussione di regresso), poiché quest’ultima costituisce una seconda ed autonoma fideiussione con un diverso creditore, le azioni di rilievo possono essere esercitate, nell’ambito del contratto di fideiussione, dal “primo” fideiussore (solamente) nei confronti del debitore, e, nell’ambito della fideiussione al fideiussore, dal “secondo” fideiussore (solamente) nei confronti del debitore; ne consegue che il “primo” fideiussore non può esercitare tali azioni nei confronti del “secondo” fideiussore (il fideiussore al fideiussore), difettando, in caso contrario, di legittimazione al giudizio.

Per ultima sentenza di merito[108] l’azione di rilievo per liberazione e l’azione di rilievo per cauzione di cui all’art. 1953 c.c. non si pongono tra loro in rapporto di equivalenza, bensì di subordinazione, nel senso dell’alternatività dei rimedi, sicché il fideiussore può far ricorso al rilievo per cauzione solo dopo aver inutilmente tentato di ottenere la liberazione dalla fideiussione.

 

H) Estinzione, scadenza e morte del fideiussore

 

Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti – Capo XXII – Sez. V – dell’estinzione della fideiussione – 1955 – 1957

1) Estinzione

  • in caso di adempimento dell’obbligazione principale (attraverso il pagamento del debitore o del fideiussore);
  • la novazione dell’obbligazione principale, il creditore assume altra obbligazione in sostituzione di quella principale (art. 1232);
  • la compensazione tra il debito del fideiussore verso il creditore garantito e il debito di quest’ultimo verso il primo (art. 1247);
  • la confusione, riunione nella stessa persona della qualità di fideiussore e di creditore (art. 1253 c.c.);
  • la remissione del debito da parte del creditore (1239 c.c.);
  • la prescrizione estintiva;
  • la rinuncia alla garanzia da parte del creditore;
  • in caso di obbligazione futura per recesso del fideiussore[109]
  • scadenza dell’obbligazione principale, regola che mira ad accelerare l’iniziativa del creditore nei confronti del debitore principale una volta scaduta l’obbligazione, a tutela della posizione del fideiussore;
  • quando per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti, nel pegno, nelle ipoteche e nei privilegi del creditore.

 

art. 1955 c.c.  liberazione del fideiussore

la fideiussione si estingue quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti, nel pegno, nelle ipoteche e nei privilegi del creditore.

Per la S.C.[110] il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell’art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore.

Principio ribadito anche da altra Cassazione più recente

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 19 febbraio 2020, n. 4175

Per una pronuncia di merito[111] in materia di fideiussione, affinché si verifichi la liberazione del fideiussore per fatto del creditore ex art. 1955 del c.c., è necessario che quest’ultimo abbia causato al garante un pregiudizio giuridico e non soltanto economico proprio a causa del suo comportamento con la conseguente perdita del diritto di surrogazione ai sensi dell’art. 1949 del c.c. o di regresso ex art. 1950 del c.c..

Le cause di estinzione della fideiussione previste dagli artt. 1955 e 1957 c.c. hanno presupposti diversi: la prima ipotesi (liberazione del fideiussore che, per fatto del creditore, perda il diritto di surrogazione) esige infatti una condotta colposa e antigiuridica del creditore e l’esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all’uopo, che il creditore abbia omesso un’attività dovuta per legge o in forza di contratto; la seconda ipotesi (liberazione del fideiussore per mancato esercizio del diritto da parte del creditore entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione) opera invece in modo oggettivo, a prescindere dall’atteggiamento colposo o meno del creditore e senza che assuma alcun rilievo il danno, conseguendo la invocata decadenza ipso facto al mancato, diacronico esercizio del diritto.

Ne consegue che, invocata dal fideiussore la decadenza di cui all’art. 1957 c.c., non è consentito al giudice dichiarare l’estinzione della fideiussione in base alla previsione di cui all’art. 1955 c.c., stante l’impredicabilità di una sostanziale omogeneità dei fatti costitutivi destinati a sorreggere l’applicazione alternativa delle norme indicate[112].

 

art. 1956 c.c.   liberazione del fideiussore per obbligazione futura

il fideiussore per un’obbligazione futura (c.c.1938) è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito (c.c.1461, 1844, 1850, 1877).

 

Secondo Corte di Piazza Cavour[113], ai fini della liberazione del fideiussore per obbligazione futura, ai sensi dell’art. 1956 c.c., il momento che rileva, per stabilire l’anteriorità della fideiussione rispetto all’obbligazione garantita, è quello nel quale la obbligazione è stata assunta, ossia quello della perfezione del negozio che costituisce la fonte del debito principale, e non quello nel quale il creditore abbia adempiuto la propria prestazione subordinante sinallagmaticamente quella del debitore principale, né quello in cui diventa efficace l’obbligazione di adempimento di questo debito precedentemente assunto.

Ambito di applicabilità

Anche se la disposizione dell’art. 1956 c.c.,  costituisce espressione dei principi di correttezza e di buona fede, recepiti dall’ordinamento giuridico attraverso le norme degli artt. 1175 e 1375 c.c., ciò non è sufficiente a giustificare una interpretazione analogica della norma del citato art. 1956 per farne applicazione a casi, affini a quello da essa disciplinato, ma in essa non previsti, in cui i predetti principi risultino violati[114].

Di stesso avviso altra Cassazione[115], secondo la quale, appunto, l’art. 1956 c.c.,  non è applicabile, nemmeno in via analogica, stante la non equiparabilità delle situazioni, al diverso caso in cui, ferme restando le condizioni economiche del terzo, sopravvenga dopo la fideiussione solo la contezza della loro precarietà.

Onere probatorio

Il fideiussore che chiede la liberazione dalla prestata garanzia, invocando l’applicazione dell’art. 1956 c.c., ha l’onere di provare, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’esistenza degli elementi richiesti a tal fine, e cioè che, successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche[116].

La circostanza, poi, che il creditore abbia tenuto un comportamento contrario al dovere di buona fede e correttezza contrattuale, tale da comportare la possibile liberazione del fideiussore dai propri obblighi di garanzia nei riguardi del creditore medesimo, può essere provata con ogni mezzo consentito dall’ordinamento, ivi compreso il ricorso a presunzioni, secondo le regole generali stabilite dagli artt. 2727 e 2729 c.c.[117]

Infine, in ambito bancario, per la Cassazione[118] se, nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente, si manifesta un significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore rispetto a quelle conosciute al momento dell’apertura del rapporto, tali da mettere a repentaglio la solvibilità del debitore medesimo, la banca creditrice, la quale disponga di strumenti di autotutela che le consentano di porre termine al rapporto impedendo ulteriori atti di utilizzazione del credito che aggraverebbero l’esposizione debitoria, è tenuta ad avvalersi di quegli strumenti anche a tutela dell’interesse del fideiussore inconsapevole, alla stregua del principio cui si ispira l’art. 1956 c.c., se non vuole perdere il beneficio della garanzia, in conformità ai doveri di correttezza e buona fede ed in attuazione del dovere di salvaguardia dell’altro contraente, a meno che il fideiussore manifesti la propria volontà di mantenere ugualmente ferma la propria obbligazione di garanzia

 

2) Fideiussione e scadenza

 

art. 1957 c.c.  scadenza dell’obbligazione principale

il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi (c.c.2964; att. 190) abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate (c.c.1267).

La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale.

 L’istanza proposta con tro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore (2943 e seguenti; (disp. di att.al c.c. 190)

Ancora in tema di garanzia fideiussoria, l’art. 1957 c.c. – nello stabilire che il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale – impone, da ultimo, una tempestiva attivazione del creditore, tesa a provocare il sollecito esercizio del diritto di credito affinché sia evitato che il “garante” rimanga a lungo in una situazione di incertezza, pena la liberazione del fideiussore medesimo.

In sintesi e, in forza della disposizione de qua si prevede, pertanto, che:

  1. se non viene fissato alcun termine di validità e efficacia della fideiussione, il creditore ha sei mesi di tempo, dopo la scadenza dell’obbligazione principale, per proporre le sue istanze contro il debitore
  2. se la fideiussione è limitata allo stesso termine dell’obbligazione “originaria”, il tempo per proporre le istanze si riduce a due mesi;
  3. se la fideiussione è, invece, limitata a un termine anteriore a quello di scadenza dell’obbligazione principale, si ha un caso di fideiussione in duriorem causam, e, quindi, di invalidità;
  4. infine, se la garanzia fideiussoria è limitata a un termine posteriore allo spirare dell’obbligazione principale, codesto termine vale come termine di decadenza pattiziamente fissato.

Necessita, tuttavia, significare che il lasso temporale posto dal menzionato art. 1957 c.c. oltre a rivestire natura decadenziale è, pure, derogabile, potendo essere convenzionalmente escluso per effetto di rinuncia preventiva, trattandosi di materia non sottratta alla disponibilità delle parti.

Secondo la s.c.[119] in tema di fideiussione, la norma di cui all’art. 1957 c.c. si applica a prescindere da qualsivoglia stato soggettivo (da considerarsi irrilevante) addotto dal creditore a giustificazione della sua inerzia, a prescindere, cioè, dal motivo per cui quest’ultimo non abbia coltivato le istanze di cui alla norma citata, dovendosi senz’altro predicare la legittimità dell’effetto estintivo della fideiussione all’esito della sola, obiettiva circostanza del decorso del termine di sei mesi. In tema di termini prescrizionali e/o decadenziali, difatti, l’ordinamento, perseguendo indubitabili fini di certezza delle situazioni giuridiche, attribuisce rilievo unico, decisivo e automatico alla circostanza che il termine stesso sia scaduto – senza che il soggetto abbia adempiuto all’onere o al dovere impostogli onde conseguire il soddisfacimento di un suo diritto ovvero giovarsi di effetti giuridici a lui favorevoli, prescindendo tout court da valutazioni di tipo soggettivo (atteggiamento psicologico dell’interessato, motivi da lui perseguiti) in ragione delle quali si sia lasciato inutilmente scadere il termine di volta in volta fissato.

Inoltre, secondo ultima Cassazione

Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 9 agosto 2016, n. 16825

la deroga all’art. 1957 cod. civ. non può ritenersi implicita nell’inserimento, nella fideiussione, di una clausola di “pagamento a prima richiesta” o di altra equivalente, sia perché detta norma è espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore, che prescinde dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale e può essere considerata meritevole di tutela anche nelle ipotesi in cui tale collegamento sia assente, sia perché, comunque, la presenza di una clausola siffatta non assume rilievo decisivo ai fini della qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome) sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia infine a clausole, il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, (non all’esclusione, ma) ad una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre azione giudiziaria. Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento a prima richiesta di per sé incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 cod. civ., spetta al giudice di merito accertare, di volta in volta, la volontà in concreto manifestata dalle parti con la stipulazione della detta clausola

 

La fideiussione a garanzia di un contratto di locazione[120]

La giurisprudenza di legittimità abbia nondimeno ritenuto valido inserire in un contratto di locazione un autonomo contratto di fideiussione al fine di garantire le obbligazioni pecuniarie “accettate” dal conduttore, essendo l’oggetto di questo secondo accordo facilmente determinabile in relazione al canone pattuito.

In particolare, la fideiussione – garantendo al locatore l’adempimento dell’impegno assunto dall’inquilino – può ricomprendere le perdite derivanti sia dal mancato pagamento delle “quote periodiche”, che dall’omesso rilascio dell’immobile nei tempi contrattualmente previsti; essa, difatti, semplificando le procedure giudiziali di locazione abitativa e commerciale, riduce notevolmente il rischio di morosità.

Si configura regola generale, applicabile anche all’ipotesi di garanzia inserita in un contratto di locazione, il principio per cui il dies a quo, agli effetti dell’art. 1957 c.c., coincide con la data delle singole prestazioni e non già con quella di estinzione dell’intero rapporto.

Invero, una volta che si verifichi la morosità del conduttore il locatore potrà “reagire” domandando la risoluzione del contratto purché abbia preventivamente informato il fideiussore medesimo, salvo – in caso contrario – lo “scioglimento del vincolo” in favore di costui.

Per ultima Cassazione[121] la fideiussione prestata a garanzia dell’adempimento di una o più determinate prestazioni (nella specie, a garanzia delle prestazioni del conduttore, all’atto della conclusione di un contratto di locazione) si protrae quanto meno per lo stesso termine entro il quale le prestazioni debbono essere eseguite, tale essendo lo scopo per il quale il creditore ha preteso la garanzia, prima di dare credito al garantito. In mancanza, si consentirebbe al fideiussore di liberarsi dall’impegno contrattuale a suo arbitrio e in qualunque momento, dopo avere indotto il creditore a fare affidamento sulla promessa di garanzia, in violazione dei principi per cui il contratto ha forza di legge fra le parti (art. 1372 c.c.) ed i contraenti sono tenuti a comportarsi secondo buona fede nella conclusione e nell’esecuzione del contratto medesimo (art. 1337 e 1375 c.c.).

L’ipotesi di recesso anticipato del “garante”

Analogamente, nel caso di recesso anticipato intervenuto prima della scadenza del contratto, “l’uscita” anzitempo decisa esclude l’operatività della garanzia fideiussoria per le obbligazioni maturate a seguito della prosecuzione della locazione.

Sebbene, infatti, la fonte del legame contrattuale continui a essere costituita dall’originario contratto di locazione, la recedibilità della fideiussione è conforme al principio generale dell’ordinamento che tende a evitare la perpetuità dei vincoli obbligatori nel rispetto della buona fede ex art. 1375 c.c. alla base del comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto[122].

