Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|7 settembre 2022| n. 26365.

Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto

Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto ex art. 1657 c.c. se le parti non abbiano né pattuito la misura, né stabilito il modo per calcolarlo, e sempre che non possa farsi riferimento alle tariffe esistenti ed agli usi, è esercitabile solo ove non si controverta sulle opere eseguite dall’appaltatore, atteso che, in tal caso, questi deve provare l’entità e la consistenza delle opere, non potendo il giudice stabilire il prezzo di cose indeterminate né consentire all’attore di sottrarsi all’onere probatorio che lo riguarda.

Sentenza|7 settembre 2022| n. 26365. Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto

Data udienza 27 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto – Pagamento della somma dell’appaltatore – Onere della prova della congruità della somma richiesta – Assenza di accordo delle parti sul prezzo – Potere del giudice di determinare il prezzo ex art. 1657 cc se non c’è contestazione sulle opere

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere

Dott. AMBROSIO Irene – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – rel. Consigliere

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 31520/2019 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante; rappresentata e difesa dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), in virtu’ di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante; elettivamente domiciliata in (OMISSIS); rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), in virtu’ di procura in calce al controricorso;
– controricorrente
per la cassazione della sentenza n. 2979/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17 luglio 2019, notificata in pari data;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27 maggio 2022 dal Consigliere relatore Paolo Spaziani.

Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto

FATTI DI CAUSA

Con citazione del 1 ottobre 2015 la (OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio la (OMISSIS) s.r.l. dinanzi al Tribunale di Padova domandando l’accertamento negativo del credito vantato dalla convenuta a titolo di corrispettivo del contratto di appalto stipulato inter partes, con condanna della stessa alla restituzione di quanto eventualmente ricevuto in eccesso. Espose che la (OMISSIS) s.r.l. si era obbligata ad eseguire trasporti di terre da scavo da un cantiere di carico, sito a (OMISSIS), ad un cantiere di scarico e rinterro, sito a (OMISSIS), verso il corrispettivo di Euro 6,50 (poi aumentato ad Euro 7.00) per tonnellata; soggiunse che, nel corso dell’esecuzione del contratto, dopo avere onorato il pagamento di talune fatture (per Euro 63.000,00), aveva notato delle irregolarita’ contabili da cui emergeva che la (OMISSIS) s.r.l. aveva dichiarato di aver trasportato una quantita’ di terreno di gran lunga superiore a quella reale; donde l’azione di accertamento negativo del credito della convenuta.
Costituitasi in giudizio, la (OMISSIS) s.r.l. resiste’ alla domanda; pressoche’ contestualmente chiese e ottenne, dallo stesso tribunale, un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo contro la (OMISSIS) s.r.l. per l’importo di Euro 133.823,21, pari alla differenza asseritamente ancora spettantele a titolo di corrispettivo del predetto contratto di appalto, per il quale aveva emesso fatture per il complessivo importo di Euro 196.823,21.
La (OMISSIS) s.r.l. pago’ la somma per evitare l’esecuzione forzata ma oppose il decreto ingiuntivo, chiedendone la revoca.
Riuniti i giudizi, il tribunale di Padova, in accoglimento dell’opposizione, revoco’ il decreto ingiuntivo e condanno’ la (OMISSIS) s.r.l. alla restituzione della somma di Euro 133.823,21, ma non anche della somma precedentemente incassata di Euro 63.000, cosi’ implicitamente rigettando la domanda restitutoria della (OMISSIS) s.r.l..
Interposto appello principale dalla (OMISSIS) s.r.l. e appello incidentale dalla (OMISSIS) s.r.l., la Corte di appello di Venezia, con sentenza del 17 luglio 2019, li ha rigettati entrambi, compensando le spese del grado.
La Corte territoriale, per quel che ancora interessa, ha deciso sulla base del rilievo che, mentre doveva ritenersi provato il generico svolgimento della prestazione dedotta nel contratto, non risultava invece dimostrata la quantita’ della terra trasportata in funzione della determinazione del corrispettivo, da compiersi, secondo le previsioni contrattuali, in relazione al peso della terra medesima (Euro 6,50 poi aumentati ad Euro 7 – alla tonnellata), in quanto:
a) nei documenti di trasporto era indicato il volume (in metri cubi), non il peso (in tonnellate), della terra trasportata e non era possibile convertire il volume in peso, atteso che l’utilizzabilita’ del metodo, suggerito dall’appellante principale, di moltiplicare il volume trasportato per il peso specifico dell’argilla, era preclusa, per un verso, dalla circostanza che tale peso specifico non emergeva da nessuna tabella ufficiale, per altro verso dalla stessa previsione contrattuale che attribuiva rilievo, ai fini del corrispettivo, al peso della terra e non al suo volume;
b) la misurazione in volume, oltre che ex se inidonea a determinare il corrispettivo stante la diversa previsione contrattuale, era inoltre incerta e meramente indicativa, poiche’ i documenti di trasporto erano precompilati in ogni loro parte, salvo che in quella in cui andava indicata la targa del veicolo, sicche’ non vi era certezza sulla corrispondenza tra il volume di volta in volta effettivamente trasportato e quello risultante dal documento di trasporto precompilato;
c) non era possibile provvedere officiosamente mediante consulenza tecnica, poiche’ il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto quando le parti non ne abbiano determinato la misura ne’ stabilito il modo di determinarla, previsto dall’articolo 1657 c.c., sarebbe esercitabile solo qualora non si controverta sull’opera prestata a seguito di contestazione tra le parti medesime, talche’ tale esercizio restava precluso nella fattispecie, in cui era appunto in contestazione tra le parti anche la quantita’ della prestazione resa ed incombeva pertanto sulla parte che ne aveva chiesto il pagamento l’onere di provare la misura del corrispettivo e la sua complessiva entita’.
Avverso la sentenza della Corte lagunare ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l., sulla base di quattro motivi. Ha risposto con controricorso la (OMISSIS) s.r.l.
Fissata la pubblica udienza, il ricorso e’ stato trattato in camera di consiglio, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020 articolo 23, comma 8-bis, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Il pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Giovanni Nardecchia, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
La societa’ ricorrente ha depositato memoria.

Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione degli articoli 116 c.p.c., 1199, 2732, 2733 e 2734 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3
La ricorrente deduce che nel corso del giudizio di merito era stato accertato che i documenti di trasporto, compilati in occasione di ogni viaggio, al momento dell’arrivo del carico a destinazione venivano sottoscritti da un responsabile della societa’ controricorrente.
Sostiene che, poiche’ tali documenti, debitamente sottoscritti dalla creditrice, recavano, tra le altre indicazioni, anche quella della quantita’ della terra trasportata, essi avrebbero costituito idonea prova dell’entita’ della prestazione.
Censura, pertanto, la sentenza di appello per avere erroneamente omesso di attribuire ai documenti di trasporto valore di quietanza e, conseguentemente, di confessione stragiudiziale in ordine alla circostanza dell’avvenuto ricevimento, da parte della societa’ committente, del quantitativo di terra in essi indicato, in funzione della determinazione del corrispettivo dovuto alla societa’ appaltatrice.
1.1. Il motivo e’ inammissibile per plurime ragioni.
1.1.a. In primo luogo, al di la’ di un generico riferimento all’orientamento giurisprudenziale di legittimita’ che attribuisce, alla quietanza rilasciata dal creditore al debitore all’atto del pagamento, la natura di confessione stragiudiziale resa alla parte sullo specifico fatto estintivo dell’obbligazione, l’illustrazione del motivo difetta di qualsiasi argomentazione volta ad evidenziare – tanto sotto il profilo della violazione quanto sotto quello della falsa applicazione di norme di diritto – le ragioni per le quali i documenti di trasporto a cui si fa riferimento sarebbero riconducibili alle fattispecie contemplate dagli articoli 1199, 2732, 2732 e 2734 del codice civile.
Il motivo, pertanto, sotto questo profilo, non presenta un contenuto espositivo conforme alla sua intestazione, specie se si tenga conto del rilievo formulato dal pubblico ministero, il quale ha posto in evidenza il carattere precompilato dei predetti documenti di trasporto e la circostanza che essi non erano stati tutti firmati personalmente dal creditore, bensi’ da soggetti terzi rispetto al rapporto contrattuale.
Tali circostanze avrebbero richiesto, nell’illustrazione del motivo, un puntuale ed analitico sforzo argomentativo, in funzione dell’enucleazione delle ragioni della ritenuta riconducibilita’ degli specifici documenti tenuti in considerazione alla fattispecie della quietanza – fattispecie nella quale la “funzione” di prova documentale precostituita del pagamento eseguito dal debitore trova fondamento nella “natura” di dichiarazione di scienza proveniente dal creditore e, dunque, della dimostrazione dell’error in iudicando postulato nell’intestazione del motivo medesimo.

