Giudizio inammissibile per tardività l’opposizione a decreto ingiuntivo

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|13 gennaio 2022| n. 927.

Giudizio inammissibile per tardività l’opposizione a decreto ingiuntivo.

Nell’ipotesi in cui la sentenza impugnata, nel definire il giudizio, abbia dichiarato inammissibile per tardività l’opposizione a decreto ingiuntivo, i motivi di appello – che a norma dell’art. 342 c.p.c. devono indicare la parte del provvedimento impugnato e le circostanze da cui deriva la violazione della legge e la loro rilevanza i fini della decisione appellata – non possono concernere anche il merito della domanda, che non ha neppure formato oggetto della pronuncia, in quanto, in tale evenienza, l’impugnazione della statuizione sulla questione pregiudiziale inerente alla inammissibilità dell’opposizione costituisce comunque manifestazione di volontà di proseguire nel giudizio, con implicita riproposizione della domanda principale, dovendo perciò il giudice di appello, che ritenga ammissibile l’opposizione, pronunciarsi nel merito delle questioni dedotte in primo grado, non rientrando tale ipotesi tra i casi previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c.

Sentenza|13 gennaio 2022| n. 927. Giudizio inammissibile per tardività l’opposizione a decreto ingiuntivo

Data udienza 26 ottobre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Locazione ad uso diverso – Processo civile – Procedimento monitorio – Immobili urbani – Opposizione al decreto ingiuntivo – Rito speciale – Erronea proposizione per citazione anziché per ricorso – Disciplina di mutazione del rito – Articolo 4 del Dlgs n. 150 del 2011 – Termine di cui all’articolo 641 c.p.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f.

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez.

Dott. FERRO Massimo – Presidente

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 14228/2018 proposto da:
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI PALERMO, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI PALERMO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 75/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 20/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/10/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale condizionato.

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FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata il 9 ottobre 2014 e depositata il 20 ottobre 2014 all’atto della costituzione per l’iscrizione a ruolo della causa, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo propose opposizione al decreto ingiuntivo per l’importo di Euro 15.343,74, notificatole il 18 luglio 2014 su domanda della (OMISSIS) s.r.l. ed avente ad oggetto il pagamento di somme per indennita’ di occupazione e oneri accessori inerenti alla locazione dell’immobile sito in via (OMISSIS). Dopo aver disposto il passaggio dal rito ordinario al rito speciale con ordinanza del 24 ottobre 2015, il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 7477/2015, dichiaro’ inammissibile l’opposizione perche’ tardiva rispetto al termine stabilito dall’articolo 641 c.p.c., comma 1, avendo riguardo alla data del deposito in cancelleria dell’atto di citazione erroneamente adoperato dall’opponente, in quanto il decreto ingiuntivo intimato concerneva una controversia in materia di locazione, ai sensi dell’articolo 447-bis c.p.c.. Proposto gravame dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, la Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 75/2018 del 20 febbraio 2018, ha respinto l’appello. In particolare pronunciando sul secondo motivo di impugnazione, la Corte d’appello ha ritenuto fondata la questione di diritto attinente alla violazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5, circa la salvezza degli effetti della domanda secondo le norme del rito seguito prima del mutamento, ma ha osservato che l’appellante si era limitata a chiedere genericamente la riforma della sentenza di primo grado, senza prospettare alcuna questione di merito e senza chiedere nemmeno l’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo. Pertanto, ha concluso la Corte di Palermo, nessuna utilita’ avrebbe potuto ricevere l’appellante dall’accoglimento del gravame in punto di effetti del mutamento del rito, mancando nell’atto di impugnazione la richiesta di rinnovazione dell’istruzione e di esame delle domande di merito.
L’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.

