I Contratti fiduciari ed il TRUST

Figure di negozio Fiduciario: la disposizione testamentaria, il contratto estimatorio, il patto di retrovendita ed il TRUST.

Definizione tradizionale (Santoro – Passarelli – Torrente – Bianca – Gazzoni ).

Si ha un negozio fiduciario quando un soggetto (fiduciante) trasferisce un bene ad un altro soggetto (fiduciario) imponendogli, nello stesso tempo, il vincolo obbligatorio 1) di ritrasferirgli, in futuro, il diritto o 2) di trasferirlo ad un terzo o 3) di farne comunque, un uso determinato.

 

Contratti Fiduciari

È tipica questa limitazione obbligatoria (efficace, cioè, soltanto tra le parti e non opponibile a terzi estranei all’accordo fiduciario) di un più ampio effetto reale (questo sì opponibile ai terzi, se debitamente pubblicizzato).

Il termine fiduciario deriva dal fatto che il fiduciante fa affidamento sulla lealtà di comportamento del fiduciario relativamente all’osservanza dell’obbligo; il fiduciario, infatti, potrebbe disporre validamente del bene trasferitogli anche in violazione dell’obbligo assunto e, in tal caso, il sfiduciante dovrebbe accontentarsi del risarcimento del danno.

Bianca in passato il negozio fiduciario costituiva lo strumento per eludere i tradizionali divieti di donazione.

Al negozio fiduciario si è fatto anche ricorso in tempi di persecuzioni religiose o politiche: per evitare la confisca il sfiduciante trasferiva in proprietà i suoi beni al fiduciario con l’obbligo di quest’ultimo di ritrasferirli al sfiduciante al cessare del pericolo.

Il fenomeno del negozio fiduciario non è del tutto scomparso, esso si riscontra  nei casi in cui il proprietario vuole sottrarre i beni alla garanzia dei suoi creditori.

 Inoltre si fa ancora ricorso alle alienazioni fiduciarie a scopo di garanzia, e cioè alle alienazioni fatte dal debitore al creditore, il quale in caso di inadempimento può soddisfare il suo credito mediante bene assegnatogli.

Differenza con la simulazione –

La simulazione trasferisce il diritto solo in apparenza. Conseguentemente l’alienante rimane in realtà titolare del diritto.  L’alienazione fiduciaria, invece, trasferisce realmente il diritto al fiduciario, il quale diviene titolare di esso con l’obbligo di disporne secondo lo scopo della fiducia.

Teoria Giurisprudenziale del collegamento negoziale; ogni fattispecie fiduciaria risulterebbe dalla combinazione  di due negozi strutturalmente collegati di cui l’uno con l’effetto reale del trasferimento della titolarità del diritto al fiduciario, l’altro con l’effetto obbligatorio d’imporre al fiduciario il ritrasferimento o l’uso convenuto del bene trasferitogli. Trattasi di collegamento unilaterale, esiste, infatti, un rapparto di subordinazione del negozio obbligatorio al negozio reale per cui il primo negozio può definirsi accessorio ed il secondo può dirsi principale.

A)   Teoria negatrice (la causa fiducia è solo un motivo)

Altri autori (Santoro – Passarelli – Nitti) in definitiva  finiscono col negare rilevanza giuridica al negozio  fiduciario perché ritengono che la fiducia è solo un motivo, incapace, per sua natura, d’influire sul negozio; il fine ulteriore, si è detto, può penetrare nella struttura del negozio solo diventando modalità, essendo questa l’unica possibilità per i motivi, di acquistare rilevanza giuridica.

B)    Teoria della (causa) fiduciae

Altri autori (per tutti Grassetti) sostengono che il negozio in esame ha rilevanza giuridica ed è caratterizzato da una causa fiduciae, la quale consiste nell’affidamento del fiduciante sul leale comportamento del fiduciario; più specificamente, tale causa si concreta nella creazione di una posizione fiduciaria,  nel senso che il fiduciario deve utilizzare la titolarità del diritto reale che gli viene trasmesso per un fine più ristretto di ciò che la titolarità stessa comporterebbe, in modo tale da rendergli possibile quel dato comportamento in ordine al diritto trasferitogli: l’effetto obbligatorio, in altri termini, costituisce la causa giustificatrice dell’effetto reale.

In contrario può osservarsi che non è ammissibile, nel nostro ordinamento, una causa fiducie perché essa, in sostanza, si risolverebbe in una arbitraria e non consentita astrazione parziale della causa del negozio tipico: una vendita, una disposizione di ultima volontà fiduciarie, non sono possibile perché la funzione cui sarebbero piegati tali  negozi dalla causa fiduciae, sarebbe incompatibile con la causa propria di ciascuno di essi.

Inoltre  questa teoria dà vita ad un risultato, cioè la proprietà fiduciaria, inammissibile, poiché è contraria ai principi fondamentali della proprietà, quali la perpetuità e la libera facoltà di disporne.

C)    Teoria del fenomeno metagiuridico

Non può essere ignorata una teoria  (Lipari) di particolare originalità la quale, dopo aver confutato tutte le teorie precedenti, individua l’essenza del fenomeno nella rilevanza della volontà delle parti che affidano la realizzazione dei propri interessi a forze metagiuridiche, operanti attraverso l’immediata utilizzazione di uno schema giuridico tipico. L’istituto in esame va riguardato sotto due profili distinti:

1)     da un lato l’elemento formale della qualificazione giuridica (vale a dire il negozio adoperato)

2)     dall’altro il dato empirico della realtà sociale (vale a dire, il risultato pratico che le parti vogliono perseguire). Da ciò consegue che il negozio fiduciriao, tenuto conto della varietà degli intenti, non può essere inquadrato in uno schema giuridico unitario e non può avere un’unica disciplina.

D)   Teoria del dei negozi collegati (preferibile)(Cariota – Ferrara) nel fenomeno fiduciario, in realtà, vi sono 2 negozi giuridici:

1)     l’uno reale, positivo ed efficace per i terzi e

2)     l’altro obbligatorio, negativo e limitato alle parti; esiste , infatti, un rapporto di subordinazione del negozio obbligatorio al negozio reale (trattasi pertanto di un collegamento unilaterale) per cui il primo negozio può definirsi accessorio ed il secondo può definirsi principale.

L’attribuzione della titolarità di un diritto, dal fiduciante al fiduciario, è temporanea e non è fine a se stessa, bensì preordinatala conseguimento di scopi ulteriori, per raggiungere i quali è, appunto necessario stipulare il pactum fiduciae.

Senza quest’ultimo, infatti, ci troveremo di fronte ad un negozio traslativo (di solito una compravendita), connotato dalla sua  tipica causa dello scambio di un diritto contro un prezzo; ma le parti vogliono qualcosa di diverso e ciò fanno strumentalizzando il trasferimento al raggiungimento degli scopi ulteriori.

Esecuzione del negozio fiduciario

Dal pactum fiduciae (stipulato nel primo negozio, quello con effetti reali) sorgono vincoli obbligatori nei confronti  del fiduciario il quale, con apposito negozio appunto,  ritrasferirà il bene al fiduciante.