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1.1.b. In secondo luogo, il motivo in esame, mentre da un lato evoca i documenti di trasporto deducendo che tutti erano stati sottoscritti dalla destinataria (OMISSIS) s.r.l. e che in essi era indicato il quantitativo di terra trasportata per ogni singolo viaggio, dall’altro lato omette di riprodurne, direttamente o indirettamente, il contenuto nel ricorso, ponendo questa Corte nell’impossibilita’ di percepire i termini della doglianza sulla base soltanto del ricorso medesimo, senza necessita’ di accedere a fonti esterne allo stesso: cio’ che concreterebbe, per un verso, un’indebita integrazione dell’attivita’ deduttiva di esclusiva spettanza della parte ricorrente in sede di articolazione del motivo; per altro verso, l’impropria assunzione di una funzione vicaria della parte medesima, tra l’altro senza nessuna certezza di corrispondere alla sua intenzione e con il rischio di travisare la spes del suo (imprecisato) assunto.
In proposito va ricordato che, in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di atti o documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonche’ alla specifica indicazione del luogo in cui ne e’ avvenuta la produzione, al fine di consentire al giudice di legittimita’ di individuare i termini della censura sulla sola base del ricorso, il quale deve contenere in se’ tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresi’, a permetterne l’esame (in termini: Cass. 10/12/2020, n. 28184; Cass. 07/03/2018, n. 5478; Cass. 27/07/2017, n. 18679).
La mancata riproduzione diretta o indiretta del contenuto dei documenti evocati costituisce, pertanto, un’evidente violazione dell’articolo 366, n. 6, c.p.c., cui consegue la sanzione dell’inammissibilita’ del motivo di ricorso.
1.1.c. In terzo luogo, infine, il motivo in esame, nel lamentare la mancata attribuzione ai documenti di trasporto del valore di quietanza e di confessione stragiudiziale, si traduce in una vera e propria “aberratio ictus”, poiche’ omette di confrontarsi con le (diverse) rationes decidendi poste a fondamento della decisione impugnata.
La Corte territoriale, infatti, ha escluso, nella fattispecie, il valore probatorio dei documenti di trasporto, non sul presupposto che ad essi non possa attribuirsi, in generale, la natura di quietanza o di confessione stragiudiziale, ma sul diverso duplice rilievo che, nei documenti di trasporto emessi nel caso concreto, per un verso la quantita’ della terra trasportata era indicata mediante riferimento al volume anziche’ al peso, il che non consentiva di determinare il corrispettivo del contratto, poiche’ quest’ultimo aveva attribuito rilievo, a tal fine, esclusivamente al peso; per altro verso, la stessa indicazione del volume doveva ritenersi incerta e meramente indicativa, in ragione della circostanza che, in questa parte, i documenti erano precompilati, sicche’ poteva non esservi corrispondenza tra la quantita’ indicata e quella effettivamente trasportata.
Questa duplice ratio decidendi viene del tutto pretermessa nel motivo in esame, il quale si duole dell’omesso riconoscimento della natura giuridica di quietanza dei documenti evocati, senza considerare le ragioni della loro inidoneita’ probatoria in concreto ravvisate dal giudice del merito.

