Il mediatore è tenuto a rendere le informazioni sul rendimento energetico

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|9 agosto 2022| n. 24534.

Il mediatore è tenuto a rendere le informazioni sul rendimento energetico

In caso di mediazione immobiliare, il mediatore è tenuto, secondo il criterio della media diligenza professionale, a rendere le informazioni sul rendimento energetico (cd. classe energetica) dell’immobile oggetto dell’affare intermediato fin dal momento in cui ne effettua la relativa pubblicità, con la possibilità di visionare la relativa documentazione, trattandosi di informazioni funzionali alla determinazione dell’acquirente in ordine all’acquisto dell’immobile.

Sentenza|9 agosto 2022| n. 24534. Il mediatore è tenuto a rendere le informazioni sul rendimento energetico

Data udienza 11 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: MEDIAZIONE – MEDIATORE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. ROLFI Federico V.A. – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 27495/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), dallo stesso rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), presso il cui studio in Roma, Via Galilei 45, e’ elettivamente domiciliata;
– controricorrente, ricorrente incidentale –
avverso la sentenza del Tribunale di Velletri n. 1523/2018, depositata il 27 giugno 2018 e notificata in pari data;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11 maggio 2022 dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco.

FATTI DI CAUSA

Il giudice di pace di Anzio, su domanda di (OMISSIS), condannava (OMISSIS) al pagamento della provvigione dovuta per la mediazione relativa alla vendita di un immobile in (OMISSIS). Il Tribunale di Velletri, in riforma della decisione, negava il diritto alla provvigione e accoglieva la domanda riconvenzionale della cliente, condannando l’agente al risarcimento del danno ex articolo 1759 c.c. Secondo il Tribunale l’agente non aveva adempiuto agli obblighi di corretta informazione previsti dalla norma, perche’, sebbene investito del compito di verificare la regolarita’ urbanistica e catastale dell’immobile gia’ al momento della sottoscrizione della proposta, aveva omesso di informare la promissaria che l’unita’, oggetto della vendita, era priva del certificato di abitabilita’ e non aveva esibito l’attestato di certificazione energetica, pur avendo dato atto nell’annuncio che si trattava di immobile in classe energetica “G”. La circostanza che il certificato di abitabilita’ avrebbe potuto essere rilasciato, in conseguenza del rilascio del permesso in sanatoria, valorizzata dal primo giudice, era irrilevante, operando l’obbligo del mediatore su un piano diverso rispetto a quello del venditore.
Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso, con il quale ha eccepito in primo luogo l’improcedibilita’ del ricorso per il mancato deposito delle attestazioni di conformita’ relative alla notifica della sentenza fatta a mezzo Pec. Si eccepisce poi l’inammissibilita’ della domanda a causa del mancato deposito, da parte della ricorrente, del certificato di iscrizione all’albo dei mediatori.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In relazione all’eccezione di improcedibilita’ del ricorso, si osserva che la sentenza impugnata e’ stata pubblicata il 27 giugno 2018 e, nel ricorso, si assume che essa e’ stata notificata nella medesima data a mezzo Pec. In disparte dell’anomalia di una notificazione avvenuta nella stessa data della pubblicazione, il ricorso e’ stato notificato il 26 settembre 2018, coincidente con il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della decisione impugnata, tenuto conto della sospensione feriale. Il che rende superflua qualsiasi ulteriore verifica, in applicazione del principio secondo cui, pur in difetto della produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, prescritta dall’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si e’ perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiche’ il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza indicata nel ricorso e quella della notificazione del ricorso, emergente dalla relata di notificazione dello stesso, assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestivita’ in relazione al termine di cui all’articolo 325 c.p.c., comma 2, (Cass. n. 11386/2019; n. 17066/2013).
2. L’eccezione circa la mancata prova dell’iscrizione e’ inammissibile, attenendo a questione nuova, che non risulta dibattuta nei gradi di merito. Questa Corte, proprio con riferimento ad una fattispecie analoga, in cui l’eccezione relativa alla mancata iscrizione del mediatore nel relativo albo professionale fu sollevata solo in sede di legittimita’, ha chiarito che “la nullita’ del contratto posto a fondamento dell’azione di adempimento e’ rilevabile d’ufficio, ma non puo’ essere accertata sulla base di una “nuda” eccezione, sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione, basata su contestazioni, in fatto, in precedenza mai effettuate, a fronte della quale l’intimato sarebbe costretto a subire il vulnus delle maturate preclusioni processuali” (Cass. n. 21243/2019).