L’inadempimento dell’obbligo scaturente dal pactum fiduciae

Può accadere, tuttavia, che il fiduciario non adempia ai suoi obblighi,

1)     non ritrasferendo il bene al fiduciante – quest’ultimo potrà ricorrere al rimedio previsto dall’art. 2932 e chiedere al giudice una sentenza costitutiva che procuri lo stesso effetto giuridico che sarebbe scaturito da un adempimento spontaneo del fiduciario.

art. 2932 c.c.    esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto: se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso (c.c.2908).

Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione (c.c.1208 e seguenti) o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile (disp.di att. al c.c. 246).

2)     trasferendo il bene a terzi –  i terzi avranno acquistato il bene perché hanno acquistato da chi è realmente proprietario, non interessando loro la circostanza che esiste un pactum fiduciae – l’unica tutela per il fiduciante sarà, allora, costituita dal risarcimento del danno.

Vari tipi di fiducia

A) Fiducia cum creditore  (la causa del negozio)

Ha una funzione di garanzia e presuppone che il fiduciario sia creditore del fiduciante; il trasferimento di un dato bene dal fiduciante al fiduciario, infatti, avviene con l’intesa che tale bene ritornerà al fiduciante  nel momento in cui costui adempirà. Può, poi, accadere che il fiduciario non sia creditore del fiduciante, ma sia persona di comune fiducia al debitore (fiduciante) ed al creditore (terzo) e, pertanto, sia tenuto a trasferire il bene al creditore in caso d’inadempimento del fiduciante. Tale tipo di fiducia può essere un facile espediente per eludere il divieto del patto commissorio (art 2744) attraverso il quale si stabilirà che il creditore diventerà proprietario della cosa data in garanzia in caso d’inadempimento del debitore.

B) Fiducia cum amico  (la causa del negozio)

Tal fiducia può soddisfare vari scopi:

1)     comunemente essa serve a conferire al fiduciario il potere di amministrazione su un determinato bene (si parla, infatti, anche di fiducia per amministrazione); il fiduciario, essendo proprietario del bene potrà assolvere meglio i suoi compiti, con l’intesa, però, di seguire le istruzioni del sfiduciante (che risultano dal pactum fiduciae).

Scopi non meritevole di tutela:

2)     sottrarre alla garanzia dei propri creditori un bene con l’intestazione fiduciaria;

3)     quello di eludere le disposizioni in tema di successioni necessarie, facendo pervenire agli eredi legittimari meno di quanto avrebbero diritto secondo la legge;

4)     quando si vuole frodare il fisco per pagare meno tasse.

C) Fiducia germanistica

Non si rinviene il pieno trasferimento del bene dal sfiduciante al fiduciario: a quest’ultimo , infatti, è attribuita solo la legittimazione ad esercitare in nome proprio (ma nell’interesse del fiduciante) un determinato diritto di cui – questo è il punto – resta titolare, di fronte ai terzi, il fiduciante stesso.

Come suole affermarsi, in tale ipotesi si ha una scissione tra titolarità (che resta del sfiduciante) e legittimazione all’esercizio (che passa al fiduciario).

Tuttavia una simile figura non può essere accolta nel nostro ordinamento che prevede espressamente la tipicità dei diritti reali ed, in particolare, la pienezza assoluta del diritto di proprietà, che non tollera limitazioni se non quelle previste espressamente dall’ordinamento.

Non mancano pero casi particolari in determinati settori che permettano l’utilizzo di tale istituto , come nel caso delle società fiduciarie.

Le azioni dovranno essere intestate al nome del vero titolare.

Doppia azione, in questo caso, rispetto alla tutela prevista dall’istituto romanistica, oltre a quella risarcitoria è prevista, anche quella di carattere reale (azione di rivendica) senz’altro più efficace, in quanto esperibile anche nei confronti dei terzi ed avente l’effetto di recuperare la disponibilità del bene.

D)  Fiducia romanistica

Che è quella analizzata fino ad ora, la stessa disciplina.

E)  Fiducia dinamica

Che è quella esaminata fino ad ora, presuppone, a monte del pactum fiduciae, un previo trasferimento della titolarità del bene dal sfiduciante al fiduciario. Solo in tal modo quest’ultimo potrà assolvere ai suoi obblighi, una volta divenuto proprietario pieno del bene in questione.

F)    Fiducia statica

figura creata dalla Giurisprudenza (Cass. 29.5.1993, n.6024, Cass. 18.10.1988, n.5663)

Il fiduciario è già proprietario del bene in base ad un acquisto effettuato da un terzo con denaro del fiduciante (o in parte del fiduciante) e, pertanto assume l’obbligo fid.rio nei suoi confronti senza aver previamente acquistato da lui la tito.tà del bene

FIGURE DI NEGOZIO FIDUCIARIO

Disposizione fiduciaria testamentaria

L’unica differenza dal normale negozio fiduciario consiste nel fatto che l’obbligo nascente dal pactum fiduciae non è coercibile, essendo rimesso al libero e spontaneo adempimento del fiduciario.

Contratto estimatorio

Secondo una certa dottrina (Vasalli) altra figura giuridica di contratto fiduciario prevista espressamente dalla legge.

art. 1556 c.c. nozione: con il contratto estimatorio una parte (tradens) consegna una o più coese mobili all’altra (accipiens) e questa si obbliga a pagarne il prezzo salvo che restituisca le cose nel termine stabilito.

Si dice, infatti, che l’accipiens è investito di un potere reale di disposizione nei confronti dei terzi, limitato nei confronti del tradens, nel senso che egli non potrà fare delle cose mobili consegnate un uso diverso dallo scambio.

La dottrina  dominante (Capozzi – Balbi – Cottino – Lipari) non ritiene di annoverare il contratto estimatorio nell’ambito della fattispecie fiduciaria;

1)     la fiducia che il tradens ripone nell’accipiens, infatti, non è diversa

da quella che ogni soggetto ripone nella sua controparte quando conclude un contratto di scambio;

2)     inoltre, la fiducia è caratterizzata da uno scopo indiretto, tendente,

cioè, a perseguire finalità che non si possono o non si vogliono  perseguire utilizzando direttamente un determinato contratto e, pertanto non vi può essere spazio per essa se esiste un contratto tipico, come quelli estimatorio, direttamente a disposizione delle parti.

Il patto di retrovendita

è un contratto preliminare con il quale il compratore si obbliga a rivendere al venditore il bene acquistato.

Secondo la Cassazione tale figura rientra tra le ipotesi di negozio fiduciario.

Come il negozio fiduciario ha efficacia meramente obbligatoria, ossia limitata alle parti; tuttavia trattandosi di contratto preliminare (seppure unilaterale) ed essendone, dunque, prevista la trascrizione, in caso d’inadempimento del promettente alienante, il promissorio acquirente potrà giovarsi dell’effetto prenotativo della trascrizione, prevalendo così su eventuali acquirenti dello stesso venditore che avessero trascritto il proprio acquisto in epoca successiva alla trascrizione del preliminare.

Esso pertanto pur non avendo efficacia reale (a differenza del patto di riscatto ex art. 1500, co 2), presenta maggiori vantaggi per le parti rispetto ad un pactum fiduciae.

