Il fatto che origina l’errore revocatorio

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 16 marzo 2020, n. 1847.

La massima estrapolata:

Il fatto che origina l’errore revocatorio censurabile è quello che appare con immediatezza, essendo di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche; in sostanza l’errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione, è configurabile solo riguardo all’attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto a loro esistenza e a loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti rappresentazioni, quella emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e dai documenti processuali; ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice.

Sentenza 16 marzo 2020, n. 1847

Data udienza 5 marzo 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7756 del 2019, proposto da
Mi. Sg., rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università di Pisa e Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Al. Ga., rappresentata e difesa dall’avvocato Ni. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Va. Pe. in Roma, via (…);
per la revocazione
della decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, 12 luglio 2019 n. 4917;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Al. Ga.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2020 il Cons. Diego Sabatino;
Vista l’istanza congiunta presentata dai difensori per la spedizione in decisione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 7756 del 2019, Mi. Sg. propone istanza per la revocazione della decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, 12 luglio 2019 n. 4917 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Al. Ga. contro la stessa Mi. Sg., l’Università di Pisa e il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca Al. Ga. per l’ottemperanza di questa Sezione, 6 agosto 2018 n. 4841, nonché :
a) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
per l’annullamento
– del Decreto rettorale d I/1 15434 del 7.12.2011 avente ad oggetto l’approvazione gli atti della valutazione comparativa per la copertura di n. 1 posto di ricercatore universitario per il settore scientifico disciplinare VET/08 “Clinica medica veterinaria” presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Pisa, di cui al bando R.10.01 – D.R. n. 1/1953 del 25.11.2010;
– dei Verbali della Commissione giudicatrice e specificatamente del verbale n. 1 del 16.9.2011, n. 2 del 2.11.2011, n. 3 del 3.11.2011, n. 4 del 4.11.2011, n. 5 del 25.11.2011 nonché della Relazione finale.
– del decreto di assunzione n. 16010 del 19.12.2010 della Dott.ssa Mi. Sg., in qualità di vincitrice della selezione, di cui si è avuto notizia.
b) per quanto riguarda i motivi aggiunti
per l’ottemperanza
della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4841 del 6.8.2018, notificata in data 7.9.2018 (doc. A), la quale ha riconosciuto la fondatezza del ricorso in appello proposto nel giudizio r.g.n. 3793/2016 e per l’effetto ha accolto il ricorso di prime cure, riformando la sentenza del T.A.R. Toscana, Sez. I, n. 1429 del 26.10.2015;
e per la conseguente declaratoria di nullità
– della nota dell’Università di Pisa prot. n. 82330 del 21.12.2018 (doc. 40), con la quale è stato comunicato alla ricorrente, ai sensi dell’art. 7, l. n. 241/1990, l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca del bando, “in conseguenza della sentenza del Consiglio di Stato n. 04841/2018 e della deliberazione del Consiglio del Dipartimento di Scienze Veterinarie (n. 150 del 14.11.2018), che ha espresso, su specifica richiesta dell’Amministrazione, parere negativo circa la sussistenza di un interesse alla ripetizione della procedura di valutazione comparativa in oggetto”;
– della Deliberazione del Consiglio di Dipartimento di Scienze Veterinarie n. 150 del 14.11.2018 (doc. 42), con la quale è stato deliberato “di non avere interesse alla ripetizione della procedura i cui atti sono stati annullati dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4841/2018”, conosciuto soltanto a seguito della suddetta nota;
c) nonché, a seguito dei secondi motivi aggiunti,
per la declaratoria di nullità
– del Decreto Rettorale dell’Università di Pisa prot. n. 14929 del 4.3.2019 (doc. 50), pubblicato all’albo ufficiale di Ateneo del 5.3.2019, con il quale è stato “revocato, ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. 7 agosto 1990 n. 241, il bando emanato con decreto rettorale n. 15931 del 25 novembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 14 dicembre 2010 (codice R.10.01), relativamente al posto assegnato alla Facoltà di Medicina veterinaria per il settore scientifico disciplinare VET/08 “Clinica medica veterinaria” nonché tutti gli atti ad esso presupposti”;
– della nota dell’Università di Pisa prot. n. 15645 del 7.3.2019 (doc. 51), con la quale è stato comunicato alla ricorrente che con Decreto Rettorale prot. 14929 del 4.3.2019 è stato revocato il bando emanato con decreto rettorale n. 15931 del 25.11.2010.
nonché per la condanna dell’Amministrazione all’adozione di un provvedimento di riconvocazione della Commissione giudicatrice della procedura selettiva de quo, ovvero di convocazione di una nuova Commissione, per l’individuazione del candidato idoneo alla nomina a ricercatore a tempo indeterminato per il settore scientifico disciplinare VET/08 “Clinica medica veterinaria” presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa;
nonché per la dichiarazione di estinzione del rapporto di lavoro della controinteressata, ancora in essere sulla base di provvedimenti annullati.
