Il procedimento necessario per ottenere il pagamento delle somme dovute a titolo di equa riparazione

Consiglio di Stato, Sentenza|5 marzo 2021| n. 1890.

Il procedimento necessario per ottenere il pagamento delle somme dovute a titolo di equa riparazione per irragionevole durata del processo (Art. 5-sexies, L. 24 marzo 2001, n. 89), prevede, a carico del creditore, l’obbligo di rilasciare una dichiarazione (di autocertificazione e sostitutiva di notorietà ), attestante, inter alia, la non avvenuta riscossione di quanto dovuto (primo comma); il maturare di un termine dilatorio semestrale, decorrente dalla data in cui sono assolti gli obblighi comunicativi del primo comma, entro il quale l’amministrazione debitrice può effettuare il pagamento (quinto comma); e prima del quale il creditore non può procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto o alla proposizione di un ricorso per l’ottemperanza del provvedimento liquidatorio (settimo comma). La mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione prevista impedisce l’emissione dell’ordine di pagamento (quarto comma).

Sentenza|5 marzo 2021| n. 1890

Data udienza 25 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Equa riparazione – Esecuzione del giudicato – Art. 5-sexies, L. 24 marzo 2001, n. 89 – Corte Cost., Sent. 26 giugno 2018 n. 135 – Adempimenti del creditore – Termine – Improponibilità della domanda di esecuzione del giudicato