Quest’ultimo, infatti, se resta segreto tra le parti, non venendo consacrato nell’atto pubblico notarile, avrà efficacia meramente obbligatoria e, nel caso in cui il fiduciario, nel frattempo dovesse alienare il bene oggetto del pactum fiduciae a terzi, il sfiduciante avrà come unico rimedio il risarcimento del danno; il patto di retrovendita, invece, pur avendo efficacia meramente obbligatoria trattandosi di un contratto preliminare, si giova dei vantaggi della trascrizione, formalità obbligatoria se l’atto avviene attraverso il ministero pubblico del notaio.

IL TRUST

Nozione

il TRUST è il complesso dei rapporti giuridici istituiti da una persona (il costituente o “SETTLOR”) con atto tra vivi o mortis causa qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un altro soggetto (cd. TRUSTEE) nell’interesse di un BENFICIARIO (che può essere in tutto o in parte lo stesso TRUSTEE) o per un fine specifico (art.2 della Convenzione de l’Aja del 1/7/1985 ratificata dall’Italia con Legge 364 del 16/10/1989).

I soggetti del TRUST sono, quindi, normalmente, tre:

A)   il SETTLOR,

B)    il TRUSTEE,

C)     il BENEFICIARIO:

questi tre soggetti hanno “posizioni soggettive” e RUOLI distinti:

–             il primo (SETTLOR) è l’originario proprietario della porzione di patrimonio (o di determinati beni) che viene istituita in TRUST;

–             il secondo (TRUSTEE) è il soggetto a cui attraverso il TRUST viene, conferito il potere-dovere di gestire, amministrare e disporre dei beni costituenti il TRUST e di cui esso TRUSTEE acquisisce, a seconda dei casi, la piena proprietà o il CONTROLLO: il potere del TRUSTEE sia esso di piena proprietà o di altro tipo (possesso o controllo) subisce il LIMITE FUNZIONALE della DESTINAZIONE DEI BENI alla realizzazione di uno scopo: tale scopo (che costituisce la CAUSA del TRUST) può coincidere o con l’interesse del beneficiario o col perseguimento di un fine specifico (cd. TRUST di scopo);

–             il terzo (BENEFICIARIO) normalmente è un soggetto che il SETTLOR vuole beneficare in VIA INDIRETTA attraverso l’istituzione del TRUST; ma può essere anche lo stesso SETTLOR che voglia ricavare un beneficio dalla temporanea fruttuosa gestione del TRUSTEE.

Per ultima Cassazione

Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 19 aprile 2018, n. 9637.

L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall’atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee. Conseguentemente, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust, spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi.

Va anche precisato che il beneficiario MANCA nel TRUST di puro scopo (TRUST di beneficenza o a fini religiosi).

Va anche rilevato che qualora nello stesso soggetto convergono le due posizioni di SETTLOR e beneficiario si ha un’ipotesi di RAPPORTO UNISOGGETTIVO, in cui lo stesso soggetto ha due autonome posizioni (come nel PRELEGATO: soggetto prelegatario e coerede).

Disciplina normativa

A)   la Convenzione de l’Aja del 1985 si limita a dare la nozione di TRUST (riconoscendo, quindi, implicitamente la legittimità di tale istituto e la MERITEVOLEZZA della sua CAUSA) e a fornire i CRITERI per individuare la legge applicabile al TRUST e a risolvere il conflitto tra leggi di diversi ordinamenti: ha, pertanto, una funzione di norma di diritto internazionale privato specificamente dettata per questo istituto (stante la sua notevole diffusione specie nei PAESI di COMMON LAW) e indirizzata sia ai Paesi che conoscono e disciplinano il TRUST coi loro ordinamenti interni sia ai cd. PAESI – NO TRUST (come l’Italia);

B)    la legge di Ratifica della Convenzione (legge ordinaria n.364/1989) riconosce la legittimità del TRUST (e la meritevolezza della sua causa): tuttavia, mancando una disciplina privatistica del TRUST, il nostro PAESE ammette e riconosce gli atti (inter vivos e mortis causa) di TRUST come regolati dalla legge (legge inglese o di altro Stato che disciplina il TRUST) scelta dal costituente (art.6 della Convenzione) o individuata coi criteri dell’art.7 della Convenzione medesima.

C)    la legge richiamata (cd. legge applicabile) espressamente legittimata dalla CONVENZIONE si limita a disciplinare il singolo TRUST con le sue norme, le quali, tuttavia, non possono trovare applicazione in Italia, qualora siano espressione di principi in contrasto con principi inderogabili dell’ordinamento interno italiano (patti successori, diritti dei legittimari, etc.);

D)   uno dei problemi più discussi del TRUST con la legge interna italiana è quello della TRASCRIVIBILITA’ di un TRUST CONVENZIONALE avente ad oggetto immobili trasferiti in proprietà contro il SETTLOR e a favore del TRUSTEE (indicando però la qualità di TRUSTEE di quest’ultimo): la dottrina prevalente non ha ritenuto possibile tale schema di pubblicità ipotecaria, stante la TIPICITA’ degli atti trascrivibili (2643) e stante la rigidità (anche sotto il profilo del software informatico) della NOTA MECCANIZZATA.

E)    Un varco è stato aperto da un Decreto del Tribunale Civile di Bologna 28 aprile 2000 che ha ordinato al Conservatore dei Registri Immobiliari di Bologna di trascrivere un negozio istitutivo di TRUST CONVENZIONALE (interno) risultante da scrittura privata autenticata da Notaio italiano e contenente trasferimento di beni immobili a favore del TRUSTEE con costituzione di detti immobili in TRUST e con destinazione ad un certo scopo; il Tribunale ha motivato il decreto sulla base della liceità del TRUST alla luce della Convenzione dell’Aja e relativa legge italiana di ratifica, ha esaminato l’art.12 della Convenzione che sancisce l’obbligo del TRUSTEE di provvedere alla registrazione del TRUST e di richiedere la sua ISCRIZIONE facendo esplicitamente risultare l’esistenza del TRUST e la sua qualità di “TRUSTEE”, a meno che ciò non sia incompatibile con le norme dello Stato in cui deve avvenire la registrazione: ebbene, secondo il Tribunale tale incompatibilità non esiste per due motivi:

1)     perché la proprietà del TRUSTEE  ancorché non sia piena è

“QUALIFICATA” (secondo alcuni “FUNZIONALMENTE LIMITATA”) dalla destinazione allo scopo del TRUST (proprietà VINCOLATA): ebbene, attualmente vi sono molte deroghe al principio della TIPICITA’ dei Diritti reali (cd.NUMERUS CLAUSUS) come nella multiproprietà, nella proprietà fiduciaria delle Azioni, proprietà della Monte Titoli Spa, proprietà della Società di Gestione Fondi comuni di investimento; in tali statuti vi sono già gli elementi di una patrimonio separato destinato ad uno scopo (ed autonomo rispetto al patrimonio del titolare “Temporaneo”) e di una “proprietà Temporanea” (ossia per il tempo breve o lungo necessario a realizzare lo scopo), onde non può ritenersi l’istituto del TRUST incompatibile con le norme dell’ordinamento italiano che già conosce analoghe figure);

2)     vi è il supporto dell’art.2645 c.c. che ammette la trascrivibilità di tutti gli atti (diversi da quelli contemplati dall’art.2643) che producono gli stessi effetti in relazione a beni immobili o diritti immobiliari e art.2647 che prevede la trascrizione autonoma di alcuni particolari negozi.