I fatti di causa possono essere così riassunti.
1. Con ricorso in appello n. 3793 del 2016 veniva appellata la sentenza del T.A.R. Toscana n. 1429 del 2015, di reiezione del ricorso proposto da Al. Ga. avverso il decreto n. I/1 15434 del 7.12.2011 del Rettore dell’Università di Pisa d’approvazione degli atti della Commissione giudicatrice per il reclutamento a tempo indeterminato di un ricercatore presso la Facoltà di Medicina Veterinaria – settore scientifico disciplinare VET/08, Clinica medica veterinaria – e di contestuale dichiarazione di vincitrice della dottoressa Mi. Sg.; impugnazione estesa al successivo decreto di assunzione del 19.12.2011.
Sul rilievo dirimente del principio elaborato nel settore degli appalti, ma applicabile anche alla procedura di concorso, a mente del quale la pubblica amministrazione è tenuta ad applicare rigidamente le regole fissate nel bando, il T.A.R. aveva respinto il ricorso incentrato sulla denunciata violazione dell’art. 18, comma 1, lett. b) l.240/2010 letto in combinato disposto con l’art. 97 cost.
Il rapporto more uxorio, oltre che accademico, intrattenuto dalla candidata Sgorbini con il professor Michele Corazza, titolare della cattedra alla quale afferisce il posto messo a concorso, secondo i giudici di prime cure, non avrebbe precluso l’ammissione e la partecipazione alla selezione della candidata, non incorrendo ratione temporis nel divieto recato dall’art. 18, comma 1,lett. b) cit. laddove prescrive “nei procedimenti per la chiamata dei professori di prima e seconda fascia non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o affinità, fino al quarto grado, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura chiamata ovvero con il Rettore, Direttore generale o un componente del Consiglio di amministrazione dell’Ateneo”.
Appellava la sentenza l Al. Ga. con la resistenza dell’Università di Pisa, del Ministero dell’istruzione dell’università e della Ricerca e della controinteressata Mi. Sg..
Alla pubblica udienza del 21 giugno 2018 la causa veniva discussa e decisa con la sentenza 6 agosto 2018 n. 4841. In questa decisione, la Sezione, ritenendo valevole “la portata in apicibus precettiva del principio d’imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa in genere (cfr. art. 1 l. 241/90) e delle procedure concorsuali in specie, nelle quali a fortiori la parità di trattamento fra candidati e (con esso quale metro esclusivo di giudizio) il criterio meritocratico”, in quanto diretta esplicazione dell’art. 97 cost, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, accoglie il ricorso di prime cure.
2. Con successivo ricorso n. 1664 del 2019, Al. Ga. agiva al fine di ottenere l’esecuzione della sentenza n. 4841 del 2018, chiedendo di accertare la violazione o elusione da parte dell’Università di Pisa della sentenza predetta, la conseguente nullità dei provvedimenti indicati in epigrafe, di ordinare all’Università stessa l’adozione di un provvedimento di riconvocazione della Commissione giudicatrice, nonché di dichiarare l’estinzione del rapporto di lavoro della controinteressata, ancora in essere sulla base di provvedimenti annullati dalla sentenza n. 4841 cit..
Avverso tali domande si costituiva in giudizio l’Università di Pisa, chiedendo la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.
Con successivo atto di motivi aggiunti le medesime domande veniva estese nei confronti del successivo Decreto Rettorale dell’Università resistemte, recante prot. n. 14929 del 4 marzo 2019, avente ad oggetto la revoca, ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. 7 agosto 1990 n. 241, del bando emanato con decreto rettorale n. 15931 del 25 novembre 2010.
Anche avverso tali motivi aggiunti controdeduceva l’Università chiedendone il rigetto. Si costituiva altresì in giudizio la controinteressata, originaria vincitrice della procedura annullata, chiedendo la declaratoria di improcedibilità ed inammissibilità nonché il rigetto del gravame.