 

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La (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ha notificato controricorso, contenente altresi’ ricorso incidentale condizionato articolato in tre motivi.
Con ordinanza interlocutoria n. 13556/2021 del 18 maggio 2021, pronunciata all’esito dell’adunanza del 25 novembre 2020, la Terza Sezione civile, rilevata la sussistenza di questione di diritto non decisa in senso univoco da precedenti pronunce della Corte, quanto alla natura di impugnazione o di ordinario giudizio di cognizione del procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo, questione incidente anche sulla operativita’ del mutamento del rito ai sensi del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite.
E’ stata altresi’ acquisita la relazione predisposta dell’Ufficio del massimario.
Il ricorso e’ stato deciso in Camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo deduce l’error in procedendo in riferimento all’articolo 346 c.p.c., ed al Decreto Legislativo n. 150 del 2011, avendo errato la Corte d’appello di Palermo a ritenere rinunciati e non riproposti, ex articolo 346 c.p.c., i motivi e le domande formulate con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo. Le censure portate alla sentenza di primo grado dovevano, infatti, intendersi gia’ idonee ad investire i giudici di appello della pronuncia sul merito della lite.
Il secondo motivo del ricorso dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo denuncia la violazione e falsa applicazione del principio di conservazione degli atti ex articolo 159 c.p.c. e del principio di liberta’ delle forme ex articolo 121 c.p.c., in relazione all’applicazione dell’articolo 346 c.p.c., fatta dalla Corte d’appello di Palermo, sempre quanto alla ravvisata rinuncia ai motivi ed alle domande di merito spiegati nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, che dovevano, piuttosto, reputarsi implicitamente richiamati con l’appello avanzato.
Il terzo motivo del ricorso dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo allega la violazione e falsa applicazione degli articoli 177 e 342 c.p.c., tenuto conto della operativita’ del Decreto Legislativo n. 150 del 2011 e del principio di conservazione degli atti ex articolo 159 c.p.c.. Si critica la parte della sentenza della Corte di Palermo che ha dichiarato inammissibile il primo motivo di appello dell’Azienda Sanitaria Provinciale, quanto alla ipotizzata contraddittorieta’ tra il mutamento di rito inizialmente disposto dal Tribunale, di per se’ implicante il riconoscimento della ritualita’ dell’atto di citazione, e la successiva declaratoria di inammissibilita’ dell’opposizione adottata dal primo giudice. La Corte d’appello, dichiarando inammissibile il primo motivo di gravame, avrebbe trascurato la portata degli effetti del mutamento dei rito ai sensi del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4.
2. Il primo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5, dell’articolo 426 in relazione all’articolo 447-bis c.p.c., dell’articolo 156 c.p.c. e dell’articolo 645 c.p.c.. La Corte d’appello avrebbe errato nel reputare violato dal Tribunale il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5, atteso che l’opposizione a decreto ingiuntivo non introduce un giudizio autonomo, ne’ un grado autonomo, ma e’ soltanto una fase di un giudizio gia’ pendente.

 

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Il secondo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione dell’articolo 132 c.p.c., per apparenza della motivazione concernente i presupposti di applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5.
Il terzo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5, dell’articolo 645 in relazione all’articolo 447-bis c.p.c. e della L. n. 742 del 1969, articolo 3, come modificata dalla L. n. 162 del 2014, avendo la Corte d’appello comunque trascurato che la sospensione dei termini processuali di cui della L. 7 ottobre 1969, n. 742, citato articolo 3, non si applica, tra le altre, alle controversie previste dall’articolo 429 c.p.c., sicche’ il termine per l’opposizione al decreto ingiuntivo notificato il 18 luglio 2014 sarebbe comunque venuto a scadenza gia’ il 27 agosto 2014.
3. Il ricorso incidentale, giacche’ proposto su questione pregiudiziale di rito dalla parte comunque rimasta totalmente vittoriosa sul merito (nella specie, avente ad oggetto la inammissibilita’ per tardivita’ dell’opposizione a decreto ingiuntivo, inammissibilita’ negata dalla Corte di Palermo con decisione esplicita) ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, come del resto espressamente indicato dalla controricorrente. Esso andra’ percio’ esaminato solo in presenza dell’attualita’ dell’interesse, ovvero nell’ipotesi di fondatezza del ricorso principale (Cass. Sez. Unite, 25 marzo 2013, n. 7381; Cass. Sez. Unite, 6 marzo 2009, n. 5456).
4. I primi due motivi del ricorso principale, proposto dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e sono fondati nei termini di seguito precisati, mentre e’ inammissibile il terzo motivo del ricorso principale.
4.1. La Corte d’appello, pur considerando pregiudizialmente fondata la questione attinente alla violazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5 (circa la salvezza degli effetti dell’opposizione a decreto ingiuntivo erroneamente proposta con atto di citazione, anziche’ con ricorso, ai sensi degli articoli 447-bis, 414 e 415 c.p.c., giacche’ comunque notificata entro il termine di cui all’articolo 641 c.p.c.), ha ritenuto non di meno infondato in gravame perche’ con esso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo non aveva riproposto alcuna questione di merito e neppure chiesto l’accoglimento dell’opposizione.
4.2. Tale statuizione finale e’ errata.

