Il giudice di merito quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 novembre 2022| n. 33742.

Il giudice di merito quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico

Il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive.

Ordinanza|16 novembre 2022| n. 33742. Il giudice di merito quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico

Data udienza 13 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Società in accomandita semplice – Esclusione socio – Grave inadempienza – Opposizione a delibera – Liquidazione quota spettante

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 6715 – 2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso disgiuntamente e congiuntamente dall’avvocato (OMISSIS) e dall’avvocato (OMISSIS) in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.a.s. – p.i.v.a. (OMISSIS)- in persona del legale rappresentante e socio accomandatario (OMISSIS), (OMISSIS) (in proprio) – c.f. (OMISSIS) – rappresentati e difesi in virtu’ di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3766 dei 18.7/18.9.2017 della Corte d’Appello di Napoli;
udita la relazione nella camera di consiglio del 13 luglio 2022 del consigliere Dott. Abete Luigi.

 

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MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con citazione ex Decreto Legislativo n. 5 del 2003 notificata il 6.3.2009 (OMISSIS) conveniva innanzi al Tribunale di Napoli il ” (OMISSIS)” s.a.s.
Esponeva che con atto notificatogli l’1.6.2006 (OMISSIS) ed (OMISSIS), soci accomandanti dell’accomandita convenuta, gli avevano comunicato la sua esclusione dalla societa’; che l’opposizione da lui proposta avverso la delibera di esclusione era stata respinta dal Tribunale di Napoli con sentenza n. 9489/2008; che, nonostante il decorso del termine di cui all’articolo 2289 c.c., u. c., non si era provveduto alla liquidazione della quota a lui spettante.
Chiedeva che la s.a.s. convenuta fosse condannata a pagargli il controvalore pecuniario della quota di sua spettanza computato al di dell’esclusione, oltre interessi e risarcimento del maggior danno.
2. Si costituivano il ” (OMISSIS)” s.a.s. nonche’, in qualita’ di accomandatario, (OMISSIS).
Deducevano che l’esclusione era stata determinata dalla grave inadempienza di cui l’attore si era reso responsabile.
Deducevano segnatamente che l’attore aveva cagionato gravi danni all’accomandita, siccome, all’insaputa degli altri soci, aveva concesso in locazione a tale (OMISSIS), per la durata di sedici anni, l’immobile della societa’ – ubicato in prossimita’ della “piazzetta” di Capri – per l’irrisorio canone mensile di Euro 1.500,00, locazione per giunta preordinata alla successiva alienazione del cespite al conduttore.
Chiedevano rigettarsi l’avversa domanda e, in via riconvenzionale, condannarsi l’attore al risarcimento dei danni cagionati, da quantificarsi, in ogni caso, nell’importo acclarando in corso di causa; in subordine, chiedevano farsi luogo alla compensazione del preteso credito dell’attore con il maggior credito dell’accomandita semplice.
3. Espletata la c.t.u. disposta ai fini della determinazione del valore della quota di spettanza dell’attore, espletata la c.t.u. disposta ai fini della determinazione del giusto canone di locazione dell’immobile, con sentenza n. 422/2015 il tribunale determinava in Euro 516.705,00, accessori inclusi, il credito ex articolo 2289 c.c., dell’attore ed in Euro 316.000,00, accessori inclusi, il credito dell’accomandita convenuta, indi, previa parziale compensazione delle opposte pretese, condannava il ” (OMISSIS)” s.a.s. a pagare ad (OMISSIS) la minor somma di Euro 200.705,00, oltre interessi al tasso legale; compensava per intero le spese di lite.