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6030 del 2020, proposto dai signori Ca. Ca., ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Sa. Co. e Um. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’economia e delle finanze, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 3892 del 10 giugno 2020, resa tra le parti, concernente l’esecuzione del giudicato discendente dalla sentenza della Corte di cassazione, Sezione VI, n. 12090 del 2015 del 28 gennaio 2015, pubblicata il 10 giugno 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Consigliere Alessandro Verrico, nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di cassazione civile, Sez. VI, n. 12090 del 10 giugno 2015 recante la condanna al pagamento di 1.000 euro a titolo di sorte capitale per indennità ex lege n. 89 del 2001, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, in favore degli odierni appellanti.
2. Sul ricorso R.G. 13447/2019 da questi ultimi proposto, il T.a.r. per il Lazio, Sez. II-bis, con la sentenza n. 3892 del 10 aprile 2020:
i) ha dichiarato inammissibile il ricorso perché gli interessati, in violazione dell’art. 5-sexies, comma 1, l. n. 89 del 2001, non hanno dichiarato, ai sensi degli artt. 46 e 47 t.u. n. 445 del 2000, di non aver già percepito le identiche somme per lo stesso titolo;
ii) ha ritenuto tale onere una condizione per la proponibilità dell’azione di esecuzione e del pagamento, come sancito dall’art. 5-sexies comma 4, la cui mancanza è rilevabile ex officio dal giudice;
iii) ha ritenuto irrilevante che gli interessati avessero presentato all’Amministrazione un modulo da essa predisposto ai sensi del comma 3 dell’art. 5-sexies cit. in cui non era indicata la dichiarazione in questione;
iv) ha escluso che gli interessati potessero ritenersi versare in una situazione di buona fede soggettiva in quanto nel modello precompilato a cura dell’Amministrazione era riportato il testo integrale dell’art. 5-sexies cit.
3. Gli originari ricorrenti hanno proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, gli appellanti hanno articolato i seguenti tre autonomi mezzi di impugnazione (da pagina 8 a pagina 15 del ricorso):
a) il primo giudice si sarebbe erroneamente sostituito all’Amministrazione debitrice nell’aver rilevato, all’interno dei moduli compilati e trasmessi ai fini del rilascio della prescritta dichiarazione, incompletezze o irregolarità che spetterebbe contestare al solo Ministero;
b) la tesi posta a base della contestata sentenza priverebbe di qualunque certezza il rimedio ex art. 112 e ss. c.p.a.;
c) il primo giudice, rilevate eventuali carenze o inesattezze nella compilazione del modulo trasmesso, non avrebbe potuto dichiarare inammissibile l’azione esecutiva, costituendo tali formalità, ai sensi dell’art. 5-sexies, comma 11, della legge 24 marzo 2001, n. 89, al più semplice ragione di differimento del pagamento delle somme dovute.
3.1. Nessuno si è costituito in giudizio per l’appellato Ministero.
4. Alla camera di consiglio del 25 febbraio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
6. Attesa la connessione esistente fra i tre motivi di appello, gli stessi possono essere esaminati e disattesi congiuntamente.
6.1. Al riguardo, il Collegio ritiene necessaria prendere le mosse da una lettura sistematica della intera disciplina recata dall’art. 5-sexies della legge 24 marzo 2001, n. 89, evidenziando che la medesima disposizione illustra in modo lineare gli oneri che deve assolvere il creditore per ottenere il pagamento dell’indennizzo liquidato.
Invero, il procedimento necessario per ottenere il pagamento delle somme dovute a titolo di equa riparazione per irragionevole durata del processo prevede, a carico del creditore, l’obbligo di rilasciare una dichiarazione (di autocertificazione e sostitutiva di notorietà ), attestante, inter alia, la non avvenuta riscossione di quanto dovuto (primo comma); il maturare di un termine dilatorio semestrale, decorrente dalla data in cui sono assolti gli obblighi comunicativi del primo comma, entro il quale l’amministrazione debitrice può effettuare il pagamento (quinto comma); e prima del quale il creditore non può procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto o alla proposizione di un ricorso per l’ottemperanza del provvedimento liquidatorio (settimo comma). La mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione prevista impedisce l’emissione dell’ordine di pagamento (quarto comma).
6.2. La ratio della norma è quella individuata dalla Corte costituzionale nella sentenza 26 giugno 2018 n. 135, la quale:
a) ha riconosciuto la specialità della disciplina rispetto a quanto stabilito dall’art. 14 d. l. n. 669 del 1996 per tutte le azioni esecutive nei confronti dell’erario, alla luce della specificità della procedura liquidatoria degli indennizzi per equa riparazione della non ragionevole durata del processo rispetto alle procedure di pagamento degli altri debiti della pubblica amministrazione;
b) ha ritenuto che gli oneri dichiarativi posti da tale disciplina non aggravano la posizione del creditore in quanto attuano un ragionevole bilanciamento dell’interesse del creditore a realizzare il suo diritto con l’interesse dell’amministrazione ad approntare un sistema di risposta, organico e ordinato, con cui far fronte al flusso abnorme delle procedure relative ai crediti fondati sulla c.d. legge Pinto;
c) ha escluso la violazione dell’art. 24 Cost. e dei parametri costituzionali ed europei in tema di giusto processo, essendo consentito al legislatore di imporre l’adempimento di oneri che, condizionando la proponibilità dell’azione, ne comportino il differimento, purché siano giustificati da esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia; nel caso di specie, il legislatore ha introdotto un onere, per i creditori, di collaborazione con l’amministrazione che non impedisce la tutela giurisdizionale, ma la differisce per un tempo non eccessivo e la rende eventuale, in coerenza con gli obiettivi generali di razionalizzazione e semplificazione dell’attività amministrativa.
6.3. Ne discende la piana applicazione di tale disciplina alle azioni di esecuzione del giudicato anche per quanto riguarda l’individuazione delle su illustrate formalità in chiave di condizione dell’azione. Tale conclusione trova conferma espressa nella disposizione di cui al citato comma 7 che stabilisce, tramite il richiamo del comma 5, la improponibilità della domanda di esecuzione del giudicato prima del decorso del termine di sei mesi a decorrere dalla data di completamento integrale ed effettivo degli adempimenti stabiliti nei commi da 1 a 3.
7. In conclusione, alla luce delle sopra esposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.
8. Nulla deve disporsi in ordine alle spese del presente grado di giudizio, attesa la mancata costituzione di parte appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 6030/2020, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla in ordine alle spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2021 svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere
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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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