 

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Qualora la sentenza impugnata, nel definire il giudizio, abbia deciso esclusivamente una questione pregiudiziale di rito, come nella specie dichiarando inammissibile per tardivita’ l’opposizione a decreto ingiuntivo, i motivi di appello, che norma dell’articolo 342 c.p.c., devono indicare la parte del provvedimento impugnato e le circostanze da cui deriva la violazione della legge e la loro rilevanza i fini della decisione appellata, non possono concernere anche il merito della domanda, il quale non ha, del resto, neppure formato oggetto della pronuncia. In siffatta evenienza, l’impugnazione della statuizione sulla questione pregiudiziale inerente alla inammissibilita’ dell’opposizione costituisce comunque manifestazione di volonta’ di proseguire nel giudizio, con implicita riproposizione della domanda principale, dovendo percio’ il giudice di appello, che ritenga ammissibile l’opposizione, pronunciarsi nel merito delle questioni dedotte in primo grado, non rientrando tale ipotesi tra i casi previsti dagli articoli 353 e 354 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. 5, 18 dicembre 2019, n. 33580; Cass. Sez. 5, 19 gennaio 2018, n. 1322; Cass. Sez. 5, 2 agosto 2017, n. 19216; Cass. Sez. 2, 4 novembre 2011, n. 22954; Cass. Sez. 5, 9 giugno 2010, n. 13855; Cass. Sez. 3, 17 marzo 2010, n. 6481; Cass. Sez. 5, 8 marzo 2005, n. 5031; Cass. Sez. Lav., 1 luglio 2004, n. 12092).
4.3. E’ invece inammissibile il terzo motivo del ricorso dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, correlato alla dichiarazione di inammissibilita’ del primo motivo di appello.
Puo’ premettersi che i provvedimenti di carattere ordinatorio, comunque motivati, emessi nel corso del processo, quale anche l’ordinanza che disponga il passaggio dal rito ordinario al rito speciale ex articolo 426 c.p.c., non possono mai pregiudicare la decisione della causa e possono essere, anche implicitamente, modificati o revocati: sicche’, l’eventuale contrasto tra l’ordinanza che disponga il mutamento di rito e la successiva sentenza del medesimo giudice non puo’ mai dar luogo a contraddittorieta’ di quest’ultima.
Ancor piu’ a monte, di tale contraddittorieta’ della sentenza di primo grado non ha piu’ alcun interesse a dolersi l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, in quanto la questione degli effetti del mutamento del rito sulla tempestivita’ dell’opposizione a decreto ingiuntivo e’ stata poi decisa dalla Corte d’appello proprio nel senso voluto dalla ricorrente principale.
5. L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale impone l’esame del ricorso incidentale condizionato.