 

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4. Proponeva appello (OMISSIS).
Resistevano il ” (OMISSIS)” s.a.s. e (OMISSIS).
5. Con sentenza n. 3766 dei 18.7/18.9.2017 la Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Evidenziava la corte, in ordine alla doglianza veicolata dal secondo motivo d’appello, a tenor della quale vi era sproporzione tra il valore a fini di vendita ed il valore a fini di locazione dell’immobile, che trattavasi di censura del tutto generica, siccome per nulla esplicitante gli argomenti che la sorreggevano.
Evidenziava in ogni caso che gli esiti della stima risultavano corroborati, per un verso, dall’annuncio di vendita, allegato alla relazione di c.t.u. – per il prezzo di Euro 680.000,00 – di un locale commerciale di mq. 85, parimenti sito alla via Roma di Capri; per altro verso, dalla circostanza per cui la sentenza n. 9489/2008, con cui il Tribunale di Napoli aveva respinto l’opposizione di (OMISSIS) alla sua esclusione dall’accomandita, dava atto che l’allora opponente aveva ambito in quella sede a dimostrare a mezzo testimoni che nel corso del 2005 aveva avuto contatti per la vendita dell’immobile al prezzo di Euro 1.200.000,00; per altro verso ancora, dal rilievo per cui, a giudizio dello stesso appellante, il rapporto proporzionale destinato ad intercorrere, nella misura di almeno il 3%, tra il valore di mercato ed il valore locativo, costituiva un parametro di riferimento “minimo”, sicche’ la doglianza al riguardo formulata dallo Staiano risultava inficiata da scarsa chiarezza.
Evidenziava la corte, in ordine al terzo motivo d’appello, con cui si era addotta, a censura del primo dictum, l’inammissibilita’ della compensazione, che la regola sancita all’articolo 1243 c.c., comma 2, – secondo cui il credito opposto in compensazione giudiziale deve essere di pronta e facile liquidazione – non e’ destinata ad operare, allorche’ – come nella specie – il convenuto proponga domanda riconvenzionale, cosicche’ in tale evenienza la decisione in ordine alla compensazione e’ conseguenza della decisione da assumere in ordine alla riconvenzionale.
Evidenziava la corte, parimenti in ordine al terzo motivo d’appello, con cui si era altresi’ addotto, a censura del primo dictum, l’erroneo computo del quantum dovuto dall’appellante, che erano fuor di contestazione l’avvenuta locazione dell’immobile, l’ammontare del canone di locazione all’uopo pattuito e la cessazione in data 6.3.2012 della locazione, sicche’ il rapporto locativo si era protratto per settantacinque mesi.
Evidenziava inoltre, in ordine al rilievo dell’appellante secondo cui il tribunale non aveva tenuto presente che l’ammontare – Euro 1.500,00 – del canone di locazione – che (OMISSIS) aveva corrisposto – era al netto delle imposte e che il conduttore aveva corrisposto l’importo dell’I.v.a., i.v.a. che del pari era da detrarre dal risarcimento dovuto, che non era dato comprendere su quali elementi l’appellante fondava tali assunti.
6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
Il ” (OMISSIS)” s.a.s., in persona dell’accomandatario e legale rappresentante, (OMISSIS), nonche’ il medesimo (OMISSIS), in proprio, hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore – con distrazione delle spese.

 