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3. La tesi sostenuta con il primo motivo di ricorso, proposto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ che il mediatore non sarebbe tenuto, in difetto di un incarico particolare, a svolgere, nell’adempimento delle sue prestazioni specifiche, indagini di natura tecnico – giuridica. Quindi, egli non incorre in alcuna responsabilita’ per non avere verificato la regolarita’ urbanistica dell’immobile e, in particolare, il rilascio del certificato di abitabilita’, ne’ tanto meno sussiste un obbligo del mediatore di consegnare all’acquirente l’attestato di certificazione energetica.
La censura, sviluppata sul presupposto che nel caso in esame non ci fosse stato alcun particolare incarico (invece riconosciuto sussistente dal giudice d’appello), e’ infondata in linea teorica.
3.1. Poiche’ la L. n. 39 del 1989 subordina l’esercizio dell’attivita’ di mediazione al possesso di specifici requisiti di capacita’ professionale, configurandola come attivita’ professionale, l’obbligo di informazione gravante sul mediatore a norma dell’articolo 1759 c.c. va commisurato alla normale diligenza alla quale e’ tenuto a conformarsi nell’adempimento della sua prestazione il mediatore di media capacita’ e, pertanto, deve ritenersi che il suddetto obbligo deve riguardare non solo le circostanze note, ma tutte le circostanze la cui conoscenza, in relazione all’ambito territoriale in cui opera il mediatore, al settore in cui svolge la sua attivita’ ed ad ogni altro ulteriore utile parametro, sia acquisibile da parte di un mediatore dotato di media capacita’ professionale con l’uso della normale diligenza. Non rientra tuttavia nella comune ordinaria diligenza, alla quale il mediatore deve conformarsi nell’adempimento della prestazione ai sensi dell’articolo 1176 c.c., lo svolgimento, in difetto di particolare incarico, di specifiche indagini di tipo tecnico giuridico (Cass. n. 4791/1999; n. 822/2006; n. 15274/2006; n. 6926/2012; n. 8849/2917; n. 29229/2019). Seppure il mediatore non sia tenuto, in difetto di un incarico particolare in proposito, a svolgere, nell’adempimento della sua prestazione (che si svolge in un ambito contrattuale), specifiche indagini di natura tecnica al fine di individuare circostanze rilevanti ai fini della conclusione dell’affare a lui non note, e’ gravato, tuttavia, di un obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale, il quale comprende, in senso positivo, l’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore, nonche’, in senso negativo, il divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su circostanze delle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiche’ il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle (Cass. n. 5107/1999; n. 6389/2001; n. 16009/2003). Egli deve tacere delle circostanze delle quali non abbia sicura contezza (Cass. n. 19951/2008). Il generale dovere di correttezza, cui fa riscontro l’affidamento della parte nella veridicita’ delle affermazioni del mediatore sullo stato e sulle caratteristiche essenziali dell’immobile, gli impone, per contro, d’informare chi sia interessato all’acquisto della propria inconsapevolezza in ordine alla verita’ di quanto egli affermi, chiarendo che le notizie fornite sono incontrollate (Cass. n. 6714/2001). Qualora il mediatore infranga tali regole di condotta, e’ legittimamente configurabile una sua responsabilita’ per i danni sofferti, per l’effetto, dal cliente (Cass. n. 16623/2010; n. 18140/2015).