 

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5.1. Secondo ordine logico, occorre iniziare dal terzo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.r.l., ove si assume che la notificazione dell’opposizione a decreto ingiuntiva era stata comunque tardiva, stante l’inapplicabilita’ della sospensione dei termini L. n. 742 del 1969, ex articolo 3. Questa censura e’ inammissibile in quanto non supera lo scrutinio ex articolo 360-bis c.p.c., n. 1.
La costante giurisprudenza di questa Corte afferma che la sospensione del decorso dei termini processuali ai sensi della L. 7 ottobre 1969, n. 742, articolo 1, trova applicazione nelle controversie in materia di locazione di immobili urbani ex articolo 447-bis c.p.c. (quale quella in esame), atteso che la deroga stabilita dalla stessa L. n. 742 del 1969, articolo 3, per le controversie previste dall’articolo 429 c.p.c. (poi articolo 409), concerne le controversie individuali di lavoro, individuate in base alla natura della causa, e non invece quelle che sono comunque disciplinate dal rito del lavoro (tra le tante, Cass. Sez. 6 – 3, 12 novembre 2015, n. 23193; Cass. Sez. 3, 22 dicembre 2011, n. 28291; Cass. Sez. 3, 27/05/2010, n. 12979; Cass. Sez. 3, 13 maggio 2010, n. 11607; Cass. Sez. 3, 30 aprile 2005, n. 9022; Cass. Sez. 3, 12 settembre 2000, n. 12028; Cass. Sez. 3, 28 marzo 2000, n. 3732).
5.2. Puo’ ora passarsi all’esame del primo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.r.l..
La sostanza di tale censura deduce che non poteva trovare applicazione in questo procedimento la disciplina sul mutamento del rito contenuta nel Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, con la conseguente salvezza degli effetti della domanda proposta secondo le norme del rito erroneamente seguito, anche ai fini dell’osservanza del termine di cui all’articolo 641 c.p.c.. Cio’ perche’, a dire della ricorrente incidentale, con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo non “viene promossa” una controversia, non si introduce un giudizio autonomo e neppure un grado autonomo, ma si apre soltanto una fase del giudizio gia’ pendente.
5.3. L’ordinanza interlocutoria n. 13556/2021 resa il 18 maggio 2021 dalla Terza Sezione civile ricorda come le sentenze di queste Sezioni Unite 8 ottobre 1992, n. 10984 e n. 10985, e 18 luglio 2001, n. 9769, sia pure in tema di competenza per l’opposizione a Decreto Ingiuntivo ex articolo 645 c.p.c., abbiano sostenuto l’assimilabilita’ del giudizio di opposizione a quello di impugnazione. Viene peraltro evocata altresi’ la sentenza delle Sezioni Unite 8 marzo 1996, n. 1835, sempre in tema di competenza dell’ufficio giudiziario, al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, ove si affermava che tale “innegabile profilo impugnatorio non fa assurgere l’opposizione ad ingiunzione al rango di un processo di impugnazione in senso proprio, per cui l’opposizione non potra’ considerarsi un giudizio d’appello”.
L’ordinanza interlocutoria n. 13556/2021 avverte, cosi’, che a questione, controversa anche in dottrina, inerente alla qualificazione del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo quale giudizio o grado autonomo, o quale semplice fase (eventuale) del giudizio ordinario gia’ pendente, da rimeditare altresi’ alla luce del principio del giusto processo, e’ comunque rilevante ai fini dell’applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, il quale si riferisce espressamente alla controversia che “viene promossa” in forme diverse da quelle previste dal medesimo presente decreto. Si richiama, infine, quanto affermato nell’ordinanza della Sesta Sezione di questa Corte n. 7071/2019, resa il 12 marzo 2019, secondo cui nell’opposizione a decreto ingiuntivo in materia di locazione, come tale soggetta al rito speciale di cui all’articolo 447-bis c.p.c., non puo’ trovare applicazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, il quale non attiene ai procedimenti di natura impugnatoria, come l’opposizione a Decreto Ingiuntivo.
5.4. Queste Sezioni Unite, in pronunce anche piu’ recenti di quelle menzionate nell’ordinanza interlocutoria, hanno avuto occasione di soffermarsi sulla natura del giudizio di opposizione al decreto di ingiunzione, costantemente negando che esso dia vita ad un procedimento di impugnazione.