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7. Il ricorrente ha depositato memoria.
8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 191, 194, 198 e 201 c.p.c., degli articoli 99, 100, 112, 115 e 116 c.p.c. e degli articoli 342 e ss. c.p.c.; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Premette che con l’atto d’appello aveva addotto che il tribunale non aveva esaminato le argomentate contestazioni formulate avverso la relazione di c.t.u. sia con riferimento al metodo e ai criteri di stima adoperati sia con riferimento al valore locativo e di mercato determinato dall’ausiliario d’ufficio, contestazioni sulla cui scorta aveva altresi’ chiesto la rinnovazione della consulenza (cfr. ricorso, pag. 14).
Indi deduce che la corte d’appello per nulla ha esaminato siffatti rilievi, omettendo al riguardo qualsivoglia motivazione (cfr. ricorso, pag. 14) e che in proposito non hanno valenza i riferimenti della corte di merito alle “controdeduzioni” del c.t.u. dei 3/4.12.2012.
Deduce in ogni caso che, cosi’ come emerge dal “parere estimativo” del ingegner (OMISSIS), recepito dal proprio consulente tecnico, la valutazione dell’ausiliario d’ufficio “era, ed e’, come evidenziato nel giudizio di merito, totalmente “aleatoria in quanto priva di supporto dimostrativo (…)”” (cosi’ ricorso, pag. 24); che, avendo il c.t.u. “dato atto che non era possibile reperire dati certi di compravendite avvenute per beni similari (…), non sarebbe stato possibile e legittimo ricorrere alla “stima sintetica per punti di merito”” (cosi’ ricorso, pag. 26); che, “anche a voler per assurdo applicare la logica valutativa adoperata da quel Consulente Tecnico, “il canone medio lordo di locazione del cespite de quo andrebbe correttamente rideterminato al piu’ in 22,52 Euro/mese mq netto e, quindi, in totali Euro 3.378,00 al mese”” (cosi’ ricorso, pag. 28).
Deduce inoltre che in sede di contestazione delle conclusioni del c.t.u. si era evidenziato che l’ausiliario d’ufficio aveva svolto la stima del valore di mercato dell’immobile, assumendone la destinazione produttiva e di laboratorio-caseificio, corrispondente alla categoria C/3, sicche’ non aveva tenuto conto che la destinazione catastale dell’immobile e’ quella di “magazzino-locale deposito”, corrispondente alla categoria C/2 (cosi’ ricorso, pag. 29).
Deduce, per altro verso, che ha errato la corte d’appello a ritenere inammissibile il secondo motivo di gravame sul presupposto che aveva svolto “in relazione al canone di locazione dell’immobile (…) “considerazioni generiche e dunque inammissibili”” (cosi’ ricorso, pag. 37); che viceversa, sulla scorta delle “note” del 21.1.2013 del proprio consulente tecnico, aveva svolto avverso i chiarimenti del c.t.u. datati 3.12.2012 contestazioni specifiche e puntuali, che i giudici del merito per nulla hanno esaminato (cosi’ ricorso, pagg. 37 – 38).
Deduce infine che del tutto immotivatamente i giudici di merito hanno denegato la rinnovazione della c.t.u. (cfr. ricorso, pag. 41).
9. Il primo motivo di ricorso va rigettato.
10. La Corte di Napoli – si premette – ha ancorato la declaratoria di inammissibilita’ – in parte – del secondo motivo d’appello ai rilievi che seguono (cfr. sentenza d’appello, pag. 7).
La corte di merito ha dapprima evidenziato che il consulente d’ufficio, con le “controdeduzioni alle note di c.t.p.” e con i chiarimenti dei 3/4.12.2012, aveva replicato in maniera specifica ed argomentata ai rilievi critici formulati, sulla scorta del parere di un esperto (l’ingegner (OMISSIS)), con precipuo riferimento al metodo di stima dell’immobile, dal consulente tecnico dell’appellante.
La corte di merito ha poi dato atto che il tribunale aveva sostanzialmente condiviso – salva la determinazione del valore locativo mensile nel minor importo di Euro 4.500,00 in luogo dell’importo di Euro 5.000,00 – le conclusioni dell’ausiliario d’ufficio.
La corte di merito ha altresi’ posto in risalto che l’appellante non poteva in sede di gravame limitarsi a riproporre i medesimi rilievi critici formulati in prime cure ed in relazione ai quali il c.t.u. aveva “gia’ fornito motivate risposte” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 7).
La corte di merito ha infine assunto che l’appellante “avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali le risposte fornite dal consulente d’ufficio (nelle “controdeduzioni alle note di c.t.p.” e nei chiarimenti dei 3/4.12.2012, poi recepiti dal tribunale) non sono condivisibili, confutando le argomentazioni sulle quali queste ultime si fondano” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 7).
11. Al cospetto dei surriferiti passaggi motivazionali sovviene l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale, ai fini della specificita’ dei motivi d’appello richiesta dall’articolo 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, puo’ sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purche’ cio’ determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (cfr. Cass. (ord.) 28.10.2020, n. 23781; Cass. 12.2.2016, n. 2814).