Per la Corte Partenopea[123], poi,  la fideiussione prestata a garanzia di un rapporto di locazione si estende all’intero periodo di durata del rapporto locatizio, compreso, quindi, quello conseguente alla rinnovazione tacita del contratto di locazione; ciò, tuttavia, non comporta la qualificazione della garanzia come un’ipotesi di fideiussione omnibus[124], in quanto, da un lato, non si tratta di obbligazioni future o condizionali, ma di quelle nascenti dal contratto di locazione originariamente concluso, e, dall’altro, perché le obbligazioni sono determinate (e determinabili) con riferimento alle parti ed all’entità dei canoni locativi, il cui importo è determinato sulla base delle previsioni contrattuali.

Mentre per il Tribunale Vicentino[125] quando l’obbligazione fideiussoria ha ad oggetto il pagamento di canoni di locazione, la fideiussione deve ritenersi estesa anche all’aggiornamento del canone secondo gli indici Istat. Infatti poiché in materia di fideiussione vige il generale principio in base al quale, salva una pattuizione più favorevole al fideiussore, la prestazione da questi dovuta va fatta corrispondere, anche per quanto riguarda gli accessori, a quella del debitore principale e poiché, ancora, l’aggiornamento del canone di locazione secondo gli indici Istat ha natura accessoria rispetto al canone di locazione, deve ritenersi che tale voce accessoria sia oggetto della garanzia fideiussoria anche in assenza di un esplicito accordo delle parti in tal senso.

3) Morte del fideiussore

La morte del fideiussore non estingue la fideiussione, che si trasmette agli eredi, i quali, subentrando nel rapporto con gli stessi poteri che spettavano al defunto, possono recedervi solo nei modi e nelle forme in cui il diritto di recesso avrebbe potuto essere esercitato dal loro dante causa e sono, perciò, obbligati (in mancanza di recesso) all’adempimento (pro quota) della obbligazione fideiussoria anche in relazione ai debiti contratti dal garantito dopo la morte del fideiussore, salvo, se l’eredità è accettata con beneficio di inventario, il limite indicato dall’art. 490 comma secondo n. 2 c.c.[126]

 

I) Figure affini e differenze con la fideiussione

1) Mandato di credito

[127] 

Questo contratto ha senza dubbio la funzione di garanzia ma si distingue nettamente dalla fideiussione, perché esso presuppone necessariamente un rapporto tra il c.d. mandante ed il terzo, mentre nella fideiussione questo rapporto non è necessario.

Il mandato di credito ha inoltre necessariamente ad oggetto un’obbligazione futura, mentre nella fideiussione questa è soltanto un’ipotesi eventuale.

 

2) Lettera di patronage

Con riguardo alle cosiddette lettere di “patronage”, che una società capogruppo o controllante indirizzi ad una banca, affinché questa conceda, mantenga o rinnovi un credito a favore di una società controllata, l’indagine diretta a stabilire se le lettere medesime si limitino a contenere dati e notizie sulla situazione del gruppo o sul rapporto di controllo, rilevanti al solo fine di mettere la banca in condizione di valutare adeguatamente l’opportunità di riconoscere detto credito, ovvero implichino anche l’assunzione di garanzia fideiussoria per i debiti della società controllata, si traduce in un accertamento di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità, se correttamente ed adeguatamente motivato[128]

3) Il patto di manleva

Il patto di manleva ha per contenuto il dovere di sollevare altri dalle conseguenze di un fatto dannoso e, quindi, realizza un’assunzione di garanzia da parte dell’obbligato.

 Esso si distingue dalla fideiussione, in quanto, mentre l’obbligazione di manleva è eventuale e condizionata, il fideiussore normalmente si obbliga negli stessi termini del debitore principale; inoltre, a differenza della fideiussione, la quale riguarda un obbligo assunto dal garante verso il creditore e non già verso l’obbligato principale, l’obbligazione di manleva è assunta nei confronti e a beneficio del debitore garantito[129].

 

4) L’avallo

Consiste nella garanzia del pagamento di una cambiale o di un assegno bancario, la quale, peraltro, non è come la fideiussione, un’obbligazione accessoria, perché ha carattere autonomo, cioè è valida ed efficace anche se non è valida l’obbligazione garantita.

Per la s.c.[130] l’istituto dell’avallo è riconducibile, al di là del suo innegabile carattere di astrattezza, ad una determinata «categoria» negoziale (nella specie, la fideiussione), della quale è, pertanto, legittima, in parte qua, l’applicazione della relativa disciplina normativa, ad eccezione delle disposizioni con l’avallo stesso incompatibili. Deve, in particolare, ritenersi applicabile all’avallo il disposto dell’art. 1949 c.c. che, nel richiamare il più generale principio sancito dal precedente art. 1203, n. 3, prevede «la surrogazione del fideiussore che ha pagato nei diritti che il creditore aveva contro il debitore».

 

5) Contratto autonomo di garanzia (Garantievetrag)

Secondo una prima definizione il contratto autonomo di garanzia è il contratto in base al quale una parte si obbliga, a titolo di garanzia, ad eseguire immediatamente (“a prima richiesta”) la prestazione del debitore, indipendentemente dall’esistenza, dalla validità e/o efficacia del rapporto di base, e senza potere sollevare eccezioni di sorta (“senza eccezioni”), salvo la sola exceptio doli, e cioè l’eccezione portata nei confronti di chi abbia agito con dolo al fine di indurre il garante alla conclusione del negozio, e poi ne abbia chiesto l’adempimento.

Il contratto autonomo di garanzia è solo relativamente autonomo dal rapporto principale.

L’accessorietà è inoperante nei rapporti fra garante e creditore garantito; è, invece, operante nei rapporti fra debitore principale e creditore garantito, proprio perché l’obbligazione del garante è accessoria a quella del debitore principale ed il pagamento ricevuto dal garantito, se non giustificato dal rapporto principale è soggetto a ripetizione.

La dottrina e la giurisprudenza unanimi [131]  seppur con motivazioni diverse, oggi concludono nel senso dell’ammissibilità nel nostro ordinamento del contratto autonomo di garanzia.

Sono molteplici gli iter argomentativi utilizzati in dottrina al fine di concludere nel senso dell’ammissibilità di tale fattispecie contrattuale.

Da ciò è scaturito un annoso dibattito volto a delineare, rispetto alla fideiussione, la figura del contratto autonomo di garanzia, nel cui novero, come vedremo, rifluisce la polizza fideiussoria.

Com’è noto, la problematica di maggiore rilievo presentata dal contratto autonomo di garanzia riguarda l’astrattezza di tale fattispecie negoziale in forza della quale potrebbe sembrare si determini uno spostamento patrimoniale dal garante al creditore privo di causa.

In dottrina vi è stato chi ha ritenuto di dover concludere nel senso dell’ammissibilità di tale fattispecie contrattuale argomentando dall’art. 1530, II comma [132], in materia di credito documentario irrevocabile a norma del quale «la banca che ha confermato il credito al venditore può opporgli solo le eccezioni derivanti dall’incompletezza o irregolarità dei documenti e quelle relative al rapporto di conferma del credito».

art. 1530 c.c.   pagamento contro documenti a mezzo di banca

Quando il pagamento del prezzo deve avvenire a mezzo di una banca, il venditore non può rivolgersi al compratore se non dopo il rifiuto opposto dalla banca stessa e constatato all’atto della presentazione dei documenti nelle forme stabilite dagli usi.

La banca che ha confermato il credito al venditore può opporgli solo le eccezioni derivanti dall’incompletezza o irregolarità dei documenti e quelle relative al rapporto di conferma del credito.

Da tale norma si argomenta[133] che l’ordinamento italiano conosce situazioni nelle quali lo spostamento patrimoniale non si presenta come conseguenza di un negozio che contenga in sé la sua causa, senza che ciò imponga di considerare astratto il negozio.

In queste ipotesi è possibile rinvenire nel negozio solo l’indicazione dello “scopo” avuto di mira dal disponente mentre la giustificazione ed il fondamento della prestazione vanno ricercati al di fuori del negozio stesso.

Tale argomentare non è condiviso da altra parte della dottrina[134]  che sostiene, invece, in base all’art. 1530, II comma, c. c. la banca può sollevare, oltre alle eccezioni relative ai documenti, anche quelle inerenti la nullità dei rapporti sottostanti «come sembra da sottintedere in base all’art. 1271, comma II», cosiddetta nullità della doppia causa, e che essendo l’art. 1530 c. c. una norma peculiare al contratto di vendita  non sarebbe utilizzabile per dedurne l’ammissibilità del contratto autonomo di garanzia

Pertanto, a parere di tale dottrina, al fine di individuare la disciplina concretamente applicabile al contratto autonomo di garanzia bisognerebbe fare riferimento a quegli istituti nei quali l’intervento del terzo nel rapporto obbligatorio risulta positivamente disciplinato, primo tra tutti l’istituto della delegazione.

In giurisprudenza[135] la causa del contratto autonomo di garanzia si ritiene sussista nel far conseguire senza indugio al creditore l’oggetto della prestazione in attesa della chiarificazione del rapporto principale e delle contestazioni; in tal modo riversando sul garante il rischio dell’inadempienza colpevole o incolpevole che sia. Ne discende, in tal modo, che il contratto non può dirsi astratto giacché la causa risiede nella copertura del suddetto «rischio».

L’adesione all’una piuttosto che all’altra tesi interpretativa non si risolve su di un piano puramente teorico-dogmatico ma coinvolge con sé delle rilevanti conseguenze pratiche ed applicative riguardanti, in primo luogo, il regime delle eccezioni opponibili dal garante al terzo beneficiario.

Se si ritiene che la funzione del contratto autonomo di garanzia sia quella di compiere la traslazione del rischio da inadempimento dal creditore al terzo garante non si può non concludere nel senso che quando il rapporto sottostante è affetto da un vizio radicale, quale la nullità del contratto base, la causa dell’atto risulta sin dal momento genetico del rapporto assolutamente irrealizzabile con la conseguente opponibilità di tale vizio funzionale dal garante al terzo beneficiario.

Qualora si acceda, invece, a quella tesi dottrinale che ravvisa nel contratto autonomo di garanzia un negozio giuridico con causa «esterna», in quanto tale autonomo rispetto al rapporto sottostante, si deve concludere che al garante sia precluso opporre al terzo beneficiario non soltanto tutte le eccezioni relative all’invalidità del rapporto sottostante ma finanche l’avvenuto adempimento della prestazione da parte del debitore principale.

Questa considerazione deve essere precisata nel senso che tale rilevata assoluta «insensibilità» si riferisce solo al momento genetico del contratto di garanzia, ed attiene, dunque, al solo profilo della validità del contratto.

Nella fase esecutiva del rapporto l’obbligazione che nasce dal contratto autonomo di garanzia resta comunque un’obbligazione sussidiaria in quanto subordinata al mancato adempimento del debitore principale anche se la prova di questo evento nel caso in cui sia presente la clausola di pagamento a prima richiesta si riduce nella semplice dichiarazione del creditore.

Tale permanente carattere di sussidiarietà dell’obbligazione del garante determina che in applicazione del generale principio di buona fede oggettiva applicato al momento esecutivo del rapporto contrattuale dall’art. 1375 c. c. questi non sia tenuto ad adempiere sempre e comunque la propria obbligazione di garanzia ma possa, al contrario, opporre al beneficiario l’exceptio doli nel caso in cui la richiesta di pagamento immediato risulti prima facie abusiva o fraudolenta.

In giurisprudenza si afferma costantemente che il garante possa sollevare l’exceptio doli solo qualora l’avvenuto adempimento dell’obbligazione da parte del debitore principale risulti da prove «liquide».

Ciò premesso, sul punto, sono intervenute le Sezioni Unite [136] le quali hanno affermato che il contratto autonomo di garanzia (c.d. Garantievertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile (qual è l’obbligazione dell’appaltatore), contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa l’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante); inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto a un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un “vicario” del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile a essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

Si legge nella sentenza in commento che il contratto autonomo di garanzia costituisce espressione di quella autonomia negoziale riconosciuta alle parti dall’art. 1322 c.c., comma II, che si configura come un coacervo di rapporti nascenti da autonome pattuizioni fra il destinatario della prestazione (beneficiario della garanzia), il garante (di solito una banca straniera), l’eventuale controgarante (soggetto non necessario, che solitamente si identifica in una banca nazionale che copre la garanzia assunta da quella straniera) e il debitore della prestazione (l’ordinante).

Caratteristica fondamentale di tale contratto, che vale a distinguerlo da quello di fideiussione di cui agli artt. 1936 ss. c.c., è la carenza dell’elemento dell’accessorietà[137]: il garante s’impegna a pagare al beneficiario, senza opporre eccezioni in ordine alla validità e/o all’efficacia del rapporto di base, e identico impegno assume il controgarante nei confronti del garante.

Seguendo il ragionamento della Corte, la fideiussione è una garanzia di tipo satisfattorio, perché consente al creditore di conseguire lo stesso bene dovuto dal debitore, quindi, di soddisfare l’interesse principale; ex adverso, il contratto autonomo di garanzia assolve una funzione di tipo indennitario, perché, il creditore, rispetto all’inadempimento del debitore, può tutelarsi solo con il risarcimento del danno.

Nel contratto autonomo di garanzia, infatti, il garante è tenuto a una prestazione qualitativamente diversa da quella per la quale è obbligato il debitore principale, dovendo “assicurare” la soddisfazione dell’interesse economico del beneficiario compromesso dall’inadempimento e non l’adempimento della prestazione dedotta in contratto.