 

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5.4.1. La sentenza 30 luglio 2008, n. 20604, a proposito delle conseguenze della mancata notifica del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo per crediti di lavoro e del decreto di fissazione dell’udienza, pur ritenendo applicabile per identita’ di ratio il principio dettato per l’appello, ha comunque rimarcato che il procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo deve “considerarsi un ordinario processo di cognizione anziche’ un mezzo di impugnazione”.
La sentenza 9 settembre 2010, n. 19246, relativa ai termini di costituzione dell’opponente, ha affermato che il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo “ha natura di giudizio di cognizione piena che devolve al giudice della opposizione il completo esame del rapporto giuridico controverso, e non il semplice controllo della legittimita’ della pronuncia del decreto d’ingiunzione”.
La sentenza 10 luglio 2015, n. 14475, concernente la produzione in appello dei documenti gia’ allegati con la domanda’ d’ingiunzione, ha spiegato che la (eventuale) fase di opposizione a decreto ingiuntivo “completa il giudizio di primo grado”, trattandosi di “giudizio di primo grado bifasico”, sicche’ “le due fasi fanno parte di un medesimo giudizio che si svolge nel medesimo ufficio”.
La sentenza 18 settembre 2020, n. 19596, in tema di esperimento del procedimento di mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, ex articolo 5, ha ribadito che il giudizio di opposizione a Decreto Ingiuntivo “e’ stato ormai da tempo definito da questa Corte, con l’avallo di autorevole dottrina, come suddiviso in due fasi, la prima a cognizione sommaria e la seconda a cognizione piena” e che “(l)’opposizione a decreto ingiuntivo non e’ l’impugnazione del decreto”.
Sebbene nel dibattito scientifico l’interpretazione propensa alla natura (anche) impugnatoria del procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo non manchi tuttora di autorevole sostegno, confutazioni della stessa si trovano altresi’ nelle motivazioni di altre recenti sentenze di queste Sezioni Unite: la sentenza 27 dicembre 2010, n. 26128; la sentenza 23 luglio 2019, n. 19889; la sentenza 14 aprile 2021, n. 9839.
5.4.2. Deve dirsi quindi stabilizzato nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite quanto gia’ affermava la sentenza 7 luglio 1993, n. 7448: “l’opposizione prevista dall’articolo 645 c.p.c., non e’ un’actio nullitatis o un’azione di impugnativa nei confronti dell’emessa ingiunzione, ma e’ un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio”, non quale “giudizio autonomo, ma come fase ulteriore (anche se eventuale) del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo”.
5.5. L’applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4 e della relativa disciplina di mutamento del rito nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, quale giudizio di primo grado strutturato in due fasi, risulta poi piu’ volte affermata, o comunque data per scontata, in alcune pronunce di questa Corte, essenzialmente con riguardo al contenzioso in materia di liquidazione dei compensi di avvocato.
La sentenza di queste Sezioni Unite 23 febbraio 2018, n. 4885, ha chiarito che, a seguito dell’introduzione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 (il quale fa, invero, esplicito riferimento all’opposizione proposta a norma dell’articolo 645 c.p.c.), la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, articolo 28, come sostituito dal citato D.Lgs., puo’ essere introdotta anche con il procedimento per decreto ingiuntivo ai sensi degli articoli 633 c.p.c. e segg., e la relativa opposizione, da proporre con ricorso ai sensi degli articoli 702-bis c.p.c. e segg., e’ disciplinata del menzionato Decreto Legislativo n. 150, articoli 3, 4 e 14 (oltre che dagli articoli 648, 649, 653 e 654 c.p.c.).
Degli effetti del mutamento del rito del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, ex articolo 4, ordinato nell’ambito di procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo erroneamente introdotto, si occupano, in particolare, Cass. Sez. 6 – 2, 5 giugno 2020, n. 10648; Cass. Sez. 2, 9 gennaio 2020, n. 186; Cass. Sez. 2, 26 settembre 2019, n. 24069; Cass. Sez. 6 – 2, 18 maggio 2019, n. 13472; Cass. Sez. 2, 14 maggio 2019, n. 12796; Cass. Cass. Sez. 2, 5 ottobre 2018, n. 24515.
Va rimarcato, inoltre, che la Relazione Illustrativa al Decreto Legislativo n. 150 del 2011, chiariva che la regola posta dell’articolo 4, comma 5, e’ diretta proprio “al fine di escludere in modo univoco l’efficacia retroattiva del provvedimento che dispone il mutamento (del rito)”, il che e’ stato inteso in dottrina come esplicitazione, appunto, della volonta’ legislativa di abbandonare quella sorta di “conversione del rito con effetti retroattivi” implicita nella valutazione di intempestivita’ dell’atto di opposizione proposto secondo un modello formale erroneo.