Alla camera di consiglio del 4 luglio 2019 la causa veniva discussa e decisa con la sentenza oggetto di revocazione. In essa, la Sezione riteneva fondata “la domanda di nullità per elusione del giudicato, a fronte dell’erroneità del presupposto invocato a motivazione della revoca e del connesso effetto di eludere gli esiti del giudiziopassava in decisione” e accoglieva il ricorso, con conseguente declaratoria di nullità dei provvedimenti di revoca in parte qua.
3. Contestando le statuizioni del giudice dell’ottemperanza, la parte ora ricorrente evidenziano l’errata ricostruzione in fatto operata, proponendo domanda di revocazione della sentenza, proponendo un unico motivo di diritto, articolato su tre censure, come meglio descritte in parte motiva.
Nel giudizio per revocazione, si è costituita Al. Ga., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del 5 marzo 2020, su istanza congiunta scritta delle parti, il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

1. – Il ricorso è inammissibile e tale va dichiarato per i motivi di seguito precisati.
2. – Con l’unico motivo di diritto, rubricato “Sulla sussistenza del vizio revocatorio di cui all’art. 395, n. 4 c.p.c.”, viene lamentata l’erroneità della sentenza impugnata, stante la sussistenza del vizio revocatorio di cui all’art. 395, n. 4 c.p.c., in quanto la decisione è il portato di un errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti di causa, giacché fondata sulla supposizione di un fatto (che non ha costituito materia del contendere), la cui verità è incontrastabilmente esclusa.
Il motivo, enunciato in termini generali nella parte iniziale del ricorso, viene poi precisato in relazione a tre diversi profili di doglianza, che attengono alla fattispecie concreta e possono così essere esaminati separatamente.
3. – Sotto un primo profilo (pag. 10), viene lamentata l’esistenza del presupposto normativo dell’esistenza di “una errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti e dei documenti del giudizio, la quale abbia indotto il giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così l’esistenza di un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentalmente provato.
Tale contenuto erroneamente percepito sarebbe costituito dall’aver ritenuto che “lo svolgimento di attività di ricercatrice di ruolo a tempo indeterminato, condotta a seguito di procedura concorsuale poi annullata per ritenuta sua illegittimità, avrebbe consentito all’odierna esponente una progressione di carriera tale da permetterle o comunque da renderle più agevole l’accesso alla qualifica di professore associato”.
L’affermazione sarebbe quindi in contrasto con il sistema di reclutamento del personale docente universitario, come delineato dalla l. 240 del 2010 che fonda l’accesso sulla doppia fase della previa ‘abilitazione scientifica nazionalè, seguita poi dalla procedura di valutazione comparativa ai fini della chiamata in cattedra.
3.1. – La censura non può essere condivisa, in quanto inammissibile per almeno due ordini di ragioni e infondata anche nel merito.
Va in primo luogo evidenziato come l’errore vantato, lungi dall’essere relativo ad un mero fatto materiale, appare, cosi come descritto e sostenuto dalla parte ricorrente, come il frutto di una errata ricostruzione della vigente disciplina in tema di reclutamento del personale docente dell’università . In particolare, l’errore consisterebbe nel non aver considerato la separazione esistente nei modi di reclutamento dei ricercatori ordinari, da un lato, e dei professori associati, dall’altro.
Così formulata la doglianza, non emerge alcun fatto malamente percepito, dal quale ritenere sussistente il dedotto errore revocatorio.
Il fatto che origina l’errore revocatorio censurabile è, per giurisprudenza pacifica (da ultimo, Cons. Stato, III, 21 novembre 2019, n. 7938) quello che appare con immediatezza, essendo di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche. In sostanza l’errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione, è configurabile solo riguardo all’attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto a loro esistenza e a loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti rappresentazioni, quella emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e dai documenti processuali; ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice.
Nel caso in esame, dove l’errore sarebbe eventualmente stato determinato da una falsa ricognizione delle regole vigenti, ci si trova evidentemente fuori dall’ambito di applicazione della disciplina della revocazione, atteso che il tema può al massimo configurare un errore di diritto (che, si vedrà, comunque non sussiste, visto che le affermazioni contenute in sentenza risultano confermate dagli atti processuali).