Ciò posto, le Sezioni Unite affermano come la più rilevante differenza operativa tra la fideiussione e il contratto autonomo di garanzia non riguarda, peraltro, il momento del pagamento – cui (anche) il fideiussore “atipico” può essere tenuto immediatamente a semplice richiesta del creditore –  ma attiene soprattutto al regime delle azioni di rivalsa dopo l’avvenuto pagamento.

Se, difatti –  chiarisce la Suprema Corte – il pagamento non risulti dovuto per motivi attinenti al rapporto di base, il garante (dopo aver pagato a prima/semplice richiesta) che agisce in ripetizione con l’actio indebiti ex art. 2033 c.c. nei confronti dell’accipiens, cioè del creditore beneficiario, facendo valere le eccezioni di cui dispone il debitore principale, risponde in realtà come un fideiussore, atteggiandosi la clausola di pagamento in questione come una ordinaria clausola solve et repete ex art. 1462 c.c.

Diversamente accade nel caso di contratto autonomo di garanzia.

Infatti, il garante “autonomo”, una volta che abbia pagato nelle mani del creditore beneficiario, non potrà agire in ripetizione nei confronti di quest’ultimo (salvo nel caso di escussione fraudolenta), rinunciando, per l’effetto, anche alla possibilità di chiedere la restituzione di quanto pagato all’accipiens nel caso di escussione illegittima della garanzia, ma potrà esperire l’azione di regresso ex art. 1950 c.c.[138] unicamente nei confronti del debitore garantito (il più delle volte mediante il cosiddetto “conteggio automatico” a carico del debitore quando questi ha anticipato alla banca le somme necessarie per il pagamento o quando sussista la possibilità di addebitare le somme su un conto corrente), senza possibilità per il debitore di opporsi al pagamento richiesto dal garante né di eccepire alcunché, in sede di rivalsa, in merito all’avvenuto pagamento.

In definitiva – secondo le sezioni unite – il contratto autonomo di garanzia si distingue dalla fideiussione per la mancanza dell’elemento dell’accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto all’obbligazione del garantito verso il proprio creditore.

Tale mancanza si determina apponendo al negozio intercorrente tra debitore garantito e garante la clausola “a prima richiesta” o altra equipollente avente quale effetto quello di consentire al beneficiario di evitare che sullo stessa ricada il rischio economico dell’operazione negoziale dedotta nel rapporto di valuta. Il beneficiario può pretendere dal garante una prestazione diversa da quale garantita e consistente nel risarcimento o in un’indennità senza la possibilità per il garante di eccepire quanto avrebbe potuto far valere il debitore garantito. In tale contratto autonomo di garanzia o fideiussione atipica rientra la polizza fideiussoria stipulata a garanzia delle obbligazioni assunte da un appaltatore.

Per altra succesiva S.C.[139] il carattere distintivo tra il contratto autonomo di garanzia e la fideiussione è costituito dall’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga alla regola essenziale posta per la fideiussione dall’art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione della legittimazione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché della proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento da quest’ultimo effettuato.

Per altra precedente Cassazione[140] ai fini della configurabilità di un contratto autonomo di garanzia oppure di un contratto di fideiussione, non è decisivo l’impiego o meno delle espressioni “a semplice richiesta” o “a prima richiesta del creditore”, ma la relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia.

Da ultimo la Cassazione,

Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 14 giugno 2016, n. 12152

nuovamente ha ritenuto doveroso specificare i caratteri del contratto autonomo di garanzia e le relative diffrenze con la fideiussione.

Si legge nella sentenza del 14 giugno 2016 che il contratto autonomo di garanzia (cd. Garantlevertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex articolo 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che puo’ riguardare anche un fare infungibile (qual e’ l’obbligazione dell’appaltatore), contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa l’identita’ tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante); inoltre, la causa concreta del contratto autonomo e’ quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorieta’, e’ tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore e’ un “vicario” del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perche’ non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensi’ ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

Il contratto autonomo di garanzia, dunque, si caratterizza rispetto alla fideiussione per l’assenza dell’accessorieta’ della garanzia, derivante dall’esclusione della facolta’ del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all’articolo 1945 c.c., dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonche’ dalla proponibilita’ di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest’ultimo, la’ dove l’accessorieta’ della garanzia fideiussoria postula, invece, che il garante ha l’onere di preavvisare il debitore principale della richiesta di pagamento del creditore, ai sensi dell’articolo 1952 c.c., comma 2, all’evidente scopo di porre il debitore in condizione di opporsi al pagamento, qualora esistano eccezioni da far valere nei confronti del creditore.

Se l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per se’ a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorieta’ che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale

In presenza di elementi quali quelli in precedenza indicati che conducano comunque ad una qualificazione del negozio in termini di garanzia autonoma, l’assenza di formule come quella anzidetta non e’ elemento decisivo in senso contrario.

L’accertamento relativo alla distinzione, in concreto, tra contratto di fideiussione e contratto autonomo di garanzia e’, in ogni caso, questione riservata al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ esclusivamente per violazione dei canoni legali di ermeneutica ovvero per vizio di motivazione.

Interessante risulta anche altra recente pronuncia della Cassazione

Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 2 novembre 2017, n. 26062

secondo la quale il fatto che fideiussione e contratto autonomo diano luogo a figure di garanzia tra loro diverse non comporta, all’evidenza, che le stesse siano regolate, o debbano venire regolate, in modo diverso sotto ogni profilo di disciplina. Nel rapporto tra debitore principale e creditore beneficiario il pagamento fatto dal garante autonomo produce effetti identici – sotto il profilo dell’attribuzione patrimoniale – a quello posto in essere dal fideiussore: in entrambi i casi si tratta di un pagamento del terzo, che trova titolo nell’assunzione negoziale di un obbligo di garanzia. E che risulta revocabile ex articolo 67, comma 2, al ricorrere di identici presupposti, sia oggettivi (pagamento e regresso) che soggettivi.
A ben vedere, anzi, nel porre a confronto tra fideiussione e contratto autonomo rispetto all’angolo visuale del fallimento (o liquidazione coatta) del debitore principale, e’ proprio questa seconda figura a risultare di maggiore peso e incidenza per la massa dei creditori insinuati: posto che il contratto autonomo assicura al garante che ha pagato un regresso assai piu’ agevole di quello del fideiussore, perche’ in se’ svincolato dalle vicende inerenti al rapporto garantito (salvo il caso ricorrano, nel concreto della fattispecie, gli estremi dell’exceptio doli generalis).

Nuovamente sul Contratto autonomo è tornata la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 10 gennaio 2018, n. 371
affermando i seguenti principi:

Nell’ambito del contratto autonomo di garanzia, ammessa la proponibilità, da parte del garante, delle eccezioni fondate sulla nullità del contratto-base per violazione di norme imperative, il garante autonomo deve ritenersi pienamente legittimato a sollevare, nei confronti della banca, l’eccezione di nullità della clausola anatocistica, allorquando essa non si fondi su di un uso normativo (e non ricorrano, ovviamente, le altre condizioni legittimanti di cui all’art. 1283). Va evidenziato, del resto, che, se si ammettesse la soluzione contraria, si finirebbe per consentire al creditore di ottenere, per il tramite del garante, un risultato che l’ordinamento vieta.

L’impermeabilità del contratto autonomo di garanzia alle eccezioni di merito del garante trova un limite, oltre che nel caso in cui sia proponibile la cd. exceptio doli generalis seu presentis, basata sull’evidenza certa del venir meno del debito garantito per pregressa estinzione dell’obbligazione principale per adempimento o per altra causale, in queste altre ipotesi: quando le eccezioni attengano alla validità dello stesso contratto di garanzia; quando esse ineriscano al rapporto tra garante e beneficiario; quando il garante faccia valere l’inesistenza del rapporto garantito; quando, infine, la nullità del contratto-base dipenda da contrarietà a norme imperative o illiceità della causa ed attraverso il contratto di garanzia si tenda ad assicurare il risultato che l’ordinamento vieta. Infatti, l’accessorietà dell’obbligazione autonoma di garanzia rispetto al rapporto debitorio principale assume un carattere elastico, di semplice collegamento e coordinamento tra obbligazioni, ma non viene del tutto a mancare: e ciò sarebbe dimostrato, oltre che dal meccanismo di riequilibrio delle diverse posizioni contrattuali attraverso il sistema delle rivalse, proprio dalla rilevanza delle ipotesi in cui il garante è esonerato dal pagamento per ragioni che riguardano comunque il rapporto sottostante.

 

Addesso, è opportuno passare, anche, ad una breve rassegna giurisprudenziale  sul contratto autonomo di garanzia attraverso un excursus geografico delle ultima sentenze di merito – allineate alla previsione delle Sezioni Unite –  secondo cui l’inserimento nel contratto di fideiussione di una clausola che preveda il pagamento a prima richiesta, e l’impossibilità per il garante di opporre eccezioni, sia sufficiente per qualificare il rapporto quale contratto autonomo di garanzia.

Per il Tribunale Romano[141] il contratto autonomo di garanzia, la cui caratteristica fondamentale che vale a distinguerlo dalla fideiussione è la carenza dell’elemento dell’accessorietà, ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, contrariamente a quanto accade per il fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui, attesa la identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante. In tal senso, pertanto, mentre con la fideiussione è tutelato l’interesse all’esatto adempimento dell’unica prestazione principale, per cui il fideiussore è un vicario del debitore, l’obbligazione del garante autonomo è qualitativamente altra rispetto a quella dell’ordinante, sia perché non necessariamente sovrapponibile ad essa, sia perché non rivolta al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore. La diversità di struttura e di effetti rispetto alla fideiussione si riflette sulla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, che è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole o meno. La prestazione dovuta dal garante, invero, è qualitativamente diversa da quella dovuta dal debitore principale, essendo quella di assicurare non l’adempimento della prestazione dedotta in contratto, bensì la soddisfazione dell’interesse economico del beneficiario compromesso dall’inadempimento. Le eccezioni che il fideiussore di un contratto autonomo di garanzia può opporre sono limitate in termini di validità del contratto di garanzia, nullità del contratto base o del contratto di garanzia per contrarietà a norme imperative ed exceptio doli, fondato sull’evidente, certo ed incontestabile venir meno del debito garantito, per pregressa estinzione dell’obbligazione principale. Nella specie, difettando le eccezioni formulate dall’opponente di tali requisiti, l’opposizione di palesa infondata, con conseguente obbligo del medesimo di adempiere in via solidale con gli altri cofideiussori, all’obbligazione nei confronti del beneficiario garantito.

Per altra sentenza del Tribunale Capitolino, più recente[142], è configurabile un contratto di fideiussione e non anche un contratto autonomo di garanzia nell’ipotesi in cui l’esame complessivo di tutte le clausole pattuite, unitariamente condotto, nonché la denominazione adoperata dalle parti nell’individuare lo schema negoziale utilizzato, induce a ritenere che la volontà delle stesse sia stata nel senso di vincolare il garante all’adempimento dell’obbligazione principale allo stesso modo del debitore principale e non già a tenere indenne il beneficiario dal nocumento per la mancata prestazione del debitore. Né appare decisiva, in senso contrario, la mera previsione dell’obbligo del fideiussore di pagare immediatamente a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore. La figura del contratto di garanzia autonomo risulta strutturalmente articolata secondo lo schema del contratto a favore di terzo, funzionalmente caratterizzato dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione – e, dunque, di un soggetto deputato istituzionalmente al rilascio di garanzie – di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente.

Per il Tribunale Milanese[143] costituisce contratto autonomo di garanzia quello in base al quale una parte si obbliga, a titolo di garanzia, ad eseguire la prestazione del debitore a prima richiesta, indipendentemente dalla esistenza, dalla validità ed efficacia del rapporto di base con l’impossibilità per il garante di sollevare eccezioni. Tale contratto si distingue dalla fideiussione per la sua indipendenza dall’obbligazione principale, poiché mentre il fideiussore è debitore allo stesso modo del debitore principale e si obbliga direttamente ad adempiere, il garante nel contratto autonomo si obbliga non tanto a garantire l’adempimento, ma piuttosto a tenere indenne il beneficiario dal nocumento per la mancata prestazione del debitore, spesso con una prestazione solo equivalente e non necessariamente corrispondente a quella dovuta. Il contratto autonomo di garanzia si distingue, altresì, dalla garanzia a prima richiesta, nella quale il fideiussore si impegna a rinunziare ad opporre, prima del pagamento, le eccezioni che gli competono, in deroga all’art. 1945 c.c.. In tale contesto, dunque, assumono rilievo al fine di qualificare il negozio come fideiussione e non come contratto autonomo di garanzia, elementi quali il nomen iuris utilizzato dalle parti sia nel contratto di fideiussione, sia nei contratti cui accede la garanzia, la mancata espressa rinuncia da parte del fideiussore alla facoltà di opporre eccezioni fondate sul contratto principale (avendo, nella specie, il fideiussore unicamente rinunciato al beneficio della preventiva escussione del debitore principale), nonché l’assenza di ogni autonoma quantificazione dell’importo oggetto della garanzia prestata, (essendosi nella specie il garante costituito tale per tutte le obbligazioni pecuniarie nascenti dal contratto di affitto di azienda e da quello di franchising).