F)    art. 2645 c.c.    altri atti soggetti a trascrizione: deve del pari rendersi pubblico, agli effetti previsti dall’articolo precedente, ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluno degli effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643, salvo che dalla legge risulti che la trascrizione non è richiesta o è richiesta a effetti diversi (Cod. Proc. Civ. 555).

Il problema dell’ammissibilità del TRUST nell’ordinamento italiano.

Bisogna distinguere fra due ipotesi:

1)     TRUST costituito con atto tra vivi o con testamento e regolato dalla Legge scelta dal costituente (ad esempio dalla legge inglese): tale trust costituisce ipotesi di “TRUST CONVENZIONALE” regolato dalla legge inglese (ad esempio con settlor e trustee e beneficiari italiani, regolato dalla legge inglese): il richiamo alla legge inglese ha solo valenza di “predisposizione regolamentare”; il che lo differenzia, sotto l’aspetto genetico del “Trust di diritto inglese” (che viene regolato dalla Legge inglese, purchè i soggetti sono cittadini inglesi ed il luogo di realizzazione degli effetti è l’Inghilterra). Il trust regolato dalla legge inglese è sicuramente valido ed efficace in Italia nei limiti in cui non abbia un contenuto contrario o difforme dal “TIPO” previsto dalla Convenzione dell’Aja  oppure contrario a specifiche norme imperative dell’ordinamento italiano (diritti dei legittimari, patti successori, etc.): in tal caso, secondo la Convenzione (art.15) il Giudice interno dovrà adoperarsi per realizzare gli obiettivi del trust con altri mezzi giuridici. In altri termini, né la Convenzione dell’Aja, né la legge applicabile scelta dal costituente hanno forza normativa per modificare l’ordinamento italiano: ciò perché la legge italiana non prevede una sua disciplina del trust ed un preciso inquadramento dell’istituto nell’ambito dei patrimoni di destinazione a rilevanza reale (teoria oggettiva del TRUST) oppure nei patrimoni vincolati ad uno scopo trasferiti ad un nuovo soggetto di diritto (lo stesso TRUST come soggetto di diritto in analogia a quanto previsto per le Fondazioni o, per i trusts di breve durata, per i COMITATI) (Teoria soggettiva del TRUST). In conclusione, il TRUST regolato da una Legge (diversa da quella italiana) che prevede e disciplina il TRUST può trovare applicazione in Italia nei limiti in cui il suo contenuto non sia incompatibile coi principi di ordine pubblico dell’ordinamento italiano; la legge inglese (o l’altra legge scelta dal settlor) non può RINVIARE alla Legge italiana (purchè questa non conosce il TRUST) né ha la forza di modificare la Legge italiana.

2)     Problema dell’ammissibilità di un TRUST regolato dalla legge italiana.

Allo stato attuale sembra prematuro, in mancanza di una specifica NORMAZIONE ITALIANA, il riconoscimento di validità ed efficacia a TRUST di diritto italiano (se non in limitate ipotesi di NEGOZI ATIPICI aventi la CAUSA del TRUST ed un contenuto compatibile con l’ordinamento italiano).

L’atteggiamento della dottrina può così sintetizzarsi:

1)     TEORIA ASSOLUTAMENTE NEGATIVA all’introduzione del TRUST nel nostro ordinamento (sostenuta soprattutto dal Francesco Gazzoni):

Secondo tale teoria il TRUST è fattispecie del tutto diversa dal NEGOZIO FIDUCIARIO che è caratterizzato da un PATTO tra FIDUCIANTE E FIDUCIARIO   privo di ogni RILEVANZA REALE;

il TRUST nasce, invece,

1)     proprio dall’esigenza, nei sistemi anglosassoni,

DI DARE RISPOSTA alla VIOLAZIONE DI OBBLIGAZIONI FIDUCIARIE da parte dei soggetti ATTRIBUTARI della titolarità di PATRIMONI (o di determinati beni) in proprietà con l’obbligazione fiduciaria verso il disponente di destinare tali beni a favore di terzi beneficiari o al perseguimento di uno scopo specifico;

2)     o infine di RITRASFERIRE i beni in TRUST al

SETTLOR una volta esaurito lo scopo del TRUST (il trust nacque in occasione della partenza per le Crociate o altre campagne di guerra dei FEUDATARI INGLESI: costoro intestavano i beni fiduciariamente ad un TRUSTEE affinchè li amministrasse in loro assenza o li trasferisse alla loro famiglia in caso di loro decesso o li restituisse al SETTLOR al suo ritorno): la violazione di tale obbligazione, non avendo rilevanza reale e opponibilità ai terzi, comportava il semplice risarcimento del danno.

Nel trust, invece, il trasferimento di proprietà o la sottoposizione di beni al controllo del trustee unitamente al VINCOLO di destinazione dei beni medesimi al perseguimento degli interessi del beneficiario (sia esso il terzo beneficiario o lo stesso disponente) acquistano RILEVANZA REALE, con la conseguente tutela giuridica specifica sia della posizione del disponente che di quella del beneficiario. L’effetto di tale Rilevanza Reale è l’autonomia del patrimonio – TRUST rispetto sia la patrimonio del disponente sia la patrimonio del TRUSTEE con la conseguente insensibilità alle pretese dei creditori del disponente e del trustee. La natura di PATRIMONIO SEPARATO del TRUST con rilevanza reale del vincolo di destinazione determina secondo la teoria negativa in esame quattro ostacoli insuperabili alla sua ammissibilità nell’ordinamento italiano:

a)     la violazione dell’art.2740 c.c. (GARANZIA GENERICA) che è il  pilastro della TUTELA DEL CREDITO: il debitore risponde con tutto il suo patrimonio salve le limitazioni di responsabilità ammesse dalla legge (es. beneficio dell’inventario o posizione dell’accomandante) art.2740; e viola altresì la PARCONDICIO CREDITORUM: i creditori hanno egual diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore (salve legittime cause di prelazione: privilegi, ipoteche, pegni) art.2741, purchè si creerebbe col TRUST una SORTA di GARANZIA REALE ATIPICA a favore di soggetti diversi dalla massa originaria dei creditori chirografari.

La possibilità di creare uno o più patrimoni separati attraverso il TRUST viola palesemente i due principi della universalità della responsabilità patrimoniale e della unicità del patrimonio.

a) la possibilità di una “proprietà temporanea” in testa al trustee viola il numerus clausus dei diritti reali e l’integrità del contenuto del diritto di proprietà;

b)     le cause lecite dei negozi traslativi sono lo scambio e la liberalità; il trust determinerebbe un trasferimento di proprietà dal disponente al trustee SENZA CAUSA.