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3.2. In relazione alle operazioni di acquisto immobiliare, sono cosi’ certamente comprese, fra le informazioni oggetto dell’obbligo di informazione a carico del mediatore, quelle riguardanti il rilascio del certificato di abitabilita’. Tale certificato, infatti, attestando la rispondenza dell’immobile ai requisiti igienici, sanitari e urbanistici, e la conformita’ al progetto approvato ovvero alla concessione in sanatoria, costituisce requisito giuridico essenziale per il legittimo godimento e la commerciabilita’ del bene, si’ che la sua mancanza, pur non impedendo in se’ la conclusione del contratto di vendita, puo’ indurre una parte a non ritenere di suo interesse obbligarsi alla stipula dell’atto, quanto meno alle condizioni predisposte, anche in considerazione del rischio che l’abitabilita’ non sia ottenuta (Cass. n. 8374/2009).
3.3. In termini generali e’ stato precisato che l’obbligo, imposto al mediatore dall’articolo 1759 c.c., risulta violato tanto nel caso di omessa comunicazione di circostanze che avrebbero indotto la parte a non concludere l’affare, quanto nel caso in cui la conoscenza di determinate circostanze avrebbe indotto la parte a concludere l’affare a condizioni diverse (Cass. n. 2277/1984; n. 5777/2006).
Si chiarisce ancora che: a) la responsabilita’ del mediatore nella sua attivita’ informativa, ai sensi dell’articolo 1759 c.c., sussiste sia che l’affare abbia avuto buon fine sia nel caso contrario, poiche’ la conclusione dell’affare non e’ prevista come elemento costitutivo della responsabilita’ del mediatore (Cass. n. 1160/1973); b) la parte tenuta al pagamento della provvigione puo’ far valere, secondo i principi di cui all’articolo 1218 c.c., l’inadempimento del mediatore rispetto agli obblighi nascenti dalla mediazione ed indicati nell’articolo 1759, comma 1, cit., per sottrarsi al pagamento della stessa provvigione (Cass. n. 5938/1993).
3.4. Consegue dai principi sopra indicati che la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui in presenza della dichiarazione della parte venditrice sulla regolarita’ urbanistica e edilizia dell’immobile, il mediatore non aveva alcun obbligo di verifica, non e’ conforme alla giurisprudenza della Corte. In base ai principi sopra richiamati, il mediatore aveva quanto meno l’obbligo di informare l’acquirente della propria inconsapevolezza circa la verita’ di quanto dichiarato dalla parte venditrice, chiarendo che si trattava di notizia non controllata. In particolare, avrebbe dovuto precisare che egli non aveva fatto verifiche circa l’esistenza o meno del certificato di agibilita’. L’argomento, proposto nel ricorso, che la mancanza dell’agibilita’ non rende il bene incommerciabile, non esclude l’obbligo del mediatore di rendere consapevole la parte promissaria acquirente della sua esistenza, reperibilita’, o irreperibilita’ (cfr. Cass. n. 8374 del 2009, impropriamente richiamata dal ricorrente a sostegno del proprio assunto di non essere tenuto ad alcuna particolare verifica).
3.5. Sempre in linea di principio la censura non ha pregio neanche nella parte in cui il ricorrente pretende di accreditare l’idea che il mediatore non abbia obblighi di informazione nei confronti del promissario con riguardo alla categoria energetica dell’immobile.
Il Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28 ha inserito – al Decreto Legislativo n. 192 del 2005, articolo 6 recante la normativa statale in materia di certificazione energetica – il comma 2-quater secondo cui: “Nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unita’ immobiliari, a decorrere dal 1 gennaio 2012 gli annunci commerciali di vendita riportano l’indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica”. (La norma attualmente vigente, prevede al comma 8: “Nel caso di offerta di vendita o di locazione, ad eccezione delle locazioni degli edifici residenziali utilizzati meno di quattro mesi all’anno, i corrispondenti annunci tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciale riportano gli indici di prestazione energetica dell’involucro e globale dell’edificio o dell’unita’ immobiliare e la classe energetica corrispondente”.
Consegue che gli intermediari, al fine di effettuare correttamente la pubblicita’, dovevano inevitabilmente disporre, gia’ al momento di pubblicizzare l’immobile, di tutte le informazioni sulle prestazioni energetiche con la possibilita’ di visionare la documentazione per avere un’esatta fotografia della situazione energetica dell’immobile trattato (da riferire agli interessati clienti) e cosi’ poter indicare nell’annuncio notizie verificate.
Sulla questione si tornera’ nell’esame del terzo motivo.