 

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12. Orbene, alla luce del suindicato insegnamento, si opini pure nel senso che l’appellante avesse svolto una critica adeguata e specifica avverso la decisione impugnata.
E tuttavia non possono che formularsi i rilievi che seguono.
13. In primo luogo, e’ del tutto ingiustificata la deduzione del ricorrente secondo cui il consulente d’ufficio non ha, di fatto, mai reso i chiarimenti richiestigli, all’esito della duplice rimessione, in prime cure, della causa sul ruolo (cfr. ricorso, pag. 22).
In fondo, e’ lo stesso ricorrente che riconosce che l’ausiliario d’ufficio i chiarimenti li ha resi, sia a seguito della prima rimessione sul ruolo, all’esito dell’udienza collegiale del 30.5.2012, con le”controdeduzioni alle note di C.T.P.” e con i chiarimenti depositati il 4.12.2012 (cfr. ricorso, pag. 15), sia a seguito della seconda rimessione sul ruolo, all’esito dell’udienza collegiale del 4.2.2013, con la nota riprodotta testualmente in ricorso (cfr. pagg. 3.3 – 34).
Ne’ evidentemente rileva che il ricorrente adduca che il c.t.u. si sarebbe limitato a ribadire e a riportarsi a quanto aveva affermato nella relazione di consulenza gia’ depositata (cfr. ricorso, pag. 22); che, segnatamente, nelle “controdeduzioni alle note di C.T.P.” il c.t.u. si sarebbe limitato “ad esporre assunti “schemi” ed altrettanto assunti “principi generali “” (cosi’ ricorso, pag. 22) e ad enunciare esclusivamente “tesi scientifiche” (cosi’ ricorso, pag. 15).
14″ In secondo luogo, il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte (e’ evidentemente il caso de quo), esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perche’ incompatibilli, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio gia’ valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (cfr. Cass. (ord.) 2.2.2015, n. 1815; Cass. 9.1.2009, n. 282; Cass. 3.4.2007, n. 8355; Cass. (ord.) 9.4.2021, n. 9483).
Su tale scorta non puo’ che reputarsi quanto segue.
Invano il ricorrente prospetta che la corte distrettuale, dapprima, ed il tribunale, poi, non hanno esaminato le argomentate contestazioni di cui, in particolare, al “foglio di deduzioni e richieste da allegare al verbale di causa dell’udienza del 27.1.2012” (cfr. ricorso, pag. 15) ed al “foglio di deduzioni e richieste da allegare al verbale di causa dell’udienza del 22.1.2013, successiva, quindi, alla (prima) rimessione da parte del Tribunale della causa sul ruolo” (cfr. ricorso, pag. 20).
Invano il ricorrente prospetta che “sia il Tribunale che la Corte di Appello non hanno esaminato i rilievi e le contestazioni (…) mosse dall’attuale ricorrente (…), omettendo qualsivoglia risposta adeguata e logicamente congrua e quindi una motivazione sul punto, risultando poi irrilevante (…) (la) circostanza secondo cui (…) (OMISSIS) non avrebbe “offerto” una “stima” diversa del valore dell’immobile in questione (…)” (cosi’ ricorso, pag. 36).
D’altronde, l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (come riformulato dal Decreto Legislativo n. 83 del 2012, articolo 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non e’ inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr. Cass. 14.6.2017, n. 14802; Cass. (ord.) 18.10.2018, n. 26305).
15. In terzo luogo, il controllo di legittimita’ da parte di questa Corte, eccettuate l’ipotesi della cosiddetta revisio per saltum e l’ipotesi di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, ha per oggetto la sola decisione di appello e non anche la decisione di primo grado e le considerazioni che la sorreggono (cfr. Cass. 7.6.2002, n. 8265; Cass. sez. lav. 18.7.1989, n. 33(57; Cass. 6.2.1989, n. 722).
Del resto, la sentenza di secondo grado assorbe e sostituisce quella resa in primo grado, ancorche’ si limiti a confermarla (cfr. Cass. 7.6.2002, n. 8265).
Conseguentemente non hanno in questa sede valenza le prospettazioni del ricorrente secondo cui con l’atto d’appello aveva denunciato la patente contraddittorieta’ inficiante la sentenza di primo grado – siccome il tribunale, dapprima, aveva condiviso le conclusioni dell’ausiliario d’ufficio, dipoi, aveva rideterminato, difformemente dalla c.t.u., il valore locativo dell’immobile di proprieta’ dell’accomandita semplice (cfr. ricorso, pag. 13) – ed aveva denunciato inoltre l’impossibilita’ di individuare il percorso logico-giuridico seguito dal primo giudice (cfr. ricorso, pag. 14).
16. Innegabilmente, comunque, con il primo motivo di ricorso, (OMISSIS) censura sostanzialmente il giudizio’ldi fatto” cui la Corte di Napoli, sulla scorta delle risultanze dell’articolata consulenza tecnica d’ufficio, affidata all’architetto (OMISSIS), ha atteso ai fini della determinazione del valore locativo dell’immobile ubicato alla via Roma di Capri, in prossimita’ della “piazzetta”, e dunque ai fini della quantificazione dei danni il cui ristoro gli iniziali convenuti hanno domandato in via riconvenzionale.
In questi termini, nel solco della previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nel segno della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si osserva quanto segue.