La rilevanza reale del vincolo di destinazione apposto ai beni istituiti in TRUST e la qualità di TRUSTEE del loro titolare (coi relativi limiti funzionali del suo diritto di proprietà) sono INCOMPATIBILI con la TASSATIVITA’

2)     TEORIA FAVOREVOLE all’introduzione del TRUST nel nostro ordinamento (sostenuta da UBALDO LA PORTA e altri Autori):

questa teoria si propone di individuare  punti di contatto del TRUST in istituti già presenti in FORMA TIPICA nel nostro ordinamento e quindi di constatare l’assolutezza dei quattro ostacoli innanzi evidenziati, spianando così la strada all’introduzione del TRUST nel nostro ordinamento con specifica disciplina.

Ovviamente, tutti gli ostacoli sarebbero più facilmente superabili se si accettasse la tesi soggettivistica che concepisce il TRUST come soggetto di diritto dotato di sua autonomia patrimoniale, responsabile col suo patrimonio di tutte le obbligazioni assunte, soggetto di trascrizioni a favore (conferimenti) e contro (atti di disposizione), che agisce per il conseguimento dello scopo voluto dal costituente; ma questo schema confinerebbe il TRUST in una FONDAZIONE FIDUCIARIA con vincoli anche BUROCRATICI che SNATUREREBBE la duttilità dell’istituto e la sua capacità di adeguarsi alle applicazioni più varie anche in campo commerciale (laddove com’è noto le fondazioni debbono tendere a scopi di natura ideale). Il fenomeno va quindi inquadrato nell’ottica (oggettiva) del negozio di destinazione di un patrimonio ad uno scopo, nel quale la rilevanza di tale destinazione non abbia VALENZA obbligatoria (come nel patto di fiducia) ma VALENZA REALE DICHIARATA E OPPONIBILE AI TERZI.

Così inquadrato il fenomeno vanno fatte le seguenti considerazioni in contrapposizione a quelle della teoria avversa:

a)     il nostro ordinamento già conosce negozi di destinazione di un patrimonio ad uno scopo come.

1)     il fondo patrimoniale:

2)     nella riforma delle Società di capitali è prevista la nuova figura nell’ambito delle Società per Azioni di “patrimoni destinati ad uno scopo” autonomi rispetto al residuo patrimonio societario.

Ovviamente, l’esigenza della tutela del credito dell’art.2740 comporterà l’eventuale REVOCATORIA (come già avviene per il fondo patrimoniale) dei fenomeni di TRUST IN FRODE AI CREDITORI.

D’altra parte se il debitore può vendere in tutto o in parte i suoi beni (salve le azioni a tutela del credito) non si vede perché aprioristicamente non potrebbe istituirli in TRUST;

b)     quanto al problema della tipicità dei diritti reali e dell’integrità della piena proprietà va osservato che il nostro ordinamento ha già disciplinato legislativamente fenomeni di proprietà atipica come la Multiproprietà che certamente presenta un superamento dell’integrità del diritto di proprietà;

c)     quanto alla CAUSA va osservato che l’autonomia privata trova il suo limite INVALICABILE in una CAUSA MERITEVOLE DI ACCOGLIMENTO (cd. giudizio di meritevolezza della causa atipica): ebbene, il giudizio positivo di meritevolezza della causa del TRUST è implicito nella legge di ratifica della Convenzione. Superato questo ostacolo, se ne profila un altro: che secondo i canoni del nostro ordinamento l’acquisizione negoziale di un diritto soggettivo di proprietà può avvenire solo a titolo di scambio o di liberalità:non si obietta che ciò è vero per l’acquisizione a titolo definitivo mentre nel caso di specie l’attribuzione della proprietà al TRUSTEE non è definitiva ma solo FUNZIONALE al conseguimento della CAUSA CONCRETA del negozio di attribuzione.

Il LA PORTA richiama il fenomeno della cessione del credito a scopo di garanzia (ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza) come fattispecie in cui il trasferimento del credito dal cedente al cessionario non determina ARRICCHIMENTO del CESSIONARIO (come nella CAUSA TITPICA DEI TRASFERIMENTI) ma soltanto un’investitura nella titolarita’ dei crediti funzionale alla causa di garanzia: “tale investitura (temporanea) è destinata a cessare ove la causa di garanzia venga ANNICHILITA dalla soddisfazione del credito originario garantito”: la causa di garanzia incide anche sulla disciplina della posizione del cessionario nel periodo di titolarità del credito fino all’adempimento dell’obbligazione principale, disciplina che sarà quella del PEGNO DI CREDITI (per interpretazione analogica). Parimenti, nel TRUST il trasferimento della proprietà dei beni (o di altri diritti) al TRUSTEE non è diretto all’arricchimento finale del TRUSTEE ma è FUNZIONALE al conseguimento di benefici a favore di altre PERSONE (i beneficiari del TRUST quali i poveri, i malati, gli interdetti, i laboratori di ricerca, i soggetti da garantire nel TRUST di GARANZIA etc.). In conclusione, il trasferimento di proprietà al TRUSTEE non è senza causa, ma è STRUMENTALE alla specifica CAUSA del TRUST.Con riferimento al TRUST che contempli il trasferimento al TRUSTEE di BENI IMMOBILI risulta insufficiente, secondo LA PORTA, la MERA TRASCRIZIONE contro il disponente e a favore del TRUSTEE (indicato nella nota con le sue generalità e Codice Fiscale e nel quadro “D” designato come TRUSTEE con indicazione dei suoi poteri funzionalmente limitati): questa sarebbe soltanto una pubblicità-notizia con la conseguenza che il terzo avente causa del TRUSTEE che gli avesse alienato l’immobile in violazione degli obblighi di destinazione vedrebbe salvo il suo acquisto, salvo ad essere eventualmente tenuto ad un risarcimento del danno verso il settlor o verso i beneficiari. La rilevanza reale erga omnes dal vincolo di destinazione si ottiene solo con la DOPPIA TRASCRIZIONE:

a) la prima trascrizione a favore del TRUSTEE;

b) la seconda trascrizione contro il TRUSTEE e a favore dei beneficiari

del TRUST che potranno essere determinati beneficiari se indicati dal SETTLOR;

c) oppure in caso di beneficiari indeterminati o in caso di TRUST di

scopo la seconda trascrizione avverrà a favore del disponente come titolare dell’interesse alla realizzazione degli scopi del TRUST e quindi alla destinazione degli immobili in TRUST (o anche come beneficiario del TRUST).

d)     il quarto ostacolo da superare per assicurare la cittadinanza e l’efficacia del TRUST nel nostro ordinamento è quello di individuare gli strumenti idonei a – – determinare l’inefficacia degli atti del TRUSTEE (di amministrazione o disposizione) in VIOLAZIONE degli obblighi di destinazione imposti dal SETTLOR;

– a tutelare, in via convenzionale o giudiziale il SETTLOR o i beneficiari, anche in via preventiva, da possibili ABUSI del TRUSTEE nonché

a rendere il vincolo di destinazione del TRUST opponibile ai terzi e conferendo a tale vincolo “RILEVANZA REALE”.