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4. Il secondo motivo censura la decisione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che gli inadempimenti, erroneamente imputati al mediatore, riguardavano l’aspetto edilizio e la classe energetica, laddove l’incarico, in ipotesi conferito all’agente, era stato circoscritto alla verifica della regolarita’ urbanistica e catastale dell’immobile, che non comprendeva quegli aspetti.
Il motivo e’ palesemente infondato. La pretesa del mediatore, di escludere dal novero delle informazioni le verifiche sul condono edilizio e il rilascio del certificato di abitabilita’, e’ insostenibile sul piano dei principi, come chiarito nell’esame del primo motivo. A maggior ragione la pretesa e’ insostenibile in presenza di una previsione del tipo di quella inserita nel caso in esame, che rende del tutto pretestuosa la distinzione terminologica proposta con il motivo.
5. Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Il motivo ripropone la tesi, gia’ esaminata e ritenuta infondata, secondo cui il mediatore, in presenza di una dichiarazione del venditore sulla regolarita’ urbanistica e catastale dell’immobile, non era responsabile di alcunche’, non avendo personalmente fornito alcuna informazione non vera. A tale assunto la ricorrente aggiunge la considerazione che, in relazione all’immobile in questione, era stata presentata domanda di concessione in sanatoria, il che rendeva quindi automaticamente rilasciabile il certificato di abitabilita’. Si aggiunge, ancora, che la dichiarazione ACE, riferita alla classe energetica dell’intero fabbricato, era stata ritenuta idonea anche dal notaio rogante, in quanto con il condono edilizio era variata solo la destinazione d’uso del locale, che era un ex lavatoio, rimanendo invariata la classe energetica.
Il motivo e’ infondato. Si puo’ dare per acquisito che il locale fu oggetto di concessione in sanatoria per mutamento di destinazione d’uso del 1996; e’ tuttavia altrettanto incontroverso che, quando fu sottoscritta la proposta, il certificato di agibilita’ non era stato ancora rilasciato, essendo stato richiesto in un momento successivo. In ordine a questo aspetto, pertanto, non resta che richiamare quanto gia’ precisato nell’esame del primo motivo con riguardo all’abitabilita’, senza che occorra aggiungere altro, se non rimarcare che la mancanza di impedimenti alla conclusione del contratto non fornisce argomento per escludere il dovere del mediatore di dare, sul punto dell’abitabilita’, un’informazione corretta e completa.
In ordine all’attestato di qualificazione energetica, si richiama parimenti quanto gia’ rilevato nell’esame del primo motivo, sul contenuto degli annunci commerciali di vendita. Invero, se l’annuncio doveva riportare l’indice di prestazione energetica e’ giocoforza riconoscere che l’agente doveva avere visionato la relativa documentazione.
Nel caso in esame, come ricorda la ricorrente, l’annuncio riportava la categoria “G”, cioe’ la meno efficiente.
In proposito, all’epoca dei fatti, in base al decreto 26 giugno 2009 (“Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”), era consentita l’autodichiarazione del proprietario in classe “G” per attestare il rendimento energetico di una unita’ immobiliare. Siffatta possibilita’, riconosciuta ai proprietari di unita’ immobiliari ad alto consumo energetico e’ stata abolita dal Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 22 novembre 2012. Tale provvedimento, il quale interessava quelle regioni che non avevano legiferato in materia energetica e che, pertanto, potevano applicare quanto previsto nel paragrafo 9 dell’Allegato A delle Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica degli edifici, e’ stato emanato successivamente all’inserzione pubblicitaria di cui alla presente causa. Cio’ non toglie che, in applicazione dei medesimi principi gia’ illustrati nell’esame del primo motivo, l’agente avrebbe dovuto fornire un’informazione chiara su questo aspetto, evidenziando se il proprietario si fosse avvalso di tale facolta’, per cui non esisteva la corrispondente documentazione. L’ulteriore circostanza fatta valere dalla ricorrente, e cioe’ che la normativa di riferimento gia’ all’epoca non prevedesse piu’ l’allegazione dell’attestato di qualificazione energetica all’atto di trasferimento dell’immobile, non attenua minimamente gli obblighi informativi a carico del mediatore, in quanto dipendenti dall’esigenza di effettuare in modo corretto la pubblicita’. Lo stesso dicasi in ordine al rilievo, proposto con il ricorso, che il notaio, incaricato della stipula, avesse ritenuto sufficiente la certificazione prodotta in vista della stipula.
6. Il solo motivo del ricorso incidentale censura la decisione in ordine alla liquidazione delle spese del doppio grado di giudizio, abbattute rispetto alla nota spese in considerazione del fatto che il giudice d’appello ha applicato lo scaglione di valore delle cause fino a Euro 5.200,00, mentre avrebbe dovuto applicare lo scaglione di valore superiore. La Corte d’Appello, inoltre, avrebbe dovuto attenersi al principio secondo il quale il giudice di merito e’ tenuto ad indicare le ragioni per cui ritiene di discostarsi dalla nota prodotta dalla parte vittoriosa. Con il motivo in esame si censura ancora la mancata liquidazione delle spese vive.