Ancora, secondo la Corte Milanese[144], in linea con l’orientamento della Cassazione, il contratto di assicurazione fideiussoria è caratterizzato dall’assunzione di un impegno da parte di una compagnia di assicurazioni, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta da un terzo. La clausola con la quale venga espressamente prevista la possibilità, per il creditore garantito, di esigere dal garante il pagamento immediato del credito “a semplice richiesta” o “senza eccezioni” riveste carattere derogatorio rispetto alla disciplina della fideiussione. Siffatta clausola, risultando incompatibile con detta disciplina, comporta l’inapplicabilità delle tipiche eccezioni fideiussorie, quali, ad esempio, quelle fondate sugli artt. 1956 e 1957 c.c., consentendo l’applicabilità delle sole eccezioni relative al rapporto garante/beneficiario”[145]. Le parti di un contratto di assicurazione fideiussoria possono, pertanto, adottare uno schema contrattuale che si allontani dall’istituto della fideiussione tipica, come disciplinata agli artt. 1936 c.c. e ss., spezzando l’essenziale rapporto di accessorietà tra la garanzia e l’obbligazione principale.

Per altra pronuncia del Tribunale Meneghino[146] la mera presenza di clausole di pagamento a prima richiesta è indice di incompatibilità col principio di accessorietà, caratterizzante il contratto di fideiussione. Tale assunto consente, ex ante, la prevedibilità della decisione giudiziaria in caso di controversia sul punto, restringendo le maglie di aleatori spazi ermeneutici sovente forieri di poco comprensibili disparità di decisioni a parità di situazioni esaminate, cosicché la clausola a prima richiesta e senza eccezioni dovrebbe di per sé orientare l’interprete verso l’approdo alla autonoma fattispecie del contratto autonomo di garanzia salva evidente, patente, irredimibile discrasia con l’intero contenuto della convenzione negoziale. Ne deriva che solo nel caso in cui, dall’esame del testo contrattuale, emerga in maniera assolutamente evidente una difforme volontà delle parti di voler caratterizzare il rapporto quale accessorio rispetto all’obbligazione garantita, il contratto dovrebbe qualificarsi in termini di fideiussione atipica.

Per il Tribunale Fiorentino[147] il contratto autonomo di garanzia è del tutto diverso e distinto dalla fideiussione ed è caratterizzato dalla presenza in esso di una clausola di pagamento “a prima richiesta”, in virtù della quale l’importo garantito può essere escusso dal creditore a prima richiesta senza alcuna formalità, né preavviso, ma con semplice comunicazione scritta. In ipotesi siffatte, invero, la garanzia viene espressamente rilasciata in deroga a quanto previsto dagli artt. 1957, 1945 e 1955 c.c., in quanto riservata al creditore la facoltà di chiedere ed ottenere il pagamento immediato dal garante, senza che questi possa opporre le eccezioni sollevabili dal debitore garantito. Il predetto contratto, in particolare, configura una obbligazione accessoria di pagamento assunta dal garante (normalmente una banca) nei confronti di un beneficiario, per garantire l’adempimento dell’obbligazione di un terzo, e tale obbligo di pagamento del garante è assolutamente svincolato dall’obbligazione principale, in deroga a quanto previsto dall’art. 1939 c.c. in tema di fideiussione. Unica eccezione a tale pagamento immediato è la cosiddetta exceptio doli, ossia l’ipotesi che l’escussione sia pretestuosa ed abusiva. Stante quanto innanzi e rilevata la completa autonoma dei rapporti che legano, da un lato, la banca garante al creditore garantito e, dall’altro lato, la banca garante al controgarante, questi non è legittimato a contestare l’illegittimità dell’operato del beneficiario nell’escutere prima e nell’incassare poi le somme oggetto della garanzia. Nella fattispecie de quo, pertanto, solo la banca garante avrebbe potuto eventualmente opporre detta eccezione al garantito (odierna parte convenuta), rifiutandosi così di pagare e, di conseguenza, l’unica azione ammissibile per il controgarante (odierno attore), era quella da intentare avverso la banca, sua unica controparte contrattuale, per contestare alla stessa di non avere opposto alla parte convenuta l’exceptio doli.

Ancora per altra pronuncia di merito[148]  l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta” vale a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà proprio della fideiussione, a meno che non emerga una evidente difformità rispetto al contenuto dell’atto negoziale. La prevista clausola di pagamento, costituente espressione del principio di autonomia negoziale, esprime, invero, una volontà di deroga alla disciplina della fideiussione, nel senso che attribuisce al creditore il potere di esigere dal garante il pagamento immediato di quanto dovuto, a prescindere da qualsiasi accertamento in ordine alla effettiva sussistenza di un inadempimento imputabile al debitore principale.

Per il Tribunale Partenopeo[149] l’’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, giacché incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale. Del resto, il contratto autonomo di garanzia, espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile, contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui, in considerazione dell’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante. Altresì, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un “vicario” dei debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata od inesatta prestazione del debitore.

In merito, infine, alle eccezioni opponibili, come da recente arresto del Tribunale Trentino, in un contratto autonomo di garanzia, con l’impegno dunque di pagare a richiesta, il garante del credito può comunque eccepire l’applicazione di un tasso di interesse usurario.

Nella decisione il tribunale richiama il principio espresso dalla Cassazione[150]  secondo cui il garante, quando assume l’impegno di pagare una determinata somma di denaro in favore del beneficiario della garanzia per il solo fatto che tale soggetto ne faccia richiesta, rinunzia ad opporre eccezioni inerenti al rapporto che lega il debitore principale al creditore, anche se dirette a far valere l’invalidità del contratto dal quale tale rapporto deriva.

Tuttavia tale regola trova deroga, oltre che in caso di escussione fraudolenta o abusiva della garanzia, anche quando si eccepisce la nullità del contratto principale per contrarietà a norma imperativa[151] , che, per quanto qui rileva, è ravvisabile in relazione alle clausole che prevedono un tasso d’interesse usurario e la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito al di fuori dei casi consentiti dalle disposizioni vigenti»

In definitiva, prosegue la sentenza, anche a voler ricondurre allo schema negoziale del contratto autonomo di garanzia i contratti allegati al ricorso monitorio, perché recanti l’impegno dei fideiussori a pagare “immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta”, e ciò in applicazione del principio di diritto secondo cui “l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vede di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale”,  i garanti vanno comunque ritenuti legittimati a sollevare eccezioni in ordine all’indebita applicazione di interessi anatocistici e all’illecita richiesta di interessi usurari».

Fattispecie di contratto autonomo di garanzia è quella prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38 bis.
Sul punto secondo unanime Cassazione
Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 31 agosto 2017, n. 20657

la polizza fideiussoria prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38 bis al fine di consentire al contribuente il rimborso delle eccedenze IVA risultanti dalla dichiarazione annuale in forma accelerata (ossia senza preventivo riscontro della spettanza) e consistente nell’obbligo per la societa’ di assicurazione di versare le somme richieste dall’ufficio IVA, a meno che non vi abbia gia’ provveduto il contribuente, configura un contratto autonomo di garanzia che, diversamente dal modello tipico della fideiussione, e’ connotato dalla non accessorieta’ dell’obbligazione di garanzia rispetto all’obbligazione garantita; pertanto, qualora al contribuente, che abbia ottenuto il rimborso, sia successivamente notificato avviso di rettifica che esclude il relativo diritto ed al garante venga domandata la restituzione delle somme rimborsate, questi non puo’ rifiutare l’adempimento in base al rilievo che l’imposta si sia caducata o estinta neppure per condono, consentendogli tale evento soltanto di ripetere quanto versato ove l’obbligazione tributaria risulti effettivamente estinta.

 

6) L’assicurazione fideiussoria

Fideiussione prestata da un’impresa assicuratrice.

L’impresa assicuratrice, verso la corresponsione di un compenso, assume la garanzai di pagamento di un debito all’assicurato verso un terzo beneficiario, entro i limiti del massimale stabilito.

Il contratto è documentato in una polizza (c.d. polizza fidiussoria).

Natura giuridica

  • Un auotore[152] ha fatto rientrare il contratto in esame nel contratto di assicurazione;

In primo luogo, si sostiene che il pagamento del premio a favore della compagnia di assicurazione previsto in tali fattispecie contrattuali sarebbe un indice decisivo al fine di escludere la loro riconducibilità al contratto di fideiussione caratterizzato dagli elementi essenziali della gratuità e della spontaneità. Tale assunto però non può essere condiviso atteso che le norme codicistiche che dettano i caratteri del negozio fideiussorio lo configurano quale un negozio gratuito o oneroso a seconda del concreto atteggiarsi del rapporto giuridico intercorso tra fideiussore e creditore.

In secondo luogo, si afferma che la polizza fideiussoria sarebbe riconducibile nell’alveo del fenomeno assicurativo sulla base della considerazione che la compagnia di assicurazione, in seguito alla stipulazione di tale contratto, non assumerebbe l’obbligo, tipico del garante, di adempiere la medesima prestazione del debitore garantito ma piuttosto quello di risarcire al creditore il danno subito a seguito dell’inadempimento.

  • Una prima pronuncia della Cassazione[153] ed altri autori[154] – hanno ritenuto la polizza una tipica figura di contratto misto;

Tale ricostruzione della polizza fideiussoria come contratto misto è stata però giustamente criticata in dottrina in base alla considerazione che il rapporto assicuratore contraente non ha un rilievo autonomo, non ha cioè un proprio rischio autonomamente configurabile, ma costituisce null’altro che un frammento dell’intera fattispecie, la cui funzione non può che essere assorbita dalla funzione svolta dall’intero contratto.

  • Altro autore[155] ha parlato di contratto atipico di garanzia;
  • Dottrina[156] e giurisprudenza dominanti[157] precedenti all’intervento delle sezioni unite del 2010[158] ravvisano nel contratto in esame una prevalenza della natura fideiussoria; si tratta cioè di un sottotipo fideiussorio innominato, in cui il negozio fideiussorio si accompagna ad elementi o clausole dell’assicurazione, va infatti, rilevato che il rapporto tra garante e debitore principale si conforma sul rapporto di assicurazione.
  • Più recentemente[159], si è precisato che la c.d. assicurazione fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione (differendo dal primo per il fatto che manca il versamento anticipato di una somma di denaro e dalla seconda perché l’impegno di colui che presta la garanzia è così intenso da consentire al creditore principale di soddisfarsi in via autotutelare sulla somma destinata alla garanzia, anche se questa continui a essere posseduta dal primo) ed è contraddistinta dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente. Secondo la stessa tesi, tale figura è caratterizzata dalla medesima funzione di garanzia del contratto di fideiussione, per cui a essa è applicabile la disciplina legale tipica di questo contratto, ove non derogata dalle parti . Quindi, la polizza fideiussoria, tanto se diretta a garantire al beneficiario l’adempimento dell’obbligazione originariamente assunta verso di lui dal contraente della polizza quanto se volta ad assicurargli la somma dovuta per inadempimento o inesatto adempimento, assolve la funzione di garantire un obbligo altrui secondo lo schema previsto dall’art. 1936 c.c., affiancando al primo un secondo debitore di pari o diverso grado[160].

La struttura del contratto

La polizza fideiussoria è una figura contrattuale caratterizzata dall’assunzione dell’impegno da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta da un terzo.

Per recente Cassazione[161] la cosiddetta assicurazione fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è contraddistinta dall’assunzione dell’impegno, da parte (di una banca o) di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente. È, poi, caratterizzata dalla stessa funzione di garanzia del contratto di fideiussione, per cui è ad essa applicabile la disciplina legale tipica di questo contratto, ove non derogata dalle parti.

Ne deriva che

  1. a) soggetto “garantito” dalla polizza fideiussoria non è il contraente, ma il beneficiario della garanzia stessa, cioè il creditore della prestazione oggetto dell’obbligazione che grava sul contraente;
  2. b) l’adempimento parziale di quest’ultima da parte di un soggetto terzo (fattispecie disciplinata dall’art. 1180 c.c.) non interferisce minimamente sull’assicurazione fideiussoria, che resta valida ed efficace quali che siano le vicende del rapporto obbligatorio tra il creditore-beneficiario ed il debitore-contraente.

Da un punto di vista strutturale tale contratto si può configurare in due modi:

  • o la compagnia assicuratrice su incarico del cliente debitore nel rapporto principale stipula direttamente con il creditore nello stesso rapporto;
  • oppure il contratto è stipulato tra la compagnia e il cliente come un vero e proprio contratto a favore di terzo[162].

In ogni caso, strutturalmente, lo schema viene considerato quello del contratto a favore di terzo[163] (art. 1411) che si perfeziona con l’incontro della volontà del promettente (impresa assicuratrice) e dello stipulante (il debitore), mentre il beneficiario rimane estraneo al contratto.

In primo luogo, quindi, il terzo che manifesti la volontà di profittare della stipulazione del contratto accetta necessariamente, pur se implicitamente, il contenuto del contratto predisposto dalle parti, ivi comprese le clausole che le parti – nell’assetto dei propri interessi – hanno ritenuto di inserire.

Inoltre, il terzo, non essendo parte né in senso formale, né in senso sostanziale rispetto alla convenzione stipulata fra le parti del contratto in suo favore, non è tenuto a sottoscrivere il contratto, dovendo egli limitarsi a beneficiare degli effetti di un rapporto da altri già validamente ed efficacemente costituito[164].

Ma il contratto tra l’assicuratore e il contraente (debitore) può essere concluso anche con la partecipazione del creditore garantito (assicurato), da ciò derivando l’effetto di obbligare direttamente l’assicuratore nei confronti del creditore e di impedire che questi, quale beneficiario della prestazione, possa dichiarare di non aderire alla stipulazione[165].