 

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Da un canto, e’ da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite teste’ menzionata possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum.
La corte territoriale ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo, dando contezza – lo si e’ premesso – delle risultanze di causa che concorrevano ad avvalorare gli esiti della stima (cfr. sentenza d’appello, pagg. 7 – 8).
D’altro canto, la corte territoriale ha sicuramente disaminato il fatto storico dalle parti discusso, a carattere decisivo, connotante la res litigiosa.
17. In ogni caso il ricorrente sollecita, in fondo, questa Corte a riesaminare il merito dell’articolata valutazione tecnico-consulenziale (il risultato al quale e’ pervenuto il c.t.u. “risulta controvertibile in base alle sue stesse ipotesi valutative”: cfr. ricorso, pag. 23; le conclusioni del c.t.u. risultano “prive di qualsivoglia concreto supporto probatorio, non avendo esso Consulente Tecnico di ufficio indicato (…), come richiesto, elementi oggettivi di confronto (atti di vendita, locazioni etc. aventi ad oggetto immobili simili per destinazione e struttura a quello in esame) (…), incontestabilmente necessari per pervenire alla esatta determinazione del valore di mercato dell’immobile del quale si discute”: cosi’ ricorso, pag. 35).
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ne’ in quello del precedente n. 4, disposizione che (per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4) da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553).
18. Ovviamente, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una (nella specie asserita) erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. Cass. 1.3.2022, n. 6774).
19. Da ultimo, in tema di c.t.u., questa Corte spiega quanto segue.
Innanzitutto, che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione gia’ depositata ovvero di rinnovare, in parte o “in toto”, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice; ed, altresi’, che l’esercizio di tale potere non e’ sindacabile in sede di legittimita’, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 24.1.2019, n. 2103).
Al contempo, che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimita’ deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie gia’ acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluita’ dell’indagine richiesta (cfr. Cass. (ord.) 20.8.2019, n. 21525).
In questo quadro deve reputarsi, nel caso de quo, che il complesso delle ragioni svolte dalla Corte di Napoli a reiezione in particolare del secondo motivo d’appello concorre in maniera congrua ed esaustiva a dar conto della mancata rinnovazione della c.t.u. merce’ la nomina di un nuovo ausiliario.
20. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1173 e ss. c.c., degli articoli 1243 e ss. c.c., dell’articolo 2043 c.c., dell’articolo 2697 c.c. e degli articoli 99, 100, 112, 115 e 116 c.p.c.; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Deduce in primo luogo che nella specie non sussistono i presupposti, di fatto e di diritto, perche’ si potesse far luogo alla compensazione delle opposte ragioni di credito.
Deduce segnatamente che il tribunale avrebbe dovuto limitarsi ad emettere due distinte pronunce, l’una relativa alla domanda principale spiegata da egli ricorrente, l’altra relativa alla domanda riconvenzionale spiegata dal ” (OMISSIS)”, siccome “la “compensazione” in questione era stata richiesta dalla predetta Societa’ in via di eccezione e solo in via subordinata rispetto alla domanda riconvenzionale” (cosi’ ricorso, pag. 44).
Deduce in secondo luogo che l’accertamento del credito risarcitorio preteso ex adverso postulava l’accertamento della responsabilita’ ascrittagli quale accomandatario.
Deduce quindi che il credito, anche alla luce delle motivate contestazioni formulate in particolare con riferimento al quantum, “non era di facile e pronta liquidazione” (cosi’ ricorso, pag. 45), sicche’ l’eccezione di compensazione sarebbe stata da disattendere.
Deduce in terzo luogo che il ” (OMISSIS)” non ha mai contestato che il canone di locazione dell’immobile fosse stato determinato nell’importo di Euro 1.500,00, oltre i.v.a., “come dedotto dall’attuale ricorrente (…) sin dalla introduzione del presente giudizio” (cose ricorso, pag. 46), sicche’ tale circostanza doveva reputarsi pacifica ed ammessa in applicazione del principio di “non contestazione”.
Deduce in quarto luogo che era onere del ” (OMISSIS)” dimostrare la sussistenza e l’entita’ dei pretesi danni, sicche’ non era certo onere di egli ricorrente comprovare l’esatto ammontare del canone di locazione.
21. Il secondo motivo di ricorso analogamente va rigettato.
22. La compensazione tra le opposte ragioni di credito e’ stata, di certo, da parte degli iniziali convenuti, oggetto di domanda (riconvenzionale subordinata) non gia’ di semplice eccezione (“in subordine (…) dichiarare compensato e/o compensare il maggior credito (…)”: cosi’ ricorso, pag. 3, ove sono testualmente riprodotte le conclusioni di cui all’avversa iniziale comparsa di risposta), recte la compensazione era involta, in subordine, dalla domanda riconvenzionale dell’accomandita.