 

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5.6. Non di meno, la questione dell’inapplicabilita’ nel caso in esame della disciplina sul mutamento del rito contenuta nel Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, che viene sollevata dal primo motivo del ricorso incidentale condizionato della (OMISSIS) s.r.l., puo’ ritenersi fondata per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte ma comunque individuabile da questa Corte sulla base dei fatti accertati nelle fasi di merito ed esposti nei ricorsi principale ed incidentale e nella stessa sentenza impugnata (ex multis, Cass. Sez. 3, 28 luglio 2017, n. 18775; Cass. Sez. 3, 22 marzo 2007, n. 6935).
5.6.1. Questo giudizio concerne una opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione, come tale soggetta al rito speciale di cui all’articolo 447-bis c.p.c., norma che richiama altresi’ l’articolo 426 c.p.c., per il passaggio dal rito ordinario ex articoli 163 c.p.c. e segg., a quello speciale.
5.6.2. Secondo una diffusa elaborazione dottrinale, la disciplina del mutamento del rito dettata del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, opera unicamente, come prevede il comma 1 della norma, “(q)uando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto” (comma 1); altresi’ il comma 3 si riferisce alle modalita’ procedurali per il caso in cui “la controversia rientra tra quelle per le quali il presente decreto prevede l’applicazione del rito del lavoro”, ed i comma 4 dispone che “la causa sia riassunta davanti al giudice competente con il rito stabilito dalle disposizioni del presente decreto”.
Il Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150, attua, del resto, la delega contenuta nella L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 54, ai fini della “riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientrano nell’ambito della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale”. Oggetto della delega di cui della L. n. 69 del 2009, citato articolo 54, erano, dunque, “i procedimenti civili di natura contenziosa autonomamente regolati dalla legislazione speciale”, da ricondurre ad uno dei modelli processuali “semplificati” previsti dal libro secondo, titolo IV, capo I, dal libro quarto, titolo I, capo III-bis, o dal libro secondo, titoli I e III, ovvero titolo II, del codice di procedura civile.
L’articolo 4 cit. rileva, pertanto, per i mutamenti di rito in favore di alcuno dei tre modelli elaborati dal Decreto Legislativo n. 150 del 2011, ed in funzione della trattazione dei procedimenti speciali regolati dalle disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione. Detta disciplina non opera, invece, nelle ipotesi di mutamento dal rito ordinario al rito speciale delle controversie di lavoro, o viceversa, restando tali fattispecie tuttora regolate dagli articoli 426 e 427 c.p.c.. Cio’ e’ dato intendere anche dal Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 2, che, per le controversie assoggettate al rito del lavoro dal Capo II del D.Lgs., stabilisce espressamente l’inapplicabilita’, fra gli altri, degli articoli 426, 427 e 439 c.p.c..
5.6.3. Ad identiche conclusioni sistematiche e’ giunta Cass. Sez. 3, 25 maggio 2018, n. 13072 (proprio in ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di canoni locatizi proposta con citazione e non secondo il rito di cui all’articolo 447-bis c.p.c.), nei senso, cioe’, che del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, disciplina esclusivamente il mutamento del rito in caso di controversia promossa in forme diverse da quelle previste nel medesimo decreto, e non costituisce una norma generale abrogativa e sostitutiva delle norme specifiche di cui agli articoli 426 e 427 c.p.c., che rimangono le norme generali di coordinamento tra rito ordinario e rito lavoristico/locatizio (nello stesso senso, Cass. Sez. 6 – 3, 25 settembre 2019, n. 23909; Cass. Sez. 1, 11 giugno 2019, n. 15722).