In conclusione, però, ogni tentativo di ricondurre la polizza fideiussoria ad un tipico o atipico schema contrattuale non è destinato ad un univoca presa di posizione, almeno nella dottrina, atteso che nella prassi non si ravvisa un’unica tipologia di polizza fideiussoria ma piuttosto sono individuabili almeno tre categorie

  • nella prima categoria rientrano quelle nelle quali l’obbligo del garante dipende dalla effettiva sussistenza dell’obbligo del debitore principale; queste figure contrattuali operano allo stesso modo della fideiussione;
  • nella seconda categoria si collocano quelle polizze fideiussorie che contengono la clausola di «pagamento a prima richiesta» con la conseguenza che l’obbligo del garante sussiste indipendentemente ed autonomamente da quello del debitore principale;
  • la terza è composta dalle polizze fideiussorie c.d. «cauzionali» in quanto l’obbligo di pagamento del garante è soggetto alla dimostrazione, da parte del beneficiario, di determinati fatti attinenti al rapporto principale.

La polizza fideiussoria è un tipo sociale sorto nella prassi bancaria e assicurativa è oggi richiamata in varie leggi speciali.

Il suo primo fondamento legislativo è nell’art. 54 R. D. 13 maggio 1924, n. 827 (regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato) modificato dal D. P. R. 29 luglio 1948, n. 1309 che prevede, con riferimento a tutti i contratti dello Stato, che «può accettarsi cauzione costituita da fideiussione».

Tale norma nel compiere una sostanziale assimilazione tra la cauzione e la polizza fideiussoria, lascia in qualche modo intendere che tali due istituti assolvono a compiti analoghi realizzando in tal modo una medesima funzione economico-sociale.

In verità, da un punto di vista strutturale è innegabile una sostanziale e profonda diversità tra questi due istituti giuridici.

La cauzione, infatti, costituisce una garanzia di tipo reale che si risolve nella consegna di una determinata quantità di denaro o di altre cose mobili fatta dal debitore al creditore come tale assimilabile alla fattispecie del pegno irregolare, mentre nelle polizze cauzionali manca la consegna anticipata di una somma di denaro non essendo queste ultime delle garanzie reali ma piuttosto delle garanzie personali atipiche prestate da un terzo estraneo al rapporto principale.

L’identità funzionale tra le polizze fideiussorie e la cauzione è ravvisabile esclusivamente con riferimento a quella particolare tipologia di polizze fideiussorie che compongono la seconda categoria, cioè le c.d. polizze fideiussorie «a prima richiesta».

Ciò in base alla considerazione che un’assimilazione funzionale tra questi due istituti è possibile solo qualora anche la polizza fideiussoria, come la cauzione, attribuisca al creditore un vero e proprio potere di autotutela nel caso di inadempimento del debitore principale.

Atteso che nella cauzione reale il soddisfacimento del creditore avviene semplicemente attraverso l’esercizio di un diritto potestativo di incameramento delle cose consegnate dal debitore, la medesima funzione potrà essere svolta esclusivamente da quelle polizze fideiussorie che attribuiscono un simile potere di autotutela al creditore, esercitabile, in questo caso, attraverso la presentazione della semplice «richiesta» al terzo garante.

La presenza della clausola di pagamento a semplice richiesta mette in crisi la tesi dominante che sostiene la riconducibilità della polizza fideiussoria allo schema legale tipico del contratto di fideiussione.

 

Elemento essenziale e caratterizzante del contratto di fideiussione è, com’è noto, quello della accessorietà dell’obbligazione del fideiussore a quella del debitore principale che si traduce, sul piano normativo, nell’art. 1945 c. c. ai sensi del quale il «fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale» e nell’art. 1939 c. c. a norma del quale «la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale».

 

La clausola di pagamento a prima richiesta determina invece un «distacco» dell’obbligazione assunta dal garante da quella del debitore principale atteso che il primo non potrà opporre al creditore alcuna delle eccezioni a lui opponibili dal debitore principale, ma esclusivamente le eccezioni relative al rapporto di garanzia (qualora esso sia sorto in virtù di un contratto intercorso tra garante e beneficiario) e tanto meno potrà eccepire l’eventuale invalidità dell’obbligazione garantita per farne discendere l’invalidità della garanzia.

Alcuni Autori[166] propendono per la nullità della clausola di deroga all’art. 1939 c. c. in base alla considerazione che l’adottabilità di patti atipici nei contratti di fideiussione «non può oltrepassare un certo limite costituito dal rispetto della causa negoziale» e pertanto sostengono che «la clausola con cui il preteso fideiussore risponde nei confronti del creditore anche nell’ipotesi di invalidità di un’obbligazione altrui è inconciliabile con la natura e la funzione della fideiussione e pertanto deve ritenersi nulla».

Tali Autori però sembrano non avvedersi del fatto che alle norme che descrivono i tipi contrattuali non si addice una valutazione in termini di derogabilità o inderogabilità delle stesse ma piuttosto di «dentro-fuori», o il regolamento contrattuale è riconducibile alla fattispecie tipica o non lo è. Ne consegue che simili clausole provocano per il regolamento contrattuale che le contiene piuttosto che una verifica in termini di validità-invalidità un problema di qualificazione.

È opportuno premettere che un problema di qualificazione non è posto dalla semplice ed isolata sussistenza nel regolamento contrattuale della clausola di pagamento a prima richiesta.

Ciò perché tale clausola può accedere anche ad una garanzia accessoria quale è quella originata da un contratto tipico di fideiussione, assumendo, in tal caso, un valore puramente processuale e risolvendosi in un patto di solve et repete a norma dell’art. 1462 c.c.[167]

art. 1462 c.c.  clausola limitativa della proponibilità di eccezioni

La clausola con cui si stabilisce che una delle parti non può opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta, non ha effetto per le eccezioni di nullità, di annullabilità e di rescissione del contratto.

Nei casi in cui la clausola è efficace, il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, può tuttavia sospendere la condanna, imponendo, se del caso, una cauzione .

In questo caso tale clausola non incide sul piano sostanziale del rapporto e pertanto non rompe l’accessorietà della fideiussione che è solo sospesa, in quanto resta impregiudicato il potere del fideiussore che ha pagato di far valere le eccezioni radicate nel rapporto principale con l’esercizio dell’azione di ripetizione contro il creditore.

Da un punto di vista pratico, il garante al momento dell’escussione da parte del beneficiario non potrà sollevare eccezioni tratte dal rapporto principale sia nell’ipotesi in cui tale garanzia personale abbia la propria fonte in un Garantievetrag sia qualora la abbia in un contratto accessorio di fideiussione che contenga una clausola di solve et repete.

Soltanto nella fase di ripetizione dell’indebito pagamento assume rilievo tale distinzione atteso che, in caso di garanzia autonoma, l’azione spetta al debitore principale, mentre nel caso ricorra un contratto di fideiussione sarà il garante a dover attivarsi.

La polizza fideiussoria nell’ambito del contratto autonomo di garanzia

La Giurisprudenza, come già richiamata in precedenza[168], afferma il principio per cui la polizza fideiussoria non è riconducibile alla fattispecie negoziale tipica della fideiussione, ma costituisce una garanzia atipica la cui disciplina è difforme da quella prevista dagli artt. 1936 ss. c.c.

Quindi, le figure negoziali in esame (ivi comprese quelle stipulate dall’appaltatore di opere pubbliche) devono inscriversi, ratione causae, nell’alveo del contratto autonomo di garanzia, fattispecie caratterizzata dalla carenza dell’elemento dell’accessorietà .

Le Sezioni Unite del 2010[169], investite sulla questione con ordinanza interlocutoria n. 5326/2009, hanno definitivamente abbandonato l’orientamento tradizionale (accolto dal giudice di prime cure e dalla Corte d’appello), e, in sintonia con un revirement recentemente operato dalle Sezioni Semplici[170], affermano il principio per cui la polizza fideiussoria non è riconducibile alla fattispecie negoziale tipica della fideiussione, ma costituisce una garanzia atipica (la cui disciplina è difforme da quella prevista dagli artt. 1936 ss. c.c.) in forza della quale il garante è tenuto solo a indennizzare, o a risarcire, il creditore insoddisfatto.

A parere delle Sezioni Unite del 2010, la polizza fideiussoria e la fideiussione, pur accomunate dal medesimo scopo di offrire al creditore-beneficiario la garanzia dell’esito positivo di una determinata operazione economica, si distinguono perché la polizza fideiussoria (se prestata a garanzia di obbligazioni infungibili) appartiene alla categoria delle cosiddette garanzie di tipo indennitario o reintegratorio (molto simile al modello propriamente assicurativo), potendo il creditore tutelarsi (rispetto all’inadempimento del debitore) soltanto tramite il risarcimento del danno, mentre la fideiussione appartiene alle cosiddette garanzie di tipo satisfattorio, caratterizzate dal rafforzamento del potere del creditore di conseguire il medesimo bene dovuto, cioè di realizzare specificamente il soddisfacimento del proprio diritto.

Tale situazione incide sulla causa concreta delle due fattispecie: mentre la causa della fideiussione risiede nella garanzia dell’inadempimento dell’obbligazione mediante l’allargamento dei soggetti da cui è possibile esigere la prestazione, la causa della polizza fideiussoria risiede nel trasferimento del rischio economico connesso all’inadempimento della prestazione da un soggetto (l’appaltatore) a un altro economicamente più solvibile (solitamente una banca ovvero una società assicuratrice).

La polizza fideiussoria, quindi, (che è invalida se intervenuta successivamente rispetto all’inadempimento delle obbligazioni garantite) non mira a garantire l’adempimento dell’obbligazione del debitore principale (come accade nella fideiussione), ma ad assicurare al creditore la presenza di un soggetto solvibile in grado di tenerlo indenne dall’eventuale inadempimento del medesimo, ciò che dimostrerebbe il venir meno di uno degli elementi strutturali della fideiussione, vale a dire l’accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella del debitore principale, con conseguente slittamento verso il modello del contratto autonomo di garanzia e inadeguatezza del modello legale fideiussorio.

Per quanto sopra, la Suprema Corte conferma l’impossibilità di esportare la disciplina legale tipica delle eccezioni di cui agli artt. 1944 e ss. c.c. alle polizze fideiussorie contenenti clausole di pagamento a prima richiesta: siffatte clausole appaiono, invero, incompatibili con il principio di accessorietà della fideiussione e sono espressione della volontà dei contraenti di non avvalersi del modello tipico della fideiussione.

Le Sezioni Unite, quindi, fanno proprio l’indirizzo minoritario che attribuisce una sorta di rilevanza automatica alle clausole in esame, nel senso che la presenza di tali previsioni negoziali rende, di per sé, autonoma la garanzia[171]

Tale conclusione si giustifica con un’auspicata esigenza di prevedibilità ex ante delle decisioni giudiziarie relative alle controversie aventi a oggetto contratti di questo tipo.

Successiva alle sezioni unite è altra pronuncia delle sezioni semplici[172] che lapidariamente conferma l’indirizzo dell’adunanza plenaria
secondo cui l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. “Garantievertrag”), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale.

 

7) Estromissione cumulativa

Il carattere comune tra estromissione cumulativa  e fideiussione consiste nel fatto che, anche nel secondo istituto, la posizione del creditore viene rafforzata mediante l’assunzione da parte del terzo, dell’obbligo di pagare il debito altrui.

Ma la distinzione è evidente:

  1. bisogna dare rilevanza all’intenzione delle parti ed a una valutazione dei loro interessi, al fine di stabilire la prevalenza dello scopo di garanzia (fideiussione) o dell’assunzione dell’obbligo altrui (estromissione);
  2. l’espromissione presuppone necessariamente un’obbligazione altrui all’atto dell’assunzione dell’obbligo, mentre la fideiussione può essere assuntaanche per un’obbligazione futura.
  3. La fideiussione non è essenzialmente spontanea come, invece, lo è l’espromissione.
  4. Infine, riguardo alla struttura dei due contratti essendo la fideiussione un negozio collegato, per il principio della simmetria, la fideiussione debba essere conclusa nella forma che richiede il negozio giuridico collegato, come nell’ipotesi di fideiussione testamentaria, la quale deve essere fatta nella forma richiesta per il testamento.