 

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La compensazione, in pari tempo, e’ stata domandata non gia’ subordinatamente “al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi” dalla ” (OMISSIS)”, bensi’ subord inatamente e per la “denegata ipotesi in cui fosse riconosciuta l’esistenza in capo al sig. (OMISSIS) di un diritto di credito nei confronti della societa’ (OMISSIS) per effetto della liquidazione della quota in questa sede richiesta” (cosi’ ricorso, pag. 3, ove sono testualmente riprodotte le conclusioni di cui all’avversa iniziale comparsa di risposta).
Del tutto privo di fondamento e’ percio’ l’assunto del ricorrente a tenor del quale “la predetta eccezione (di compensazione) era, ed e’, rimasta assorbita dall’accoglimento parziale della predetta domanda riconvenzionale” (cosi’ ricorso, pag. 44).
23. L’insegnamento di questa Corte e’ nel senso che il giudice deve decidere sul credito opposto in compensazione anche allorche’ non sia di facile e pronta liquidazione, se fatto valere con domanda riconvenzionale — e’ evidentemente il caso di specie – non eccedente – e’ evidentemente il caso di specie – la sua competenza per materia o valore (cfr. Cass. 5.1.2005, n. 1.57; Cass. 2.9.1998, n. 8692; Cass. 27.10.1987, n. 7924).
Del tutto privo di fondamento e’ percio’ l’assunto del ricorrente della inammissibilita’ della compensazione (cfr. ricorso, pag. 46).
24. La corte territoriale, allorche’ non ha dato seguito all’assunto dell’appellante secondo cui il conduttore – (OMISSIS) – dell’immobile dell’accomandita aveva provveduto altresi’ al versamento dell’I.v.a. sull’importo di Euro 1.500,00, i.v.a. che sarebbe stata dunque da detrarre dal risarcimento dovuto, ha inoltre puntualizzato che (OMISSIS) per nulla aveva in prime cure allegato tale circostanza – evidentemente “nuova” in appello – si’ che la stessa potesse reputarsi acclarata (in prime cure) in virtu’ del principio di “non contestazione”.
Ebbene, (OMISSIS) ha, si’, in questa sede dedotto che la riferita circostanza era stata addotta “sin dalla introduzione del presente giudizio” (cosi’ ricorso, pag. 46).
E pero’ non ne ha fornito riscontro “autosufficiente” ne’ nel corpo del secondo motivo di ricorso ne’ nella narrativa del ricorso (cfr. ricorso, pagg. 2 – 6).
25. Ben vero, e’ fuor di dubbio che, qualora venga denunciato un “error in procedendo”, questa Corte di legittimita’ diviene anche giudice del “fatto processuale” ed e’ investita del potere di esaminare direttamente gli atti di causa (cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181).
E nondimeno il ricorrente non ha in maniera “autosufficiente” enunciato, cosi’ come avrebbe dovuto, gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” (deduzione della circostanza per cui il conduttore, (OMISSIS), attendeva al versamento del canone di locazione di Euro 1.500,00, oltre i.v.a.; omessa contestazione di tale circostanza da parte degli iniziali originari convenuti) di cui ha invocato il riesame (cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181, ove si soggiunge che l'”error in procedendo” non e’ rilevabile ex officio e che questa Corte non puo’ ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento dell'”error”).