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Il motivo e’ pertanto inammissibile per difetto di specificita’ in relazione al tenore della decisione impugnata, atteso che le doglianze in esso contenute si limitano, indebitamente, a ribadire le ragioni del gravame proposto avverso la decisione di primo grado, senza censurare quelle sottese alla pronuncia di appello.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che la mancata considerazione delle motivazioni poste a base del provvedimento impugnato comporta l’inammissibilita’, ex articolo 366, n. 4, c.p.c., del ricorso per cassazione, atteso che questo deve necessariamente contenere l’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione e’ erronea e deve necessariamente tradursi in una critica della stessa (Cass. Sez. U 20/03/2017, n. 7074, non mass.; Cass. 31/08/2015, n. 17330; Cass. 11/01/2005, n. 359); inoltre, con i motivi di ricorso la parte non puo’ limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiche’ in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile, ai sensi del citato articolo 366, n. 4 c.p.c., (Cass. 24/09/2018, n. 22478; Cass. 21/03/2014, n. 6733; Cass. 15/03/2006, n. 5637).
2. Con il secondo motivo viene denunciata violazione o falsa applicazione degli articoli 1362 e 1366 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
La societa’ ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, stante la previsione contrattuale secondo cui il corrispettivo dell’appalto si sarebbe dovuto determinare in base al peso della terra trasportata espresso in tonnellate, i documenti di trasporto non avrebbero potuto costituire prova idonea dell’entita’ della prestazione, in funzione della determinazione della misura del suo corrispettivo, poiche’ in essi era indicato (non il peso ma) il volume della terra medesima, espresso in metri cubi.
Deduce che, peraltro, questa argomentazione sarebbe stata il frutto di un’erronea interpretazione del contratto, giacche’ la circostanza che le parti, di comune accordo, avevano deciso che, per ogni viaggio, il terreno trasportato sarebbe stato misurato in metri cubi e che non fosse sottoposto a pesatura, avrebbe dovuto indurre il giudice del merito a ritenere che esse avessero concordato che, ai fini delle determinazione del corrispettivo, avrebbe dovuto operarsi la conversione della terra trasportata dai metri cubi alle tonnellate.
Sostiene che la prova di tale convergente volonta’ delle parti sarebbe risultata sia dalla circostanza che la (OMISSIS) s.r.l. aveva sottoscritto 749 documenti di trasporto ove il quantitativo della terra era misurato in metri cubi, sia dalla circostanza che essa aveva provveduto, senza contestazioni, al pagamento delle prime fatture, il cui importo era stato determinato sulla base della conversione in peso del volume della terra trasportata.
Conclude che, pertanto, se avesse correttamente applicato i criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 e 1366 c.c., la Corte di appello avrebbe accertato che la comune intenzione delle parti era nel senso che il corrispettivo del contratto (per il quale era stata pattiziamente stabilita la misura di Euro 6,50 per tonnellata) avrebbe dovuto essere determinato attraverso la previa operazione di conversione dei metri cubi (volume) in tonnellate (peso).

Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto

2.2. Anche questo motivo di ricorso e’ inammissibile.
2.2.a. In primo luogo, va ribadito quanto gia’ si e’ osservato in ordine al precedente motivo circa la violazione dell’articolo 366 n. 6 c.p.c., per non essere stata seguita l’evocazione dei documenti di trasporto dalla riproduzione diretta o indiretta del loro contenuto.
2.2.b. In secondo luogo, anche le doglianze espresse nel motivo in esame non si confrontano pienamente con entrambe le rationes decidendi poste a fondamento della sentenza di appello, giacche’, anche se si convenisse sulla sussistenza della concorde volonta’ delle parti di operare la conversione dal volume al peso della terra trasportata ai fini del calcolo del corrispettivo (operazione che il giudice del merito ha ritenuto, peraltro, materialmente preclusa dalla rilevata circostanza che nessuna tabella ufficiale indicherebbe con oggettivita’ il peso specifico dell’argilla, quale valore di cui sarebbe necessario tenere conto ai fini dell’invocata conversione), da cio’ non sarebbe tuttavia scalfita l’altra ragione di esclusione del valore probatorio dei documenti di trasporto nel caso concreto, fondata sul loro carattere precompilato nella parte relativa all’indicazione della quantita’ della terra trasportata e, pertanto, sul carattere incerto di tale indicazione.
2.2.c. In terzo luogo, infine, il motivo in esame, ad onta della formale intestazione, nella sostanza non censura l’erroneita’ in iure (per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale) dell’operazione di ricerca ed individuazione della comune volonta’ dei contraenti compiuta dal giudice del merito, ma si risolve nella contestazione dell’apprezzamento, da questi espresso, dell’efficacia probatoria dei documenti di trasporto.
La Corte territoriale, infatti, non ha affrontato e risolto un problema interpretativo relativo all’esatto contenuto del contratto, ma, avuto riguardo alla divergenza tra una perspicua e non controversa previsione contrattuale (secondo la quale il corrispettivo del contratto avrebbe dovuto essere calcolato in base al peso della terra trasportata espresso in tonnellate) e le indicazioni contenute nei documenti di trasporto (in cui il quantitativo della terra medesima era invece individuato facendo riferimento al volume, espresso in metri cubi), ha escluso la valenza probatoria di tali documenti e ha ritenuto non assolto l’onere, incombente sulla parte che ne aveva chiesto il pagamento, di provare la misura del corrispettivo dell’appalto e la sua complessiva entita’.
Nel censurare questo giudizio, la societa’ ricorrente non deduce un error in iudicando ma critica, inammissibilmente, l’apprezzamento che la Corte di appello ha compiuto dei predetti documenti ai fini istruttori; apprezzamento che e’ riservato al giudice del merito e che, in quanto debitamente motivato, e’ insindacabile in sede di legittimita’.
3. Con il terzo motivo viene denunciata violazione degli articoli 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4.
La ricorrente censura di nullita’ la sentenza impugnata per apparenza della motivazione sul rigetto della richiesta di ammissione della consulenza tecnica d’ufficio in ordine alla determinazione del corrispettivo dell’appalto.
Ribadisce che, nel caso di specie, ai fini del calcolo del prezzo dell’appalto, avrebbe dovuto operarsi la conversione dal volume al peso della terra trasportata, moltiplicando i metri cubi per il peso specifico della terra argillosa; evidenzia che tale attivita’, richiedendo competenze scientifiche e l’applicazione di formule matematiche, avrebbe dovuto essere affidata ad un consulente tecnico; conclude che, pertanto, sarebbe viziata da motivazione apparente la statuizione con cui la Corte territoriale avrebbe ritenuto inammissibile la richiesta consulenza tecnica d’ufficio, sul presupposto che il peso specifico della terra argillosa non fosse indicato con oggettivita’ da alcuna tabella ufficiale.
4. Il terzo motivo deve essere esaminato congiuntamente al quarto, in ragione degli evidenti elementi di connessione tra loro intercorrenti.
Con il quarto motivo viene denunciata violazione o falsa applicazione dell’articolo 1657 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
La sentenza impugnata e’ censurata nella parte in cui non ha ammesso la consulenza tecnica d’ufficio sul presupposto che la possibilita’ per il giudice di esercitare il potere integrativo di determinazione officiosa del corrispettivo dell’appalto, ai sensi dell’articolo 1657 c.c., sarebbe subordinata alla mancanza di controversia sull’opera prestata.
La ricorrente deduce che, nel caso di specie, la stessa Corte territoriale avrebbe evidenziato, al contrario, che era stato provato l’effettivo svolgimento della prestazione dedotta nel contratto, sicche’, in applicazione dell’articolo 1657 c.c., il giudice del merito ben avrebbe potuto provvedere alla determinazione del corrispettivo ad essa spettante, previa ammissione della richiesta consulenza tecnica d’ufficio.
4.1. L’esame congiunto dei due motivi appena illustrati induce a dichiarare inammissibile il terzo e a rigettare, perche’ infondato, il quarto.
4.2. Va preliminarmente precisato che l’argomentazione svolta dalla Corte territoriale, secondo cui la possibilita’ di moltiplicare il volume trasportato per il peso specifico dell’argilla sarebbe stata preclusa dalla circostanza che tale ultimo valore non emergeva da nessuna tabella ufficiale – unitamente all’ulteriore argomentazione volta a dare rilievo alla previsione contrattuale in base alla quale il corrispettivo avrebbe dovuto determinarsi in base al peso della terra e non in base al suo volume – costituisce il fondamento, non gia’ della statuizione di rigetto della invocata consulenza tecnica, bensi’ della diversa statuizione concernente l’apprezzamento negativo dell’efficacia probatoria dei documenti di trasporto; apprezzamento svolto dal giudice di merito nell’esercizio del potere, a lui riservato, di ricostruzione dei fatti e di valutazione delle prove, e del quale gia’ si e’ sopra evidenziata l’incensurabilita’ in sede di legittimita’.