5.6.4. In relazione all’opposizione a decreto ingiuntivo per crediti relativi ad un rapporto di locazione di immobili urbani e percio’ disciplinata dall’articolo 447-bis c.p.c. -, che sia proposta con atto di citazione notificato alla controparte, anziche’ con ricorso depositato nella cancelleria, emerge piuttosto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la necessita’ di procedere alla conversione dell’atto introduttivo secondo il criterio di cui all’articolo 156 c.p.c., comma 3, potendosi, cioe’, ritenere tempestiva l’opposizione, nonostante l’errore sulla forma dell’atto, qualora sia avvenuta entro il termine stabilito dall’articolo 641 c.p.c., l’iscrizione a ruolo mediante deposito in cancelleria della citazione, non essendo invece sufficiente che, entro tale data, la stessa sia stata notificata alla controparte (in materia di controversie di opposizione a decreti ingiuntivi per crediti derivanti da locazione, fra le piu’ recenti: Cass. Sez. 6 – 3, 19 settembre 2017, n. 21671; Cass., Sez. 6 – 3, 29 dicembre 2016, n. 27343; Cass. Sez. 3, 2 aprile 2009, n. 8014; 15er l’applicazione, in generale, del principio di conversione nelle ipotesi di introduzione del processo – sia che si tratti di impugnazione che di opposizione a decreto ingiuntivo – secondo un modello formale errato: Cass. Sez. Unite, 10 febbraio 2014, n. 2907; Cass. Sez. Unite, 8 ottobre 2013, n. 22848; Cass. Sez. Unite, 23 settembre 2013, n. 21675; Cass. Sez. Unite, 14 marzo 1991, n. 2714).
Secondo tale orientamento, l’errore sulla forma dell’atto introduttivo, come citazione o come ricorso, ai fini del prodursi degli effetti sostanziali e processuali della domanda (inteso quale errore sul singolo atto, isolatamente considerato, e non gia’ quale “errore sul rito”), se non comporta ex se una nullita’ comminata dalla legge, va comunque valutato alla luce dei requisiti indispensabili che l’atto deve avere per raggiungere il suo scopo (articolo 156 c.p.c., comma 2). Essendo in gioco la valutazione della tempestivita’ di un atto introduttivo di un processo al fine di impedire una decadenza, non rileva la manifestazione di volonta’ sostanziale ad esso sotteso, quanto la sua idoneita’ ad instaurare un valido rapporto processuale diretto ad ottenere l’intervento del giudice ai fini di una pronuncia nel merito (arg. anche dall’articolo 2966 c.c.). La pendenza del giudizio, quale momento idoneo ad impedire una decadenza, anche in nome delle esigenze di instaurazione del contraddittorio con la controparte, finisce cosi’ per correlarsi al compimento dell’atto che rappresenta ex ante il corretto esercizio del diritto di azione nella sua tipica forma legalmente precostituita, oppure al verificarsi del medesimo effetto altrimenti prodotto ex post dall’atto difforme dal modello legale, allorche’ la fattispecie possa dirsi successivamente integrata dagli elementi necessari alla sua funzione tipica.
5.6.5. Questo indirizzo interpretativo sul funzionamento della conversione nelle ipotesi di introduzione del processo secondo un modello formale errato, in quanto, come visto, ribadito da ancora recenti interventi di queste Sezioni Unite, merita di essere confermato anche per l’esigenza di assicurare un sufficiente grado di stabilita’ di applicazione (Cass., Sez. Unite 31 luglio 2012, n. 13620; Cass., Sez. Unite 6 novembre 2014, n. 23675).
5.6.6. Neppure puo’ trascurarsi che proprio la vicenda processuale del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per crediti di locazione, irritualmente introdotto con citazione tardivamente depositata, e’ stata oggetto di due pronunce della Corte Costituzionale.