In secondo luogo, va altresì notato che il giudice dell’ottemperanza ha fondato la sua decisione su due diverse ragioni, ossia, da un lato, la sussistenza di “una serie di elementi sulla base dei quali è stata censurata la violazione dei principi di imparzialità e trasparenza della selezione, così come invocati da parte ricorrente, con particolare riferimento alla particolare situazione soggettiva in cui versava la candidata e al dato oggettivo del posto messo a concorso” e, dall’altro, dalla circostanza che “all’esito del giudizio di annullamento degli atti della procedura l’Università di Pisa ha, per un verso, avviato e concluso la procedura di revoca del bando da cui è originata la procedura stessa ai sensi dell’art. 25 quinquies cit. e, per un altro verso, non portato alle definitive conclusioni l’estinzione del rapporto instauratosi con la vincitrice della procedura annullata, la quale anzi con d.r. datato 31\10\2016 è stata nominata professore associato per il medesimo settore disciplinare Vet\08.”
La decisione quindi si regge su due diverse e autonome motivazioni, di cui solo la seconda è incisa dalla censura. Pertanto, anche qualora la doglianza fosse fondata, il suo accoglimento non determinerebbe il superamento della fase rescindente del giudizio, in quanto la sentenza resterebbe salda sulla base dell’altro presupposto motivazionale.
Anche in questo caso, riprendendo la giurisprudenza pacifica in tema (da ultimo, Cons. Stato, V, 22 agosto 2019, n. 5788), va ricordato che l’errore è revocatorio se decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa. Nel caso in esame, anche accertando la sussistenza dell’errore vantato, questo non porterebbe alla caducazione della sentenza, escludendo quindi la sua decisività .
Anche sotto questo secondo punto di vista, la doglianza è inammissibile.
Infine, con una notazione in fatto, va notato come la supposta erronea valutazione del passo di sentenza de qua si fonda una lettura non condivisibile dei contenuti decisori.
Il passo in esame, che afferma la responsabilità dell’Università per “non aver portato alle definitive conclusioni l’estinzione del rapporto instauratosi con la vincitrice della procedura annullata, la quale anzi con d.r. datato 31/10/2016 è stata nominata professore associato”, ha portato ad un esito strettamente collegato all’annullamento degli atti indicati, tanto che il dispositivo della sentenza recita: “accoglie il ricorso per l’ottemperanza in epigrafe nei sensi di cui in motivazione, con conseguente declaratoria di nullità dei provvedimenti di revoca in parte qua”. Non è quindi ipotizzabile alcun superamento del limite del legame tra chiesto e pronunciato.
Inoltre, qualora fosse possibile l’interpretazione voluta dalla parte – che legge il capo de qua come l’evidenziazione di un legame causale tra la procedura annullata e l’incarico assunto dalla ricorrente e non di una mera affermazione della loro contiguità temporale e soggettiva -, egualmente non vi sarebbe un errore. Infatti la sentenza appare conforme non solo ad un dato di comune esperienza, ma anche alle risultanze processuali, visto che nell’allegato 1 al verbale della procedura selettiva ai sensi del “Regolamento di Ateneo per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia in attuazione degli articoli 18 e 24 della legge 240/2010” del 29 settembre 2016, ai fini della valutazione comparativa viene tenuto espressamente conto del periodo di insegnamento svolto dall’attuale ricorrente quale ricercatore e dell’attività didattica così svolta.
Pertanto, anche in fatto, non esiste un errore sindacabile e la doglianza va quindi decisamente respinta.
4. – Nel secondo profilo (pag. 17), riguardante la circostanza che la parte di sentenza censurata abbia riguardato “un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato”, si lamenta ancora l’esistenza dell’errore revocatorio nella parte in cui ha esteso l’ottemperanza anche “al rapporto di servizio attualmente in essere tra la Prof.ssa Sgorbini e l’ente universitario”.
4.1. – La doglianza è inammissibile, potendosi rinviare per la sua confutazione alle osservazioni fatte in precedenza in merito alla sua rilevanza.
5. – Parimenti, anche in relazione al terzo profilo della censura (pag. 18) che lamenta la sussistenza di un errore “decisivo” nella sentenza da revocare, può essere fatto riferimento alle osservazioni di cui al primo, sopra scrutinato.
6. – Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Dichiara inammissibile il ricorso per revocazione n. 7756 del 2019;
2. Condanna Mi. Sg. a rifondere ad Al. Ga. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro. 4.000,00 (euro quattromila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, se dovute.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2020 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF, Estensore
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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