Piu’ esattamente, non ha riprodotto testualmente e specificamente, cosi’ come avrebbe dovuto, i passaggi salienti, innanzitutto, del suo atto difensivo di prime cure recante deduzione della surriferita circostanza, si’ da consentir poi il riscontro dell’addotta “non contestazione” (cfr. Cass. 9.8.2016, n. 16655).
La riscontrata carenza ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, riveste valenza, si badi, pur alla luce del piu’ recente arresto, in tema, delle sezioni unite.
Difatti, le sezioni unite hanno precisato che il principio di “autosufficienza” del ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, quale corollario del requisito di specificita’ dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve, certo, essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, cosi’ da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e, tuttavia, postula che nel ricorso sia comunque puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure (cfr. Cass. sez. un. (ord.) 18.3.2022, n. 8950).
26. L’impregiudicato – alla stregua dei precedenti rilievi – riscontro di “novita’” in appello dell’assunto dell’appellante – qui ricorrente – per cui il conduttore aveva provveduto altresi’ al versamento sull’importo di Euro 1.500,00, priva di qualsivoglia valenza la censura finale veicolata dal mezzo in disamina, secondo cui non era onere del ricorrente – iniziale attore, convenuto in riconvenzionale – dimostrare l’esatto ammontare del canone di locazione.
27. In ogni caso, non puo’ non darsi atto che questa Corte reputa che, in tema di azione per risarcimento danni, grava in capo al convenuto (eventualmente in riconvenzionale) l’onere della prova (positiva) di diverse opportunita’ di guadagno e non in capo al danneggiato (eventualmente attore in riconvenzionale) la prova (negativa) della mancanza di esse; e soggiunge poi che il cosiddetto “aliunde perceptum”, non costituendo oggetto di eccezione in senso stretto, e’ pero’ rilevabile d’ufficio dal giudice, se le relative circostanze di fatto risultano ritualmente acquisite al processo (cfr. Cass. (ord.) 21.11.2019, n. 30330).
28. In tal guisa possono formularsi i seguenti ulteriori rilievi.
Da un lato, sarebbe stato, a rigore, onere di (OMISSIS) dar prova della corresponsione dell’importo dell’1.v.a. correlata al canone di locazione.
Dall’altro, la ragione di doglianza infine veicolata dal mezzo in esame non censura, in maniera puntuale, l’aggiuntivo rilievo della corte d’appello secondo cui l’appellante non aveva fornito specificazione degli elementi di giudizio alla stregua dei quali il tribunale avrebbe potuto, viceversa, ritenere che l’importo del canone di locazione corrisposto da (OMISSIS) non era al lordo d’i.v.a..
29. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente, (OMISSIS), va condannato a rimborsare le spese del presente giudizio di legittimita’ all’avvocato (OMISSIS), difensore dei controricorrenti, che ha dichiarato di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari.
La liquidazione segue come da dispositivo.
30. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 13, comma 1 bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente, (OMISSIS), a rimborsare all’avvocato (OMISSIS), difensore anticipatario dei controricorrenti, le spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

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