Con l’ordinanza n. 152 del 2000, la Corte Costituzionale dichiaro’ manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale degli articoli 641, 645 e 447-bis, in relazione all’articolo 8 c.p.c., comma 2, n. 3), sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 97 Cost.. La Corte Costituzionale richiamo’ i propri precedenti con cui era stata negata l’irragionevolezza della diversa disciplina dell’opposizione a decreto ingiuntivo nel rito ordinario ed in quello di lavoro, finalizzata alla concentrazione della trattazione ed alla immediatezza della pronuncia (ordinanza n. 936 del 1988); quindi invoco’ il principio della legale conoscenza delle norme, che non puo’ non valere quando la parte si avvalga, come nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, del necessario patrocinio del difensore, ben in grado di desumere la causa petendi dagli atti notificati alla parte.
Con la sentenza n. 45 del 2018, la Corte Costituzionale ha poi dichiarato in ammissibile la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 426 c.p.c., sollevata; in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 Cost.. La questione incidentale di legittimita’ costituzionale dell’articolo 426 c.p.c., era stata posta dal giudice a quo con riguardo alla interpretazione di tale norma prediletta dalla Corte di cassazione, e quindi “nella parte in cui non prevede che, in caso di introduzione con rito ordinario di una causa soggetta al rito previsto dagli articoli 409 c.p.c., e segg., e di conseguente mutamento del rito, gli effetti sostanziali e processuali si producano secondo le norme del rito ordinario, seguito fino al mutamento”. Il remittente censurava la sanatoria dimidiata, e non piena, dell’atto non ritualmente introdotto “nelle forme ordinarie” (in luogo di quelle del rito speciale per esso previste) – quale unicamente consentita dall’articolo 426 c.p.c. -, perche’ non coerente con la sopravvenuta previsione normativa di cui al Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150, articolo 4, comma 5, e nemmeno con la disciplina della cosiddetta translatio iudicii della L. 18 giugno 2009, n. 69, ex articolo 59, comma 2. La sentenza n. 45 del 2018 della Corte Costituzionale ha affermato che l’auspicata riformulazione del meccanismo di conversione del rito sub articolo 426 c.p.c., riflette “una valutazione di opportunita’, e di maggior coerenza di sistema, di una sanatoria piena, e non dimidiata, dell’atto irrituale, per raggiungimento dello scopo. Ma non per questo risponde ad una esigenza di reductio ad legitimitatem della disciplina attuale, posto che tale disciplina (a sua volta coerente ad un principio di tipicita’ e non fungibilita’ delle forme degli atti) non raggiunge quella soglia di manifesta irragionevolezza che consente il sindacato di legittimita’ costituzionale sulle norme processuali”.
5.6.7. Sono, invero, evidenti, le notevoli differenze operative cui si perviene a seconda che l’errore sul modello dell’atto introduttivo del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo risulti soggetto alla disciplina del mutamento del rito dettata dal Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4 (ove, cioe’, si tratti di controversia promossa in forme diverse da quelle regolate dal medesimo Decreto Legislativo n. 150 del 2011), oppure soggetto tuttora all’operativita’ del principio di conversione, il quale comporta lo slittamento in avanti del momento di efficacia dell’atto (ove, cioe’, sia adottata la forma propria dei rito ordinario in luogo di quella tipica del rito speciale delle controversie di lavoro, o viceversa). Si e’ dinanzi, tuttavia, all’esigenza di pervenire alla modifica di regole processuali, modifica che – per riprendere ancora le parole della sentenza n. 45 del 2018 della Corte Costituzionale – puo’ apparire “di per se’ meritevole di considerazione, ma comunque rientrante nell’ambito delle scelte riservate alla discrezionalita’ del legislatore”.

 

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