 

NOTE

[1] Ipotesi di fideiussione legale:

– responsabilità solidale di chi ha agito per le obbligazioni di associazione non riconosciuta

– mandato di credito (a favore di un terzo) il mandante risponde come fideiussore per debito futuro (1958)

– fideiussione obbligatoria in caso di immobili da costruire

– fideiussione per i conferimenti di opera nella Srl

– fideiussione sostitutiva del versamento dei decimi nelle Srl

Sugli ultimi due punti per un maggiore approfondimento aprire il seguente collegamento on-line La S.r.l. – società a responsabilità limitata

[2] Cfr par.fo I) Figure affini e differenze con la fideiussione, punto 6) L’assicurazione fideiussoria, pag. 124

[3] Per un maggiore approfondimento sul collegamento negoziale aprire il seguente collegamento on-line Il collegamento negoziale

[4] Corte di Cassazione, sezioni Unite, sentenza 2655 del 5 febbraio 2008, nella specie, la S.C. – dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario — ha rigettato il ricorso contro la sentenza d’appello che, in una controversia promossa dall’Agenzia delle entrate nei confronti del fideiussore di una società dichiarata decaduta dal contributo per la realizzazione di uno stabilimento industriale, aveva dichiarato l’estraneità del rapporto dedotto in giudizio rispetto a quello di finanziamento

[5] Corte d’Appello Milano, Sezione III, Sentenza 29 ottobre 2014, n. 3833

[6] Tribunale Roma, Sezione II civile, sentenza 1 ottobre 2014, n. 5995

[7] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 17641 del 15 ottobre 2012

[8] Corte di Cassazione, sentenza  8 maggio 1982, n. 2861

[9] Simonetto

[10] Corte di Cassazione, sentenza  12 aprile 1984, n. 2356

[11] Quando l’obbligazione fideiussoria è assunta a titolo gratuito, cioè senza pattuizione di un compenso o vantaggio in favore del fideiussore, costituisce un contratto con obbligazioni a carico di una sola parte (il fideiussore), per il cui perfezionamento non è necessaria una dichiarazione espressa di accettazione del creditore, essendo sufficiente che costui, a norma dell’art. 1333, secondo comma, c.c., non rifiuti la proposta entro il termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, reputandosi in tal caso che l’accettazione sia stata data ed essendo irrilevanti i motivi per i quali la garanzia possa essere stata assunta. Corte di Cassazione, sentenza  19 dicembre 1987, n. 9468

[12] Corte di Cassazione, Sezione VI civile, ordinanza 7 gennaio 2013, n. 180. L’obbligazione del fideiussore deriva la propria validità ed efficacia dall’obbligazione principale (articolo 1939 c.c.) e non può eccedere ciò che é dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose di quelle del contratto che ha ad oggetto il rapporto principale, estendendosi tuttavia a tutti gli accessori del debito garantito. Uno degli elementi di tipicità del contratto di fideiussione consiste, di conseguenza, nella mancanza di autonomia dell’obbligazione di garanzia assunta mediante questo modello legale e nell’inscindibilità del legame con l’obbligazione principale, sotto i profili, già evidenziati, della vigenza e validità del vincolo, dell’omogeneità del regime negoziale e legale (le eccezioni opponibili dal debitore principale al creditore garantito, sono estese al fideiussore ai sensi dell’articolo 1945 c.c.), della coincidenza dell’oggetto, anche se ai sensi del novellato articolo 1938 c.c., con l’indicazione dell’importo massimo garantito. La mancanza di autonomia costituisce, infatti, l’elemento che distingue il negozio fideiussorio, assoggettato al regime legale tipico, previsto dalle norme codicistiche, dal contratto autonomo di garanzia che invece rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1322 c.c., comma II e che si caratterizza per la legittimità dell’escussione della garanzia, senza la preventiva valutazione della validità e vigenza del rapporto principale. Ne consegue che l’accessorietà costituisce non solo uno degli elementi tipici del contratto fideiussorio ma anche il carattere distintivo di questo negozio rispetto a nuove forme contrattuali, fondate sull’autonomia e la tendenziale impermeabilità del rapporto di garanzia con quello principale.

[13] Corte di Cassazione, sentenza  6 febbraio 1975, n. 438

[14] Valsecchi – Vassalli e Corte di Cassazione, sentenza  30 maggio 1962, n. 1316

[15] contra – Carresi

[16] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 5720 del 23 marzo 2004

[17] Cfr par.fo D) Fideiussione omnibus (o generale), da pag. 33

[18] Gazzoni

[19] Cfr. par.fo A) Nozione e requisiti del contratto, punto 1) Il collegamento negoziale fra l’obbligazione principale e la fideiussione, pag. 5

[20] Corte di Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 24 febbraio 2016, n. 3628, ai sensi dell’articolo 2725 codice civile, un contratto deve essere provato per iscritto – con esclusione della prova per testimoni (fatta eccezione per il caso di cui all’articolo 2724 codice civile, n. 3) e per presunzioni – solo nei casi in cui tale forma sia prescritta dalla legge (come nei contratti di assicurazione e riassicurazione, agenzia, transazione, cessione di azienda, ecc), o sia stata stabilita dalle parti. Nell’ipotesi della fideiussione va, per contro, rilevato che l’articolo 1937 codice civile, laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, deve essere interpretato nel senso che non é necessaria la forma scritta o l’adozione di formule sacramentali, purché la volontà sia manifestata in modo inequivocabile; e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni. Conforme Corte di Cassazione, Sezione III civile, Sentenza 13 giugno 2014, n. 13539, la norma di cui all’art. 1937 c.c. va interpretata tenendo presente il principio, vigente nell’ordinamento, se non espressamente derogato, della libertà della forma contrattuale. Il limite posto dalla disposizione in esame all’ampia libertà di forma consentita al prestatore della garanzia personale nel manifestare il proprio intendimento di obbligarsi in qualità di fideiussore è dato dalla inequivocità e della oggettività di tale manifestazione di volontà, non essendo richiesti nè la forma scritta nè l’utilizzo di formule sacramentali ed essendo consentita la prova relativa anche con testimoni o per presunzioni. L’accertamento della volontà di prestare fideiussione costituisce indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione soltanto se compiuta in violazione delle regole di ermeneutica contrattuale e se non adeguatamente motivata

[21] Tribunale Taranto, Sezione III civile, sentenza 18 novembre 2014, n. 3438, conforme Corte d’Appello Taranto, civile, sentenza 18 febbraio 2013, n. 101, in tema di garanzie bancarie, la firma dell’avallante di una cambiale, origina un’obbligazione cartolare in forza della quale, ove il portatore della cambiale agisca sulla base del rapporto causale sottostante, deve dimostrare che l’avallante si è obbligato anche in qualità di fideiussore, a mezzo di un’esplicita dichiarazione di volontà, resa ai sensi dell’art. 1937 c.c. A tal fine non è sufficiente che l’avallate abbia firmato, insieme al debitore, l’originario contratto di mutuo se la firma non fu apposta quale fideiussore del mutuatario, ma, allo scopo di autorizzare il mutuante al riempimento della cambiale, firmata anche dall’avallante, ove si fosse determinato il presupposto dell’inadempimento al contratto di mutuo.

[22] Corte di Cassazione, sentenza  11 maggio 1973, n. 1271

[23] Corte di Cassazione, sentenza  5 ottobre 1978, n. 4433

[24] Corte di Cassazione, Sezione TRI civile, Sentenza 12 luglio 2013, n. 17237

[25] Corte di Cassazione, sentenza  19 dicembre 1987, n. 9466

[26] Corte di Cassazione, sentenza  16 gennaio 1985, n. 103

[27] Tribunale Bologna, Sezione II civile, sentenza 11 settembre 2013, n. 2552

[28] Corte di Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 15 giugno 2012, n. 984

[29] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 30 dicembre 2014, n. 27531 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 30 dicembre 2014, n. 27531

[30] Corte di Cassazione, Sezione III civile, Sentenza 19 dicembre 1987, n. 9466. La fideiussione, ancorché per il suo carattere accessorio abbia normalmente contenuto identico a quello dell’obbligazione principale, può essere limitata dalle parti nella sua portata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1941 c.c., in relazione all’ammontare del debito ed alle condizioni, purché queste ultime siano meno onerose per il fidejussore, e pertanto la fideiussione può essere prestata per un periodo di tempo determinato; Contraria, Corte di Cassazione, sentenza  n. 1427 del 1999, la previsione per l’obbligazione fideiussoria di una scadenza anteriore a quella dell’obbligazione principale concretizza l’ipotesi di cui all’art. 1941, III comma, c.c., sotto il profilo della maggiore onerosità delle condizioni a cui è sottoposta la fideiussione, e comporta la nullità della clausola relativa all’anticipazione della scadenza dell’obbligazione fideiussoria. (Nella specie in sede di contratto definitivo, stipulato dopo che era già stata prestata la fideiussione, era stata posticipata la data dell’adempimento rispetto a quanto previsto nel contratto preliminare). Corte di Cassazione, sentenza  20 febbraio 1999, n. 1427

[31] Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 26 novembre 2014, n. 25171 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 26 novembre 2014, n. 25171

[32] Corte d’Appello Palermo, Sezione III civile, sentenza 15 aprile 2015, n. 562. Nella fattispecie, si è evidenziato come l’appellante aveva dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva disposto la condanna al pagamento delle somme determinate all’esito del giudizio di opposizione, con gli interessi a decorrere dalla data di costituzione in mora. L’appellante, infatti, aveva sostenuto che la propria qualità di fideiussore e la conseguente accessorietà della propria obbligazione rispetto a quella principale, giustificassero l’applicazione, anche nei suoi confronti, dell’art. 55 della L.F., a tenore del quale il corso degli interessi è sospeso dalla dichiarazione del fallimento. A fronte del predetto principio, era palese l’infondatezza del motivo di gravame. Altresì, si rilevava come il rapporto fideiussorio in questione rientrava nell’alveo del contratto autonomo di garanzia, che per sua natura è indifferente alle vicende modificative dell’obbligazione principale. All’uopo, si ribadiva, infatti, il principio secondo cui l’inserimento in un contratto di fideiussione di clausole, quali quella di “pagamento a prima richiesta e senza eccezioni”, “a semplice richiesta” (come previsto nel contratto oggetto di causa nel caso concreto) o “a prima domanda” od altre analoghe, idonee ad indicare l’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, ivi compresa l’estinzione del rapporto, valgono di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibili con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale. Cfr Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 8 agosto 2013, n. 18951

[33] Salvo patto contrario, la fideiussione si estende a tutti gli accessori del debito principale: ne consegue che la fideiussione si estende anche alla garanzia per il pagamento della penale eventualmente prevista nel contratto cui accede la fideiussione per il caso di mancato adempimento del debitore. Corte di Cassazione, sentenza  30 maggio 1962, n. 1468, per un maggiore approfondimento sulla clausola penale aprire il seguente collegamento on-line Il rafforzamento degli effetti del contratto: 1) la clausola penale; 2) la caparra confirmatoria; 3) la caparra penitenziale

[34] Tribunale Treviso, Sezione II civile, sentenza 4 luglio 2011, n. 1156. Nella fideiussione prestata nell’ambito dei contratti bancari, a tal uopo ha rilievo il saldo debitore esistente alla data di recesso dal rapporto e relativo alle operazioni antecedenti a tale data, oltre interessi successivi. In tal senso si rivela, dunque, priva di fondamento la pretesa giudiziale, nella specie avanzata da parte attrice, tesa ad ottenere il congelamento del dovuto alla data del recesso dell’istituto di credito dal contratto, in quanto chiaramente contrastante con il richiamato disposto normativo, dovendo altresì rilevarsi che il fideiussore, qualora chiamato in giudizio dalla banca per il pagamento della somma dovuta, nemmeno può contestare la definitività degli estratti di saldaconto non impugnati dal debitore principale.

Cfr Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 18234 del 28 novembre 2003. A norma degli artt. 1936 e 1942 c.c., l’obbligazione del fideiussore si configura come obbligazione accessoria, il cui oggetto, per la sorte capitale e per gli accessori, è naturalmente identico a quello dell’obbligazione principale, sicché ove l’oggetto non sia stato interamente determinato nel contratto di fideiussione, per quanto riguarda la misura degli interessi e la facoltà della banca di operare la capitalizzazione, lo stesso resta sempre determinabile in relazione all’obbligazione garantita, con la conseguenza che, salva, ai sensi dell’art. 1941, comma secondo c.c., una pattuizione più favorevole al fideiussore, la prestazione da questi dovuta va fatta corrispondere, anche per quanto riguarda gli interessi, a quella del debitore principale.

[35] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 marzo 2015, n. 5193 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 marzo 2015, n. 5193

[36] Cfr. pa.fo F) I rapporti tra  creditore e  fidiussore, punto 2) La confideiussione, da pag. 54

[37] Corte d’Appello Milano, Sezione III civile, Sentenza 23 marzo 2015, n. 1246

[38] Corte di Cassazione, sentenza  n. 18234/03

[39] Tribunale Trento, civile, sentenza 26 gennaio 2015, n. 106

[40] Tribunale Roma, Sezione II civile, sentenza 12 maggio 2014, n. 10421

[41] Corte di Cassazione, sentenza  16 maggio 1950, n. 1450

[42] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 13 giugno 2006, n. 13652

[43] Il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 10 L. 17.02.1992, n. 154, con efficacia ” trascorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della L. n. 154 del 1992 [ cioè dal 07.07.1992 ] ” Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”.

[44] Capozzi

[45] Gazzoni

[46] Stolfi – Di Sabato – Taurini – Galgano

[47] Angeloni – Foschini – Rescigno – Fragali – Maccarone – Rascio – Portale

[48] Corte di Cassazione, sentenza  del 27 febbraio 1979, n.615, Corte di Cassazione, sentenza  5 febbraio 1981, n. 23, Corte di Cassazione, sentenza  4 marzo 1981, n. 1262

[49] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 9 febbraio 2007, n. 2871

[50] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 25 febbraio 2005, n. 4093

[51] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 14 marzo 2014, n. 5951

[52] Tribunale Roma, Sezione II civile, sentenza 12 maggio 2014, n. 10421. Nel caso concreto, avendo le parti convenuto la prestazione di una fideiussione con la espressa previsione di un limite riguardante l’importo garantito, oltre il quale nessuna ulteriore somma avrebbe dovuto essere pretesa dall’Ente garantito, salvo il diritto ad esigere gli interessi legali sulla base delle condizioni di polizza, la garanzia non può essere estesa ad accessori del debito principale, quali la rivalutazione monetaria.