 

A dare forza a questa teoria è intervenuta ultima sentenza della Cassazione,

Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 19 aprile 2018, n. 9637.

secondo la quale, la valutazione (astratta) della meritevolezza di tutela e’ stata compiuta, una volta per tutte, dal legislatore. La L. 16 ottobre 1989, n. 364 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1 luglio 1985), infatti, riconoscendo piena validita’ alla citata convenzione dell’Aja, ha dato cittadinanza nel nostro ordinamento, se cosi’ si puo’ dire, all’istituto in oggetto, per cui non e’ necessario che il giudice provveda di volta in volta a valutare se il singolo contratto risponda al giudizio previsto dal citato articolo 1322 c.c. (nella premessa alla Convenzione si afferma espressamente che si tratta di un istituto tipico dei Paesi di common law, adottato pero’ anche da altri Paesi con alcune modifiche).

LA STRUTTURA del negozio istitutivo del TRUST (TRUST CONVENZIONALE).

Secondo la dottrina tradizionale non può esistere trasferimento a titolo gratuito o oneroso senza un negozio bilaterale, onde anche il trust convenzionale con destinazione di beni andrebbe costituito come negozio BILATERALE sottoscritto dal settlor e dal TRUSTEE.

Secondo la dottrina prevalente il TRUST CONVENZIONALE inter vivos andrebbe costruito come ATTO TRASLATIVO UNILATERALE sottoscritto dal solo SETTLOR; l’unilateralità si giustifica sulla base delle seguenti considerazioni:

1)     il trasferimento dei beni dal settlor al trustee non avviene né sulla base di un rapporto sinallagmatico (causa onerosa) né sulla base di un atto di liberalità (causa donandi): il trustee non consegue alcun arricchimento essendo il trasferimento strumentale alla realizzazione di benefici per terzi (beneficiari) o per lo stesso settlor; non si tratta pertanto di un contratto, ma soltanto dell’investitura del trustee in una funzione per la quale è sufficiente l’atto unilaterale;

2)     non c’è alcun bisogno di un’accettazione del trustee,né le volontà di settlore trustee debbono comporsi in un consenso;il settlor trasferisce i suoi beni al trustee, dettandogli finalità e comportamenti, ma non vi è alcuna trattativa o negoziato: il trustee potrà rinunziare all’incarico con altro atto unilaterale. Trattasi di negozio unilaterale ricettizio che produce i suoi effetti quando viene a conoscenza del TRUSTEE. L’atto di DOTAZIONE del TRUST normalmente è atto separato contenente il trasferimento dei beni in TRUST (ma può essere anche contrattuale al trust)

La teoria del Prof. Piero Schlesinger.

il cd. TRUST   INTERNO ossia il trust istituito da cittadini italiani avente ad oggetto beni siti in Italia e disciplinato – per scelta del soggetto che l’istituisce – da una legge straniera che conosce e regola tale istituto (ad esempio dalla Legge inglese) è perfettamente lecito: tuttavia, può avere un’utilizzazione assai limitata nell’ordinamento giuridico italiano che è un ordinamento – NO TRUST con principi generali incompatibili con l’istituto del TRUST (specie in materia di tutela del credito e di pubblicità immobiliare). Pertanto, solo dopo l’introduzione di una legge italiana sul TRUST , tale istituto, sia che regolato dalla legge italiana, sia che regolato da una legge straniera scelta dai costituenti, potrà trovare prima applicazione.

L’atto costitutivo del Trust de jure condendo deve essere caratterizzato da

tre elementi indefettibili:

a)           un atto traslativo unilaterale astratto (o comunque a causa neutra);

b)          un atto traslativo ad efficacia reale che comporti lo spoglio del settlor ed il trasferimento dei beni al Trustee ancorchè il trasferimento sia funzionale al conseguimento della specifica destinazione dei beni (e va ricordato che secondo LA PORTA anche tale destinazione vincolante nei TRUSTS IMMOBILIARI deve essere oggetto di una SECONDA e AUTONOMA FORMALITA’ di TRASCRIZIONE come avviene nelle trascrizioni del fondo patrimoniale e delle altre fattispecie del 2647 c.c.);

i beni istituiti in TRUST non entrano a far parte del patrimonio del trustee e sono insensibili alle pretese dei creditori personali del TRUSTEE (anche tale separazione dei patrimoni dovrà espressamente risultare dalla formalità di trascrizione del TRUST, il che non è possibile allo stato attuale della legislazione italiana).

Contenuto di un atto inter vivos di trust.

La dottrina più avanzata nello studio del TRUST (D’Errico, Lupos ed altri) attribuisce al TRUST la natura e la struttura di NEGOZIO UNILATERALE normalmente RECETTIZIO contenente la dichiarazione di volontà istitutiva del TRUST che si combina con la conoscenza da parte del TRUSTEE.

L’atto istitutivo del TRUST normalmente contiene anche l’atto di dotazione che contempla i beni costituiti in TRUST e trasferiti o posti sotto il controllo del TRUSTEE.

TENTATIVO di costruzione di un atto di TRUST (secondo il D’ERRICO):

Articolo 1. Volontà e denominazione.

Tizio costituisce UN TRUST, ai sensi e per gli effetti della Convenzione de l’Aja adottata il 1° luglio 1985 e ratificata dall’Italia con legge 16 ottobre 1989 n.364, avente la seguente denominazione: “TRUST………………….”.

Articolo 2. Legge regolatrice.

Il presente TRUST è regolato dalla Legge……………..

(deve trattarsi di Legge che già disciplina il TRUST).

Articolo 3. Luogo di Amministrazione.

Il luogo di Amministrazione del TRUST è fissato nella città di …………..Stato………al seguente indirizzo (normalmente …………….il domicilio del TRUSTEE).

Tale luogo identifica, ad ogni effetto di Legge, la sede effettiva dell’Amministrazione.

Articolo 4. Scopo.

Il presente TRUST è costituito nell’interesse dei seguenti BENEFICIARI (indicazione con le generalità) oppure nell’interesse dei beneficiari che saranno individuati dal TRUSTEE in base ai seguenti criteri…………

OPPURE

nel TRUST DI SCOPO : “Il presente TRUST è costituito per aiutare i poveri del quartiere ……..della città di……………o per restaurare le seguenti opere d’arte

Articolo 5. Durata.

Il TRUST avrà durata fino al  …………..

Alla scadenza i beni saranno consegnati dal TRUSTEE ai beneficiari, oppure (nel caso di mancanza di beneficiari) restituiti al costituente (o ai suoi successori).

E’ da notare che i TRUSTS per fini religiosi o caritatevoli possono essere perpetui.

Articolo 6.

Viene nominato TRUSTEE coi poteri di gestire, amministrare e disporre dei beni del TRUST il Signor…………..(anche più TRUSTEE).

Il TRUSTEE dovrà esercitare i suoi poteri ai soli fini del raggiungimento dello scopo innanzi indicato.

Disciplina specifica degli atti di amministrazione e disposizione.

Revoca del TRUSTEE e sostituzione……………..

Responsabilità del TRUSTEE e clausole di esonero da responsabilità………..

Remunerazione del TRUSTEE e rimborso spese.

Articolo 7. Riserve a favore del costituente. Ulteriori nomine.

a)     riserve di poter modificare in tutto o in parte il TRUST: o di nominare altri TRUSTEE;

b)     riserva di nominare un PROTECTOR per controllare l’attività del TRUSTEE ad esprimere pareri (non vincolanti) circa l’opportunità di taluni atti o per dirimere controversi.