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Il ricorso incidentale e’ infondato. Nel caso in esame, sia la domanda principale, sia la domanda riconvenzionale, rientravano nella competenza del valore del giudice di pace, non superando l’importo di Euro 5.000,00. E’ principio acquisito che, ai fini della determinazione della competenza per valore, la domanda riconvenzionale non deve essere sommata a quella principale, poiche’ il cumulo, ai sensi dell’articolo 10 c.p.c., e’ previsto solo per le domande proposte contro la medesima parte (Cass. n. 19065/2006). Nello stesso tempo si riconosce che, nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, occorre tener conto anche del valore delle domande riconvenzionali, la cui proposizione, ove sia diretta all’attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell’attivita’ difensiva (Cass. n. 30840/2018).
In rapporto a tali principi, l’errore nella determinazione del valore della causa e’ affermato dalla controricorrente, in via di principio, in assenza di qualsiasi illustrazione analitica idonea ad evidenziare e rendere percepibile l’errore che sarebbe stato in concreto commesso dalla Corte d’Appello nel caso in esame. Non e’ infatti sufficiente che il ricorso contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in misura inferiore rispetto a quella ritenuta congrua (Cass. n. 30716/2017; n. 18584/2021).
Il ricorrente richiama il principio, talvolta affermato da questa Corte, secondo cui, in presenza di una nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non puo’ rideterminare globalmente i diritti del procuratore e gli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma deve motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle singole voci. Tale principio lascia tuttavia feiriio l’onere del ricorrente in cassazione, a pena d’inammissibilita’ del ricorso, di specificare analiticamente le voci tariffarie e gli importi in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, nonche’ le singole spese contestate o dedotte come omesse, in modo da consentire il controllo di legittimita’ senza necessita’ di ulteriori indagini (Cass. n. 24635/2014).
Quanto alla mancata liquidazione delle spese vive e’ oramai acquisito nella giurisprudenza di legittimita’ che l’errore del giudice nella determinazione della misura delle spese vive sostenute dalla parte vittoriosa puo’ essere emendato con il procedimento di correzione di cui all’articolo 287 c.p.c., ovvero per mezzo del procedimento di revocazione del provvedimento che le ha liquidate, ma non col ricorso per cassazione (Cass. n. 21012/2010; n. 16778/2015).
In termini generali, e’ stato precisato che “a fronte della mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, anche emessa ex articolo 429 c.p.c., sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volonta’ di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata deve fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli articoli 287 e ss. c.p.c. per ottenerne la quantificazione” (Cass., S.U., n. 16415/2018; n. 29029/2018).
7. In conclusione, debbono essere rigettate sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale.
Ci sono le condizioni per dare atto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto”.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; dichiara interamente compensate le spese di lite; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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