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4.3. L’impossibilita’ di fare applicazione del potere officioso previsto dall’articolo 1657 c.c., eventualmente ricorrendo all’assistenza di un consulente tecnico d’ufficio, e’ stata invece motivata dalla Corte di appello (pp. 9-10 della sentenza impugnata) prendendo le mosse dal rilievo che “il potere del giudice di determinare il prezzo dell’appalto… e’ esercitabile solo qualora non si contro verta sull’opera prestata a seguito di contestazione delle parti”; da tale rilievo e’ stata, poi, tratta l’implicazione che l’esercizio del potere in parola doveva ritenersi in concreto precluso, dal momento che, nella fattispecie, era “in contestazione tra le parti anche la quantita’ della prestazione resa”; e cio’, “sulla scorta del consolidato orientamento di legittimita’” (sono state citate Cass. n. 9768/2016, Cass. n. 17959/2016, Cass. n. 19727/2016).
4.4. Cio’ posto, deve anzitutto escludersi che tale articolata argomentazione sia affetta da vizio di motivazione, la sussistenza del quale, per effetto della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, introdotta dall’articolo 54 del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 – applicabile alle sentenze pubblicate dopo il giorno 11 settembre 2012, e dunque anche alla sentenza impugnata con l’odierno ricorso, depositata il 17 luglio 2019 – va delibata solo con riferimento al parametro dell’esistenza e della coerenza, non anche con riferimento al parametro della sufficienza della motivazione medesima (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
4.5. Oltre che debitamente motivata, l’argomentazione volta a rilevare l’impossibilita’, nella fattispecie, di procedere mediante CTU all’esercizio del potere integrativo di determinazione officiosa del corrispettivo dell’appalto, appare anche corretta in iure, con conseguente infondatezza della dedotta violazione dell’articolo 1657 c.c..
La Corte di appello, infatti, ha fatto applicazione del principio secondo cui “il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto, in base all’articolo 1657 c.c., se le parti non ne abbiano pattuito la misura, ne’ stabilito il modo per calcolarlo, e sempre che non possa farsi riferimento alle tariffe esistenti o agli usi, e’ esercitabile solo ove non si contro verta sulle opere eseguite dall’appaltatore, atteso che, in tal caso, questi deve provare l’entita’ e la consistenza delle opere stesse, non potendo il giudice stabilire il prezzo di cose indeterminate ne’ consentire all’attore di sottrarsi all’onere probatorio che lo riguarda” (Cass. 13/09/2016, n. 17959).
Questo principio – che trova risalente fondamento nella giurisprudenza di questa Corte (Cass.29/03/1989, n. 1511; Cass. 13/04/1987, n. 3672; Cass. 26/05/1976, n. 1906) ed al quale il collegio intende dare ulteriore continuita’ – e’ stato correttamente applicato nella fattispecie, nella quale, pur essendo stata ritenuta provata l’esecuzione della prestazione dedotta in contratto, restava controversa l’entita’ della stessa, cadendo la contestazione delle parti sulla quantita’ della terra trasportata, in relazione alla quale l’appaltatore aveva emesso fatture per Euro 196.823,21, mentre il committente le aveva onorate solo per il minor importo di Euro 63.000.
5. In definitiva, il ricorso proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. deve essere rigettato.
6. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
7. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato articolo 13, ove dovuto.

Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.600,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dall’articolo 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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