Articolo 8. Rendiconto.

Nel Trust convenzionale è obbligatorio il rendiconto periodico al protector se nominato o al costituente per tutta la durata del TRUST (non è invece previsto nel BLIND TRUST).

Articolo 9. Dotazione.

Vengono trasferiti in proprietà al TRUSTEE funzionalmente al conseguimento degli scopi del TRUST i seguenti beni:

–        descrizione analitica dei beni (mobili o immobili).

Articolo 10. Dichiarazione finali e fiscali.

–        Previsione di formalità (registrazione, trascrizione, attribuzione del Codice Fiscale, etc.)

–        Imposte e spese:

Va notato che l’unica delibera degli organi fiscali che si è occupata del TRUST è quella del SECIT n.37 dell’11/5/1998 che pare aderire alla Teoria soggettiva del TRUST in quanto prevede l’attribuzione del Codice Fiscale al TRUST come soggetto fiscale;

dotazione (7% + 2% + 1%) che per il primo passaggio si applica al valore dell’usufrutto (e si tassa come la Rendita vitalizia tenuto conto della        del Trust);

e per il secondo passaggio del TRUST ai beneficiari al valore della piena proprietà (dedotta l’imposta già pagata). nonché l’applicazione dell’imposta fissa al TRUST istitutivo (che non contenga l’atto di trasferimento dei beni al Trustee), nonché l’ordinaria imposta di trasferimento per l’atto di

 

Le applicazioni pratiche del TRUST:

Il Trust nel testamento:

si ha qualora il testatore istituisca il TRUST destinandovi determinati beni che il TRUSTEE dovrà gestire ed amministrare per un certo periodo e poi alla scadenza del termine fissato trasferirli ai beneficiari; si ritiene che purchè tale TRUST possa avere effetto in Italia, debba essere regolato da una legge che disciplina il TRUST (ad esempio la legge inglese);

secondo la dottrina del TRUST, il TRUSTEE non è né erede (stante la provvisorietà dell’intestazione dei beni) né legatario (perché non realizza alcun ARRICCHIMENTO e perché i beneficiari sono aventi causa del TRUSTEE e non aventi causa dal SETTLOR).

Il TRUST a SCOPO DI GARANZIA.

 La liceità di tale tipo di TRUST si può ammettere sulla base delle seguenti considerazioni:

A) non è violata la cd. garanzia generica dei creditori (art.2740) costituita dalla responsabilità patrimoniale illimitata del debitore, purché alla liceità del TRUST consegue la liceità della creazione di un patrimonio separato in testa al TRUSTEE; ovviamente, se il TRUST fosse adottato per frodare le ragioni del debitore (scopo di garanzia non c’è dubbio che il creditore potrebbe azionare l’azione revocatoria;

B) non è violata la PAR CONDICIO CREDITORUM (2741) e la tipicità della cause legittime di prelazione (privilegio, pegno, ipoteca) perché MANCA LA REALITA’ tipica delle suddette garanzie: il trustee ha la funzione di gestire i beni in TRUST e di provvedere con le loro rendite o col ricavato dalla loro vendita al soddisfacimento del beneficiario-avente causa; l’acquisizione del bene in TRUST è solo STRUMENTALE allo scopo di GARANZIA.

La dottrina ha già elaborato la figura della cessione di crediti a scopo di garanzia, in cui il debitore (a garanzia dell’adempimento di un’obbligazione) cede al creditore dei propri crediti verso terzi non per provocare un arricchimento del creditore ma solo per GARANTIRE l’adempimento del suo debito.

In altri termini, accanto alle forme tipiche di garanzia reali e personali, il mondo degli affari col concorso degli operatori giuridici sta elaborando nuove forme di garanzia atipiche (basti pensare al contratto autonomo di garanzia a prima richiesta) che coniughino la tutela del creditore con la tutela del debitore-contraente debole;

C) non vi è violazione del divieto di patto commissorio (2744) proprio perché mancano gli elementi del patto commissorio:

–        sproporzione tra l’entità del debito garantito ed il valore dei beni trasferiti,

–        approfittamento dello stato di bisogno del debitore.

L’obbligo di rendiconto del trustee sottrae il TRUST al divieto del patto commissorio.Nel trust convenzionale a scopo di garanzia, la causa è la causa di destinazione (tipica del TRUST) di determinati beni ed una causa lecita di garanza:la liceità è testimoniata dagli elementi costitutivi del TRUST di GARANZIA:

1)     il controllo dei beni da parte del TRUSTEE;

2)     l’obbligo di rendiconto del TRUSTEE (in caso di inadempimento del

settlor debitore all’obbligazione principale si avrà pagamento del debito con i beni del TRUST e restituzione al debitore-SETTLOR delle eccedenze rispetto al debito adempiuto e suoi accessori): tale obbligo può essere rafforzato anche attraverso la previsone di un TUTORE (cd. protector);

3)     il vincolo specifico di destinazione dei beni alla garanzia;

4)     l’autonomia patrimoniale dei beni in TRUST .

Settore immobiliare.

Una particolare applicazione del TRUST a scopo di garanzia si potrebbe avere nelle svariate ipotesi di vendita del terreno o di un fabbricato da abbattere e ricostruire da parte di uno o più soggetti a favore di un’Impresa che dia in corrispettivo una certa percentuale delle unità immobiliari di nuova costruzione (costruite a propria cura e spese) trattenendo per sé le residue unità sia a ristoro delle spese sia a compenso dell’attività di Impresa.

Gli strumenti notarili più frequenti sono:

–        vendita con riserva di superficie e appalto;

–        permuta di cosa presente con cosa futura;

–        cessione di quota indivisa dell’area all’Impresa, divisione della cosa futura e appalto,

Comune a tutte le varie ipotesi è l’esigenza della GARANZIA dell’OPERAZIONE (e cioè della costruzione effettiva dell’edificio) a tutela dei venditori, ma anche l’esigenza di assicurare all’impresa la possibilità di ottenere un finanziamento dalle Banche.

Tali esigenza verrebbe soddisfatta da questo tipo di TRUST:

– I proprietari del terreno (o dell’area edificatoria di risulta da un abbattimento) trasferiscono la PROPRIETA’ dell’Area ad una Società di costruzioni;

– questa Società si procura il finanziamento, istituendo in TRUST le Azioni della Società: il TRUST è istituito a scopo di GARANZIA e viene nominata TRUSTEE la Banca finanziatrice.

Il Trustee (Banca) si pone come FULCRO dell’operazione: il danaro del finanziamento viene fatto confluire nel TRUST ed erogato a stati di avanzamento; ultimata la costruzione il TRUSTEE (proprietario strumentale del fabbricato) trasferirà i quartini promessi alla parte venditrice e quelli residui alla Società di costruzioni unitamente alle Azioni congelate.

In caso di inadempimento, si trasferirà il terreno agli originari proprietari (o l’equivalente in danaro).

Alternativamente (adottando lo schema di un TRUST INTERNAZIONALE) si potrebbe nominare TRUSTEE un soggetto diverso dalla Banca.