[53] Tribunale Trento, civile, sentenza 21 luglio 2015, n. 719

[54] Tribunale Trento, civile, sentenza 29 aprile 2014, n. 513

[55] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 21 dicembre 2015, n. 25610

[56] Per un maggiore approfondimento sul contratto di mediazione aprire il seguente collegamento on-line Il contratto di mediazione

[57] Corte di Cassazione, Sezione III civile, Sentenza 7 marzo 2014, n. 5417

[58] Per un maggiore approfondimento sul contratto di locazione aprire il seguente collegamento on-line La locazione

[59] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 19 marzo 2015, n. 5477

[60] Tribunale Vicenza, civile, sentenza 5 maggio 2015, n. 813

[61] Corte di Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 26 febbraio 2014, n. 4528, conforme Corte di Cassazione, Sezione I  civile, Ordinanza 12 febbraio 2014, n. 3163, la fideiussione prestata dal socio illimitatamente responsabile in favore della società di persone rientra tra quelle prestate per le obbligazioni altrui secondo l’articolo 1936 c.c., non sovrapponendosi alla garanzia fissata “ex lege” dalle disposizioni sulla responsabilità illimitata e solidale, potendo invero sussistere altri interessi che ne giustificano l’ottenimento – alla stregua di garanzia ulteriore – in capo al creditore sociale ed essendo lo stesso “beneficium excussionis“, di cui all’articolo 2304 c.c., posto a tutela dei soci ma disponibile, senza alterazioni del tipo legale di società

[62] Corte di Cassazione, sentenza  22 maggio 2000, n. 6613, conf. Corte di Cassazione, sentenza  20 febbraio 1996, n. 1329

[63] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 12 settembre 2011, n. 18650

[64] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 13 maggio 2002, n. 6808, Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 18 luglio 1997, n. 6635

[65] Cfr. pa.fo F) I rapporti tra  creditore e  fidiussore, punto 2) La confideiussione, da pag. 54

[66] Corte di Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 4 settembre 1991, n. 9363

[67] Corte di Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 25 settembre 2003, n. 14234

[68] L’obbligazione fideiussoria, che è normalmente solidale, assume carattere sussidiario soltanto quando sia stata esplicitamente pattuita l’escussione del debitore principale. Non è, pertanto, necessario che il creditore, per impedirne l’estinzione, proponga le sue istanze innanzi tutto contro il debitore principale, potendo egli rivolgersi indifferentemente nei confronti del debitore principale o del fideiussore. Corte di Cassazione, sentenza  21 novembre 1984, n. 5954

[69] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26042 del 29 novembre 2005

[70] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 30 maggio 2013, n. 13661

[71] Corte di Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 10 novembre 2015, n. 22954

[72] Corte di Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 27 settembre 2013, n. 22204

[73] Corte di Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 1 ottobre 2012, n. 16669

[74] Corte di Cassazione, sentenza  22 maggio 1990, n. 4594

[75] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 24 febbraio 2016, n. 3628, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 24 febbraio 2016, n. 3628

Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 18 luglio 1997, n. 6635. L’istituto della “confideiussione” di cui all’art. 1946 c.c., é  caratterizzato, nei suoi presupposti, da un collegamento necessario tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori (che devono riguardare lo stesso debito e lo stesso debitore), concretantesi nella espressione di un comune intento di garanzia e di un comune interesse, pur nella eventuale (ed ammissibile) assenza di contestualità nell’assunzione della garanzia stessa, mentre, nella diversa ipotesi della “fideiussio fideiussionis” (art. 1940 c.c.), tale collegamento non é  riscontrabile (potendo risultare sintomatica, in tal senso, la mancata previsione di una solidarietà tra debitore principale e fideiussore), così che diverso ne risulta l’oggetto stesso dell’obbligazione, avendo la fideiussione di secondo grado (“fideiussio fideiussionis“) per oggetto il debito di altro fideiussore (di primo grado) e non quello del debitore principale, e risultando, per converso, oggetto della fideiussione prestata da più persone (confideiussione) proprio ed unicamente il debito del debitore principale.
Da vedere: Cassazione, sentenza 04 settembre 1991 9363, sentenza 01 gennaio 1990, n. 4594, sentenza 3575/1998; sentenza 8605/2004; sentenza 16561/2010; sentenza 18650/2011

[76] Corte di Cassazione, sentenza  19 aprile 1973, n. 1138

[77] Corte di Cassazione, sentenza  30 marzo 1979, n. 1843

[78] Tribunale Vicenza, civile, Sentenza 26 maggio 2015, n. 1002. Ed è proprio in considerazione della natura solidale dell’obbligazione tra confideiussori che la dottrina e la giurisprudenza (Corte di Cassazione, sentenza  4632/02, Corte di Cassazione, sentenza  2459/99, Corte di Cassazione, sentenza  3575/98, Corte di Cassazione, sentenza  4594/90, Corte di Cassazione, sentenza  1834/79, Trib. Milano 11.9.97, Trib. Monza 2.5.02), concordemente, ritengono che il diritto di regresso tra fideiussori di cui all’art. 1954 c.c. sussista solo nell’ipotesi di confideiussione e non anche nel caso di fideiussioni plurime. Invero l’art. 1954 c.c., il quale assolve alla funzione di ridistribuzione nei rapporti interni tra confideiussori del carico della prestazione gravata solo su uno di essi nei rapporti esterni con il creditore, costituisce con tutta evidenza un’applicazione, nel campo della fideiussione e dei rapporti interni tra fideiussori, della disciplina generale in materia di obbligazioni solidali di cui agli artt. 1298 e 1299 c.c. che, sulla base della divisione dell’oggetto della obbligazione nei rapporti interni, accorda al condebitore solidale che ha pagato il regresso pro quota verso gli altri.

[79] Corte di Cassazione, sentenza  24 maggio 1984, n. 3192

[80] La fattispecie giuridica della confideiussione, di cui all’art. 1946 c.c., ricorre quando più soggetti prestano una fideiussione, anche se non contestualmente, nella reciproca consapevolezza dell’esistenza dell’altrui garanzia e con l’intento di garantire congiuntamente il medesimo debito e il medesimo debitore, e si caratterizza come un insieme di vincoli di garanzia, relativi alla medesima obbligazione e tra loro collegati da un interesse comune che determina l’obbligazione confideiussoria per l’intero e, in definitiva, la divisione del debito tra i coobbligati in virtù del diritto di regresso previsto dall’art. 1954 c.c., non applicabile invece nella differente figura della cosiddetta fideiussione plurima, ovverosia nell’ipotesi di distinte fideiussioni prestate da diversi soggetti in tempi successivi e con atti separati, senza alcuna manifestazione di reciproca consapevolezza tra fideiussori o al contrario con espressa convenzione con il creditore di mantenere differenziata la propria obbligazione da quella degli altri, e, in ogni caso, in assenza di un collegamento correlato ad un interesse comune dei cogaranti. Corte di Cassazione, sentenza   n. 17723 del 2 settembre 2004

[81] Corte di Cassazione, sentenza   4632/02, Corte di Cassazione, sentenza   2459/99, Corte di Cassazione, sentenza   3575/98

[82] Cfr par.fo G) I rapporti tra fideiussore e debitore principale, punto 1) Surrogazione, da pag. 67

[83] Corte di Cassazione, sentenza  3575/98 in motivazione, Corte di Cassazione, sentenza  1120/87, Corte di Cassazione, sentenza 10968/95, Corte di Cassazione, sentenza  1818/81, Corte di Cassazione, sentenza  3265/79, Corte di Cassazione, sentenza  1744/72

[84] Corte di Cassazione, sentenza  4632/02, Corte di Cassazione, sentenza  3575/98, Corte di Cassazione, sentenza  2459/99

[85] Corte di Cassazione, sentenza  1712/67, Corte di Cassazione, sentenza  398/69, Corte di Cassazione, sentenza  1843/79, Corte di Cassazione, sentenza  4594/90

[86] Corte di Cassazione, sentenza 22 maggio 1979, n. 2958

[87] Corte di Cassazione, sentenza 16 novembre 1971, n. 3284

[88] Corte di Cassazione, sezione  III, sentenza n. 10400 del 17 luglio 2002. Nella specie è stata ritenuta valida la clausola con la quale la garanzia fideiussoria è stata estesa anche alle obbligazioni assunte da soggetto privo di poteri rappresentativi della società debitrice principale, implicitamente interpretata come rinuncia ad eccepire l’invalidità derivante da assenza di poteri rappresentativi

[89] Allara

[90] per tutti Silvestroni e Capozzi

[91] Corte di Cassazione, sentenza del 15 marzo 2000, n. 2975, cfr Corte di Cassazione, sentenza 17 novembre 1976, n. 4292. Il principio secondo cui la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori è applicabile anche all’obbligazione solidale fideiussoria, tanto più che nella solidarietà fideiussoria l’interesse passivo non è collettivo, come nell’ordinaria solidarietà, ma è individuale di ciascuno dei coobbligati ed eterogeneo, sicché appare di maggiore evidenza l’autonomia della posizione del fideiussore rispetto al rapporto fra creditore e debitore principale, cui il giudicato si riferisce.

[92] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 14861 del 23 novembre 2001

[93] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 2573 del 22 febbraio 2002

[94] Tribunale Roma, Sezione 8 civile, sentenza 8 luglio 2010, n. 15229

[95] Tribunale Ancona, civile, sentenza 12 aprile 2016

[96] Capozzi

[97] Gazzoni

[98] Niccolò – Buccisano

[99] Capozzi Carpino – Bigliazzi – Geri – Breccia – Natoli – Busnelli – Prosperetti e Corte di Cassazione, sentenza del 20 settembre 1984, n. 4808

[100] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 12 dicembre 2008, n. 29216

In tema di surrogazione legale, il fideiussore che intenda surrogarsi al creditore garantito nei diritti vantati verso il debitore subentra ai sensi dell’art. 1204 c.c. anche nelle garanzie concesse da terzi in favore del creditore originario solo a condizione che queste ultime siano accessorie e dipendenti dall’obbligazione principale adempiuta dal fideiussore. Pertanto deve escludersi l’applicazione di tale ipotesi di surrogazione legale quando, oltre che con il negozio fideiussorio, il finanziamento concesso per l’esecuzione di un appalto sia stato garantito anche mediante la cessione dei crediti vantati nei confronti del committente, non essendo il debitore ceduto (committente del debitore) qualificabile come “garante” dell’obbligazione adempiuta dal fideiussore, attesa l’autonomia tra i due contratti (la fideiussione e la cessione di credito), ancorché stipulati con il medesimo scopo di garanzia.

[101] Corte di Cassazione, sentenza  25 novembre 1986, n. 6929

[102] Corte di Cassazione, sentenza  14 maggio 1987, n. 4460

[103] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 12477 del 26 agosto 2002

[104] Corte di Cassazione, sentenza  7 ottobre 1967, n. 2334

[105] Il fideiussore che ha pagato il debito dopo il fallimento del debitore principale non può concorrere, nel fallimento, per gli interessi (e la rivalutazione monetaria) maturati dopo la dichiarazione del fallimento stesso, ancorché li abbia corrisposti al creditore, atteso che, ai sensi della generale disposizione di cui all’art. 55 legge fallim., la dichiarazione del fallimento sospende il corso degli interessi (salvo si tratti di credito garantito da privilegio, pegno o ipoteca), onde egli può esercitare soltanto l’azione di surroga nei diritti del creditore principale, non anche quella di regresso (che ha contenuto più ampio della prima, comprendendo, ai sensi dell’art. 1950 c.c., anche gli interessi e le spese). Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 16078 del 18 agosto 2004

[106] Corte di Cassazione, sentenza  21 aprile 1965, n. 699

[107] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 13 maggio 2002, n. 6808

[108] Tribunale Forlì, civile, sentenza 8 febbraio 2016

[109] Gazzoni – Sparano

[110] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 22 novembre 2013, n. 26232

[111] Tribunale Frosinone, Sezione I  civile,sentenza 9 gennaio 2015, n. 22

[112] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19736 del 27 settembre 2011. Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto integrata la fattispecie estintiva dell’obbligazione di garanzia prevista dall’art. 1955 c.c., rispetto all’originaria eccezione del fideiussore sollevata ex art. 1957 c.c., evidenziando che, attesa la diversità dei temi di indagine implicati dalle due disposizioni, il giudice non avrebbe potuto, se non illegittimamente, sovrapporne i relativi piani, onde giungere, in via officiosa, a predicare una violazione di legge mai invocata, nè eccepita, dalla parte interessata a tanto onerata

[113] Corte di Cassazione, sentenza  18 ottobre 1991, n. 11038

[114] Corte di Cassazione, sentenza  20 luglio 1977, n. 3250

[115] Corte di Cassazione, sentenza  9 aprile 1990, n. 2965, Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 8995 del 5 giugno 2003 In tema di fideiussione per obbligazioni future, l’art. 1956 c.c. non è applicabile, nemmeno in via analogica, nel caso in cui, ferme restando le condizioni economiche del terzo, sopravvenga dopo la fideiussione solo la contezza della loro precarietà.  Ai fini della liberazione del fideiussore, difatti, viene in rilievo non la mera consapevolezza, in chi abbia erogato il credito, di un’eventuale mancanza di liquidità del debitore, bensì la percezione del mutamento delle condizioni economiche del debitore medesimo rispetto al sorgere del rapporto, e dell’ulteriore rischio che ciò induce con riguardo ad altre aperture di credito

[116] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 8040 del 22 maggio 2003

[117] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 16667 dell’1 ottobre 2012

[118] Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 3 febbraio 2016, n. 2132, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 3 febbraio 2016, n. 2132

[119] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 23 dicembre 2004, n. 23967

[120] Per un maggiore approfondimento sul contratto di locazione aprire il seguente collegamento on-line La locazione

[121] Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 26 novembre 2014, n. 25171, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 26 novembre 2014, n. 25171

[122] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 13 agosto 2015, n. 16798 in tema di locazione, qualora il contratto preveda, a garanzia del pagamento dei canoni, la prestazione di una fideiussione da parte di un terzo, il recesso di quest’ultimo, intervenuto prima della scadenza del contratto, esclude l’operatività della garanzia per le obbligazioni maturate a seguito della prosecuzione della locazione per effetto dell’applicazione di una clausola pattizia di tacito rinnovo; sebbene, infatti, la fonte del rapporto contrattuale continui ad essere costituita dall’originario contratto di locazione, la recedibilità della fideiussione è conforme al principio generale dell’ordinamento che tende ad evitare la perpetuità dei vincoli obbligatori, nonché alla buona fede che, ai sensi dell’art. 1375 c.c., deve ispirare il comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 3 aprile 2009, n. 8129. In tema di locazione, qualora il contratto preveda, a garanzia del pagamento dei canoni, la prestazione di una fideiussione da parte di un terzo, il recesso di quest’ultimo, intervenuto prima della scadenza del contratto, esclude l’operatività della garanzia per le obbligazioni maturate a seguito della prosecuzione della locazione per effetto dell’applicazione di una clausola pattizia di tacito rinnovo; sebbene, infatti, la fonte del rapporto contrattuale continui a essere costituita dall’originario contratto di locazione, la recedibilità della fideiussione è conforme al principio generale dell’ordinamento che tende a evitare la perpetuità dei vincoli obbligatori, nonché alla buona fede che, ai sensi dell’art. 1375 c.c., deve ispirare il comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto inoperante il recesso dalla fideiussione, benché le parti avessero tenuto un comportamento contrario alla buona fede, in quanto, pur essendo edotte della volontà del fideiussore di recedere dal vincolo, avevano rinnovato il contratto di locazione, trasferendo sullo stesso la garanzia disdettata).