Nel settore dell’Impresa bancaria

per risolvere attraverso vie diverse dalle tradizionali forme di garanzia (ipoteca-fidejussione) le GARANZIE PASSIVE sempre più richieste alle Banche che concedono il CREDITO ad imprenditori e Imprese.

Nel settore delle Società

A)   STOK OPTION: la Società istituisce in TRUST il diritto dei prestatori di lavoro ad ACQUISTARE attraverso il meccanismo dell’appostazione a Riserva di utili in Bilancio ed il successivo aumento GRATUITO (acquisto a titolo gratuito) oppure attraverso l’acquisto di Azioni a pagamento in forza dell’art.2441 (acquisto a pagamento); i prestatori di lavoro DISPONGONO di tale diritto DOTANDO il TRUST di tali AZIONI e nominando un TRUSTEE che per la durata prevista dall’atto istitutivo garantisca unitariamente detto PACCHETTO AZIONARIO, salvo a trasferirlo ai dipendenti titolari nei tempi e modi prestabiliti;

PATTI DI SINDACATO DI VOTO: Gli azionisti sottoscrittori del patto di sindacato istituiscono un TRUST dotandolo attraverso il trasferimento delle loro AZIONI ad un TRUSTEE che le gestisce votando nelle Assemblee nei modi previsti dal PATTO DI SINDACATO.

C) Istituzione di un TRUST Azionario in cui i membri della famiglia (genitori e figli) o soli genitori o uno dei coniugi istituisce un TRUST dotandolo di tutto o in parte delle proprie partecipazioni Societarie, con la nomina di un TRUSTEE che per un certo periodo di tempo provveda all’amministrazione di dette partecipazioni: le partecipazioni escono dal patrimonio dei loro titolari ed entrano nel TRUST andando a formare un PATRIMONIO AUTONOMO INSENSIBILE alle pretese dei creditori (e alle loro Azioni per il sequestro o il pignoramento) col risultato di separare effettivamente la vita privata del piccolo imprenditore e al limite la gestione della sua piccola Azienda dalla gestione delle sue partecipazioni in Società di ogni tipo che viene affidata al TRUSTEE.

D) Istituzione in TRUST delle Azioni di una Società a SCOPO DI GARANZIA.

Istituzione in TRUST di un’Azienda commerciale individuale: l’imprenditore si spoglia della sua qualità di Imprenditore e istituisce un TRUST dotandola attraverso il trasferimento dell’Azienda medesima: il risultato è che qualora al momento dell’atto istitutivo del TRUST  l’imprenditore fosse in condizione di assoluta SOLVIBILITA’ (il che potrà risultare da una situazione patrimoniale allegata all’atto di TRUST) egli non può FALLIRE; da quel momento nasce il patrimonio AUTONOMO con vincolo di destinazione gestito dal TRUSTEE;questi oltre a gestire l’Azienda, potrà anche trasferire beni mobili o immobili a favore dei figli dell’imprenditore (o a favore di altri beneficiari) secondo le disposizioni contenute nell’atto istitutivo del TRUST; potrà procedere a successivi atti di DOTAZIONE a favore dello stesso TRUST o costituire altri TRUSTS con scopi diversi nel libero esercizio della sua autonomia privata.

Sarà in tal modo PROGRAMMATA anche la successione dell’imprenditore che istituisca il TRUST con l’unico limite del rispetto (previsto dalle norme della Convenzione dell’Aja) dei diritti dei legittimari.

Problema di difficile superamento è quello del Fallimento dell’Azienda;

chi fallisce: il SETTLOR, il TRUSTEE, i beneficiari?

Secondo la dottrina che comincia ad occuparsi del TRUST Aziendale, esclusa l’ipotesi di dichiarare FALLITI IL SETTLOR o i beneficiari purchè non esercitano attività di imprenditori, è da escludersi anche il Fallimento del TRUSTEE che è un Amministratore nell’interesse altrui (un ufficio di diritto privato riconosciuto dalla Legge) e come tale non ha la qualità di imprenditore mancando l’elemento essenziale del Rischio.

L’unica possibilità è quella del Fallimento del TRUST che, come avviene nei rapporti col Fisco, anche in rapporto al Fallimento assume la natura di un soggetto di diritto.

TRUST e DISABILI.

Per superare gli angusti limiti soggettivi della sostituzione fedecommissaria, si può istituire un TRUST dotandolo attraverso il TRASFERIMENTO al TRUSTEE di determinati beni (mobili o immobili) col vincolo della destinazione a tutte le esigenze di vita del disabile e prevedendo anche la sorte di tali beni dopo la morte del disabile; si possono nominare anche dei “controllori di tali TRUST” (cd. guardiano del TRUST o protector).Ovviamente ciò è possibile nei limiti in cui non venga lesa la quota di legittima degli eredi legittimari del DISPONENTE (settlor). Non vi è violazione del fedecommesso perché si ha un istituto diverso dal fedecommesso,infatti manca la doppia figura dell’istituto e del sostituito e mancano i limiti alla disposizione dei beni previsti dalle norme del fedecommesso.

TRUST e famiglia di fatto

Per tutelare i diritti del convivente debole, si può istituire un TRUST dotandolo attraverso il trasferimento ad un TRUSTEE di determinati beni (mobili e immobili) stabilendosi dal disponente o dai disponenti le modalità di trasmissione di tali beni a favore dei beneficiari normalmente alla fine del rapporto (per separazione o per morte di uno dei conviventi).Con riferimento alle ipotesi prospettate (DISABILI – CONVIVENTI di fatto) si ritiene che le posizioni dei beneficiari non possono essere oggetto di atti dispositivi a favore di terzi (a titolo gratuito o oneroso) trattandosi di aspettative di diritto e non di diritti soggettivi di natura patrimoniale, a meno che il trasferimento non avvenga a favore di soggetti che abbiano gli stessi requisiti soggettivi posti dal disponente a fondamento della disposizione (ad esempio donazione a favore dei figli naturali nati dalla convivenza o a favore di figli del disabile bisognosi di assistenza).

TRUST e FONDAZIONI

Si discute che si possa conseguire lo scopo di pubblica utilità e specificatamente di CARITA’, di Assistenza a persone malate o disagiate o disabili attraverso un TRUST di SCOPO, da DOTARE mediante il trasferimento al TRUSTEE da parte di uno o più disponenti anche per lunghi periodi di tempo o in perpetuo (ovviamente prevedendo sistemi i nomina di nuovi TRUSTEE) di beni destinati ai suddetti scopi caritatevoli (cd. CHARITABLE TRUSTS): la soluzione secondo la dottrina maggioritaria è positiva stante la evidente liceità e meritevolezza della figura in esame: rispetto alla fondazione, il TRUST avrebbe il vantaggio di una maggiore libertà di amministrazione dei beni destinati allo scopo. La differenza tra i due istituti secondo la dottrina sarebbe nella PERSONALITA’ GIURIDICA DELLA FONDAZIONE rispetto alla MANCANZA DI SOGGETTIVITA’ del TRUST (almeno secondo la DOTTRINA MAGGIORITARIA), sarebbero, invece, come per le Fondazioni, necessari dei controlli di diritto pubblico su tali TRUSTS aventi scopo di UTILITA’ PUBBLICA.