[123] Corte d’Appello Napoli, Sezione II BIS, 13 settembre 2012, n. 2954. Nel caso di specie, l’obbligazione fideiussoria assunta ha riguardato le obbligazioni derivanti da un contratto di locazione già registrato; essa, pertanto, ha ad oggetto un’obbligazione principale di pagamento del canone già sorta e non futura, anche se sottoposta a termine per quanto riguarda i ratei di pigione da pagare alle singole scadenze e ciò in quanto l’obbligazione di pagamento del canone, pur divenendo esigibile alle singole scadenze, nasce al momento della stipulazione del contratto. La garanzia assunta non ha pertanto valore di fideiussione omnibus.

[124] Cfr par.fo D) Fideiussione omnibus (o generale), da pag. 33

[125] Tribunale di Vicenza, Sezione I civile, sentenza 8 ottobre 2010, n. 1687

[126] Corte di Cassazione, sentenza 10 novembre 1993, n. 11084, conf. Corte di Cassazione, sentenza 5 dicembre 1970, n. 2575

[127] Per un maggiore approfondimento sul contratto di mandato aprire il seguente collegamento on-line Il mandato

[128] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 9 febbraio 2016, n.2539 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 9 febbraio 2016, n.2539, cfr. Corte di Cassazione, sentenza  9 maggio 1985, n. 2879, Ccon riguardo alle cosiddette lettere di patronage, che una società capogruppo o controllante indirizzi ad una banca, affinché questa conceda, mantenga o rinnovi un credito a favore di una società controllata, l’indagine diretta a stabilire se le lettere medesime si limitino a contenere dati e notizie sulla situazione del gruppo o sul rapporto di controllo, rilevanti al solo fine di mettere la banca in condizione di valutare adeguatamente l’opportunità di riconoscere detto credito, ovvero implichino anche l’assunzione di garanzia fideiussoria per i debiti della società controllata, si traduce in un accertamento di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità, se correttamente ed adeguatamente motivato.

[129] Corte di Cassazione, sentenza  8 marzo 1980, n. 1543

[130] Corte di Cassazione, sentenza  7 maggio 1998, n. 4618

[131] Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 1 ottobre 1987, n. 7341, Portale, Sesta, Mastropaolo

[132] Per un maggiore approfondimento cliccare sul seguente collegamento on-line La compravendita, par.fo 2) Vendita mobiliare, lettera B) Alcune tipologie, n. 7) Vendita su documenti

[133] Portale

[134] Sesta

[135] Corte di Cassazione, sentenza 18 novembre 1992, n. 12341

[136] Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile, sentenza del 18 febbraio 2010, n. 3947

[137] Cfr. par.fo A) Nozione e requisiti del contratto, punto 2) I requisiti del contratto, lettera C) l’Oggetto, pag. 12

[138] Cfr par.fo G) I rapporti tra fideiussore e debitore principale, punto 2) Azione di regresso, da pag. 73

[139] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 31 luglio 2015, n. 16213 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 31 luglio 2015, n. 16213

Ai fini della predetta qualificazione, la Corte territoriale ha ritenuto non decisiva la previsione dell’obbligo del garante di pagare “a semplice richiesta” o “a prima richiesta” del creditore, in tal modo conformandosi ad un orientamento diffuso, secondo cui le predette espressioni potevano riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà più o meno accentuato nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia infine a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, non già all’esclusione, ma a una deroga parziale della disciplina dettata dall’art. 1957 c.c., esonerando il creditore dall’onere di proporre azione giudiziaria

[140] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 giugno 2013, n. 15108 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 giugno 2013, n. 15108

[141] Tribunale Roma, Sezione IX civile, sentenza 22 marzo 2013, n. 6332

[142] Tribunale Roma, Sezione IX civile, sentenza 9 aprile 2015, n. 7616. Nella fattispecie concreta, il difetto nei fideiussori del carattere di soggetti istituzionalmente deputati al rilascio di garanzie e la estraneità del debitore principale dalla convenzione dedotta in giudizio, costituiscono ulteriori indici che confermano la natura fideiussioria degli atti in esame.

[143] Tribunale Milano, Sezione XIII civile, sentenza 17 settembre 2015, n. 10440

[144] Corte d’Appello Milano, Sezione I  civile, ordinanza 7 settembre 2015, n. 3759

[145] Corte di Cassazione, sentenza  n. 10486/2004

[146] Tribunale Milano, Sezione VII civile, sentenza 5 giugno 2015, n. 6914. Ciò detto, nella specie, si è evidenziato come siffatta evidente discrasia non sussisteva, con la conseguenza che la clausola che disponeva il pagamento a prima richiesta valeva a qualificare il rapporto come contratto autonomo di garanzia.

[147] Tribunale Firenze, Sezione III civile, sentenza 5 settembre 2014, n. 2603

[148] Tribunale Bari, Sezione III civile, sentenza 16 settembre 2014, n. 4113. Nel caso concreto, in tal senso, non può ritenersi sussistente alcun dubbio in ordine alla qualificazione del contratto sottoscritto dagli odierni opponenti, posto l’espresso inserimento, in tale negozio, degli elementi caratterizzanti il contratto autonomo di garanzia, avvenuto mediante la introduzione di specifiche clausole, con la conseguenza che deve ritenersi sorta, in capo ad essi, una obbligazione di garanzia atipica, con deroga dell’art. 1945 c.c.. Data l’autonomia del contratto di fideiussione de quo, sono da considerarsi irrilevanti tutte le ulteriori eccezioni svolte in merito all’applicabilità degli artt. 1956 e 1957 c.c. alla fattispecie concreta.

[149] Tribunale Napoli, Sezione II civile, sentenza 10 ottobre 2013. Nella fattispecie, tale qualificazione è stata ancor di più avvalorata dalla specifica indicazione dell’estensione della garanzia anche a clausole invalide, rendendo la fideiussione sottoscritta insensibile al principio di accessorietà rispetto all’obbligazione principale. In conseguenza di ciò, si è evidenziato come il garante, improntandosi il rapporto tra lo stesso ed il creditore beneficiario a piena autonomia, non potesse opporre al creditore la nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, salvo la violazione di norme imperative o l’illiceità della causa e che, attraverso il medesimo contratto autonomo, si intenda assicurare il risultato vietato dall’ordinamento.

[150] Corte di Cassazione, sentenza  n. 21080/05

[151] Corte di Cassazione, sentenza  n. 26262/07

[152] Stolfi

[153] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 25 ottobre 1984, n. 5450. L’assicurazione fideiussoria o cauzionale costituisce un contratto misto la cui disciplina, ove non derogata dalle parti nei limiti della loro autonomia contrattuale, si identifica con la fideiussione che ne è il rapporto tipico prevalente. É pertanto applicabile all’anzidetto rapporto la disposizione dell’art. 1941 c.c., secondo cui la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose. (Applicazione in una fattispecie di polizza cauzionale stipulata a garanzia di una fideiussione prestata da un istituto di credito. La suprema corte ha confermato la decisione dei giudici di merito i quali avevano ritenuto che i limiti temporali della garanzia assicurativa non potevano eccedere i limiti temporali della fideiussione).

[154] Fusaro, Vianello

[155] Lipari

[156] per tutti Fragali, Ravazzoni, Donati e Capozzi

[157] per tutte Corte di Casazione 18 ottobre 1991, n. 11038, Corte di Cassazione, sentenza  n. 8925/1994,  Corte di Cassazione, sentenza  n. 632/1995, Secondo l’orientamento tradizionale la polizza fideiussoria è riconducibile allo schema legale tipico del contratto di fideiussione. Così, si è affermato che tale figura è un “sottotipo innominato di fideiussione” stante la funzione economico-sociale di garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui (Corte di Cassazione, sentenza  n. 632/1995, Corte di Cassazione, sentenza  n. 8925/1994, Corte di Cassazione, sentenza  n. 1873/1994, Corte di Cassazione, sentenza  n. 7766/1990).

[158] Cfr par.fo I) Figure affini e differenze con la fideiussione, punto 5) Contratto autonomo di garanzia (Garantievetrag), pag. 103

[159] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 29 gennaio 2016, n. 1724, Corte di Cassazione, sentenza  n. 12871/2009; Corte di Cassazione, sentenza  n. 11261/2005; Corte di Cassazione, sentenza  n. 10486/2004, Corte di Cassazione, sentenza  n. 6728/2002, Corte di Cassazione, sentenza  n. 4637/2002, Corte di Cassazione, sentenza n. 6823/2001, Corte di Cassazione, sentenza  n. 3552/1998

[160] Corte di Cassazione, sentenza  n. 7766/1990, Corte di Cassazione, sentenza  n. 6155/1982

[161] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 29 gennaio 2016, n. 1724

[162] nel senso della riconducibilità di tale fattispecie contrattuale al contratto a favore di terzo Corte di Cassazione, sentenza 17 giugno 1957, n. 2259 – per un maggiore approfondimento sul contratto a favore del terzo aprire il seguente collegamento on-line Il contratto a favore del terzo

[163] Tribunale Ivrea, civile, sentenza 16 giugno 2015, n. 422. La stipulazione della polizza fideiussoria è strutturata secondo lo schema del contratto in favore di terzo in quanto con essa una banca o una compagnia assicurativa assume l’impegno in favore di un beneficiario di pagare un determinato importo in caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contrente. La polizza fideiussoria ha la struttura di garanzia atipica e autonoma, rilevando la circostanza che l’obbligazione del garante autonomo è qualitativamente diversa rispetto a quella del contraente in quanto non rivolta al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore. Viceversa, l’obbligazione del fideiussore ha carattere accessorio, garantendo costui l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui.

[164] Corte di Cassazione, sentenza  n. 12447/1987

[165] Corte di Cassazione, sentenza  n. 7766/ 1990

[166] Per tutti Marini

[167] Per un maggiore approfondimento della clausola solve et repete aprire il seguente collegamento on-line La risoluzione, par.fo D, n. 3 clausola solve et repete

[168] Cfr par.fo I) Figure affini e differenze con la fideiussione, punto 5) Contratto autonomo di garanzia (Garantievetrag), da pag. 107

[169] Cfr par.fo I) Figure affini e differenze con la fideiussione, punto 5) Contratto autonomo di garanzia (Garantievetrag), pag. 103

[170] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 31 gennaio 2008, n. 2377. La polizza fideiussoria prestata a garanzia dell’obbligazione dell’appaltatore costituisce una garanzia atipica in quanto essa, non potendo garantire l’adempimento di detta obbligazione, perché connotata dal carattere dell’insostituibilità, può semplicemente assicurare la soddisfazione dell’interesse economico del beneficiario compromesso dall’inadempimento, risultando, quindi, estranea all’ambito delle garanzie di tipo satisfattorio proprie delle prestazioni fungibili, caratterizzate dall’identità della prestazione, dal vincolo della solidarietà e dall’accessorietà, ed essendo, invece, riconducibile alla figura della garanzia di tipo indennitario – cosiddetta ”fideiussio indemnitatis“, in forza della quale il garante è tenuto soltanto a indennizzare, o a risarcire, il creditore insoddisfatto.

[171] Corte di Cassazione, sentenza  n. 14853/2207, cit.; Corte di Cassazione, sentenza  n. 3257/2007; Corte di Cassazione, sentenza  n. 6757/2001; in senso contrario, però, la giurisprudenza prevalente ritiene che il carattere autonomo della garanzia dovrebbe essere desunto non già dall’utilizzazione pura e semplice della clausola, bensì dall’interpretazione del testo contrattuale, più precisamente dalla relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e quella di garanzia. In tal senso, fra le altre, Corte di Cassazione, sentenza  n. 5044/2009; Corte di Cassazione, sentenza  n. 11890/2008; Corte di Cassazione, sentenza  n. 19300/2005; Corte di Cassazione, sentenza  n. 8324/2001; Corte di Cassazione, sentenza n. 3964/1999. In tale prospettiva può collocarsi anche Corte di Cassazione, sentenza  n. 2464/ 2004

[172] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 20 ottobre 2014, n. 22233

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